Geopolitica
Macron: la Francia è pronta a sostenere l’azione militare dell’ECOWAS in Niger
Parigi sosterrà qualsiasi azione militare della Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (ECOWAS) in Niger per ripristinare il governo del leader deposto Mohamed Bazoum, ha detto il presidente francese Emmanuel Macron.
Macron ha fatto questo commento in risposta all’espulsione dell’ambasciatore francese Sylvain Itte da Niamey da parte del nuovo governo militare che ha preso il potere con un colpo di stato il mese scorso.
Il Ministero degli Esteri nigerino ha dichiarato venerdì che l’ambasciatore di Parigi aveva 48 ore per lasciare il Paese per essersi rifiutato di incontrare i nuovi governanti militari e per “ altre azioni del governo francese contrarie agli interessi del Niger.
Lunedì, parlando ai diplomatici a Parigi sulla politica estera francese, Macron ha dichiarato che, nonostante l’ordine dei golpisti, l’ambasciatore rimarrà in Niger.
«La Francia e i suoi diplomatici hanno dovuto affrontare situazioni particolarmente difficili in alcuni paesi negli ultimi mesi, dal Sudan, dove la Francia è stata esemplare, al Niger proprio in questo momento, e mi congratulo con il vostro collega e con i vostri colleghi che ascoltano dai loro post» ha dichiarato il presidente francese.
Il blocco regionale dell’Africa occidentale, ECOWAS, ha tentato di negoziare con i golpisti del Niger, ma ha avvertito che, se gli sforzi diplomatici fallissero, le sue truppe verrebbero inviate a Niamey per ripristinare il governo democratico. Secondo quanto riportato, sarebbero già pronti per un’invasione del Niger 25.000 soldati nigeriani.
Ieri Macron ha definito «coraggiosa» la decisione di Bazoum di non dimettersi, una scelta che lo tiene agli arresti domiciliari dal colpo di stato del 26 luglio.
La Francia non cambierà la sua posizione nel condannare il colpo di Stato e nel sostenere Bazoum, ha insistito il presidente francese, sottolineando che il leader deposto è stato eletto democraticamente.
«Penso che la nostra politica sia quella giusta. Si basa sul coraggio del presidente Bazoum e sull’impegno del nostro ambasciatore sul posto che resta nonostante tutte le pressioni, nonostante tutte le dichiarazioni delle autorità illegittime», ha detto Macron.
«La nostra politica è semplice: non riconosciamo i golpisti, sosteniamo un presidente che non si è dimesso» dichiara il Macron. «Noi sosteniamo l’azione diplomatica e, quando deciderà, la [decisione] militare dell’ECOWAS».
???????? French President Macron regarding Niger:
"Our policy is simple: we do not recognize the putschists, we support a president who has not resigned".
"We support the diplomatic action, and when it decides, the military [decision] of ECOWAS". pic.twitter.com/TUupzoB44H— OSINT Expert (@BeAawaree) August 28, 2023
Non si tratta della prima volta che in queste settimane la Francia si rivolge alla giunta militare del Niger con toni minacciosi.
Nel frattempo, centinaia di sostenitori dei governanti militari si sarebbero radunati sabato vicino ad una base militare francese nella capitale, Niamey, chiedendo la partenza dei soldati e accusando Parigi di intromettersi negli affari del Paese. Negli scorsi giorni manifestazioni popolari aveva circondato l’ambasciata francese.
La Francia ha ancora 1.500 soldati nella sua ex colonia francese, ultimo alleato rimasto nella regione del Sahel nella lotta contro le insurrezioni jihadiste. Tuttavia, governi come quello del Mali – che ha giurato, con il Burkina Faso, di intervenire in caso di attacco al Niger – hanno accusato i francesi di essere dietro al terrorismo che dichiarano di voler combattere con la loro operazione internazionale.
All’operazione antijihadista francese «Barkhane» ha partecipato anche l’Italia.
