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Cina

L’ostaggio sino-israeliano Noa Argamani e la posizione di Pechino su Hamas

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

È nata a Pechino la ragazza di uno dei video virali sul rapimento compiuto dai miliziani palestinesi al rave party israeliano nel deserto del Negev. Oltre a lei l’Organizzazione per l’assistenza alle imprese cinesi segnala anche altri connazionali di cui non si hanno notizie. Pressioni da Israele perché il governo della Repubblica popolare condanni Hamas. Sui social network cinesi poca solidarietà per la ragazza mentre gli influencer vicini al Partito sostengono la Palestina.

 

La presenza di donna cinese-israeliana tra gli ostaggi portati a Gaza da Hamas, si intreccia in queste ore con le posizioni espresse dalla Repubblica popolare cinese nel conflitto in corso nel Sud di Israele.

 

Noa Argamani, nata nella capitale cinese Pechino, secondo il suo profilo Instagram è una studentessa dell’Università Ben-Gurion del Negev, nel sud di Israele, e tra una settimana compirà 26 anni. Suo padre è israeliano e sua madre cinese. Un video online l’ha mostratata mentre veniva portata via su una moto dal festival musicale Supernova dai miliziani palestinesi. Ha allungato le braccia verso il suo fidanzato, anch’egli rapito, gridando «Non uccidetemi».

 

L’Organizzazione per l’assistenza alle imprese cinesi in Israele ha annunciato che almeno tre cittadini cinesi sono stati feriti e quattro cittadini cinesi sono scomparsi durante il conflitto e il caos. La comunità cinese locale in Israele sta cercando di offrire aiuto e di individuare i loro spostamenti. I cinesi locali si aspettano anche che le autorità cinesi facciano pressione su Hamas per liberare la donna cinese-israeliana rapita.

 

In una conferenza stampa ieri la portavoce del ministero degli Esteri cinese Mao Ning, rispondendo alle domande dei media sul rapimento della donna e sul fatto che sia una cittadina cinese, si è limitata a dire: «ci siamo sempre opposti alla violenza e agli attacchi contro i civili. I miei colleghi stanno verificando la situazione, quindi al momento non ho informazioni da fornire».

 

La precedente dichiarazione del Ministero degli Esteri cinese, domenica, invitava entrambe le parti a un cessate il fuoco senza incolpare Hamas. Il portavoce del ministero degli Esteri cinese ha dichiarato: «la Cina è profondamente preoccupata per l’attuale escalation di tensioni e violenza tra Palestina e Israele. Chiediamo alle parti interessate di mantenere la calma, di esercitare la moderazione e di porre immediatamente fine alle ostilità per proteggere i civili ed evitare un ulteriore deterioramento della situazione».

 

Il mero richiamo alla «soluzione dei due Stati» è stato accolto con delusione da Israele. L’ambasciata israeliana a Pechino ha scritto su X, un tempo noto come Twitter: «Speriamo che la Cina possa offrire sostegno a Israele in questo momento difficile».

 

Anche una delegazione di senatori statunitensi in visita in Cina ha espresso il proprio disappunto. Chuck Schumer, leader della maggioranza del Partito Democratico al Senato degli Stati Uniti, durante l’incontro con il presidente cinese Xi Jinping, ha esortato la Cina a schierarsi con Israele per condannare gli attacchi mortali di Hamas. A Pechino la delegazione USA sta discutendo sulla creazione di condizioni di parità per le aziende statunitensi in Cina anche in vista del vertice dell’APEC in programma a San Francisco a novembre, indicato come una possibile occasione per un incontro tra Xi e Biden.

 

A giugno il presidente dell’autorità palestinese Abu Mazen aveva incontrato Xi Jinping a Pechino. Dopo l’incontro, Cina e Palestina avevano annunciato un «partenariato strategico». Xi aveva promesso che la Cina «sosterrà fermamente la giusta causa del popolo palestinese per ripristinare i suoi legittimi diritti nazionali». Xi ha proposto una conferenza di pace internazionale e si è detto disposto a «svolgere un ruolo attivo» nel facilitare i colloqui di pace.

 

La maggior parte dei commenti sui social network cinesi sostiene la Palestina. L’account Weibo dell’ambasciata israeliana a Pechino, che è l’equivalente di X in Cina, ha disabilitato i commenti.

