Persecuzioni
Laos, persecuzioni anti-cristiane: case distrutte, Bibbie incendiate
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Alcuni capi villaggio e abitanti hanno attaccato una chiesa domestica in un villaggio del Sud del Laos. I fedeli, la cui comunità è riconosciuta, erano riuniti per le celebrazioni domenicali. Nonostante la denuncia, finora la polizia non è intervenuta per punire i responsabili. L’area teatro già in passato di persecuzioni a sfondo confessionale.
Cristiani ancora nel mirino in Laos: alcuni capi villaggio e abitanti nel sud del Paese hanno fatto irruzione in un’abitazione privata, per impedire a diverse famiglie che si erano riunite all’interno di tenere una celebrazione il 4 febbraio scorso, nell’ambito delle funzioni domenicali. È quanto denuncia Radio Free Asia (RFA) rilanciando il racconto di alcuni testimoni.
La vicenda è solo l’ultima di una serie di aggressioni e di azioni legali nello Stato comunista a partito unico con una popolazione prevalentemente buddista, nonostante una legge nazionale che protegge almeno sulla carta la libertà religiosa.
«Le autorità del villaggio sono venute qui e hanno demolito la nostra casa intorno alle 10.30 di domenica mattina» ha dichiarato a RFA Lao una persona presente alle funzioni nella chiesa domestica del villaggio di Kaleum Vangke, nel distretto di Xonboury, provincia di Savannakhet. Parlando dietro garanzia di anonimato, come le altre fonti consultate e i testimoni oculari che temono ritorsioni, il cristiano prosegue:
«Le autorità, tra cui il capo villaggio, le guardie di sicurezza e i membri anziani del villaggio, ci hanno attaccato all’improvviso e hanno distrutto il nostro luogo di culto». La folla di assalitori ha bruciato Bibbie e documenti: «hanno distrutto la nostra casa – afferma la fonte – perché non vogliono che i nostri fratelli e sorelle cristiani venerino Dio» e, nonostante la denuncia, sinora le autorità non sono intervenute.
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Interpellata da RFA, la polizia del distretto di Xonboury ha confermato che si sta occupando dell’incidente.
Un altro fedele ha raccontato che il mese scorso alcuni membri di spicco del villaggio hanno convocato le sei famiglie cristiane della zona e hanno detto loro di smettere di praticare la loro religione, o più precisamente di «smettere di tenere le funzioni domenicali». In caso di rifiuto, hanno aggiunto, le autorità «avrebbero demolito l’edificio». La chiesa domestica di Kaleum Vangke è affiliata alla Chiesa evangelica del Laos, unica denominazione cristiana protestante riconosciuta dal governo, ma è stata comunque oggetto di attacco.
Kaleum Vangke non è nuova a conflitti religiosi. Nel marzo 2020 il pastore Sithong Thipphavong è stato arrestato e costretto a denunciare la sua fede cristiana. Al suo rifiuto, egli è stato accusato e riconosciuto colpevole di aver causato «disordine sociale» e di aver rotto «l’unità del villaggio».
Incarcerato per un anno e multato di 4 milioni di kip (200 dollari), è stato liberato solo nell’aprile 2021. Un altro membro della comunità ha concluso sottolineando che nella provincia di Savannakhet si verificano «sempre più spesso» episodi di repressione «come quello di domenica».
In Laos, nazione guidata da un regime comunista, la maggioranza della popolazione (il 67%) è buddista; su un totale di poco superiore ai sette milioni di abitanti, i cristiani sono il 2% circa della popolazione, di cui lo 0,7% cattolici.
Vientiane riconosce solo quattro religioni: buddismo, cristianesimo, islam e baha’i. I casi più frequenti di persecuzioni a sfondo confessionale avvengono contro la comunità protestante: in passato AsiaNews ha documentato i casi di contadini privati del cibo per la loro fede o di pastori arrestati dalle autorità.
