Necrocultura
«Megamorte». L’aborto uccide più della bomba atomica
Chi ha vissuto ai tempi della Guerra Fredda può averlo dimenticato. Le nuove generazioni certo non lo sanno.
C’è stato un tempo in cui l’umanità viveva sotto l’incubo costante dell’annientamento planetario. Immediato, istantaneo.
Un attacco da parte di una delle due superpotenze avrebbe avuto come conseguenza diretta la reazione della triade nucleare (missili intercontinentali, bombardieri volanti, razzi lanciati da sottomarino) avversaria, incendiando l’intero mondo con il fuoco atomico.
L’umanità emersa dalle rovine radioattive di Nagasaki era conscia di trovarsi sul bordo di questo baratro: lo aveva essa stessa creato, ma di esso non vedeva il fondo.
Lo scienziato John Von Neumann la chiamò M.A.D., mutual assured distruction: distruzione mutuale assicurata. Eppure, nonostante il marchio della catastrofe definitiva fosse ben visibile sulla guerra ventura, la dottrina militare atomica aveva una sua strategia.
Gli americani affidarono larga parte della sua elaborazione ad un think tank finanziato dal Pentagono e da privati, la RAND Corporation. Capofila degli strateghi atomici era Herman Kahn. Esperto di teoria dei giochi, Kahn relativizzò la portata dell’opzione atomica, e cominciò ad affermare – scandalizzando i più – che una guerra nucleare non solo è possibile, ma che essa può anche essere vinta.
Kahn osava pensare l’impensabile, come suggerisce il titolo di un suo libro del 1962, Thinking the Unthinkable:
«Nel nostro tempo, la guerra termonucleare può sembrare impensabile, immorale, insana, orrenda, molto improbabile, ma essa non è impossibile (…). Nonostante i nostri sforzi un giorno potremmo trovarci faccia a faccia con la scelta netta di arrenderci o andare in guerra» (1).
Realista, smaliziato, nel 1960 Kahn raccolse i suoi pensieri in un libro che sortì uno shock su entrambi i lati della cortina di ferro: On Thermonuclear War, cioè «Sulla guerra termonucleare», con richiamo evidente al Von Clausevitz di Sulla guerra. Il testo produsse un impatto notevole anche su Stanley Kubrick, che pensò al suo capolavoro Il Dottor Stranamore leggendo Kahn, e ispirando a lui vari personaggi della pellicola.
Lo stratega americano dipinse un quadro completo: prevedeva che, nel dopobomba, gli anziani avrebbero dovuto mangiare il cibo contaminato, riservando alle nuove generazioni la precedenza sugli alimenti non radioattivi; il fallout nucleare sarebbe divenuto solo uno dei tanti contrattempi della vita; le deformazioni fetali prodotte dalle radiazioni vi sarebbero state, sì, ma un certo numero di bambini sarebbe comunque nato sano. Tutti questi sono «tragic but distinguishable postwar states» (2), stati postbellici tragici ma percepibili, descrivibili. Life goes on, la vita continua, sembra dire lo Stranamore della RAND.
Ma vi è, in particolare, uno specifico termine per il quale bisogna essere grati a Kahn. Ancora nei primi anni Cinquanta, quando cominciò a definirsi il paesaggio dell’apocalisse dell’atomo (l’URSS rese pubblico il suo primo esperimento nel 1949), lo stratega notò che «era difficile per le persone di distinguere tra 2 milioni di morti e 100 milioni di morti. Oggi, dopo una decade di valutazione di questi problemi, possiamo fare queste distinzioni forse anche troppo chiaramente». (3)
Per dare un metro che orientasse questo scenario di morte, Kahn si inventò una nuova unità di misura, il megadeath, o megacorpse: la «megamorte», il «megacadavere».
Un megadeath corrisponde a un milione di morti. Little Boy, la bomba atomica da 16 kilotoni sganciata su Hiroshima il 6 agosto 1945, produsse sul momento 66 mila morti, pari a 0,06 megadeath.
Fat Man, l’ordigno da 21 kilotoni che tre giorni dopo distrusse la città cattolica di Nagasaki, può essere misurato in 0,135 megadeath. Nella prospettiva di un conflitto con la tecnologia atomica successiva, queste cifre (gli zero virgola) vanno del tutto dimenticate.
La potenza delle bombe successive si misura difatti in megatoni: sono, cioè, centinaia di volte più distruttive di quelle giapponesi. Un megatone equivale a mille kilotoni, e un kilotone equivale a mille tonnellate di TNT. Tanto per dare un’idea di quello di cui stiamo parlando, la «Bomba Zar» – l’arma atomica sovietica rivelatasi la più devastante mai testata dall’uomo – sortì nel 1961 una esplosione da 58 megatoni. Sarebbe a dire, dalle 20 alle 30 mila volte quella di Hiroshima e Nagasaki. Possiamo immaginare che, lanciata su zone altamente popolate – come le regioni italiane (4) – la quantità di megadeath procurati possa avvicinarsi alla doppia cifra.
Ebbene, è ora di realizzare che una strage misurabile in diversi megadeath è avvenuta pure senza che venisse sganciata una sola bomba. Sappiamo che dall’attuazione della legge 194, ben 6 milioni di italiani sono stati annientati. Nei termini della dottrina militare termonucleare, questo è un danno da 6 megadeath. In modo molto pratico, si può pensare che è come se avessero sganciato sul nostro Paese almeno una cinquantina di vecchie bombe atomiche da venti kilotoni.
Non è difficile immaginarlo: 6 milioni di persone uccise, sono perfettamente pensabili come un attacco atomico che cancella tutto il Triveneto, o la Sicilia e la Calabria assieme, o l’Emilia-Romagna con l’Umbria e le Marche, o tutto il Lazio e zone limitrofe, o due terzi della Lombardia.
Per quanto possa sembrare allucinante, dobbiamo guardare in faccia la realtà: l’Italia è una rovina post-atomica. E neppure lo sa.
Chi è credente sa che siamo davanti ad uno delle più riuscite opere del demonio nei nostri secoli: il massacro degli umani senza distruzione ambientale. Come una bomba al neutrone – l’arma di nuova generazione che uccide la vita biologica ma mantiene intatti i palazzi – piantata nel ventre della Nazione. Strage senza conflitto, morte infertile, delitto che rende la madre – sommo capolavoro infernale – una volenterosa carnefice dei suoi stessi figli.
Questo è, in termini politici, autogenocidio a spese del contribuente: lo Stato incoraggia e finanzia la costruzione di bombe nucleari che poi fa detonare nel suo stesso grembo. La Repubblica Italiana ha pagato perché venissero inferte al suo popolo almeno 50 Nagasaki.