 

La maggior parte degli utenti web della cyber-sfera cinese non è solidale con la donna cinese-israeliana in ostaggio. Anche gli account sui social media con un background mediatico ufficiale sostengono la Palestina.

 

Hu Xijin, caporedattore in pensione del quotidiano ufficiale Global Times e tuttora influencer, ha affermato che gli Stati Uniti stanno promuovendo la normalizzazione delle relazioni tra Arabia Saudita e Israele e che la Palestina non è in grado di sconfiggere Israele, per cui ha bisogno di «creare una grande agitazione» per rompere il paesaggio del Medio Oriente.

 

Un altro account con sfondo ufficiale Xinhua News Agency ha affermato che gli attacchi hanno dimostrato «la forte vitalità e l’efficacia di combattimento di Hamas».

 

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Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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Cina

Cina, nel 2024 calano i profitti per il settore delle terre rare

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.   In una comunicazione alla borsa di Shenzhen, la China Rare Earth Resources and Technology ha riferito che l’industria sta affrontando una «fase cruciale» a livello mondiale. La Cina continua a essere leader nell’estrazione e lavorazione dei minerali, ma le difficoltà dell’economia nazionale e la volontà degli altri Paesi di creare nuove catene di approvvigionamento stanno generando ricavi nettamente minori.   Nonostante gli sforzi da parte del governo cinese di dominare a livello mondiale il settore strategico delle terre rare, i ricavi e i profitti delle aziende che si occupano di estrazione e lavorazione di questi minerali essenziali per il mondo digitale hanno registrato una contrazione. Il conglomerato China Rare Earth Resources and Technology, di proprietà statale, ha comunicato un calo del fatturato del 5,4% nel 2023 rispetto all’anno precedente, mentre l’utile netto è crollato del 45,7%.   I dati relativi al primo trimestre del 2024 sono ancora più gravi: il fatturato è sceso dell’81,9%, portando a una perdita netta di 288,76 milioni di yuan (meno di 40 milioni di dollari), contro un utile netto di 108,97 milioni di yuan nello stesso periodo dell’anno precedente. Anche altre aziende cinesi hanno riportato riduzioni del fatturato tra il 60% e il 79%, in linea con il generale rallentamento dell’economia nazionale.   In una comunicazione alla borsa di Shenzhen della settimana scorsa, la China Rare Earth Resources and Technology ha spiegato che il settore sta affrontando una «fase cruciale» caratterizzata da rapidi sviluppi e adattamenti strutturali su scala globale che hanno determinato un’erosione dei guadagni. In altre parole, nonostante la Cina resti di gran lunga il primo estrattore mondiale di terre rare, altri Paesi hanno cercato di costruire catene di approvvigionamento alternative.   Per alcuni tipi di minerali, nuove catene di approvvigionamento «sono già state create», ha proseguito il comunicato della China Rare Earth Resources and Technology, che ha affermato di aver attuato «aggiustamenti nella strategia di vendita», senza fornire ulteriori dettagli. Inoltre, un numero crescente di aziende cinesi ha importato minerali estratti all’estero (soprattutto dal Myanmar) a causa delle difficoltà economiche interne, e in particolare di un calo della domanda. Una situazione che non vede miglioramenti e potrebbe portare al «rischio» di un ulteriore calo di prezzi, ha sottolineato ancora la società.   I dati ufficiali delle dogane cinesi confermano tali affermazioni, secondo il Nikkei Asia: le importazioni di alcune terre rare sono aumentate di circa il 60% ed è stato rivisto il limite di estrazione delle terre rare, stabilito a livello nazionale, per consentire un aumento della produzione interna del 21%.   Le terre rare sono un gruppo di 17 minerali fondamentali per la produzione di una serie di tecnologie, che vanno dalle batterie delle auto elettriche alle turbine delle pale eoliche ai pannelli solari. Secondo i dati dell’US Geological Survey (USGS), le riserve mondiali di terre rare ammontano a 110 milioni di tonnellate, di cui il 40% si trovano in territorio cinese. Seguono poi, per estensione di giacimenti, il Myanmar, la Russia, l’India e l’Australia.   I dati dell’USGS mostrano anche che nel 2023 la Cina è stata responsabile dell’estrazione di 240mila tonnellate di terre rare, pari a circa due terzi della produzione globale. Gli Stati Uniti si sono piazzati al secondo posto, seguiti dal Myanmar, ed entrambi lo scorso anno hanno triplicato la produzione.   Negli ultimi anni la Cina è diventata leader del settore migliorando le proprie capacità di estrazione e lavorazione, ma anche ottenendo il controllo di diversi giacimenti in altre zone del mondo. Un’indagine della BBC ha individuato almeno 62 progetti destinati all’estrazione di litio, cobalto nichel o manganese (minerali necessari per la realizzazione di tecnologie verdi) in cui le aziende cinesi hanno una partecipazione.   La regolamentazione del settore a livello nazionale è iniziata nel 2010 e nel corso gli anni, a seguito di una serie di fusioni, sono state create quattro società principali, tra cui il gruppo China Rare Earth, controllato direttamente dal Consiglio di Stato cinese.   Anche il mese scorso il presidente Xi Jinping, durante una visita nell’Hunan una delle maggiori regioni produttrici, ha ribadito la necessità di «migliorare ulteriormente» lo sviluppo dell’utilizzo delle terre rare per generare una «crescita di alta qualità» e di fornire un «alto livello di sicurezza» alla nazione.   Invitiamo i lettori di Renovatio 21 a sostenere con una donazione AsiaNews e le sue campagne. Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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Cina