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Persecuzioni
Nigeria, quasi 56.000 morti in quattro anni
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Il profilo degli aggressori
Secondo il rapporto, l’81% dei civili è morto negli attacchi. Circa il 42% di queste uccisioni è stato compiuto dai Fulani che hanno invaso piccole comunità agricole cristiane per uccidere, stuprare, rapire e bruciare le case. I Fulani, pastori sunniti musulmani Fulani, hanno ucciso almeno 9.153 cristiani e almeno 1.473 musulmani. La religione di 1.267 delle loro vittime è sconosciuta. Circa il 41% degli attacchi è stato condotto da vari gruppi, che il rapporto classifica come «altri gruppi terroristici». Tuttavia, il rapporto nota che la categoria «altro» probabilmente «consiste in vari gruppi di ‘banditi Fulani’ che fanno parte delle milizie etniche Fulani… come i pastori Fulani armati», nota ACI Africa. Gli «altri» gruppi terroristici sono stati responsabili di 10.274 omicidi, tra cui almeno 3.804 cristiani e 2.919 musulmani. La religione di circa 3.503 vittime è sconosciuta. Almeno 78 persone uccise in attacchi da pastori Fulani e “altri gruppi terroristici” appartenevano a religioni tradizionali africane. «Le milizie etniche Fulani stanno prendendo di mira le popolazioni cristiane, mentre anche i musulmani stanno soffrendo molto per le loro azioni», ha affermato un altro analista dell’ORFA in una dichiarazione citata da ACI Africa. «I rapitori stanno perseguendo obiettivi islamici», ha aggiunto. Stanno rapendo giovani donne, le stuprano e spengono la speranza delle famiglie, ha detto. Nina Shea, direttrice del Centro per la libertà religiosa dell’Hudson Institute, ha detto alla CNA che «il numero di persone uccise e rapite è sconcertante e la documentazione è ormai inconfutabile». Ha aggiunto che «i militanti Fulani stanno conducendo una guerra religiosa, una jihad, contro le comunità agricole cristiane indifese in vaste aree della Nigeria». Ed «è ugualmente innegabile e scioccante che il governo nigeriano abbia osservato e tollerato questi attacchi implacabili per molti anni. L’obiettivo dei militanti di sradicare la presenza cristiana attraverso l’omicidio, la conversione forzata all’Islam e l’espulsione dalla loro patria sembra essere condiviso dal governo di Abuja, altrimenti prenderebbe provvedimenti». La signora Shea ha infine criticato il Dipartimento di Stato americano (DoS) per il suo ripetuto rifiuto di designare la Nigeria come «Paese di particolare preoccupazione» e di inserirlo nella lista di controllo dei paesi responsabili di gravi violazioni della libertà religiosa. ACI Africa ricorda che la Nigeria è stata inclusa per la prima volta in questa lista nel 2020, l’ultimo anno dell’amministrazione Trump. Tuttavia, è stata rimossa nel 2021, il primo anno dell’amministrazione del presidente Joe Biden. L’attuale rapporto attribuisce la violenza nigeriana a «scontri intercomunitari» e «competizione per le risorse». Articolo previamente apparso su FSSPX.news.Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Persecuzioni
Iraq, nuova ondata di esodo dei cristiani
All’inizio di agosto 2024, il Patriarca caldeo, Sua Beatitudine il cardinale Louis Raphaël Sako, ha ricordato il decimo anniversario dell’espulsione dei cristiani dalla Piana di Ninive. È stato un episodio che ha avuto un impatto duraturo sul cristianesimo iracheno e che continua a spaventare i cristiani.
Un esodo brutale e massiccio: 6 agosto 2014
Ricorda il Patriarca Sako dalle colonne dell’Agenzia Fides: «È una tragedia collettiva che resta impressa nella mente delle persone. Certo, l’ISIS è stato sconfitto, ma la sua ideologia resta forte» e in molti Paesi, anche in Africa. L’espulsione è stata effettuata nel cuore della notte dai jihadisti: i cristiani «sono stati costretti a lasciare immediatamente le loro case e tutti i loro averi».
