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Geopolitica

Il RAND e l’accerchiamento malevolo della Russia

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Renovatio 21 traduce questo articolo su concessione di William F. Engdahl.

 

 

Nelle ultime settimane è scoppiata una serie di eventi negli stati che circondano la Federazione Russa che non sono certo accolti con gioia al Cremlino. Ogni centro di crisi di per sé non è un punto di svolta definitivo per la futura sicurezza russa. Presi insieme suggeriscono che qualcosa di molto più minaccioso si sta svolgendo contro Mosca. Un recente studio RAND preparato per l’esercito americano suggerisce con notevole accuratezza chi potrebbe essere dietro quella che senza dubbio diventerà una delle principali minacce alla sicurezza russa nei prossimi mesi.

 

Un recente studio RAND preparato per l’esercito americano suggerisce con notevole accuratezza chi potrebbe essere dietro quella che senza dubbio diventerà una delle principali minacce alla sicurezza russa nei prossimi mesi

 

Gli attacchi sostenuti dalla Turchia da parte dell’Azerbaigian contro il Nagorno-Karabakh, che hanno infiammato un territorio dopo quasi tre decenni di relativo stallo e cessate il fuoco, la destabilizzazione in corso di Lukashenko in Bielorussia, il bizzarro comportamento dell’UE e del Regno Unito che circonda il presunto avvelenamento del dissidente russo Navalny e più recentemente, le proteste di massa in Kirghizistan, un’ex parte dell’Unione Sovietica in Asia centrale, portano le impronte digitali dell’MI- 6 britannico, della CIA e di una serie di ONG private specializzate nel regime-change.

 

 

Nagorno-Karabakh

Il 27 settembre le forze militari dell’Azerbaigian hanno rotto il cessate il fuoco del 1994 con l’Armenia per il conflitto nel Nagorno-Karabakh prevalentemente di etnia armena. I combattimenti più pesanti degli ultimi anni sono seguiti da entrambe le parti con l’escalation del confronto.

 

Gli attacchi sostenuti dalla Turchia da parte dell’Azerbaigian contro il Nagorno-Karabakh, la destabilizzazione in corso di Lukashenko in Bielorussia, il bizzarro comportamento dell’UE e del Regno Unito che circonda il presunto avvelenamento del dissidente russo Navalny e  le proteste di massa in Kirghizistan portano le impronte digitali dell’MI-6 britannico, della CIA e di una serie di ONG private specializzate nel regime-change

Il turco Erdogan si è schierato apertamente a sostegno di Baku contro l’Armenia e il Nagorno-Karabakh popolato dagli armeni, portando Nikol Pashinyan, il primo ministro dell’Armenia, ad accusare la Turchia di «continuare una politica genocida come compito pragmatico». Era un chiaro riferimento all’accusa armena del 1915-23 di genocidio di oltre un milione di cristiani armeni da parte dell’Impero Ottomano. La Turchia fino ad oggi si rifiuta di riconoscere la responsabilità.

 

Mentre l’Armenia incolpa Erdogan per aver sostenuto l’Azerbaigian nell’attuale conflitto nel Caucaso, l’oligarca russo Yevgeny Prigozhin, a volte chiamato «lo chef di Putin» per il suo impero della ristorazione e per i suoi stretti legami con il presidente russo, ha detto in un’intervista a un giornale turco che il conflitto armeno-azero è stato provocato dagli «americani» e che il regime di Pashinyan è essenzialmente al servizio degli Stati Uniti. Qui diventa interessante.

 

Nel 2018 Pashinyan è salito al potere tramite proteste di massa chiamate «Rivoluzione di velluto». È stato apertamente e pesantemente sostenuto dalla Soros Open Society Foundation-Armenia che dal 1997 è attiva nel finanziamento di numerose ONG «democratiche» nel paese. In qualità di Primo Ministro, Pashinyan ha nominato i destinatari del denaro di Soros nella maggior parte delle posizioni chiave del governo, comprese la sicurezza e la difesa dello Stato.