La Cina accusata di aver sequenziato il DNA tibetano e uiguro per rifornire il mercato dei trapianti di organi

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Renovatio 21 traduce questo articolo di Bioedge.

 

Una commissione del Congresso degli Stati Uniti ha ascoltato testimonianze scioccanti sul presunto prelievo forzato di organi da parte di uiguri e praticanti del Falun Gong in Cina.

 

Il presidente della Commissione esecutiva del Congresso sulla Cina (CECC), il deputato Chris Smith, studia la questione da anni. È fermamente convinto che la Cina stia permettendo orribili violazioni dei diritti umani.

 

«Il prelievo forzato di organi su scala industriale in Cina è un’atrocità senza eguali nella sua malvagità: bisogna tornare agli orribili crimini commessi nel 20° secolo da Hitler, Stalin, Mao o Pol Pot per trovare atrocità sistemiche comparabili», ha affermato nella sua introduzione all’udienza del 21 marzo. «Il numero delle persone giustiziate o dei loro organi – alcuni anche prima che siano cerebralmente morti – è sconcertante».

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Tra i testimoni davanti al CECC c’era la dottoressa Maya Mitalipova, direttrice del Laboratorio di cellule staminali umane presso il Whitehead Institute for Biomedical Research del Massachusetts Institute of Technology. È una uigura nata in Kazakistan.

 

Le sue accuse sono state sorprendenti. Ha detto che il governo cinese ha costruito il più grande database del DNA del mondo con l’aiuto della tecnologia americana.

 

Il DNA delle popolazioni indigene del Tibet e dello Xinjiang, dove vive la maggior parte dei 15 milioni di uiguri e di altri popoli turchi della Cina, è stato sequenziato. Ha stimato che il sequenziamento del DNA di 15 milioni di persone costerebbe 1 o 2 miliardi di dollari. Perché il governo dovrebbe farlo?

 

La sua risposta agghiacciante è che il governo cinese utilizza il database per selezionare i donatori di organi.

 

«Quando un paziente richiede un organo in Cina, i dati sequenziati del suo DNA verranno “confrontati” con i milioni presenti nel database del DNA archiviato nei computer. Entro pochi minuti verrà trovata una corrispondenza perfetta. Se un potenziale donatore di organi non è in prigione o in un campo, le autorità cinesi possono facilmente trovare un motivo per trattenere una persona compatibile e ucciderla su richiesta per i suoi organi».

 

«Questo è il motivo principale per cui il governo cinese ha investito miliardi di dollari nel sequenziamento del DNA dell’intera popolazione dello Xinjiang e del Tibet. Perché in cambio guadagnerà esponenzialmente molti più miliardi di dollari all’anno».

 

Ethan Gutmann, un esperto di espianti di organi, ha anche testimoniato che adulti uiguri giovani e sani vengono prelevati da campi di internamento di massa e uccisi per i loro organi.