Davanti alla follia di questa realtà, comprendiamo quanto abbia ragione Kahn: la guerra atomica è sopravvivibile. E perfino, osiamo dire, preferibile: la guerra atomica è un evento nel quale l’uomo può percepire nettamente il bene e il male. La società dell’aborto, invece, no: nella notte relativista, a Moloch possono essere sacrificate milioni di vite, senza che in capo al consorzio umano sia chiaro che ciò che si ha innanzi è il Male vero.
Ne consegue, che, considerati gli obbiettivi di riduzione della popolazione terrestre che informano le centrali di potere planetarie, l’aborto diviene un surrogato della bomba all’idrogeno: gli effetti, misurabili in megamorti, sono gli stessi.
L’aborto è la continuazione della guerra atomica con altri mezzi. Ciò è vero da un punto di vista numerico e statistico, militare ed umano.
«Sento che oggigiorno il più grande distruttore di pace è l’aborto, perché è una guerra diretta, una diretta uccisione, un diretto omicidio per mano della madre stessa» (5): le parole di Madre Teresa, pronunziate in occasione del Premio Nobel per la Pace 1979, sono vere alla lettera. L’aborto mina alla pace perché l’aborto è guerra: è quindi, nell’era tecnica odierna la guerra dell’aborto diviene proporzionale alla guerra atomica.
D’un tratto, comprendiamo meglio anche la dottrina militare e socio-riproduttiva cinese.
Diceva Mao che «la bomba atomica è una tigre di carta di cui i reazionari americani si servono per far paura alla gente. Ha un aspetto terribile, ma di fatto non è terribile. Certamente, la bomba atomica è un’arma che può provocare massacri immensi, ma soltanto il popolo decide l’esito di una guerra, e non una o due armi nuove».(6)
In sostanza, Mao con scaltra concretezza orientale, era già arrivato al realismo apocalittico di Kahn e dei megadeath intellectuals: la guerra atomica può essere sopravvissuta. Potete infierire alla Cina Popolare anche 100, 200, 300 milioni di morti… Avremmo sempre altre centinaia di milioni di sopravvissuti pronti a combattere, a lanciarsi in una nuova Lunga Marcia tra rottami radioattivi.
Come non vedere che questa stessa mentalità post-apocalittica è quella che ha spinto il successore di Mao, Deng Xiaoping, verso la politica di controllo delle nascite e la conseguente strage assoluta: 336 milioni di aborti dal 1971, secondo dati diffusi lo scorso marzo dal governo di Pechino. 336 megadeath: la tigre di carta ha colpito davvero. Testate atomiche da diversi megatoni sono state gettate su tutte le iperpopolate aree metropolitane della Cina. Pechino, Shanghai, Guangzhou, Shenzhen, Wenzhou, Tianjin, Chengdu, Chongqing, Xian, Harbin, Hong Kong, Nanchino: la cifra di 336 megadeath copre multipli della somma delle vittime di uno strike nucleare simultaneo su tutte queste megalopoli. La Cina, come l’Italia, ha fatto deflagrare infinite Nagasaki sui propri figli.
Non è diverso il discorso da fare per gli Stati Uniti, che dal 1973 (l’anno della Roe v. Wade, ossia l’inizio dell’aborto legale in USA) al 2007 hanno ospitato 48.460.950 aborti chirurgici. Questo, fornito dal Guttmacher Institute – il braccio di «ricerca e sviluppo» della multinazionale dell’aborto Planned Parenthood – è un numero molto blando: vuoi perché tenuto basso per questioni di PR (agli abortisti ora conviene dire che i feticidi sono pochi), vuoi perché gli aborti chimici, i feti scartati in IVF, le pillole del giorno dopo, i concepiti uccisi dai contraccettivi abortivi (come la pillola di tipo 2) non sono qui conteggiati.
L’attivista cattolico americano Michael Voris suggerisce di aggiungervi il ghost number della generazione perduta: le 6.392.900 femmine abortite tra il 1973 e il 1982 avrebbero oggi 25-40 anni, e quindi con alta probabilità almeno un figlio di media (chi due, chi cinque, chi zero). Otteniamo così la cifra di 54.853.850 persone spazzate via dall’anagrafe, sottratte alla società statunitense.
Un danno di quasi 55 megadeath: come se il temuto showdown nucleare con la Russia, fosse avvenuto – e senza che i sovietici sparassero un solo colpo. Basandosi sulle attuali statistiche demografiche americane, è possibile calcolare che tra questi 55 milioni vi potrebbero essere stati 7 giudici della Corte Suprema, 31 premi Nobel, 6000 atleti professionisti, 11.010 suore, 1.102.403 insegnanti, 553.821 camionisti, 224.518 camerieri, 336.939 spazzini, 134.028 contadini, 109.984 poliziotti, 39.447 pompieri, 17.221 barbieri.
Soprattutto, e questo deve essere meditato profondamente dalle femministe, in questo immane turbine di morte sono state disintegrate 27.426.925 donne. Le quali sono, senza dubbio alcuno, il bene più prezioso che esista sulla Terra: ogni cellula uovo che la donna ovulerà in tutta la sua vita, è già formata dal feto a poche settimane dal concepimento. La prima cellula del nostro corpo – l’ovocita – già esisteva dentro nostra madre quando era un feto, venti, trenta, quaranta anni prima che venissimo alla luce. Un’autentica, insondabile meraviglia: la vita contenuta dentro la vita.
L’aborto interrompe questa catena superiore. Come diceva un detto ebraico: chi uccide un uomo uccide l’umanità; ammazzi qualcuno e rovini per sempre le generazioni che seguiranno. Peggio di un fallout radioattivo, l’aborto reca un danno aberrante, che si accumula distruggendo il futuro – i figli, i figli dei nostri figli – su una scala che non possiamo immaginare. Chi non crede a queste romanticherie scientifiche e umanistiche, pensi ai soldi: i 55 megadeath causati dall’aborto in USA rappresentano 55 milioni di lavoratori e consumatori americani che non pagano le tasse e non partecipano al mercato nazionale. Dal PIL, è possibile calcolare che l’aborto abbia causato all’economia americana un danno di $37.600.000.000.000.
Rileggiamo: 37 trilioni e 600 miliardi di dollari. Una quantità di danaro astronomica, con la quale, per darci un’idea, sarebbe possibile comprare 169.802.662 case (ecco perché nessuno oggi in America riesce a vendere la casa, hanno sterminato i clienti), 1.321.428.571 automobili nuove (bello notare come le case automobilistiche – in Italia la FIAT – siano tra i finanziatori delle Lobby della Morte).