 

È impensabile che la Turchia di Erdogan, ancora nella NATO, sostenga così apertamente l’Azerbaigian in un conflitto che potenzialmente potrebbe portare a un confronto turco con la Russia, senza il previo appoggio in qualche forma di Washington

Allo stesso tempo è impensabile che la Turchia di Erdogan, ancora nella NATO, sostenga così apertamente l’Azerbaigian in un conflitto che potenzialmente potrebbe portare a un confronto turco con la Russia, senza il previo appoggio in qualche forma di Washington. L’Armenia è membro dell’associazione economica e di difesa Eurasian Economic Union insieme alla Russia. Ciò rende particolarmente interessanti i commenti di Prigozhin.

 

Vale anche la pena notare che il capo della CIA, Gina Haspel, e il capo dell’MI-6 britannico, Richard Moore, recentemente nominato sono entrambi esperti turchi. Moore è stato ambasciatore del Regno Unito ad Ankara fino al 2017. Haspel è stato capo della stazione della CIA in Azerbaigian alla fine degli anni ’90. Prima di allora, nel 1990 Haspel era un ufficiale della CIA in Turchia e parlava correntemente il turco.

 

In particolare, sebbene sia stato cancellato dalla sua biografia ufficiale della CIA, era anche capo della stazione della CIA a Londra appena prima di essere nominata capo della CIA dell’amministrazione Trump. Era anche specializzata in operazioni contro la Russia quando era a Langley presso la direzione delle operazioni della CIA.

 

Vale anche la pena notare che il capo della CIA, Gina Haspel, e il capo dell’MI-6 britannico, Richard Moore, recentemente nominato sono entrambi esperti turchi

Ciò solleva la questione se le mani oscure di un’operazione di intelligence anglo-americana siano dietro l’attuale conflitto azero-armeno sul Nagorno-Karabakh. Aggiungendo ulteriore polvere da sparo ai disordini nel Caucaso, il 5 ottobre il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg ha affermato che gli interessi di sicurezza della NATO sono sinonimo di quelli della Turchia, nonostante l’acquisto turco di sistemi avanzati di difesa aerea russi. Washington fino ad ora è stata vistosamente silenziosa sul conflitto nel Caucaso o sul presunto ruolo della Turchia.

 

 

E la Bielorussia…

L’eruzione del conflitto in ebollizione del Nagorno-Karabakh vicino al confine meridionale della Russia non è l’unico Stato in cui Washington sta attivamente promuovendo la destabilizzazione dei vitali vicini russi in questi giorni. Dalle elezioni di agosto, la Bielorussia è stata piena di proteste orchestrate che accusavano il presidente Lukashenko di frode elettorale. L’opposizione è stata attiva in esilio dai vicini paesi baltici della NATO.

 

Dietro i progetti NED dal suono innocente c’è un modello per creare un’opposizione appositamente addestrata sulle linee del modello NED della CIA «Rivoluzioni colorate».

Nel 2019, il National Endowment for Democracy (NED) finanziato dal governo degli Stati Uniti ha elencato sul suo sito web circa 34 sovvenzioni per progetti NED in Bielorussia. Tutti loro sono stati indirizzati a coltivare e formare una serie di gruppi di opposizione anti-Lukashenko e creare ONG nazionali.

 

Le sovvenzioni sono state assegnate a progetti come «Rafforzamento delle ONG: aumentare l’impegno civico locale e regionale .. per identificare i problemi locali e sviluppare strategie di patrocinio». Un altro era quello di «espandere un deposito online di pubblicazioni non facilmente accessibili nel paese, comprese opere su politica, società civile, storia, diritti umani e cultura indipendente». Poi un’altra borsa di studio NED è stata: «Per difendere e sostenere giornalisti e media indipendenti». E un altro, «Rafforzamento delle ONG: promuovere l’impegno civico dei giovani». Un’altra grande sovvenzione NED è andata a,«Formare partiti e movimenti democratici in efficaci campagne di difesa ».

 

Dietro i progetti NED dal suono innocente c’è un modello per creare un’opposizione appositamente addestrata sulle linee del modello NED della CIA «Rivoluzioni colorate».

