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Geopolitica

L’Ucraina ha un programma di droni per assassinare Putin?

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Con grande tempismo, la testata americana di sinistra Grayzone ha presentato un articolo il 2 maggio – cioè il giorno prima dell’attacco di droni al Cremlino del 3 maggio, che presentava un’offerta via TV trasmessa il 6 aprile sulla rete di Kiev TSN da parte del capo di una società di armi ucraina chiamata Volodymyr Yatsenko.

 

Lo Yatsenko offriva 20 milioni di grivnie (più di mezzo milione di euro) a qualsiasi produttore di armi ucraino che riesca a far atterrare un drone all’interno della Piazza Rossa di Mosca durante la celebrazione del Giorno della Vittoria del 9 maggio.

 

Lo Yatsenko potrebbe essere lo stesso andato sotto processo per una misteriosa scomparsa di milioni di dollari da quella che un tempo era la maggior banca ucraina, la Privatbank. Nel 2016, la banca è stata nazionalizzata quando si è scoperto che aveva un buco di oltre 5,5 miliardi di dollari, presumibilmente trasferito dai suoi ex proprietari e oligarchi Igor Kolomojskij e Gennadiy Bogolyubov tramite schemi fraudolenti. Kolomojskij, come sa il lettore di Renovatio 21, è l’oligarca ebreo-ucraino con cittadinanza cipriota cui Zelens’kyj deve la sua ascesa televisiva e politica – anche se ora pare che il burattino, avendo forse trovato altri pupari ben più ricchi e potenti, gli si è rivoltato contro.

 

Tornando ai droni, l’offerta dello Yatsenko è stata tuttavia presa abbastanza sul serio da indurre Mosca a cancellare le parate del 9 maggio nelle aree più vicine al confine con l’Ucraina.



L’articolo di Grayzone copriva anche un attacco del 23 aprile da parte di un drone ucraino UF-22, evidentemente proveniente dalla regione ucraina di Kharkiv, che si è schiantato a circa 12 miglia dallo sviluppo del parco industriale di Rudnevo nella grande area di Mosca. Si tratta del supposto attentato a Putin di cui in Europa aveva parlato il giornale tedesco Bild. Evidentemente, questo drone trasportava una notevole quantità di esplosivo, scrive il sito americano.

 

Grayzone cita Yuri Romanenko, co-fondatore del think tank «Ucraina per il futuro», che ha collegato il drone a un attentato alla vita di Putin. scrivendo su Twitter:

 

«La scorsa settimana, i nostri ufficiali dell’Intelligence hanno ricevuto informazioni sul viaggio di Putin al parco industriale di Rudnevo…. Di conseguenza, il nostro ha lanciato un drone kamikaze, che ha sorvolato tutte le difese aeree della Federazione Russa, ed è caduto non lontano dal parco industriale… Putin, ci stiamo avvicinando».

 

 

I fautori di questo incidente affermano che Putin avrebbe visitato il sito di Rudnevo quel giorno, anche se alcuni sostengono il giorno successivo. Tuttavia, la TASS ha riferito che Putin ha effettivamente visitato il sito giovedì 27 aprile, quattro giorni dopo.

 

Infine, il 25 aprile, la BBC ha intervistato il ministro ucraino per la trasformazione digitale Mykhailo Fedorov, leader della campagna di raccolta fondi «Army of Drones» per dotare privatamente l’Ucraina di droni. Nel suo ufficio governativo a Kiev, mostra con orgoglio un prototipo di un nuovo drone kamikaze segreto in costruzione in Ucraina; e sul suo account ufficiale di Telegram, si è vantato di un drone ucraino chiamato R18 che «può volare da Kiev a Mosca e ritorno».

 

 

Su Twitter erano apparsi droni ucraini UF-22 ancora a febbraio nei post di Anton Gerashchenko, già «consigliere» del Ministro degli Interni Arseniy Avakov nel coordinamento del 2014 con i gruppi estremisti (Azov, Aidar, etc.) inviati in Donbass nel marzo-aprile 2014 per reprimere con mezzi militari e paramilitari l’opposizione al golpe di febbraio – il massacro di 14 mila russi etnici che non abbiamo voluto vedere per 8 anni, e che ancora l’Occidente nega sia esistito.

 

Nel febbraio 2023, Gerashchenko aveva twittato una foto di quello che sembrava essere un drone aereo ucraino UF-22, prodotto da Ukrjet.

 

 

Era atterrato vicino a una struttura Gazprom vicino a Gubastovo, a circa 100 km a sud-est di Mosca. Nella didascalia della foto era scritto: «È a più di 500 km dal confine russo con l’Ucraina. Presto Putin potrebbe avere molta paura di mostrarsi in pubblico poiché i droni possono raggiungere grandi distanze».

