Economia
L’economia di Germania, Francia, Italia affonda
La crisi politica senza precedenti in tutta Europa, in cui i due paesi leader, Germania e Francia, sono senza governo (la Francia formalmente, la Germania di fatto), è un riflesso della politica di guerra e della disintegrazione economica autoinflitta, che si aggrava di giorno in giorno.
Le ultime cifre del Purchasing Manager Index (PMI), che indica la propensione delle aziende europee a produrre, sono devastanti: il PMI composito (manifatturiero e servizi) è sceso a 47,2 contro i 47,3 attesi e i 48,6 precedenti a novembre in Germania.
In Francia, è sceso da 48,1 a ottobre a 45,9 a novembre, segnalando la contrazione più netta dell’attività del settore privato francese da gennaio.
In Italia, è sceso a 44,5 a novembre da 46,9 a ottobre, e al di sotto delle sue previsioni di 45,7, mostrando una forte contrazione.
Una cifra sopra i 50 indica espansione, sotto i 50 una contrazione.
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Questo, mentre i lavoratori sono in sciopero in risposta alle decisioni delle case automobilistiche di chiudere la produzione e licenziare personale. Oltre 100.000 lavoratori della Volkswagen hanno aderito ai primi scioperi di avvertimento in tutta la Germania.
In Italia, Stellantis ha praticamente smesso di produrre auto e il suo capo Carlos Tavares, che aveva aderito alla fallimentare strategia delle auto elettriche, si è dimesso.
I leader politici si stanno svegliando alla crisi, anche se troppo tardi, tuttavia Bruxelles non mostra alcuna intenzione di cambiare rotta. Il Partito Popolare Europeo, la fazione più grande nel Parlamento Europeo, con 82 partiti, e la fazione leader nella coalizione che ha votato per la Commissione UE, ha presentato una proposta che chiede alla Commissione UE di ammorbidire il suo programma di transizione verde, spostando il divieto sui motori endotermici al 2050, consentendo ai carburanti alternativi di mantenere in vita quei motori e revocando le norme sulle emissioni del 2025.
In risposta, Teresa Ribera, Commissaria UE responsabile della transizione, ha detto ai giornalisti «questa è una cosa che la Commissione non sta prendendo in considerazione e che praticamente nessuno sta prendendo in considerazione».
Nel frattempo, le aziende storiche stanno cadendo vittime della follia della transizione energetica e delle sanzioni dell’UE.
Il più recente marchio illustre che sta affrontando l’insolvenza è l’italiana Bialetti, l’inventore della moderna caffettiera a pressione di vapore. Bialetti ha inventato la Moka Express nel 1933, la caffettiera che ha portato l’espresso «come al bar» nelle case. Per progettare la Moka Express, che ha prodotto oltre 300 milioni di pezzi e il cui design è rimasto invariato per quasi un secolo, l’alluminio è stato fondamentale, scrive EIRN.
Il settore più visibilmente in crisi è ad ogni modo l’automotive.
Nella UE sono crollati i livelli di immatricolazione di auto nuove, secondo i dati dell’Associazione Europea Costruttori Automobili (ACEA). In Germania Volkswagen, dopo averlo annunziato in lungo e in largo, sta pianificando licenziamenti di massa.
Come riportato da Renovatio 21, due anni fa Herbert Diess, capo di Volkswagen, aveva chiesto all’UE di perseguire una soluzione negoziata della guerra in Ucraina per il bene dell’economia del continente.
Gli alti costi dell’energia hanno spinto i grandi nomi dell’automotive tedesco a delocalizzare. Volkswagen a inizio anno aveva annunciato che non costruirà più la sua Golf a combustione a Wolfsburg, ma in Polonia.
L’anno passato le principali case automobilistiche tedesche – Volkswagen, Audi, BMW e Mercedes 2 hanno prodotto circa mezzo milione di auto in meno tra gennaio e maggio, rispetto allo stesso periodo del 2019, con un calo di circa il 20%.
Il crollo della produzione di auto nel contesto attuale riguarda anche l’Italia.
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Immagine di Till Krech via Flickr pubblicata su licenza CC BY 2.0
Economia
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Economia
Picco del prezzo del petrolio dopo le sanzioni statunitensi alla Russia
I prezzi del petrolio sono aumentati notevolmente in seguito all’annuncio da parte degli Stati Uniti di sanzioni contro i colossi russi Rosneft e Lukoil.
I future sul greggio Brent, benchmark globale, sono saliti di oltre il 5% a 65,99 dollari al barile, mentre il West Texas Intermediate (WTI) statunitense è salito del 5,6% a 61,79 dollari giovedì.
Nonostante i prezzi siano leggermente scesi nelle prime contrattazioni di venerdì, entrambi i benchmark sono rimasti sulla buona strada per un aumento settimanale del 7%, il più grande dall’inizio di giugno.
La Casa Bianca ha descritto le ultime sanzioni come un passo per «incoraggiare Mosca ad accettare un cessate il fuoco». La Russia afferma di rimanere aperta alla diplomazia, ma insiste sul fatto che qualsiasi accordo di pace debba affrontare le cause profonde del conflitto. Ha accusato Kiev e i suoi sostenitori occidentali di rifiutarsi di negoziare in buona fede e di minare gli sforzi di pace attraverso le sanzioni.
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Secondo quanto riportato dai media, che citano fonti commerciali, le sanzioni hanno spinto le principali compagnie petrolifere statali cinesi a sospendere gli acquisti di greggio russo via mare a breve termine. Fonti del settore hanno inoltre avvertito che le raffinerie in India, il maggiore acquirente di petrolio russo via mare, e in Turchia, il terzo, potrebbero ridurre le importazioni nelle prossime settimane.
«I flussi verso l’India sono a rischio in particolare… le sfide per le raffinerie cinesi sarebbero più contenute, considerando la diversificazione delle fonti di greggio e la disponibilità delle scorte», ha detto a Reuters Janiv Shah, vicepresidente dell’analisi dei mercati petroliferi presso Rystad Energy.
Si prevede che le misure avranno ripercussioni sul mercato, poiché gli acquirenti di greggio russo cercheranno alternative finché non ci sarà chiarezza sull’applicazione delle misure, ha dichiarato al Wall Street Journal Richard Bronze, responsabile geopolitica di Energy Aspects. Bronze prevede che il Brent potrebbe avvicinarsi ai 70 dollari al barile nei prossimi giorni. «Solo la decisione di fare questo annuncio provocherà un’onda d’urto notevole sul mercato», ha affermato.
La Russia ha da tempo avvertito che le sanzioni sono illegali e si ritorcono contro chi le impone. Commentando le nuove restrizioni giovedì, il presidente Vladimir Putin le ha definite una «mossa ostile», ma ha affermato che non avrebbero avuto un impatto significativo sull’economia russa. Ha aggiunto che le sanzioni rappresentano un altro tentativo di Washington di fare pressione su Mosca, sottolineando che «nessun Paese che si rispetti agisce mai sotto pressione».
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Economia
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