Il budget federale USA di 2 trilioni e 600 miliardi di dollari è contenuto 14 volte nella ricchezza che avrebbero prodotto i morti per aborto. Il danno finanziario della Roe v. Wade è peggiore di quello di una ordigno atomico innescato sotto Wall Street.
Se questo ancora non bastasse, per realizzare le dimensioni della sciagura si prenda una mappa degli Stati Uniti, e si immagini che sottraendo 55 milioni di persone (come se si abbattesse una pioggia di testate atomiche da 55 megadeath), sparirebbero l’Alaska, il South Dakota, il South Carolina, il Nevada, il Vermont, il Mississippi, l’Idaho, il West Virginia, il New Mexico, il Maine, il Kansas, il Minnesota, il Kentucky, lo Utah, l’Arkansas, il Montana, il Nebraska, il North Dakota, l’Oklahoma, Il Wyoming, il New Hampshire, l’Iowa, l’Indiana.
Come evidente, questo è un incubo da guerra fredda, uno scenario di distruzione termonucleare.
Il problema è che dell’abisso di cui stiamo parlando non vi è stata ancora nessuna rappresentazione adeguata alla sua immensità apocalittica. Né la polemologia (la disciplina che nel Novecento si è dedicata allo studio della guerra), né la psicologia, né la filosofia paiono comprendere questo Inferno per intero.
Due secoli fa, Hegel, sconvolto dalle guerre illuministe e dall’uso delle armi da fuoco, ebbe a scrivere che «questa guerra non è di famiglie contro famiglie, ma di popoli contro popoli (…) la morte va a finire nell’universale, così come proviene dall’universale ed è senza collera che si crea come pure si sopprime. L’arma da fuoco è la scoperta dell’arma universale, indifferente, impersonale» (6).
Il filosofo idealista non si immaginava quale «arma, universale, indifferente, impersonale» sarebbe entrata in opera con la bomba H. Di più, non poteva intuire che la violenza e la perversione della tecnologia sarebbero sorte non tra «famiglie contro famiglie» o tra «popoli contro popoli», ma nei popoli stessi, all’interno della famiglia in sé: più annientante, universale ed impersonale dell’atomica c’è solo l’aborto, che distrugge numericamente il popolo dal di dentro, sconquassando per sempre la sua unità-base, la famiglia, invertendone oscenamente il ruolo di matrice di vita. E il tutto in apparente tempo di pace.
Ma Hegel è un caso di incomprensione a sé, poiché il filosofo idealista mai è sfiorato dalla sensazione che, diffondendo egli stesso un pensiero di negazione del Primato dell’Essere, egli preparasse la mente dell’uomo a guerre ancora più cruente di quelle napoleonidi, finanche alla guerra biologica dell’aborto, Aufhebung suprema di un mondo che ha negato Dio.
Lo psicanalista Franco Fornari nei suoi studi sulla minaccia atomica risalenti agli anni Sessanta notava che «la guerra è sempre stata una strana agenzia di import-export di distruzione: il fatto nuovo che si verifica con l’avvento dell’era atomica è la prospettiva pantoclastica, per cui l’ingorgo delle aggressività nello Stato non può più essere drenato attraverso l’esportazione, e rischia quindi di determinare una specie di crescenza tumorale che assorbe in modo sempre più vistoso le energie di ciascuna nazione – specie di quelle atomizzate». (8)
Lo studioso suggerisce che le Nazioni, private della valvola di sfogo della guerra dal tabù dello scontro atomico, finiscano per dover somatizzare con dolore nel loro stesso corpo sociale questa quantità di violenza inespressa.
La realtà è che la «prospettiva pantoclastica» di cui parla Fornari è stata già rovesciata in una prospettiva «autoclastica»: l’aborto di Stato è infatti lo scenario in cui la distruzione è inflitta dall’umanità a se stessa, in totale consonanza numerica e morale con l’aggressività sterminatoria di un eventuale conflitto atomico.
Fornari fallisce nel riconoscere come la mortido, il todestrieb, l’impulso di morte pensato dal suo maestro Freud, finisca per torcersi contro l’altra enantiodromica radice dell’essere umano, la libido. La libido, il cui fine per il riduzionismo scientifico della psicanalisi è la continuazione della specie, è nell’aborto aggredita e negata dalla annichilente volontà di morte del suo impulso speculare.
Nella disarmonica devastazione dei costrutti psichici primari dell’uomo – un impulso contro l’altro, la Morte contro la Vita – possiamo vedere come degno di essere chiamato «prospettiva pantoclastica», lo scenario di rovina totale di cui scrive Fornari, sia in realtà – più che il conflitto atomico – proprio l’aborto. L’uomo dell’era dell’aborto è scisso, schizofrenico. È al contempo assassino e suicida, è nel medesimo istante genitore e carnefice.
Un altro psicanalista, l’inglese Edward Glover, intuì che sul piatto del gioco atomico non vi era solo la salvezza fisica dell’uomo, ma la sua stessa sostanza psichica.
A pochi mesi dalle detonazioni di Hiroshima e Nagasaki, Glover scrisse che la bomba atomica « è più un’arma di sterminio più che un’arma bellica [e per questo] ben adatta alle più sanguinarie fantasie di cui l’uomo è segretamente preoccupato durante la fase di frustrazione acuta (…) La capacità così dolorosamente acquisita dagli uomini normali di distinguere tra sonno, illusione, allucinazione è la realtà oggettiva della vita da svegli è stata, per la prima volta nella storia umana, seriamente indebolita». (9)
Anche qui, viene da pensare che l’arma di distruzione di massa dell’aborto supera la bomba H, pervertendo la mente dell’uomo in modo ulteriore, distruggendo per sempre il limite tra il bene e il male, cancellando l’amore per i suoi figli, invertendone la natura, indebolendo la realtà oggettiva della vita da svegli che – con la legge naturale – gli dice: non uccidere, ama la tua prole, sii responsabile di quello che fai.
Glover sostiene che il pericolo della bomba atomica sia quello di vellicare le fantasie sanguinarie profonde dell’uomo, con grande rischio che un frequentatore di quelle «fasi di frustrazione acuta» possa essere anche una di quelle persone in possesso, per esempio, dei codici di lancio dei missili termonucleari; ebbene, lo stesso può dirsi dell’aborto, con l’aggiunta che i codici di lancio per gli ordigni di morte sono forniti dallo Stato all’intera classe medica e paramedica mondiale.
