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Manifestazione pubblica degli zoofili in Germania

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Un gruppo di sedicenti zoofili tedeschi ha protestato la scorsa settimana per chiedere l’eliminazione la legge sulla protezione degli animali del Paese, la quale vieta qualsiasi rapporto sessuale tra esseri umani e animali.

 

La manifestazione è stata ripresa dall’agenzia statale russa Ruptly, ora non più visibili in Europa. Si è trattata, scrive Summit News, di una sorta di «marcia dell’orgoglio zoofilo».

 

Un partecipante, intervistato fra immagini di pastori tedeschi e uno striscione colorato multilingua del «Zoophile-right day» («giornata dei diritti zoofili»), dichiara di aver avuto una volta un rapporto sessuale con un cane maschio, «che mi ha usato, diciamo». «Al momento vivo con una femmina di pastore tedesco».

 


 

«Per me è molto più facile costruire una relazione con gli animali che con gli umani» dice l’occhialuto signore intervistato. «Quindi per me è più facile avere qualche contatto sessuale con un animale piuttosto che con un umano».

 

Alcuni utenti di Twitter notano che le facce dei cani ripresi non sembrano particolarmente allegre.

 

La legge tedesca sulla protezione degli animali vieta qualsiasi atto sessuale con animali. I trasgressori devono affrontare una pesante sanzione di 25 mila euro.

 

Tuttavia la locomotiva d’Europa ha varie volte avuto casi di questo genere finiti ad avere copertura pubblica.

 

Qualche hanno fa la testata Frankfurter Rundschau scrisse che la landestierschutzbeauftragte («responsabile di stato per la tutela degli animali») Madeleine Martin, aveva preso a dire che legge è oramai totalmente manchevole riguardo al tema dello «stupro animale».

 

Un concetto da capogiro, e da vomito, ma che rispondeva ad una serie di casi specifici.

 

La funzionaria tedesca racconta un caso accaduto nel Gross-Gerau, Germania sudoccidentale. Un allevatore cominciò a notare che le sue pecore erano diventate particolarmente fredde nei confronti del contatto con gli umani: quando si avvicinava loro, queste scappavano terrorizzate.

 

L’allevatore, turbato dall’improvviso cambio di comportamento delle sue bestie, mise una telecamera di sorveglianza nella stalla, e scoprì qualcosa di rivoltante: nottemtempo, serque di uomini entravano nell’allevamento per consumare rapporti sessuali con le  pecore di sua proprietà.

 

«Vi sono uomini che sminuiscono la gravità di questo fatto dichiarando che tratta del loro stile di vita» disse la Martin al Rundschau, chiedendo la messa al bando della bestialità in tutto il Paese.

 

Giornali locali tedeschi hanno riportato voci di bordelli zoofili dove i tedeschi si possono accoppiare con lama, ungulati vari e chissà cos’altro. Racconti del genere si fanno anche per il Sud-Est asiatico, dove questi abissi di lordura biologica e morale sembrerebbero attrarre questo nuovo tipo di turismo sessuale.

 

ZETA è una sigla zoofila che opera apertamente in Germania, dedita alla lotta contro i tentativi del governo di vietare la bestialità. «I meri concetti morali non hanno motivo di divenire leggi» aveva detto anni fa Michael Kiok, il volto del gruppo.

 

Ricordiamo che dietro alla zooerastia c’è una filosofia, anche molto importante a livello accademico e sociale.

 

Il filosofo australiano Peter Singer, sommo vertice dell’utilitarismo contemporaneo, oltre che una cattedra nell’Ivy League ha il primato di filosofo morale più ascoltato al mondo. Le sue teorie sull’aborto post-natale (valevole per i neonati umani, che sono dipendenti dai genitori, ma non per le bestie) scaldano i cuori del goscismo mondiale; i suoi discorsi sull’«altruismo effettivo» entusiasmano i giovani ricchissimi filantropi della Silicon Valley, il suo pensiero sui diritti animali – diligente conseguenza logica della filosofia utilitarista, così come aveva già capito nel XIX secolo il suo fondatore Jeremy Bentham – informa la coscienza di gran parte del mondo animalista e vegano.

 

Meno conosciuto, e oggi sparito dai riferimenti su Wikipedia,  è il suo saggio «Heavy Petting», osceno calembour sessuale con la parola pet, «animale domestico», in cui Singer parla del sesso con gli animali.