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Gutmann, l’autore di The Slaughter, un libro sul prelievo forzato di organi, indaga da anni sul prelievo forzato di organi in Cina. Inizialmente, ha detto, venivano usati gli aderenti al movimento vietato del Falun Gong. Tuttavia, intorno al 2017 la Cina ha iniziato a procurarsi organi da uiguri e altri musulmani nello Xinjiang per pazienti provenienti dal Medio Oriente. «Supponendo che i turisti degli organi dello Stato del Golfo preferiscano i donatori musulmani che non mangiano carne di maiale, [la Cina] ha cercato di sfruttare il passaggio dalle fonti del Falun Gong a quelle uigure».

 

Un’altra testimone davanti al CECC è stata Anne Zimmerman, presidente del comitato per le questioni bioetiche della New York City Bar Association. Ha affermato che gli esperti di bioetica hanno una responsabilità speciale nel garantire che le istituzioni non collaborino al prelievo di organi.

 

Liu Pengyu, portavoce dell’ambasciata cinese a Washington, ha dichiarato a Radio Free Asia che la Cina è governata da leggi e che «la vendita di organi umani e i trapianti illegali sono severamente vietati». «I diritti umani delle persone di tutti i gruppi etnici nello Xinjiang sono stati completamente protetti», ha detto. «Le affermazioni che avete menzionato non reggono e non significano altro che sensazionalismo artificiale».

 

Michael Cook

 

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Cina

In disgrazia l’uomo del vaccino cinese anti-COVID: espulso dall’Assemblea del popolo

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.   Il provvedimento contro Yang Xiamong, il presidente della China National Biotec Group, ha scatenato i commenti dei netizen cinesi su Weibo. Secondo i media ufficiali è accusato di «gravi violazioni della disciplina e della legge». Dall’estate scorsa il settore farmaceutico è uno dei più coinvolti dalla campagna anti-corruzione, con centinaia di funzionari sotto inchiesta.   Il presidente della China National Biotec Group, il gruppo di ricerca che ha scoperto e prodotto il vaccino anti-COVID della Sinopharm utilizzato in Cina, è stato estromesso dall’Assemblea nazionale del popolo, il più importante organo politico della Repubblica popolare che conta 3000 personalità. L’espulsione di Yang Xiaoming, 62 anni, è stata annunciata dai media statali nel fine settimana e motivata con «gravi violazioni della disciplina e della legge», l’espressione utilizzata solitamente per le persone indagate per corruzione in Cina.   Yang era stato il responsabile del team Sinopharm che ha sviluppato il vaccino BBIBP-CorV, il primo approvato e utilizzato massicciamente nel 2021 nella Repubblica popolare cinese per la campagna vaccinale contro il COVID . Con un’efficacia stimata dall’Organizzazione mondiale della sanità al 79% contro l’ospedalizzazione, fu poi diffuso in milioni di dosi anche in altri Paesi del mondo (…)

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Oltre a sviluppare il vaccino anti-COVID di Sinopharm, Yang era anche a capo del progetto cinese sui vaccini nell’ambito del programma 863, che mira a rendere Pechino più indipendente sviluppando tecnologie avanzate interne.   La notizia dell’epurazione di Yang è diventata virale sul social network cinese Weibo, con circa 180 milioni di visualizzazioni che, per diverse ore, l’hanno reso l’argomento più caldo della giornata di ieri. Per molti utenti è stata l’occasione per tornare a parlare della gestione della pandemia, anche se finora non ci sono notizie ufficiali di un legame tra le accuse contro di lui e il vaccino anti-COVID.   In realtà è tutto il settore sanitario cinese a essere da mesi tra i più toccati dalla campagna anticorruzione voluta da Xi Jinping. Vi sono state indagini contro centinaia di rettori e segretari di ospedali, con accuse pesanti di corruzione tra fornitori di farmaci e strutture sanitarie. Un terremoto che – ad agosto – aveva portato anche a un crollo in Borsa dei valori delle azioni del settore farmaceutico, arrivando addirittura a bruciare in un solo giorno un valore di mercato stimato in 27 miliardi di dollari.   Invitiamo i lettori di Renovatio 21 a sostenere con una donazione AsiaNews e le sue campagne. Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.  

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