«Intere famiglie sono state buttate giù dal letto dagli altoparlanti: la gente è stata costretta a fuggire in pigiama», ha detto un testimone; essi «hanno dovuto lasciare tutto, anche le scarpe, e sono stati portati con la forza nella zona del Kurdistan», cita sempre Fides. In totale, ricordano i media, «quella notte circa 120 mila cristiani lasciarono la piana di Ninive».
Da allora, ricorda il cardinale Sako, «solo il 60% dei cristiani è tornato». Ma, prosegue, «l’esclusione dal lavoro dovuta al settarismo, la legge sullo status personale, e in particolare l’islamizzazione dei minori quando uno dei genitori diventa musulmano, fanno sì che i cristiani non abbiano più fiducia nel futuro».
Bisogna inoltre tenere conto «dell’attuale preoccupante situazione in Medio Oriente e del timore di una guerra totale», che ha portato «all’emigrazione di oltre un milione di cristiani all’estero, riducendo notevolmente il numero dei cristiani in Iraq: si stima che ogni mese lasciano l’Iraq 100 famiglie cristiane» conclude il Patriarca caldeo.
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Il ritorno dell’ISIS e l’aumento degli attentati
A luglio, il sito di Asianews ha dedicato un articolo al ritorno dell’Isis in Iraq e all’aumento degli attentati in questo Paese: «durante i primi sei mesi dell’anno [2024], lo Stato islamico ha già effettuato 153 operazioni e tenterà di “ricostruire” se stesso». Secondo l’Intelligence americana c’è da temere un ritorno dello Stato Islamico, in occasione del decennale della sua avanzata.
Un altro elemento è costituito «dall’amnistia generale delle milizie curde – sostenute dagli Stati Uniti – nel nord-est della Siria, che ha portato al rilascio di sospetti jihadisti o affiliati all’ISIS», nota Asianews . Anche se i combattenti più pericolosi non verranno rilasciati, «resta il timore che un rilascio di massa possa alimentare nuovamente» l’ISIS.
Un nuovo esodo di cristiani dall’Iraq
Il sito della Catholic News Agency (CNA) titola: «Cristiani iracheni stanno lasciando nuovamente la loro patria», rilevando che «molte famiglie fuggono dal Paese, cercando rifugio nei Paesi vicini per una sosta temporanea prima di partire verso mete lontane come l’Australia», confermando le parole del Patriarca Sako.
Il sito cita un’intervista pubblicata su ACI Mena, partner in lingua araba della CNA, rilasciata da Basma Azuz: «l’emigrazione riflette un profondo conflitto tra l’identità e la patria della persona e la ricerca di sicurezza e diritti. (…) A volte è l’unico modo per garantire un futuro migliore».
La signora Azuz attribuisce «la continuazione dell’emigrazione dall’Iraq a fattori sociali, economici, di sicurezza e politici, oltre al timore di persecuzioni da parte della Chiesa». Certamente «la visita di Papa Francesco aveva portato un momentaneo spiraglio di speranza. Ma il peggioramento della situazione e l’incapacità del governo di mantenere le promesse hanno ravvivato il desiderio di emigrare tra i cristiani».
La CNA conclude che «l’ondata di emigrazione cristiana non ha risparmiato nessuna città in Iraq, comprese quelle nella regione del Kurdistan, riducendo la presenza cristiana quasi all’estinzione. Le statistiche non ufficiali della Fondazione Shlama (…) confermano che l’Iraq ha perso quasi il 90% dei suoi cristiani negli ultimi due decenni».
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
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Immagine di Levi Clancy via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons CC0 1.0 Universal Public Domain Dedication
Persecuzioni
Bangladesh, cristiani nell’incertezza dopo il golpe
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