 

Il Gerashenko ha twittato riguardo a droni che distruggono terminali del gas russo anche lo stesso 3 maggio, mostrando un video dell’impianto Tamanneftgaz di Krasnodar, in Russia, che abbrucia.

 

 

 

Le dichiarazioni di innocenza del presidente Zelens’kyj e del suo entourage su qualsiasi coinvolgimento di Kiev nell’attacco del 3 maggio al Cremlino – secondo cui l’Ucraina sta solo difendendo il proprio territorio e/o che gli oppositori del regime di Putin dall’interno della Russia sono i principali sospettati – suonano grottesche, se poi risulta che le poste ucraine starebbero stampando un francobollo celebrativo dell’attacco diretto al cuore dello Stato russo.

 

Kiev sta quindi lavorando da tempo ad un proprio programma di droni assassini? La cosa più grave è che ciò non escluderebbe che non sia coinvolto un coordinamento di Londra e o Washington.

 

Il fine dei vertici occidentali, pare oramai chiaro, è solo uno: non è la pace, e nemmeno la sconfitta della Russia: come annunciato varie volte, il vero obiettivo di tutto il massacro ucraino è il regime-change in Russia, che passa giocoforza per l’eliminazione di Vladimir Putin.

 

Lo Stato profondo mondialista vuole lo zaricidio – e i droni, come hanno dimostrato altrove, possono servire alla bisogna del terrorismo di Stato globale.

 

 

Immagine screenshot da YouTube

 

 

 

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Geopolitica

La Cina snobba il ministro degli Esteri tedesco

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Il ministro degli Esteri tedesco Johann Wadephul ha dovuto cancellare un viaggio previsto in Cina dopo che Pechino si sarebbe rifiutata di organizzare incontri di alto livello con lui, secondo quanto riportato venerdì da diversi organi di stampa.

 

Il Wadephul sarebbe dovuto partire per Pechino domenica per discutere delle restrizioni cinesi sull’esportazione di terre rare e semiconduttori, oltre che del conflitto in Ucraina.

 

«Il viaggio non può essere effettuato al momento e sarà posticipato a data da destinarsi», ha dichiarato un portavoce del Ministero degli Esteri tedesco, citato da Politico. Il Wadephullo avrebbe dovuto incontrare il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, ma l’agenda prevedeva troppo pochi incontri di rilievo.

 

Secondo il tabloide germanico Bild, i due diplomatici terranno presto una conversazione telefonica.

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Questo intoppo diplomatico si inserisce in un contesto di crescenti tensioni commerciali tra Cina e Unione Europea. Nell’ultimo anno, Bruxelles e Pechino si sono scontrate sulla presunta sovrapproduzione industriale cinese, mentre la Cina accusa l’UE di protezionismo.

 

All’inizio di questo mese, Pechino ha rafforzato le restrizioni sull’esportazione di minerali strategici con applicazioni militari, una mossa che potrebbe aggravare le difficoltà del settore automobilistico europeo.

 

La Germania è stata particolarmente colpita dal deterioramento del clima commerciale.

 

Come riportato da Renovatio 21, la Volkswagen sospenderà la produzione in alcuni stabilimenti chiave la prossima settimana a causa della carenza di semiconduttori, dovuta al sequestro da parte dei Paesi Bassi del produttore cinese di chip Nexperia, motivato da rischi per la sicurezza tecnologica dell’UE. In risposta, Pechino ha bloccato le esportazioni di chip Nexperia dalla Cina, causando una riduzione delle scorte che potrebbe portare a ulteriori chiusure temporanee di stabilimenti Volkswagen e colpire altre case automobilistiche, secondo il quotidiano.

 

Venerdì, il ministro dell’economia Katherina Reiche ha annunciato che Berlino presenterà una protesta diplomatica contro Pechino per il blocco delle spedizioni di semiconduttori, sottolineando la forte dipendenza della Germania dai componenti cinesi.

 

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Immagine di UK Government via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic

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Vance in Israele critica la «stupida trovata politica»: il voto di sovranità sulla Cisgiordania è stato un «insulto» da parte della Knesset

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La proposta di applicare la sovranità israeliana sulla Cisgiordania occupata, considerata da molti come un’equivalente all’annessione totale del territorio palestinese, ha suscitato una forte condanna internazionale, incluso un netto dissenso da parte degli Stati Uniti.   Il disegno di legge ha superato di stretta misura la sua lettura preliminare martedì, con 25 voti a favore e 24 contrari nella Knesset, composta da 120 membri. La proposta passerà ora alla Commissione Affari Esteri e Difesa per ulteriori discussioni.   Una dichiarazione parlamentare afferma che l’obiettivo del provvedimento è «estendere la sovranità dello Stato di Israele ai territori di Giudea e Samaria (Cisgiordania)».   Il momento del voto è stato significativo e provocatorio, poiché è coinciso con la visita in Israele del vicepresidente J.D. Vance, impegnato in discussioni sul cessate il fuoco a Gaza e sul centro di coordinamento gestito dalle truppe statunitensi e dai loro alleati, incaricato di supervisionare la transizione di Gaza dal controllo di Hamas. Vance ha percepito la tempistica del voto come un gesto intenzionale, accogliendolo con disappunto.