 

La Georgia, ovviamente, con  l’adesione alla NATO, per la vicina Russia rappresenterebbe una sfida strategica per la Russia, così come quella dell’Ucraina

Come se i disordini nel Caucaso e in Bielorussia non bastassero a dare l’emicrania a Mosca, il 29 settembre a Bruxelles, il primo ministro georgiano Giorgi Gakharia ha incontrato il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg.

 

Stoltenberg gli ha detto che «la NATO sostiene l’integrità territoriale e la sovranità della Georgia entro i suoi confini internazionalmente riconosciuti. Chiediamo alla Russia di porre fine al riconoscimento delle regioni [separatiste della Georgia] dell’Abkhazia e dell’Ossezia meridionale e di ritirare le sue forze».

 

Stoltenberg ha poi detto a Gakharia: «E vi incoraggio a continuare a sfruttare appieno tutte le opportunità per avvicinarvi alla NATO. E per prepararsi all’adesione». La Georgia, ovviamente, con  l’adesione alla NATO, per la vicina Russia rappresenterebbe una sfida strategica per la Russia, così come quella dell’Ucraina. I commenti della NATO si aggiungono alle tensioni recentemente affrontate dal Cremlino.

 

 

USAID, una nota copertura spesso per le operazioni della CIA, è attiva in Kirghizistan così come la Fondazione Soros che ha creato un’università a Biskek e finanzia la consueta serie di progetti, «per promuovere la giustizia, il governo democratico e i diritti umani»

La terza rivoluzione colorata del Kyrgystan?

L’ex Repubblica dell’Asia centrale dell’ex Unione Sovietica, il Kirghizistan, è appena scoppiata in proteste di massa che hanno fatto cadere il governo per la terza volta dal 2005, a causa delle accuse dell’opposizione di frode elettorale.

 

USAID, una nota copertura spesso per le operazioni della CIA, è attiva nel paese così come la Fondazione Soros che ha creato un’università a Biskek e finanzia la consueta serie di progetti, «per promuovere la giustizia, il governo democratico e i diritti umani». Va notato che il Kirghizistan è anche un membro dell’Unione economica eurasiatica guidata dalla Russia insieme ad Armenia e Bielorussia.

 

Poi per aumentare il calore sulla Russia abbiamo le bizzarre accuse dei servizi segreti della Bundeswehr tedesca e ora dell’OPCW secondo cui il dissidente russo Alexei Navalny è stato avvelenato in Russia usando «un agente nervino dell’era sovietica», identificato dai tedeschi come il Novichok.

Navalny è evidentemente emerso abbastanza vivo e fuori dall’ospedale, ma i funzionari tedeschi così come gli inglesi non si preoccupano di spiegare una guarigione così miracolosa da quello che è ritenuto l’agente nervino più letale di sempre

 

Mentre Navalny da allora è evidentemente emerso abbastanza vivo e fuori dall’ospedale, i funzionari tedeschi così come gli inglesi, non si preoccupano di spiegare una guarigione così miracolosa da quello che è ritenuto l’agente nervino più letale di sempre.

 

In seguito alla dichiarazione dell’OPCW secondo cui la sostanza era Novichok, il ministro degli Esteri tedesco minaccia severe sanzioni contro la Russia. Molti chiedono alla Germania di annullare il gasdotto russo NordStream-2 come risposta, un colpo che colpirebbe la Russia in un momento di grave debolezza economica a causa dei bassi prezzi del petrolio e degli effetti del lockdown per Coronavirus.

 

Né la Germania si preoccupa di indagare sulla misteriosa compagna russa di Navalny, Maria Pevchikh, che afferma di aver salvato la bottiglia d’acqua vuota «avvelenata da Novichok» dalla camera d’albergo di Navalny a Tomsk Russia prima che fosse volato a Berlino su invito personale di Angela Merkel.

 

Lo stesso MI-6 che ha diretto un altro ridicolo dramma sul Novichok nel 2018 sostenendo che il disertore russo Sergei Skripal e sua figlia Yulia Skripal sono stati avvelenati in Inghilterra dall’Intelligence russa usando il letale Novichok. Di nuovo lì, entrambi gli Skripal si sono miracolosamente guariti dall’agente nervino più mortale e ufficialmente sono stati dimessi dall’ospedale dopo di che «sono scomparsi»

Dopo aver consegnato di persona la bottiglia avvelenata a Berlino, a quanto pare è volata rapidamente a Londra, dove vive, e nessuna autorità tedesca o di altro genere ha cercato di intervistarla come potenziale testimone materiale.