 

«Copuliamo, come loro. Hanno peni e vagine, come noi, e il fatto che la vagina di un vitello possa essere sessualmente soddisfacente per un uomo mostra quanto siano simili questi organi».

 

Il problema, dice Singer, potrebbe essere legato a quell’idea religiosa – che noi sappiamo essere purtroppo installata fino alla fine dei tempi nella tradizione cattolica, dell’atto sessuale come atto fertile:

 

«Il tabù sul sesso con gli animali potrebbe aver avuto origine come parte di un più ampio rifiuto del sesso non riproduttivo. Ma la veemenza con cui questo divieto continua a essere mantenuto, la sua persistenza mentre altri atti sessuali non riproduttivi sono diventati accettabili, suggerisce che c’è un’altra potente forza all’opera: il nostro desiderio di differenziarci, eroticamente e in ogni altro modo, dagli animali».

 

In pratica è lo specismo, lo scoglio ulteriore: questa tendenza dell’uomo a sentirsi sopra gli animali, e quindi, pare dire il filosofo utilitarista, a schifare i rapporti con essi. Anche perché, ricorda dettagliosamente il Singer, magari sono proprio loro a volerlo:

 

«Il sesso con gli animali non deve essere crudele. Chi non è stato a una festa disturbato dal cane di casa che afferra le gambe di un visitatore e strofina vigorosamente il suo pene contro di esse? L’ospite di solito scoraggia tali attività, ma in privato non tutti si oppongono all’essere usati dal proprio cane in questo modo e occasionalmente possono svilupparsi attività reciprocamente soddisfacenti». Segue nell’articolo dell’australiano un racconto rivoltante a base di possibili orangotanghi stupratori, con zoologhe che riflettono se è il caso di accettare la cosa.

 

Il lettore ricorderà che una proposta di legalizzare i matrimoni tra uomo e animale fu avanzata dal geniale deputato grillino Carlo Sibilia, poi sottosegretario al ministero dell’Interno, il quale puntualizzava la sua idea scrivendo nel post del forum dicendo che tali unioni riconosciute tra «specie diverse» potevano avvenire «purché consensienti» (sic)

 

Non parlavamo di bestialità linguistiche o politiche, tuttavia, ma di bestialità tout court.

 

Esiste, sta arrivando. Galoppa già in Germania, il Paese più ammirato e «civilizzato» del mondo: è il mondo moderno, bellezza. Lo Stato non-etico, sempre e comunque. La dignità umana giù per la sentina, in nome di diritti che poi, come si è visto, ti possono togliere in un nanosecondo, assieme a quelli più fondamentali (compreso il respirare, ora divenuto «etichetta respiratoria».

 

A che cosa dobbiamo preparare i nostri figli?

 

Siamo sicuri di non riuscire a fare qualcosa prima di consegnare un mondo del genere alla cosa più importante che abbiamo?

 

 

 

 

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Giocatore di hockey si amputa un dito per giocare alle Olimpiadi. Un certo numero di sue colleghe atlete invece avranno abortito

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Il giocatore australiano di hockey su prato Matt Dawson ha deciso di sacrificare parte del suo dito per assicurarsi la partecipazione alle Olimpiadi di Parigi, hanno riferito i media venerdì.

 

L’atleta trentenne si è rotto l’anulare della mano destra durante una gara pre-olimpica, mettendo a repentaglio la possibilità di partecipare alla sua terza Olimpiade.

 

Per assicurarsi che l’infortunio e il processo di guarigione non lo tengano fuori dalle competizioni, Dawson, membro della squadra vincitrice della medaglia d’argento alle Olimpiadi di Tokyo, ha dovuto fare una scelta critica. Ha optato per il taglio della parte superiore del dito, sottoponendosi a un intervento chirurgico questa settimana.

 

«Ho preso una decisione informata con il chirurgo plastico in quel momento, non solo per l’opportunità di giocare a Parigi, ma anche per la vita dopo», ha detto Dawson al media australiano 7NEWS.

 

«La scelta migliore per me era quella di togliermi la parte superiore del dito. È un po’ un cambiamento al momento e una sfida emozionante, credo», ha aggiunto.

 

L’atleta non avrebbe avuto molto tempo per decidere, ma si è detto «molto fortunato» ad aver dovuto amputare solo «un pezzettino» del dito.

 

L’allenatore della nazionale australiana Colin Batch ha elogiato la determinazione di Dawson nel partecipare ai Giochi, affermando che si è trattato di un’incredibile dimostrazione di impegno.