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Anche il Segretario di Stato Marco Rubio, in visita in Israele questa settimana, ha espresso critiche prima di lasciare il Paese mercoledì, dichiarando che il disegno di legge sull’annessione «non è qualcosa che appoggeremmo».   «Riteniamo che possa rappresentare una minaccia per l’accordo di pace», ha detto Rubio, in linea con la promozione della pace in Medio Oriente sostenuta ripetutamente da Trump. «Potrebbe rivelarsi controproducente». Vance ha ribadito che «la Cisgiordania non sarà annessa da Israele» e che l’amministrazione Trump «non ne è stata affatto soddisfatta», sottolineando la posizione ufficiale.   Vance, considerato il favorito per la prossima candidatura presidenziale repubblicana dopo Trump, probabilmente ricorderà questo episodio come un momento frustrante e forse irrispettoso, specialmente in un contesto in cui la destra americana appare sempre più divisa sulla politica verso Israele.   Si dice che il primo ministro Netanyahu non sia favorevole a spingere per un programma di sovranità, guidato principalmente da politici oltranzisti legati ai coloni. In una recente dichiarazione, il Likud ha definito il voto «un’ulteriore provocazione dell’opposizione volta a compromettere i nostri rapporti con gli Stati Uniti».   «La vera sovranità non si ottiene con una legge appariscente, ma con un lavoro concreto sul campo», ha sostenuto il partito.   Tuttavia, è stata la reazione di Vance a risultare la più veemente, definendo il voto una «stupida trovata politica» e un «insulto», aggiungendo che, pur essendo una mossa «solo simbolica», è stata «strana», specialmente perché avvenuta durante la sua presenza in Israele.   Come riportato da Renovatio 21, Trump ha minacciato di togliere tutti i fondi ad Israele in caso di annessione da parte dello Stato Giudaico della West Bank, che gli israeliani chiamano «Giudea e Samaria».  

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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Trump minaccia di togliere i fondi a Israele se annette la Cisgiordania

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Israele «perderebbe tutto il sostegno degli Stati Uniti» in caso di annessione della Giudea e della Samaria, nome con cui lo Stato Ebraico chiama la Cisgiordania, ha detto il presidente USA Donald Trump.

 

Trump ha replicato a un disegno di legge controverso presentato da esponenti dell’opposizione di destra alla Knesset, il parlamento israeliano, che prevede l’annessione del territorio conteso come reazione al terrorismo palestinese.

 

Il primo ministro Benjamin Netanyahu, sostenitore degli insediamenti ebraici in quell’area, si oppone al provvedimento, poiché rischierebbe di allontanare gli Stati arabi e musulmani aderenti agli Accordi di Abramo e al cessate il fuoco di Gaza.

 

Netanyahu ha criticato aspramente il disegno di legge, accusando i promotori di opposizione di una «provocazione» deliberata in concomitanza con la visita del vicepresidente statunitense J.D. Vance. (Lo stesso Vance ha qualificato il disegno di legge come un «insulto» personale)

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«I commenti pubblicati giovedì dalla rivista TIME sono stati espressi da Trump durante un’intervista del 15 ottobre, prima dell’approvazione preliminare alla Knesset di mercoledì – contro il volere del primo ministro – di un disegno di legge che estenderebbe la sovranità israeliana a tutti gli insediamenti della Cisgiordania» ha scritto il quotidiano israeliano Times of Israel.

 

Evidenziando l’impazienza dell’amministrazione verso tali iniziative, il vicepresidente di Trump, J.D. Vance, ha dichiarato giovedì, lasciando Israele, che il voto del giorno precedente lo aveva «offeso» ed era stato «molto stupido».

 

«Non accadrà. Non accadrà», ha affermato Trump a TIME, in riferimento all’annessione. «Non accadrà perché ho dato la mia parola ai Paesi arabi. E non potete farlo ora. Abbiamo avuto un grande sostegno arabo. Non accadrà perché ho dato la mia parola ai paesi arabi. Non accadrà. Israele perderebbe tutto il sostegno degli Stati Uniti se ciò accadesse».

 

Vance ha precisato che gli era stato descritto come una «trovata politica» e «puramente simbolica», ma ha aggiunto: «Si tratta di una trovata politica molto stupida, e personalmente la considero un insulto».

 

Gli Emirati Arabi Uniti, che hanno guidato i Paesi arabi e musulmani negli Accordi di Abramo, si oppongono da tempo all’annessione della Cisgiordania, sostenendo che renderebbe vani i futuri negoziati di pace nella regione.

 

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