 

Pevchikh ha una lunga associazione con Londra, dove lavora con la Fondazione Navalny ed è in stretto contatto con l’amico di Jacob Rothschild, Mikhail Khodorkovsky, il truffatore condannato e nemico di Putin. Khodorkovsky è anche uno dei principali finanziatori della Navalny Anti-Corruption Foundation (FBK in russo).

 

Ci sono rapporti credibili secondo cui il misterioso Pevchikh è una risorsa dell’MI-6, lo stesso MI-6 che ha diretto un altro ridicolo dramma sul Novichok nel 2018 sostenendo che il disertore russo Sergei Skripal e sua figlia Yulia Skripal sono stati avvelenati in Inghilterra dall’Intelligence russa usando il letale Novichok.

 

Di nuovo lì, entrambi gli Skripal si sono miracolosamente guariti dall’agente nervino più mortale e ufficialmente sono stati dimessi dall’ospedale dopo di che «sono scomparsi».

 

 

Lo schema delle misure attive della NATO o anglo-americane contro i principali paesi russi periferici o contro gli interessi economici strategici russi, tutti nello stesso arco di tempo, suggerisce una sorta di attacco coordinato

Un progetto RAND?

Mentre più ricerche forniranno indubbiamente più prove, lo schema delle misure attive della NATO o anglo-americane contro i principali paesi russi periferici o contro gli interessi economici strategici russi, tutti nello stesso arco di tempo, suggerisce una sorta di attacco coordinato.

 

E così accade che gli obiettivi degli attacchi si adattino precisamente allo schema di un importante rapporto del think tank militare statunitense.

 

In un rapporto di ricerca del 2019 all’esercito degli Stati Uniti, l’istituto RAND ha pubblicato una serie di raccomandazioni politiche dal titolo «Estendere la Russia: competere da un terreno vantaggioso». Notano che estendendo la Russia intendono «misure non violente che potrebbero stressare l’esercito o l’economia della Russia o la posizione politica del regime all’interno e all’estero». Tutti i punti di cui sopra certamente riempiono questa descrizione. Più sorprendente è l’elaborazione specifica di possibili punti di stress per «estendere la Russia», cioè per estenderla  eccessivamente.

 

Il rapporto discute in modo specifico quelle che chiamano «misure geopolitiche» per allungare eccessivamente la Russia. Questi includono la fornitura di aiuti letali all’Ucraina; promuovere il cambio di regime in Bielorussia; sfruttare le tensioni nel Caucaso meridionale; ridurre l’influenza russa in Asia centrale. Comprende anche proposte per indebolire l’economia russa sfidando i suoi settori del gas e del petrolio.

Il rapporto discute in modo specifico quelle che chiamano «misure geopolitiche» per allungare eccessivamente la Russia. Questi includono la fornitura di aiuti letali all’Ucraina; promuovere il cambio di regime in Bielorussia; sfruttare le tensioni nel Caucaso meridionale; ridurre l’influenza russa in Asia centrale. Comprende anche proposte per indebolire l’economia russa sfidando i suoi settori del gas e del petrolio.

 

In particolare, queste sono le stesse aree di turbolenza geopolitica all’interno della sfera di influenza strategica della Russia oggi.

 

In particolare, sul Caucaso, il RAND afferma: «Georgia, Azerbaigian e Armenia facevano parte dell’Unione Sovietica, e la Russia mantiene ancora oggi un’influenza significativa sulla regione»

 

Notano che, «oggi, la Russia riconosce sia l’Ossezia meridionale che l’Abkhazia come paesi separati (uno dei pochi governi a farlo) e si impegna nella loro difesa… Gli Stati Uniti potrebbero anche rinnovare gli sforzi per portare la Georgia nella NATO. La Georgia ha cercato a lungo l’adesione alla NATO». Ricordiamo le citate osservazioni di Stoltenberg della NATO per incoraggiare la Georgia ad aderire alla NATO e chiedere alla Russia di rinunciare al riconoscimento dell’Ossezia meridionale e dell’Abkhazia.