La bomba demografica dei milioni di aborti è infatti possibile solo grazie ad operosi, entusiasti boia in camice bianco, sulle cui fantasie di morte attualizzate in ambulatorio ancora troppo poco si è scritto.
Ma torniamo a Herman Kahn e alla sua dottrina. Pragmatico, Kahn si chiede, in un capitolo di On Thermonuclear War: «i sopravvissuti invidieranno i morti?»[10]. La risposta che si dà – veniva da una famiglia di ebrei praticanti ma divenne col tempo totalmente ateo – è che alla fine no, i vivi non invidieranno i morti. Per l’uomo del dopo-bomba, è Business as usual.
I cattolici possono però pensarla in modo diverso. Perché in maniera opposta si è espressa la Santa Vergine apparsa il 13 ottobre 1973 ad Akita, in Giappone, nell’ultima apparizione mariana ufficialmente approvata dalla Chiesa di Roma (in particolare, a seguire il caso a suo tempo fu il Cardinale Ratzinger). Alla veggente Suor Agnese Sasagawa, la Vergine, Marya-sama, disse: «Hi ga Ten kara kudari».
Verrà il fuoco dal cielo. Suor Agnese prosegue nel racconto delle parole della Madonna: «una grande parte dell’umanità verrà distrutta, e né i preti né i fedeli saranno risparmiati. I sopravvissuti invidieranno i morti».
La promessa di Nostra Signora di Akita risponde dettagliatamente al pensiero post-atomico di Kahn. Il vero castigo che Dio abbatterà sulla terra, sarà peggiore della devastazione termonucleare del pianeta immaginata da strateghi e generali.
Non è difficile vedere come l’aborto, il più terribile dei peccati dei quali la Madonna in Giappone ha chiesto il pentimento immediato dell’Umanità, sia una blasfema anticipazione di questa apocalisse con l’uomo che si erige a giudice della Vita quasi fosse Dio, e allo stesso tempo sia il delitto che più di ogni altro chiama la punizione divina. La pioggia di fuoco che dal Paradiso si abbatterà sui figli di Dio.
Prima che questa avvenga, però, facciamo i conti con il nostro mondo umano.
Da ulteriori dati emersi dal documento dell’Istituto Guttmacher Abortion Worldwide: A Decade of Uneven Progress, si ottiene che il numero degli aborti commessi negli ultimi 40 anni potrebbe andare al di là di ogni immaginazione: se il 2003 ha visto a livello mondiale 41,6 milioni di interruzioni di gravidanza, è facile presumere che dagli anni Settanta ad oggi il numero totale di aborti ecceda il miliardo.
Avete letto bene: un miliardo di morti.
In termini di guerra atomica, per un effetto simile ci vuole un ordigno-fine-del-mondo, una bomba in grado di spazzare via un continente intero. Una simile arma, ad oggi, non esiste.
Un miliardo di morti non si conta più nemmeno in megadeath; un miliardo di morti è un gigadeath. Mille milioni di morti: un concetto che lo stesso Kahn nel suo libro non arriva ad usare. Eppure, questa strage è avvenuta, è qui: questa bomba è scoppiata.
La Storia dell’Arte ci mostra come dalla peste nera del 1348 scaturì un nuovo tema iconografico, chiamato il «trionfo della morte»: dipinti che mostravano la morte stessa – rappresentata come uno scheletro dotato di falce – mentre decima indiscriminatamente la popolazione, qui raffigurata nei suoi diversi ceti sottolineando in dettaglio come Re, papi e gente comune siano uguali innanzi ad essa, mentre diavoli e demoni aiutano il mietitore in questo compito tremendo.
Ebbene, quello che abbiamo davanti a noi, con la distruzione massiva dell’aborto, non ha ancora trovato modo di essere dipinto, perché di fatto eccede la fantasia più oscura.
È il trionfo della mega-morte. Perché, appunto, qui non parliamo più di morte, ma di megadeath, di megamorte, di milioni – miliardi! – di vittime.
E quanto ai diavoli che assistono la mega-morte trionfante, pensiamola così: sappiamo che una bomba atomica da un megatone sganciata su di una città demolisce ogni muro producendo un cratere di 400 metri di diametro e 70 metri di profondità.
La bomba abortista, invece, distrugge non metropoli, ma intere nazioni e crea nella terra abissi talmente profondi da arrivare all’Inferno. I demoni, così liberati dal loro arcano rifugio, hanno quindi con l’aborto un canale aperto per giungere diretti in superficie.
È bene che si comincino a prendere le misure di questa storia, che è senza dubbio alcuno la più grande tragedia mai occorsa nella Storia, la più terrificante minaccia mai comparsa sul cammino dell’uomo.
È bene che tutti noi comprendiamo, una volte per tutte, che ci hanno scagliato contro un diluvio di testate nucleari – qualcosa come otto-diecimila Nagasaki – e al momento non pare che nessuno voglia davvero prendere provvedimenti.
Chi disconosce questa fatale realtà, è una ingenua vittima di questa guerra infinita: è una scoria radioattiva ambulante, è uno zombie apocalittico, un barbaro post-atomico incapace di pensare al di fuori dei propri micro-interessi alimentari.
Chi crede che l’aborto non sia una priorità assoluta non solo per la Chiesa, ma per l’Umanità tutta, chi ritiene che anzi esso sia una stupida «ossessione» di cui i cattolici devono cominciare fare a meno, è complice della bomba del Male, è collaboratore di questo sterminio demoniaco, è un Quisling della giga-morte che cancella generazioni e generazioni dei nostri fratelli, dei nostri figli.
Chi non capisce che la guerra atomica dell’aborto va fermata ora, è complice di Akuma, come chiamano in Giappone il Principe di questo mondo. Disse Nostra Signora ad Akita: «Akuma ha, Kyōkai no naka made hairikomi».
Il demonio entrerà sin dentro la Chiesa. «Cardeinaru ha Cardeinaru ni, Shikyō wa Shikyō ni tairetsu suru deshō». Cardinali serreranno le proprie fila contro altri Cardinali, Vescovi contro Vescovi. Akuma guiderà molti preti e religiosi lontano da Dio. Quei preti che mi riveriscono saranno disprezzati ed attaccati. Chiese ed altari saranno dissacrati. «Kyōkai ha, dakyō suru mono de ippai ni nari». La Chiesa sarà riempita di compromessi. Akuma si concentrerà specialmente sui consacrati.
Dunque, è giunta l’ora di chiedere a noi stessi: fino a quando?