 

«Il modo migliore per riprendersi era semplicemente tagliarsi la punta del dito. Ecco cosa ha deciso di fare. Non è una cosa che un allenatore può decidere per un giocatore», ha detto a 7NEWS. «Pieni voti a Matt. Ovviamente è molto impegnato per giocare a Parigi. Non sono sicuro che l’avrei fatto, ma lui l’ha fatto, fantastico.”

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Dawson fa parte della squadra maschile australiana di hockey su prato dal 2014, con la quale ha partecipato alle Olimpiadi del 2016 e del 2020. Le Olimpiadi del 2024 si terranno a Parigi dal 26 luglio all’11 agosto.

 

L’atleta ha fatto un sacrificio di poco conto rispetto a quanto di certo hanno già fatto segretamente (o meno) tante sue colleghe: parliamo dell’«aborto-doping», che ovviamente schizza con l’approssimarsi dei Giochi Olimpici.

 

La dinamica del fenomeno è piuttosto semplice: per giovarsi della biochimica ormonale fantastica offerta dalla gravidanza e migliorare quindi le proprie prestazioni sportive, le atlete si fanno ingravidare per poi uccidere il figlio e godere del beneficio organico e muscolare della gravidanza. Praticamente: vero e proprio doping, senza alcuno steroide sintetico – quindi perfettamente legale. Specie, immaginiamo, nelle Olimpiadi delle «pari opportunità».

 

«Ora che i test antidroga sono di routine, la gravidanza sta diventando il modo preferito per ottenere un vantaggio sulla concorrenza» avvertiva ancora nel 2013 Mona Passiganno, direttrice di un gruppo pro-life texano. In quell’anno emerse anche la storia di un atleta russo che avrebbe raccontato a un giornalista che già negli anni Settanta, alle ginnaste di appena 14 anni veniva ordinato di far sesso con i loro allenatori per rimanere incinte e poi abortire.

 

La procedura sarebbe così conosciuta da arrivare persino anche sui libri di testo: un libro di testo online di fisiologia del dipartimento di Fisiologia Medica dell’Università di Copenaghen sembra averne ancora traccia.

 

Annotata anche questa realtà orrenda e allucinante consegnataci dal mondo moderno, Renovatio 21 ci tiene a specificare che ritiene l’hockey su ghiaccio come uno sport eccezionale ingiustamente negletto dal pubblico italiano. Dell’hockey su prato – tizi che corrono sull’erba con una mazza – tuttavia, come molti, si chiede talvolta il senso.

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Immagine di Raul Lieberwirth via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-ND 2.0

 

 

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Incredibile foto mostra il proiettile che passa accanto a Trump

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Il New York Times ha pubblicato una foto che sembra mostrare un proiettile che vola oltre la testa di Donald Trump, nel momento in cui è stato preso di mira da un uomo armato durante il comizio in Pennsylvania dove l’ex presidente sembra essere scampato alla morte per pochi millimetri.   L’immagine è stata scattata dal fotografo veterano del NYT Doug Mills all’evento della campagna nella città di Butler, dove il candidato repubblicano alla presidenza stava tenendo un discorso in vista delle elezioni del 5 novembre.   La foto di Mills mostra quello che sembra essere un proiettile che attraversa l’aria alla destra della testa di Trump. Il fotografo, che ha scattato foto dei presidenti degli Stati Uniti per più di quattro decenni, ha descritto la sua esperienza ai colleghi del NYT.  