«La Russia fa parte di due iniziative economiche legate all’Asia centrale: l’Unione Economica Eurasiatica e la Belt and Road Initiative». Un cambio di regime pro-NATO potrebbe gettare una grande barriera tra Russia e Cina e all’interno della sua UEE

 

Il rapporto RAND evidenzia anche le tensioni tra Armenia e Azerbaigian: «Anche la Russia gioca un ruolo chiave con Azerbaigian e Armenia, in particolare sul territorio conteso del Nagorno-Karabakh… gli Stati Uniti potrebbero spingere per un rapporto NATO più stretto con Georgia e Azerbaigian, probabilmente portando la Russia a rafforzare la sua presenza militare in Ossezia meridionale, Abkhazia, Armenia e Russia meridionale. In alternativa, gli Stati Uniti potrebbero tentare di indurre l’ Armenia a rompere con la Russia».

 

In relazione alle attuali massicce proteste in Kirghizistan nell’Asia centrale, RAND osserva: «La Russia fa parte di due iniziative economiche legate all’Asia centrale: l’Unione Economica Eurasiatica e la Belt and Road Initiative». Un cambio di regime pro-NATO potrebbe gettare una grande barriera tra Russia e Cina e all’interno della sua UEE.

 

Quanto alle pressioni economiche, il rapporto RAND cita la possibilità di fare pressioni sull’UE affinché abbandoni il gasdotto NordStream-2 dalla Russia direttamente alla Germania.

Quanto alle pressioni economiche, il rapporto RAND cita la possibilità di fare pressioni sull’UE affinché abbandoni il gasdotto NordStream-2 dalla Russia direttamente alla Germania.

 

Il recente incidente di Navalny sta creando una crescente pressione all’interno dell’UE e persino della Germania per fermare NordStream-2 come sanzione per l’affare Navalny. Il RAND osserva: «In termini di estensione economica della Russia, il principale vantaggio della creazione di alternative di fornitura al gas russo è che ridurrebbe i ricavi delle esportazioni russe. Il bilancio federale russo è già strssato, portando a tagli programmati alla spesa per la difesa, stressare ulteriormente il budget».

 

Se esaminiamo le crescenti pressioni sulla Russia dagli esempi citati qui e confrontiamo con il linguaggio del rapporto RAND del 2019, è chiaro che molti degli attuali problemi strategici della Russia sono stati deliberatamente progettati e orchestrati dall’Occidente, in particolare da Washington e Londra.

 

Il modo in cui la Russia affronta questo, così come la futura escalation delle pressioni della NATO, rappresenta chiaramente una grande sfida geopolitica.

 

Se esaminiamo le crescenti pressioni sulla Russia dagli esempi citati qui e confrontiamo con il linguaggio del rapporto RAND del 2019, è chiaro che molti degli attuali problemi strategici della Russia sono stati deliberatamente progettati e orchestrati dall’Occidente, in particolare da Washington e Londra.

 

William Engdahl

 

 

 

F. William Engdahl è consulente e docente di rischio strategico, ha conseguito una laurea in politica presso la Princeton University ed è un autore di best seller sulle tematiche del petrolio e della geopolitica. È autore, fra gli altri titoli, di Seeds of Destruction: The Hidden Agenda of Genetic Manipulation («Semi della distruzione, l’agenda nascosta della manipolazione genetica»), consultabile anche sul sito globalresearch.ca.

 

Questo articolo, tradotto e pubblicato da Renovatio 21 con il consenso dell’autore, è stato pubblicato in esclusiva per la rivista online New Eastern Outlook e ripubblicato secondo le specifiche richieste.

 

Renovatio 21 offre la traduzione di questo articolo per dare una informazione a 360º.  Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

 

 

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Geopolitica

Hamas deporrà le armi se uno Stato di Palestina verrà riconosciuto in una soluzione a due Stati

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Il funzionario di Hamas Khalil al-Hayya ha dichiarato il 24 aprile che Hamas deporrà le armi se ci fosse uno Stato palestinese in una soluzione a due Stati al conflitto.

