Cina
Lo Xi ripete: la «riunificazione» con Taiwan è inevitabile
Il presidente cinese Xi Jinping ha sottolineato ancora una volta l’importanza della politica di una sola Cina nei confronti di Taiwan, affermando che la riunificazione con l’isola è un processo inarrestabile.
L’autogoverno è stato istituito a Taiwan dalle forze nazionaliste dopo la loro sconfitta nella guerra civile cinese nel 1949. Solo una manciata di nazioni attualmente lo riconoscono come indipendente e la maggior parte, tra cui la Russia, condivide la posizione di Pechino secondo cui il territorio fa parte della Cina.
«I compatrioti su entrambe le sponde dello Stretto di Taiwan sono un’unica famiglia. Nessuno può spezzare i nostri legami familiari e nessuno può fermare la tendenza storica della riunificazione nazionale della madrepatria», ha detto Xi in un discorso televisivo.
Il capo dello Stato cinese ha sottolineato che il processo è inevitabile e che le persone di entrambe le parti «dovrebbero essere legate da un comune senso di scopo e condividere la gloria del ringiovanimento della nazione cinese».
Mentre gli Stati Uniti aderiscono ufficialmente alla politica della «Cina unica», riconoscendo Formosa come parte della Cina, allo stesso tempo si impegnano in una cooperazione militare con il governo di Taipei, provocando l’indignazione di Pechino.
Il governo cinese ha ripetutamente denunciato le vendite di armi degli Stati Uniti a Taipei, accusando Washington di fomentare le tensioni nella regione.
La Cina ha organizzato diversi round di esercitazioni militari su larga scala negli ultimi mesi. Il mese scorso, Xi ha identificato la questione di Taiwano come uno dei confini chiave che gli Stati Uniti devono rispettare per mantenere una relazione equilibrata tra Washington e Pechino.
Il ministero degli Esteri cinese ha affermato in precedenza che il sostegno degli Stati Uniti a Formosa viola gli impegni presi in precedenza nel Comunicato del 17 agosto 1982, in cui Washington si impegnava a non perseguire una politica a lungo termine di vendita di armi a Taiwan e manifestava l’intenzione di ridurre gradualmente le vendite di armi nel tempo.
Come riportato da Renovatio 21, anche nel discorso di fine anno 2023 lo Xi aveva dichiarato che la riunificazione con Taipei è «inevitabile». Un anno fa, tuttavia, Xi non aveva fatto menzione della forza militare. Il mese prima, il governo cinese aveva epperò chiarito che una dichiarazione di indipendenza da parte di Taipei «significa guerra».
Sinora, lo status quo nella questione tra Pechino e Taipei è stato assicurato dal cosiddetto «scudo dei microchip» di cui gode Taiwan, ossia la deterrenza di questa produzione industriale rispetto agli appetiti cinesi, che ancora non hanno capito come replicare le capacità tecnologiche di Taipei.
La Cina, tuttavia, sta da tempo accelerando per arrivare all’autonomia tecnologica sui semiconduttori, così da dissolvere una volta per tutte lo scudo dei microchip taiwanese. La collaborazione tra Taiwan e UE riguardo ai microchip, nonostante la volontà espressa da Bruxelles, non è mai davvero decollata.
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Come riportato da Renovatio 21, il colosso del microchip TSMC ha dichiarato l’anno scorso che la produzione dei microchip si arresterebbe in caso di invasione cinese di Formosa.
I microchip taiwanesi sono un argomento centrale nella attuale tensione tra Washington e Pechino, che qualcuno sta definendo come una vera guerra economica mossa dall’amministrazione Biden contro il Dragone, che riprendono politiche della precedente amministrazione Trump.
Come riportato da Renovatio 21, durante il suo discorso per la celebrazione del centenario del Partito Comunista Cinese nel 2021 lo Xi, mostrandosi in un’inconfondibile camicia à la Mao, parlò della riunificazione con Taipei come fase di un «rinnovamento nazionale» e della prontezza della Cina a «schiacciare la testa» di chi proverà ad intimidirla.
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Immagine di FISU via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 3.0 Unported
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Cina
Prima vendita di armi a Taiwan sotto Trump
Il dipartimento della Difesa statunitense ha reso noto di aver autorizzato la prima cessione di armamenti a Taiwan dall’insediamento del presidente Donald Trump a gennaio. Pechino, che rivendica l’isola autonoma come porzione del proprio territorio, ha tacciato l’iniziativa come un attentato alla sua sovranità.
Il contratto in esame prevede che Taipei investa 330 milioni di dollari per acquisire ricambi destinati agli aeromobili di produzione americana in dotazione, come indicato giovedì in un comunicato del Dipartimento della Difesa degli USA.
Tale approvvigionamento dovrebbe consentire a Formosa di «preservare l’operatività della propria squadriglia di F-16, C-130» e altri velivoli, come precisato nel documento.
La portavoce dell’ufficio presidenziale taiwanese, Karen Kuo, ha salutato la decisione con favore, definendola «un pilastro essenziale per la pace e la stabilità nell’area indo-pacifica» e sottolineando il rafforzamento del sodalizio di sicurezza tra Taiwan e Stati Uniti.
Secondo il ministero della Difesa di Taipei, l’erogazione dei componenti aeronautici americani «diverrà operativa» entro trenta giorni.
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Il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Lin Jian, ha espresso in un briefing il «profondo rammarico e l’opposizione» di Pechino alle forniture belliche USA a Taiwano, che – a suo dire – contrastano con gli interessi di sicurezza nazionali cinesi e «inviano un messaggio fuorviante alle frange separatiste pro-indipendenza taiwanesi».
La vicenda di Taiwan costituisce «la linea rossa imprescindibile nei rapporti sino-americani», ha ammonito Lin.
Formalmente, Washington aderisce alla politica della «Cina unica», sostenendo che Taiwan – che esercita de facto l’autogoverno dal 1949 senza mai proclamare esplicitamente la separazione da Pechino – rappresenti un’inalienabile componente della nazione.
Ciononostante, gli USA intrattengono scambi con le autorità di Taipei e si sono impegnati a tutelarla militarmente in caso di scontro con la madrepatria.
La Cina ha reiterato che aspira a una «riunificazione pacifica» con Taiwan, ma non ha escluso il ricorso alle armi se l’isola dichiarasse formalmente l’indipendenza.
A settembre, il Washington Post aveva rivelato che Trump aveva bloccato un’intesa sulle armi da 400 milioni di dollari con Taipei in vista del suo colloquio con l’omologo Xi Jinpingo.
Come riportato da Renovatio 21, all’inizio del mese, in un’intervista al programma CBS 60 Minutes, Trump aveva riferito che i dialoghi con Xi, tenutisi a fine ottobre in Corea del Sud, si sono concentrati sul commercio, mentre la questione taiwanese «non è stata toccata».
In settimana la neopremier nipponica Sanae Takaichi aveva suscitato le ire di Pechino parlando di un impegno delle Forze di Autodifesa di Tokyo in caso di invasione di Taiwano.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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