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Geopolitica

L’AIEA dice che non c’è nessuna prova che l’Iran stia lavorando a una bomba nucleare

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Secondo il direttore dell’agenzia, Rafael Grossi, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA) non ha trovato prove che l’Iran stia compiendo uno «sforzo sistematico» per produrre un’arma nucleare.

 

Israele ha iniziato a bombardare l’Iran venerdì, sostenendo che il Paese era sul punto di sviluppare una bomba nucleare. Da allora, le due parti si sono scambiate attacchi di rappresaglia.

 

Martedì il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha dichiarato di credere che Teheran sia «molto vicina» a ottenere l’arma nucleare, contraddicendo le prime dichiarazioni del suo direttore dell’Intelligence nazionale, Tulsi Gabbard, secondo cui l’Iran «non ne sta costruendo» una.

 

Le autorità iraniane insistono sul fatto che il loro programma nucleare è puramente pacifico e che hanno tutto il diritto di perseguirlo.

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In un’intervista rilasciata martedì a Christiane Amanpour della CNN, Grossi ha affermato che, attualmente, «c’è questa competizione su chi ha torto o ragione riguardo al tempo necessario» all’Iran per produrre una bomba nucleare.

 

«Certamente, non era una cosa che succederà domani, forse non sarà questione di anni», ha osservato.

 

Gli iraniani potrebbero avere abbastanza uranio arricchito, ma per trasformarlo in un’arma nucleare sono necessarie anche tecnologie avanzate e test approfonditi, ha spiegato il direttore generale dell’AIEA.

 

Nonostante abbia ispezionato i siti nucleari dell’Iran per più di due decenni, l’organismo di controllo delle Nazioni Unite «non ha avuto… alcuna prova di uno sforzo sistematico per arrivare a dotarsi di un’arma nucleare» da parte dell’Iran, ha affermato.

 

«Quello che vi stiamo dicendo è ciò che siamo stati in grado di dimostrare. Il materiale è lì. In passato ci sono state alcune attività legate allo sviluppo di armi nucleari, ma al momento non avevamo questi elementi», ha sottolineato Grossi.

 

Un giorno prima dell’attacco iniziale di Israele all’Iran, l’AIEA ha approvato una risoluzione in cui dichiarava che Teheran non stava rispettando i suoi obblighi in materia di non proliferazione nucleare. Tra le altre cose, l’agenzia ha osservato che l’Iran non era stato «ripetutamente» in grado di dimostrare che il suo materiale nucleare non fosse stato dirottato verso un ulteriore arricchimento per uso militare.

 

Il viceministro degli Esteri iraniano Kazem Gharibabadi ha dichiarato lo scorso fine settimana che Teheran limiterà la sua cooperazione con l’AIEA a causa della riluttanza dell’agenzia a condannare gli attacchi israeliani ai siti nucleari del Paese. La condotta dell’organismo di controllo delle Nazioni Unite «non ha senso», ha affermato.

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Immagine di IAEA Imagebank via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic

 

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Geopolitica

«È ora di andare»: Orban chiede la defenestrazione della Von der Leyen

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Il primo ministro ungherese Viktor Orban ha chiesto le dimissioni della Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, pubblicando un’immagine parodia in vista del voto di sfiducia previsto al Parlamento europeo. La mozione, prevista per giovedì, prende di mira la sua gestione degli approvvigionamenti del vaccino contro il COVID-19.   Martedì Orban ha condiviso un’immagine stilizzata come la copertina della celeberrima rivista americana TIME, raffigurante uno sfondo rosso e una von der Leyen in ritirata, con la didascalia «è ora di andare».   L’immagine era una parodia della copertina della rivista dedicata a Biden del 2024, pubblicata dopo l’annuncio dell’allora presidente degli Stati Uniti di ritirarsi dalla campagna elettorale.   L’Orban è da tempo uno dei più aspri oppositori di von der Leyen, accusandola di minare le istituzioni dell’UE e di interferire negli affari interni degli Stati membri, scontrandosi spesse volte con Bruxelles su controversie sullo stato di diritto e sulla politica sanzionatoria, e ha affermato che la leadership dell’Unione ha cercato di isolare politicamente l’Ungheria.   All’interno dell’UE, von der Leyen ha dovuto affrontare crescenti critiche, in particolare per la sua condotta durante la pandemia di COVID-19. Il suo rifiuto di pubblicare i messaggi privati ​​scambiati con l’amministratore delegato di Pfizer, Albert Bourla, durante i colloqui sull’approvvigionamento dei vaccini ha alimentato continue polemiche. Un tribunale europeo ha stabilito all’inizio di quest’anno che il suo ufficio non era riuscito a fornire una giustificazione legittima per la riservatezza dei messaggi.  