 

In un’intervista di ieri con l’agenzia Associated Press, al-Hayya ha detto che sono disposti ad accettare una tregua di cinque anni o più con Israele e che Hamas si convertirebbe in un partito politico, se si creasse uno Stato palestinese indipendente «in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza e vi fosse un ritorno dei profughi palestinesi in conformità con le risoluzioni internazionali».

 

Al-Hayya è considerato un funzionario di alto rango di Hamas e ha rappresentato Hamas nei negoziati per il cessate il fuoco e lo scambio di ostaggi.

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Nonostante l’importanza di una simile concessione da parte di Hamas, si ritiene improbabile che Israele prenda in considerazione uno scenario del genere, almeno sotto l’attuale governo del primo ministro Benajmin Netanyahu.

 

Al-Hayya ha dichiarato ad AP che Hamas vuole unirsi all’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, guidata dalla fazione rivale di Fatah, per formare un governo unificato per Gaza e la Cisgiordania, spiegando che Hamas accetterebbe «uno Stato palestinese pienamente sovrano in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza e il ritorno dei profughi palestinesi in conformità con le risoluzioni internazionali», lungo i confini di Israele pre-1967.

 

L’ala militare del gruppo, quindi si scioglierebbe.

 

«Tutte le esperienze delle persone che hanno combattuto contro gli occupanti, quando sono diventate indipendenti e hanno ottenuto i loro diritti e il loro Stato, cosa hanno fatto queste forze? Si sono trasformati in partiti politici e le loro forze combattenti in difesa si sono trasformate nell’esercito nazionale».

 

Il funzionario di Hamas ha anche detto che un’offensiva a Rafah non riuscirebbe a distruggere Hamas, sottolineando che le forze israeliane «non hanno distrutto più del 20% delle capacità [di Hamas], né umane né sul campo. Se non riescono a sconfiggere [Hamas], qual è la soluzione? La soluzione è andare al consenso».

 

Per il resto ha confermato che Hamas non si tirerà indietro rispetto alle sue richieste di cessate il fuoco permanente e di ritiro completo delle truppe israeliane.

 

«Se non abbiamo la certezza che la guerra finirà, perché dovrei consegnare i prigionieri?» ha detto il leader di Hamas riguardo ai restanti ostaggi nelle mani degli islamisti palestinesi.

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«Rifiutiamo categoricamente qualsiasi presenza non palestinese a Gaza, sia in mare che via terra, e tratteremo qualsiasi forza militare presente in questi luoghi, israeliana o meno… come una potenza occupante», ha continuato

 

Hamas e l’OLP hanno discusso in varie capitali, tra cui Mosca, nel tentativo di raggiungere l’unità, scrive EIRN. Non è noto quale sia lo stato di questi colloqui.

 

L’intervista di AP è stata registrata a Istanbul, dove Al-Hayya e altri leader di Hamas si sono uniti al leader politico di Hamas Ismail Haniyeh, che ha incontrato il presidente turco Recep Tayyip Erdogan il 20 aprile. Non c’è stata alcuna reazione immediata da parte di Israele o dell’autore palestinese.

 

Nel mondo alcune voci filo-israeliane hanno detto che le parole del funzionario di Hamas sarebbero un bluff.

 

Come riportato da Renovatio 21, in molti negli ultimi mesi hanno ricordato che ai suoi inizi Hamas è stata protetta e nutrita da Israele e in particolare da Netanyahu proprio come antidoto alla prospettiva della soluzione a due Stati.

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Geopolitica

Birmania, ancora scontri al confine, il ministro degli Esteri tailandese annulla la visita al confine