Il Niger è stato recentemente colpito da attacchi terroristici di sigle islamiste vicino ad Al Qaeda, che avrebbero assediato e conquistato l’antica città nel deserto di Timbuctù, nel Mali.
All’inizio di questo mese, i nuovi governanti del Niger hanno annunciato la cancellazione di cinque trattati militari con la Francia.
Tuttavia, Parigi ha insistito per portare avanti gli accordi di cooperazione, sostenendo che erano stati firmati con le «legittime autorità» del Paese.
Circa il 70% dell’elettricità prodotta in Francia viene prodotta utilizzando l’energia nucleare. È stato calcolato che l’uranio nigerino, di cui la nuova giunta ha proibito la vendita a Parigi, può incidere per il 30% nella produzione di energia atomica francese.
È bene a questo punto ricordare che il 6% dell’energia elettrica italiana, dopo la chiusura delle centrali italiane causata dal referendum antinuclearista del 1986, viene oggi acquistata dalla Francia.
Come riportato da Renovatio 21, il Niger aveva firmato un contratto di fornitura di uranio con la Cina quattro settimane prima del golpe.
Immagine di U.S. Army Southern European Task Force, Africa via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)
Geopolitica
Turchia, effigie di Netanyahu appesa a una gru: «pena di morte»
Un’effigie raffigurante il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu è stata avvistata appesa a una gru edile nel Nord-Est della Turchia, suscitando forte indignazione in Israele.
Secondo la stampa turca, l’episodio si è verificato sabato in un cantiere nella città di Trebisonda, sul Mar Nero. L’iniziativa sarebbe stata organizzata da Kemal Saglam, docente di comunicazione visiva presso un’università locale. Saglam ha dichiarato ai media turchi che il gesto aveva un intento simbolico, volto a denunciare le violazioni dei diritti umani a Gaza.
Le immagini, diffuse viralmente e riportate anche dal quotidiano turco Yeni Safak, mostrano la figura sospesa alla gru, accompagnata da uno striscione con la scritta: «Pena di morte per Netanyahu».
Il ministero degli Esteri israeliano, tramite un post su X, ha condiviso un video dell’incidente, accusando un accademico turco di aver creato l’effigie «con il fiero sostegno di un’azienda statale». Il ministero ha condannato l’atto, sottolineando che «le autorità turche non hanno denunciato questo comportamento scandaloso».
Turkish academic creates model of hanged 🇮🇱PM Netanyahu, with a “Death Penalty” sign. Proudly aided by a state company.
Turkish authorities have not disavowed this disgraceful behavior.
In Erdoğan’s Turkey, hatred & antisemitism isn’t condemned. It’s celebrated. pic.twitter.com/19MALpzEEW
— Israel Foreign Ministry (@IsraelMFA) October 26, 2025
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Le autorità turche non hanno ancora fornito una risposta ufficiale.
I rapporti diplomatici tra Israele e Turchia sono tesi da anni e si sono ulteriormente deteriorati dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023. Il presidente Recep Tayyip Erdogan ha accusato Netanyahu di aver commesso un «genocidio» a Gaza.
La Turchia, unendosi agli altri Paesi che hanno portato il caso al tribunale dell’Aia, ha accusato Israele di aver commesso un genocidio a Gaza. Il presidente Recep Tayyip Erdogan in precedenza aveva definito il primo ministro Benjamin Netanyahu «il macellaio di Gaza», suggerendo a un certo punto – in una reductio ad Hitlerum che è andata in crescendo, con contagio internazionale – che la portata dei suoi crimini di guerra superasse quelli commessi dal cancelliere della Germania nazionalsocialista Adolfo Hitlerro.
Nel 2023 la Turchia ha richiamato il suo ambasciatore da Israele e nel 2024 ha interrotto tutti i rapporti diplomatici. Mesi fa Ankara aveva dichiarato che Israele costituisce una «minaccia per la pace in Siria». Erdogan ha più volte chiesto un’alleanza dei Paesi islamici contro Israele.