Fino a quando dovremo tollerare questa guerra nucleare in cui – inermi, inerti, impotenti – vediamo i nostri fratelli morire a migliaia di milioni?
Fino a quando dovremo sopportare la mano dei carnefici che preparano l’apocalisse?
Fino a quando incasseremo passivi questa ondata senza fine di morte, senza pensare mai che si va à la guerre comme à la guerre?
Sta scritto: «Allora Pietro gli si avvicinò e gli disse: “Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?”. E Gesù gli rispose: “Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette”». (11)
Abbiamo perdonato, sì. Ma qui siamo andati ben oltre le settanta volte sette. I nostri fratelli assassini, hanno peccato contro gli innocenti – uccidendoli – almeno un miliardo di volte.
La misericordia di Dio è infinita. Quella dell’uomo, logicamente, non può esserlo.
Roberto Dal Bosco
NOTE
1) Herman Kahn, Thinking About the Unthinkable, Horizon, New York 1962; p.21.
2) Herman Kahn, On Thermonuclear War, Transaction Publishers, Piscataway 2011; p.20.
2) Herman Kahn, On Thermonuclear War, cit.; p.169.
5) Nikita Khrushev, in quell’aprile 1959 in cui l’Italia firmò per ospitare i missili Jupiter americani, fu chiarissimo: promise che «in caso di guerra, l’Italia sarebbe stata uno dei primi obbiettivi di distruzione atomica». Paolo Cacace, L’atomica europea, Fazi, Roma 2004; p.81. In particolare, dai pochissimi file declassificati, si è potuto apprendere del destino di annientamento a cui sarebbero andate congiuntamente incontro l’Alta Italia e a Baviera. In uno studio sulla strategia degli eserciti del Patto di Varsavia in caso di scontro frontale col mondo libero, lo storico ceco-americano Vojtech Mastny ha raccolto materiale per affermare che «sul fianco meridionale, il compito dell’esercito ungherese era quello di far parte di un’operazione in cui Monaco, Verona e Vicenza sarebbero state incenerite da un bombardamento atomico, così come lo sarebbe stata Vienna, capitale della neutrale Austria». Vojtech Mastny, A cardboard castle? An inside history of the Warsaw Pact 1955-1991, Central European University Press, Budapest 2005; p.23. I dettagli dell’operazione, come spiegano con dovizia di particolare gli studiosi Suppan e Mueller, sono contenuti in una grande manovra di esercitazione militare che Mosca e Budapest lanciarono nel maggio 1965: «ad un possibile attacco dell’Occidente con 30 ordigni atomici, il Patto di Varsavia avrebbe risposto con un immediato contrattacco nucleare da 7405 kilotoni su Baviera Austria e Alta Italia (…) armi nucleari occidentali avrebbero colpito Budapest, Debrecen, Miskole, Szekesfehervar e altre città alle ore 07:00. Nello stesso preciso istante Vienna avrebbe dovuto essere distrutta da due bombe atomiche da 500 kilotoni l’una, seguita alle 07:02 da Monaco, Oberammergau, Verona, e Vicenza». Arnold Suppan – Wolfgang Mueller, Peaceful Coexistence or Iron Curtain? Austria, Neutrality, and Eastern Europe in the Cold War and Détente, LIT Verlag Muensterm, Berlino-Muenster-Vienna 2009; p.209).
5) Gregg Watts, Mother Theresa: Faith in the Darkness, Lion Books, Oxford 2009; p.130.
6) Si tratta della famosa zhǐlǎohǔ, l’espressione mandarina (composta letteralmente dagli ideogrammi “carta” “vecchia” “tigre”) divenuta proverbiale anche in Occidente con la traduzione di «tigre di carta». Mao spiegò il concetto nell’agosto 1948 durante l’intervista alla giornalista americana Anna Louise Strong. In Mao Tse-Tung, Opere scelte, 4 voll., Casa editrice in lingue estere, Pechino 1969-1975, p.99. Mao tornò sul concetto della bomba atomica come tigre di carta a Mosca durante l’Incontro Internazionale dei Partiti Comunisti ed Operai (18 novembre 1957), e durante un discorso al Convegno di Wuchang (1 dicembre 1958) dell’Ufficio Politico del Partito Comunista Cinese.
7) In Claudio Cesa (a cura di), Hegel. Antologia di scritti Politici, il Mulino, Bologna 1977.
8) Franco Fornari, Psicanalisi della Guerra, Feltrinelli, Milano 1970; p.21
9) Edward Glover, War, Sadism and Pacifism, George Allen & Unwin, Londra 1946; p.274.
10) Herman Kahn, On Thermonuclear War, cit. p.40.
11) Matteo 18, 21-23.
Articolo del 2014 già apparso su Riscossa Cristiana, poi su Ricognizioni, con il titolo «Il trionfo della megamorte. Meditazione su aborto e bomba atomica».
Bioetica
JD Vance paragona l’aborto al sacrificio dei bambini. C’è molto più da dire e fare contro la Necrocultura
Lo scorso mercoledì, per un’ora, il vicepresidente JD Vance ha risposto alle domande degli studenti dell’Università del Mississippi durante un evento di Turning Point USA, prendendo il posto di Charlie Kirk, l’attivista assassinato che era amico anche del Vance. Lo riporta LifeSite.
Il vicepresidente americano risposto a domande sul cristianesimo, sulla sua fede personale e sull’aborto, definendo l’aborto un «sacrificio di bambini» che porta al maltrattamento delle donne.
«Non mi scuso per credere che il cristianesimo sia una via verso Dio», ha detto Vance a uno studente preoccupato per la preghiera nelle scuole pubbliche. «Non mi scuso per pensare che i valori cristiani siano un fondamento importante di questo Paese, ma non vi costringerò a credere in nulla, perché non è ciò che Dio vuole, e non è ciò che voglio io».
Aiuta Renovatio 21
Come noto, JD Vance, che ha avuto una vita difficile in una famiglia disfunzionale del proletariato bianco dei monti dell’Appalachia (gli Hillbilly) si è convertito al cattolicesimo anni fa.
La domanda sull’aborto all’evento di TP USA è stata posta da una giovane donna che ricopre la carica di presidente di Ole Miss Rebels for Life, il gruppo pro-life del campus; il nome ha suscitato un caloroso applauso tra la folla riunita e un sorriso da parte del vicepresidente.
«In passato, hai dichiarato di essere al 100% pro-life», ha detto. «Ma da quando sei entrato nella campagna presidenziale come vicepresidente, hai cambiato idea sull’aborto, quindi mi chiedevo qual è la tua posizione attuale, e se ritieni che il diritto alla ‘libertà’ di qualcun altro prevalga sul diritto alla vita di qualcun altro?»