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Il signor Mills stava usando una macchina fotografica digitale Sony in grado di catturare immagini fino a 30 fotogrammi al secondo. Ha scattato queste foto con una velocità di otturazione di 1/8.000 di secondo, estremamente veloce per gli standard del settore.   Mills ha detto che l’evento è iniziato come un «raduno molto standard e tipico», con lui e molti altri fotografi in piedi «in quella che viene chiamata l’area cuscinetto a soli due metri dall’ex presidente».   «All’improvviso, ci sono stati quelli che ho pensato fossero tre o quattro forti scoppi. All’inizio ho pensato che fosse un’auto. L’ultima cosa che ho pensato è che fosse un fucile», ha ricordato Mills.   Il fotografo ha quindi continuato a scattare, tuttavia ben presto non è più riuscito a vedere l’ex presidente perché Trump era circondato da agenti dei servizi segreti da ogni parte, mentre sul palco apparivano cecchini.   Nonostante apparisse provocatorio e apparentemente imperturbabile nella foto con il pugno alzato, Trump sembrava «molto, molto scioccato» un attimo dopo, secondo Mills.   Il fotografo ha dichiarato al giornale di «non essersi mai trovato in una scena più orribile» nel corso della sua decennale carriera.   L’agente speciale in pensione dell’FBI Michael Harrigan, che attualmente lavora come consulente nel settore delle armi da fuoco, ha confermato al giornale che la foto di Mills ha molto probabilmente catturato «il percorso del proiettile nell’aria».   «Se l’uomo armato stesse sparando con un fucile in stile AR-15, i proiettili calibro .223 o 5,56 millimetri che usano viaggiano a circa 3.200 piedi [975 metri] al secondo quando escono dalla volata dell’arma», ha detto l’Harrigan. «E con una velocità dell’otturatore di 1/8.000 di secondo, questo consentirebbe al proiettile di viaggiare a circa quattro decimi di piede mentre l’otturatore è aperto».   Sebbene tecnicamente possibile con la macchina fotografica usata da Mills, «catturare un proiettile su una traiettoria laterale come quella che si vede in quella foto sarebbe un’ipotesi su un milione… anche se si sapesse che il proiettile sta arrivando», ha osservato l’ex agente dell’FBI.   «Date le circostanze, se questo non mostra il percorso del proiettile nell’aria, non so cos’altro potrebbe essere», ha affermato.   Un commentatore su X l’ha definita la più pazzesca foto della storia americana. Non si tratta della cosa più pazzesca, per la storia americana e quella dell’umanità, vista durante quegli attimi concitati in Pennsylvania.

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Immagine screenshot da Twitter
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Arrestato uomo con 100 serpenti nei pantaloni

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Doganieri cinesi hanno sorpreso un uomo che cercava di introdurre di nascosto nel paese più di 100 serpenti vivi, nascondendoli nei pantaloni. Lo riportano varie testate locali.

 

L’uomo, descritto come «dall’aspetto sospetto» (e ci mancherebbe), è stato arrestato dalle autorità la scorsa settimana mentre tentava di entrare nel Paese attraverso il canale «nulla da dichiarare» del porto di Futian a Shenzhen, che è un posto di blocco tra Hong Kong e la Cina continentale.

 

Da dichiarare invece il personaggio pare avesse moltissimo.

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Dopo l’ispezione, gli ufficiali hanno trovato sei sacchetti di plastica infilati nelle tasche dei pantaloni dell’uomo, contenenti un’ampia varietà di serpenti vivi. Il conteggio finale ha rivelato che c’erano 104 rettili nascosti nei suoi pantaloni.

 

Successivamente sono state identificate cinque specie di serpenti: serpenti del latte (Lampropeltis triangulum), serpenti muso di porco occidentali (Heterodon nasicus), serpenti del grano (Pantherophis guttatus), serpenti ratto del Texas (Elaphe obsoleta lindheimeri) e serpenti toro (Pituophis melanoleucus). Quattro delle specie non sono originarie della Cina e pertanto è vietato portarle nel paese senza certificazione.

 


 

L’autorità doganale non ha rivelato il nome del contrabbandiere, né ha detto se l’uomo è stato arrestato. L’agenzia ha tuttavia avvertito che, in conformità con la legislazione cinese sulla biosicurezza e il controllo delle malattie, potrebbe perseguire la responsabilità legale se riterrà che le azioni dell’uomo abbiano violato le normative.

 

L’episodio è così sconcertante che non ci riesce nemmeno a fare delle battute. Tuttavia, è lasciata all’immaginazione dei lettori capire come potessero starci 104 serpenti nei dipressi delle pudenda di un uomo, così come bisogna fare sforzi mentali per cercare di comprenderne le motivazioni. Lo fa per soldi? Vediamo: se ti dicessero «ti metteresti cento bisce sotto i pantaloni per 10 mila euro», voi lo fareste?

 

Il traffico di animali è un fenomeno comune in Cina, nonostante le leggi ne proibiscano la pratica. Il mese scorso, CCTV News ha riferito che un uomo era stato arrestato mentre cercava di contrabbandare un totale di 454 tartarughe, tra cui alcune specie in via di estinzione, da Macao alla Cina continentale.

 

Speriamo solo che la prossima pandemia, invece che dal pangolino venduto per qualche motivo al mercato del pesce di Wuhano, o dal pipistrello suo amico, non decidano di farlo partire dai serpenti mutandari.

 

Per questo tipo di storie, bisogna dire, siamo oramai vaccinati.

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