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.   Il primo ministro Sretta Thavisin ha rinunciato alla visita, ma ha annunciato la creazione di un comitato ad hoc per gestire la situazione. Nel fine settimana, infatti, si sono verificati ulteriori combattimenti lungo la frontiera tra Myanmar e Thailandia e migliaia di rifugiati continuano a spostarsi da una parte all’altra del confine. Per evitare una nuova umiliazione l’esercito birmano ha intensificato i bombardamenti.   Il primo ministro della Thailandia Sretta Thavisin questa mattina ha cancellato la visita che aveva in programma a Mae Sot, città al confine con il Myanmar, e ha invece mandato al suo posto il ministro degli Esteri e vicepremier Parnpree Bahidda Nukara.   Nei giorni scorsi era stata annunciata la creazione di «un comitato ad hoc per gestire la situazione derivante dai disordini in Myanmar», ha aggiunto il premier. «Sarà un meccanismo di monitoraggio e valutazione» che avrà come scopo quello di «analizzare la situazione complessiva» e «dare pareri e suggerimenti per gestire in modo efficace la situazione».   La Thailandia, dopo i ripetuti fallimenti da parte dell’ASEAN (Associazione delle nazioni del sud-est asiatico) di far rispettare l’accordo di pace in Myanmar, sta cercando di evitare che un esodo di rifugiati in fuga dalla guerra civile si riversi sui propri confini proponendosi come mediatore. «Il ruolo della Thailandia è quello di fare tutto il possibile per aiutare a risolvere il conflitto nel Paese vicino, e un ruolo simile è atteso anche dalla comunità internazionale», ha dichiarato ieri il segretario generale del primo ministro Prommin Lertsuridej.   Durante il fine settimana si sono verificati ulteriori scontri a Myawaddy (la città birmana dirimpettaia di Mae Sot), nello Stato Karen, tra le truppe dell’esercito golpista e le forze della resistenza, che hanno strappato il controllo della città ai soldati, grazie anche al cambio di bandiera della Border Guard Force, che, trasformatasi nell’Esercito di liberazione Karen (KLA), è passata a sostenere la resistenza e sta combattendo per la creazione di uno Stato Karen autonomo.   Giovedì scorso, l’Esercito di Liberazione Nazionale Karen (KNLA, una milizia etnica da non confondere con il KNA) aveva annunciato di aver intercettato l’ultimo gruppo di militari rimasto, il battaglione di fanteria 275. Alla notizia, l’esercito ha risposto con pesanti bombardamenti, lanciando l’Operazione Aung Zeya (dal nome del fondatore della dinastia Konbaung che regnò in Birmania nel XVIII secolo), nel tentativo di riconquistare Myawaddy ed evitare così un’altra umiliante sconfitta.   The Irrawaddy scrive che l’aviazione birmana ha sganciato nei pressi del Secondo ponte dell’amicizia (uno dei collegamenti tra Mae Sot e Myawaddy) circa 150 bombe, di cui almeno sette sono cadute vicino al confine thailandese dove sono di stanza le guardie di frontiera. Si tratta di una tattica a cui l’esercito birmano sta facendo ricorso sempre più frequentemente a causa delle sconfitte registrate sul campo a partire da ottobre, quando le milizie etniche e le Forze di Difesa del Popolo (PDF, che fanno capo al Governo di unità nazionale in esilio, composto dai deputati che appartenevano al precedente esecutivo, spodestato con il colpo di Stato militare) hanno lanciato un’offensiva congiunta. Una tattica realizzabile, però, solo grazie al continuo sostegno da parte della Russia. Fonti locali hanno infatti dichiarato che gli aerei e gli elicotteri «utilizzati per bombardare i villaggi e per consegnare rifornimenti e munizioni» a «circa 10 chilometri dal confine tra Thailandia e Myanmar» erano «tutti russi».   Bangkok è stata presa alla sprovvista dalla situazione. Sabato un proiettile vagante ha colpito il retro di una casa sulla parte thailandese del confine, senza ferire nessuno, ma l’episodio ha costretto il Paese a rafforzare le proprie difese di confine, aumentando i controlli su coloro che attraversano i due ponti che collegano Myawaddy e Mae Sot, al momento ancora aperti.   La polizia thai ha anche arrestato 15 birmani e due thailandesi che stavano cercando di fuggire in Malaysia in cerca di migliori opportunità di lavoro. Il gruppo ha raccontato di aver valicato il confine a Mae Sot grazie all’aiuto di intermediari. Viaggi di questo tipo rischiano di diventare sempre più frequenti con l’esacerbarsi della violenza in Myanmar, sostengono gli esperti, i quali si aspettano un prosieguo dei combattimenti, almeno finché non comincerà la stagione delle piogge, che ogni anno pone un freno agli scontri.   Ma la Thailandia ha anche inviato aiuti in Myanmar (sebbene tramite enti gestiti dai generali) e attivato una risposta umanitaria a Mae Sot. Il Governo di unità nazionale in esilio ha ringraziato Bangkok per aver fornito riparo e assistenza ai rifugiati, prevedendo tuttavia ulteriori sfollamenti. Almeno 3mila persone – perlopiù anziani e bambini – hanno varcato il confine solo nel fine settimana, ha dichiarato due giorni fa il ministro degli Esteri Parnpree Bahidda Nukara, ma circa 2mila sono tornati a Myawaddy lunedì.   Il mese scorso Parnpree aveva annunciato che il Paese avrebbe potuto ospitare fino a 10mila rifugiati birmani a Mae Sot e dintorni.   Invitiamo i lettori di Renovatio 21 a sostenere con una donazione AsiaNews e le sue campagne. Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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Geopolitica