«Hai posto la domanda: penso che la libertà di qualcun altro prevalga sul diritto alla vita di qualcun altro?», ha risposto Vance. «No, non lo credo. In effetti, non ci credo. Ora, vorrei contestare qualcosa che hai detto, solo la premessa della domanda, ovvero che ho vacillato sulla questione pro-life. Credo davvero che il presidente sia stato il presidente più pro-life nella storia degli Stati Uniti d’America».
Lo slogan fa riferimento al fatto che, durante la sua prima amministrazione, Donald Trump ha selezionato i giudici della Corte Suprema che alla fine hanno portato all’annullamento della sentenza Roe v. Wade. Durante la campagna presidenziale del 2024, tuttavia, Trump ha ribadito che l’aborto è ora una questione di competenza degli stati e si è impegnato personalmente per rimuovere il principio pro-life dal programma del Partito Repubblicano per la prima volta in decenni.
«Ci sono due cose che dobbiamo tenere a mente qui», ha continuato Vance. «Una è la questione molto difficile: quando parliamo della nostra politica sull’aborto, ci sono alcuni casi limite molto, molto complessi. Ci sono casi in cui una bambina di 11 anni è stata violentata e sarebbe pericoloso per lei portare a termine la gravidanza. Ci sono situazioni in cui portare a termine la gravidanza causerebbe gravi danni fisici, forse la morte per la madre».
«È uno dei motivi per cui noi crediamo nell’eccezione in questi casi – ripeto, sono casi limite, sono rari, la comunità pro-aborto vorrebbe farvi credere che rappresentino il 90% degli aborti e questo non è vero – ma dobbiamo essere onesti sul fatto che ci sono alcuni casi limite».
Renovatio 21 segnala che parlare dei «casi limite» significa solo voler conformare il resto dei casi ad una politica precisa, spostando la Finestra di Overton e riprogrammando la legge. La posizione anfibola di Vance era già nota a tutti, come detto, in campagna elettorale.
«La seconda cosa che vorrei dire a questo proposito è che dobbiamo essere prudenti e pratici in ciò che possiamo realizzare», ha proseguito Vance. «Potrebbero esserci disaccordi su cosa esattamente significhi, ma se si considerano le vittorie pro-life che il presidente degli Stati Uniti è riuscito a ottenere, ci è riuscito perché ha lavorato all’interno del sistema che abbiamo».
Vance ha continuato dicendo che perseguire «l’opzione pro-life più aggressiva», anche se ciò significa perdere tutte le elezioni contro i democratici, che implementeranno l’aborto su richiesta fino al momento della nascita.
Iscriviti al canale Telegram ![]()
«Qualcuno prima mi ha chiesto dei miei valori cristiani», ha detto Vance. «Uno dei punti che ho sollevato è che quando i coloni arrivarono nel Nuovo Mondo, trovarono il sacrificio di bambini molto diffuso. Immagino che ci siano persone che non sono d’accordo con la mia opinione sulla questione pro-life. Vorrei solo fare un’osservazione. Se si visitano siti archeologici storici dove c’erano bordelli – e le due professioni più antiche del mondo sono il gioco d’azzardo e la prostituzione, quindi c’erano bordelli anche in civiltà molto antiche».
«Se si torna agli antichi bordelli e si dissotterrano le ossa delle donne che lavoravano in quei luoghi, si trovano molto spesso molti bambini sepolti con loro… Ogni volta che una società decide di scartare bambini innocenti, non tratta molto bene nemmeno le proprie donne. E ogni volta che una società maltratta le proprie donne, molto spesso sono i bambini a nascere subito dopo. C’è una ragione per cui la civiltà cristiana ha posto fine alla pratica del sacrificio di bambini in tutto il mondo, ed è una delle grandi conquiste della civiltà cristiana».
«Credo che dovremmo cercare di proteggere ogni vita non ancora nata», ha concluso Vance. «C’è una questione su come esattamente lo facciamo, ma non direi mai che il diritto alla vita di qualcuno debba essere sacrificato».
Come riportato da Renovatio 21, la realizzazione del fatto che l’aborto è un sacrificio umano, domandato ad una civiltà decristianizzata quindi ripaganizzata, ridemonizzata, è oramai più diffusa che mai, in ispecie tra l’opinione pubblica della destra americana, non solo cattolica.
Per qualche ragione, la visione dell’aborto come sacrificio umano non ha mai attecchito davvero nel mondo pro-vita italiano, forse perché troppo stupido, forse perché troppo compromesso con la politica e con la chiesa italiana. Ecco quindi che invece che parlarti di Moloch, il ridicolo pro-vita italiota ti parla di «protezione della maternità» e finanche di «diritti della donna», completamente trasbordato nella lingua, quindi nel campo, dell’avversario – e con la convinzione, chiara ma non sussurrata al popolo che fa loro donazioni – che la legge autogenocida 194 non si deve toccare.
Il fatto è considerare l’aborto come l’unico sacrificio umano della società attuale, con spinta della macchina infallibile dello Stato moderno, è davvero errato: l’aborto è solo una piccola parte del sistema della morte che ci è inflitto, anzi, forse è il fanalino di coda, lo specchietto per le allodole sciocche condotte così in una battaglia di retroguardia, mentre il manovratore prosegue la distruzione umana in tanti altri settori.
È sacrificio umano l’eutanasia, sì. È sacrificio umano la predazione degli organi, sì. È sacrificio umano, di tipo pure difficile da definire vista la natura umanoide della faccenda, la provetta, che oramai da anni distrugge più embrioni dell’aborto, nell’evidente silenzio degli ebeti pro-vita italici, inutili se non venduti.
C’è ancora tanta strada da fare, se vogliamo combattere davvero la Necrocultura. Renovatio 21, in realtà, è qua per questo. Voi, se mi state leggendo, con grande probabilità, pure.
Roberto Dal Bosco
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr; immagine modificata
Necrocultura
La generazione perduta nel suo egoismo
Sostieni Renovatio 21
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Iscriviti al canale Telegram ![]()
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Necrocultura
«L’ideologia ambientalista e neomalthusiana» di Vaticano e anglicani: Mons. Viganò sulla nomina del re britannico da parte di Leone
Vale la pena di riprendere le parole dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò, che ha scritto su X un testo indicando i veri temi dietro all’assegnazione di una cattedra permanente nella basilica papale a Re Carlo III d’Inghilterra, capo de facto della Chiesa anglicana.