Come riportato da Renovatio 21, i turchi hanno guidato gli sforzi per far sospendere Israele all’Assemblea generale ONU. L’anno scorso il presidente turco aveva dichiarato che le Nazioni Unite dovrebbero consentire l’uso della forza contro lo Stato degli ebrei.
Un anno fa Erdogan aveva ventilato l’ipotesi che la Turchia potesse invadere Israele.
La Turchia ha avuto un ruolo attivo nei recenti negoziati per il cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi, con diversi rapporti che indicano come l’influenza di Ankara su Hamas abbia facilitato il rilascio degli ostaggi nell’ambito del piano in 20 punti del presidente statunitense Donald Trump.
Venerdì, Erdogan ha dichiarato alla stampa che gli Stati Uniti dovrebbero intensificare le pressioni su Israele, anche attraverso sanzioni e divieti sulla vendita di armi, per garantire il rispetto degli impegni presi nel piano di Trump.
Domenica, Netanyahu ha annunciato che Israele deciderà quali forze straniere potranno partecipare alla missione internazionale proposta per Gaza, prevista dal piano di Trump per garantire il cessate il fuoco. La settimana precedente, aveva lasciato intendere che si sarebbe opposto a qualsiasi coinvolgimento delle forze di sicurezza turche a Gaza.
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Immagine screenshot da Twitter; modificata
Droga
Trump punta ad attaccare le «strutture della cocaina» in Venezuela
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Geopolitica
Thailandia e Cambogia firmano alla Casa Bianca un accordo di cessate il fuoco
Cambogia e Thailandia hanno siglato un accordo di cessate il fuoco ampliato per porre fine a un violento conflitto di confine scoppiato a inizio anno. La cerimonia di firma, tenutasi domenica, è stata presieduta dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che aveva mediato la tregua iniziale.
Le tensioni storiche tra i due Paesi del Sud-est asiatico, originate da dispute territoriali di epoca coloniale, sono esplose a luglio con cinque giorni di scontri armati, che hanno spinto centinaia di migliaia di persone a fuggire dalla zona di confine. Un incontro ospitato dalla Malesia aveva portato a una prima tregua, segnando l’inizio della de-escalation.
Trump ha dichiarato di aver sfruttato i negoziati commerciali con entrambi i paesi per favorire una riduzione delle tensioni.
HISTORIC PEACE BETWEEN THAILAND & CAMBODIA.
President Trump and Malaysia’s Prime Minister Anwar Ibrahim hosted the Prime Ministers of Thailand and Cambodia for the signing of the ‘Kuala Lumpur Peace Accords’—a historic peace declaration. pic.twitter.com/BZRJ2b2KLY
— The White House (@WhiteHouse) October 26, 2025
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Durante il 47° vertice dell’ASEAN in Malesia, il primo ministro cambogiano Hun Manet e il primo ministro thailandese Anutin Charnvirakul hanno firmato l’accordo, che amplia la tregua di luglio.
Il documento stabilisce un piano per ridurre le tensioni e assicurare una pace stabile al confine, prevedendo il rilascio di 18 soldati cambogiani prigionieri da parte della Thailandia, il ritiro delle armi pesanti, l’avvio di operazioni di sminamento e il contrasto alle attività illegali transfrontaliere.
Dopo la firma, il primo ministro thailandese ha annunciato l’immediato ritiro delle armi dal confine e il rilascio dei prigionieri di guerra cambogiani, insieme a un’intesa commerciale congiunta. Il primo ministro cambogiano ha lodato l’accordo, impegnandosi a rispettarlo e ringraziando Trump per il suo ruolo, proponendolo come candidato al Premio Nobel per la Pace del prossimo anno.
Trump ha definito l’accordo «monumentale» e «storico», sottolineando il suo contributo e descrivendo la mediazione di pace come «quasi un hobby». Dopo la cerimonia, ha firmato un accordo commerciale con la Cambogia e un importante patto minerario con la Thailandia.
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