L’Iran minaccia ancora una volta di spazzare via Israele

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Il presidente iraniano Ebrahim Raisi ha minacciato Israele di annientamento se tentasse di attaccare nuovamente l’Iran.

 

Raisi è arrivato in Pakistan lunedì per una visita di tre giorni. Martedì ha parlato delle recenti tensioni tra Teheran e Gerusalemme Ovest in un evento nel Punjab.

 

«Se il regime sionista commette ancora una volta un errore e attacca la terra sacra dell’Iran, la situazione sarà diversa, e non è chiaro se rimarrà qualcosa di questo regime», ha detto Raisi all’agenzia di stampa statale IRNA.

 

Israele non ha mai riconosciuto ufficialmente un attacco aereo del 1° aprile sul consolato iraniano a Damasco, in Siria, che ha ucciso sette alti ufficiali della Forza Quds del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (IRGC). Teheran ha tuttavia reagito il 13 aprile, lanciando decine di droni e missili contro diversi obiettivi in ​​Israele.

 

L’Iran si è scrollato di dosso una serie di esplosioni segnalate vicino alla città di Isfahan lo scorso venerdì, che si diceva fossero una risposta da parte di Israele. Lo Stato degli ebrei non ha riconosciuto l’attacco denunciato, pur criticando un ministro del governo che ne ha parlato a sproposito. Teheran ha scelto di ignorarlo piuttosto che attuare la rapida e severa rappresaglia promessa.

 

La Repubblica Islamica ha promesso in più occasioni di spazzare via, distruggere o annientare il «regime sionista», espressione con cui spesso chiama Israele.

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Martedì, parlando a Lahore, il Raisi ha promesso di continuare a «sostenere onorevolmente la resistenza palestinese», denunciando gli Stati Uniti e l’Occidente collettivo come «i più grandi violatori dei diritti umani», sottolineando il loro sostegno al «genocidio» israeliano a Gaza.

 

Nel suo viaggio diplomatico il Raisi ha promesso di incrementare il commercio iraniano con il Pakistan portandolo a 10 miliardi di dollari all’anno. Le relazioni tra i due vicini sono difficili da gennaio, quando Iran e Pakistan hanno scambiato attacchi aerei e droni mirati a “campi terroristici” nei rispettivi territori.

 

Come riportato da Renovatio 21, negli scorsi giorni Teheran ha dichiarato pubblicamente di sapere dove sono nascoste le atomiche israeliane. Nelle scorse settimane lo Stato Ebraico aveva dichiarato di essere pronto ad attaccare i siti nucleari iraniani.

 

Negli ultimi mesi l’Iran ha accusato Israele di aver fatto saltare i suoi gasdotti. Hacker legati ad Israele avrebbero rivendicato un ulteriore attacco informatico al sistema di distribuzione delle benzine in Iran.

 

Sei mesi fa l’Iran ha arrestato e giustiziato tre sospetti agenti del Mossad. All’ONU il ministro degli Esteri iraniano aveva dichiaato che gli USA «non saranno risparmiati» in caso di escalation.

 

Come riportato da Renovatio 21, anche da Israele a novembre 2023 erano partite minacce secondo le quali l’Iran potrebbe essere «cancellato dalla faccia della terra».

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