«L’incontro tra il capo della chiesa sinodale e il capo della chiesa d’Inghilterra avrà come punto culminante una preghiera ecumenica per la cura del Creato nella Cappella Sistina, all’insegna della retorica ambientalista del “grido della terra” e della “conversione ecologica”» scrive monsignore.
«Le due autorità supreme delle proprie rispettive “chiese” si riconoscono entrambe nell’ideologia ambiententalista e neomalthusiana del World Economic Forum e dell’Agenda 2030, ed è su questa nuova religione che è impostato il dialogo tra sinodali e anglicani».
L’incontro tra il capo della chiesa sinodale e il capo della chiesa d’Inghilterra avrà come punto culminante una preghiera ecumenica per la cura del Creato nella Cappella Sistina, all’insegna della retorica ambientalista del “grido della terra” e della “conversione ecologica”.… pic.twitter.com/9gBObOg2h9
— Arcivescovo Carlo Maria Viganò (@CarloMVigano) October 21, 2025
Aiuta Renovatio 21
«A confermare la sua continuità con l’ecumenismo conciliare, Leone offrirà a Carlo un “seggio” (con la targa “Ut unum sint”) nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, già teatro dell’indizione del Vaticano II e da allora tempio dell’ecumenismo indifferentista conciliare e sinodale».
«La Fede Cattolica è la grande assente, e non a caso: sarebbe imbarazzante per Leone ricordare i Martiri cattolici massacrati dal monarca poligamo, a cominciare da John Fisher e Thomas More. Immaginate Papa Clemente VII che offre uno scranno in una Basilica Papale a Enrico VIII…» conclude Viganò, ricordando la storica nequizia anticristiana della malvagia monarchia britannica.
Proprio così: il re britannico, ora celebrato dalla Chiesa cattolica, occupa un trono che, dal XVI secolo, dopo lo scisma provocato dal crudele Enrico VIII, ha perseguitato ferocemente i cattolici, giustiziando e scorticando fedeli e sacerdoti (con la loro pelle sono stati rilegati libri ancora oggi esposti) e costringendoli alla clandestinità.
Vogliamo nominare uno degli eroi di questo disastro storico e metastorico: Guido Fawkes, il cattolico che tentò di far esplodere Westminster (definito, secondo una nota battuta della politica britannica, «l’ultimo uomo entrato lì con buone intenzioni») per restaurare un governo cattolico. Tradito, Fawkes fu catturato, torturato e squartato, con le sue parti inviate ai quattro angoli del regno, nonostante avesse accettato le condizioni del re.
Ancora oggi, ogni 5 novembre, in Inghilterra si bruciano le effigi di Fawkes – un re-enactement chiarissimo del rogo dei cattolici. Per ragioni che sembrano legate a logiche dello Stato Vaticano non dissimili a quelle attuali, il simbolo di Fawkes non è stato adottato dai cattolici, ma da gruppi pseudo-anarchici, grazie alla rielaborazione del fumettista Alan Moore nella celebre graphic novel, poi film di discreto successo, V per Vendetta.
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Tuttavia, non si tratta solo di storia antica: ciò che dovrebbe indignare i cattolici è l’appartenenza della dinastia Windsor alla «Cultura della Morte», che promuove – tramandata di generazione in generazione, da Filippo a Carlo, a Guglielmo (che predica la lotta alle famiglie numerose) ed Enrico (che andà all’ONU a criticare la sentenza della Corte Suprema USA che defederalizzava l’aborto) – la riduzione della popolazione e un’avversione verso l’umanità.
L’arcivescovo ricorda la connessione di ambientalismo e malthusianesimo, che sono cifre ideologiche tramandate geneticamente nella famiglia reale inglese. Malthus, come Darwin, sono stati creati dal potere di Albione per giustificare la violenza sfruttatrice usata dall’Impero britannico sul mondo: se gli uomini sono animali, e sono pure troppi, tanto vale procedere con la massima crudeltà possibile. Le carestie genocide in Irlanda e in India sono figlie di questo pensiero, di questa volontà di dominio satanico sul mondo.
Vogliamo ricordare, in questo sens, il padre di Carlo, il principe Filippo, tra i fondatori del WWF e frequentatore di antiche edizioni delle conferenze Bilderberg, il quale si espresse in estrema chiarezza quando dichiarò di volersi reincarnare in un patogeno di modo da uccidere milioni di persone, eliminando quanta più popolazione possibile per il bene dell’ambiente. Un’idea portata avanti strenuamente dal Carlo, che con il Cambiamento Climatico pare avere pure qualche lucroso affare.
Dietro la facciata ecologista, gli Windsor (che non sono britannici e non si chiamano Coburgo Gotha: Windsor è il nome di un villaggio inglese scelto per il rebranding del loro casato germanico, ad usum del popolino anglofono) si rivelano diacronici sostenitori di quella che su Renovatio 21 chiamiamo Necrocultura: una vera e propria Famiglia della Morte. Basta pensare ai casi di Alfie Evans, Charlie Gard, Indi Gregory e molti altri di cui non sapremo mai il nome. Cosa fecero i reale per salvare questi bambini, anche quando le questioni divennero internazionali (con tanto del tentativo, a pensarci bene davvero grottesco, della Repubblica Italiana di dare la cittadinanza ad Alfie per farlo espatriare e poterlo curare).
I bambini, il popolo tutto, per il malvagio potere britannico possono essere sacrificati nell’utilitarismo più mostruoso e assassino del «bestinterest». Del resto, l’utilitarismo è un’altra invenzione filosofica degli inglesi, realizzata sempre all’altezza della sanguinaria conquista imperiale. Il pensiero di Geremia Bentham, come quello di Malthus e più tardi di Darwin, a questo serviva: a disumanizzare il mondo e a rendere possibili sacrifici di minoranze, e persino maggioranza, nel nome del principio del massimo godimento distribuito a certuni dallo Stato. Il sistema sanitario del Regno, con il boost dei giudici della Corona trucidatori di bambini, è improntato a questa logica assassina e genocida.
La storia di Carlo, come noto ma spesso ignorato, non è priva di ombre: dalla controversa morte della principessa Diana ai milioni ricevuti dalla famiglia Bin Laden in buste di plastica. Un anno fa è emerso che nel 1983 l’allora principe di Galles aveva accettato un premio da un veterano nazista, una laurea honoris causa presso l’Università dell’Alberta, in Canada, dove, oramai sappiamo abbondano i rifugiati ucronazisti.
Del resto, una certa passione per la svastica eravi tra gli Windsor, se pensiamo ad Edoardo VIII e alla sua simpatia per Adolfo Hitler, che, secondo gli storici, una volta conquistata la Gran Bretagna aveva in programma di ripiazzarlo sul trono come un Quisling incoronato.
La missione del casato della Necrocultura va oltre, e rivela pagine storiche dense per quanto dimenticate: dalle proto-vaccinazioni dei reali con i relativi danni, all’uccisione del re per eutanasia di re Giorgio (bisnonno di Carlo), dai sospetti di fecondazione artificiale ante-litteram da cui sarebbe nata Elisabetta, all’ambientalismo stragista di Filippo (che, tenetelo sempre a mente, ha fondato il WWF, organizzazione ora proibita in Russia…), dai discorsi di Guglielmo figlio di Carlo sulla sovrappopolazione, agli attacchi contro gli USA che defederalizzano l’aborto fatti da principe Enrico dallo scranno ONU… la lista è pressoché infinita, e davanti a tutto questo cadono le illazioni su Jack lo Squartore.
Iscriviti al canale Telegram ![]()
Del re Carlo, tanto a lungo «principe» in prima linea per la successione, vanno ricordate anche l’amicizia e le donazioni milionarie di Armand Hammer, enigmatico petroliere americano (per alcuni spia del KGB): quando nel 1988 la piattaforma petrolifera Piper Alpha della Occidental Petroleum esplose a 200 miglia da Aberdeen, causando 160 morti, il futuro re si affrettò a difendere Hammer, che ne uscì indenne. La dinastia Hammer, miliardari ebrei americani di origini russe, vicini al Cremlino per motivi poco chiari, meriterebbe un’indagine a parte, soprattutto dopo le accuse contro il nipote, la star di Hollywood Armie Hammer, che includono presunti stupri e insinuazioni su perversioni cannibalistiche.
Non va dimenticata l’amicizia personale con Jimmy Savile, popolare DJ e conduttore britannico che, secondo accuse emerse dopo la sua morte nel 2011 ma già vociferate da decenni, avrebbe abusato di circa 400 ragazze in scuole e istituzioni psichiatriche di cui era benefattore.
Di recente, forse l’episodio che ha messo in luce la maligna natura della corona britannica è stato il ritratto ufficiale del re presentato nel maggio 2024, un’immagine dai toni infernali, realizzata da un artista noto per collage con riviste pornografiche.
Aiuta Renovatio 21
Nel frattempo, l’odierno malvagio re britannico a Roma riceve il plauso pure dei parlamentari italiani.
In un momento di profonda umiliazione per il popolo italiano, nel suo discorsone alle Camere il re rammentò a tutti l’«importanza» del supporto inglese a Garibaldi, che poi andava ospite dagli inglesi. Chi conosce la vera storia dell’Italia unita non può che sorridere, nell’amarezza più profonda: il re sbatte in faccia agli italiani il fatto che, con il Risorgimento (fiancheggiato e ideato dai britannici), la penisola è divenuta uno Stato vassallo di Londra.
Ora, a infeudarsi con l’infernale potere di Albione non vi è solo la Repubblica Italiana, ma persino il papato.
Una conclusione che, per chi conosce la storia del mondo e della tradizione cattolica, può sembrare sconvolgente, e impone meditazioni di grande profondità.
Vogliamo lasciar andare i pensieri ricordando l’affresco sull’abside di Chiesa di San Paolo dentro le Mura– la principale chiesa degli anglicani ed episcopaliani a Roma.

Immagine di Luca Aless via Wikimedia CC BY-SA 3.0
Iscriviti al canale Telegram ![]()
L’imponente mosaico fu disegnato dal pittore preraffaellita Edward Burne-Jones, e ha tema apocalittico, con Cristo assiso sul trono della Gerusalemme Celeste. È un Cristo imberbe, dai tratti piuttosto femminili. I Santi sotto Nostro signore hanno i volti di mecenati e personaggi legati all’edificazione della chiesa, mentre a destra vi è il gruppo più interessante, quello dei cristiani a cavallo, dove Sant’Andrea ha il volto di Abramo Lincoln, San Patrizio è il generale Ulysses S. Grant, e San Giacmo è… sì, lui, il terrorista massone anticristiano, ladro di cavalli e marito di bambine, epperò tanto utile agli inglesi, Giuseppe Garibaldi.
È la «chiesa militante», secondo gli scismatici di Albione.

Immagine CC0 via Wikimedia
Sì, per loro Garibaldi è un santo. Chi frequenta quella chiesa adora Cristo sotto l’immagine santificata di colui che più di altri combattè il Regno Sociale di Cristo.
C’è, tuttavia, un dettaglio ancora più esplicito: a fianco di Cristo, nel mosaico si vedono delle nicchie dove sono disposti gli angeli. Vediamo qui Uriele che regge il sole, Michele che appare maestoso in armatura, Gabriele reca il giglio dell’Annunciazione, Chemuel, l’angelo del Graal, stringe nella mano sinistra il calice sacro, Zophiel sorregge la luna.
Tuttavia, alla destra del signore, la nicchia è enigmaticamente vuota. Fu un fedele della chiesa, una volta che la visitati anni fa, a spiegarmene il significato.
«Quello è il posto per l’angelo Lucifero» mi disse, quasi compiaciuto di questa teologia sovvertritrice.
Ora, Lucifero, lo sappiamo bene, non è invitato solo nelle chiese anglicane di Roma.
Roberto Dal Bosco
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
-



Bioetica2 settimane faMons. Viganò loda Alberto di Monaco, sovrano cattolico che non ha ratificato la legge sull’aborto
-



Morte cerebrale2 settimane faLe ridefinizioni della morte da parte dell’industria della donazione di organi minacciano le persone viventi
-



Vaccini2 settimane faUn nuovo sondaggio rivela che 1 adulto su 10 è rimasto vittima di un grave danno da vaccino COVID
-



Salute2 settimane faI malori della 48ª settimana 2025
-



Spirito1 settimana fa«Rimarrà solo la Chiesa Trionfante su Satana»: omelia di mons. Viganò
-



Politica1 settimana faIl «Nuovo Movimento Repubblicano» minaccia i politici irlandesi per l’immigrazione e la sessualizzazione dei bambini
-



Persecuzioni1 settimana faFamosa suora croata accoltellata: possibile attacco a sfondo religioso
-



Pensiero2 settimane faTrump e la potenza del tacchino espiatorio