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Varie voci, provenienti da tutto l’arco europarlamentare e dal mondo dell’euroscetticismo hanno accusato Ursula di centralizzare il potere, aggirando le tradizionali procedure della Commissione e il controllo parlamentare, nonché di ignorare la sovranità nazionale in questioni delicate.   Il voto di sfiducia di giovedì è stato avviato dall’eurodeputato rumeno Gheorghe Piperea, che ha denunciato un modello di «eccesso istituzionale» nella condotta di Von der Leyen. La mozione necessita di una maggioranza dei due terzi e del sostegno della maggioranza assoluta dei 720 membri del Parlamento europeo per essere approvata – una soglia che, secondo gli osservatori, difficilmente verrà raggiunta.   Come riportato da Renovatio 21, in risposta la Von der Leyen si è scagliata contro i suoi oppositori, etichettandoli come «complottisti» e «no-vax» sostenuti dal Putin. Intervenendo in una sessione plenaria questa settimana, ha affermato che alcuni dei suoi critici stavano agendo «per conto dei loro burattinai in Russia».   Mosca ha ripetutamente accusato von der Leyen di nutrire idee russofobe. Il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, all’inizio di quest’anno, l’ha definita «Führer Ursula» e l’ha accusata di promuovere la militarizzazione in tutta l’UE, distogliendo l’attenzione dalla cattiva gestione finanziaria dell’era pandemica. I funzionari del Cremlino hanno anche criticato il suo sostegno all’Ucraina e il suo ruolo nell’estensione delle sanzioni contro la Russia, definendola uno dei principali motori dello scontro tra UE e Mosca.

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L’UE potrebbe dare altri 100 miliardi di euro all’Ucraina

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I funzionari dell’Unione Europea stanno valutando una proposta per fornire all’Ucraina altri 100 miliardi di euro in sovvenzioni e prestiti a basso interesse, ha riferito martedì Bloomberg, citando fonti a conoscenza della questione.

 

Il piano prevede l’istituzione di un fondo dedicato nell’ambito del prossimo bilancio settennale dell’Unione, hanno riferito fonti interne anonime alla testata. L’erogazione inizierà nel 2028 se la proposta verrà approvata.

 

Questa mossa sposterebbe ulteriormente l’onere finanziario sui contribuenti dell’Europa occidentale, a causa di quella che Mosca ha condannato come una guerra per procura della NATO innescata dagli Stati Uniti. Il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha dichiarato ad aprile che i funzionari di Bruxelles «considerano la possibile sospensione degli aiuti all’Ucraina come una conferma dell’incapacità strategica dell’UE» e stanno spingendo per la continuazione dei finanziamenti a tutela della propria reputazione.

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Le istituzioni militari e di difesa ucraine hanno dovuto affrontare una serie di scandali di corruzione durante il conflitto con la Russia, tra cui pagamenti in eccesso per le razioni alimentari e contratti poco trasparenti per l’approvvigionamento di armi. Questa settimana, i media ucraini hanno riferito che gli investigatori anticorruzione hanno perquisito una proprietà appartenente all’ex ministro della Difesa Aleksey Reznikov. Reznikov si è dimesso nel 2023 a seguito di accuse di cattiva condotta finanziaria nel suo dipartimento. Il suo sostituto, ha scritto il reporter premio Pulitzer Seymour Hersh, era ritenuto da fonti dell’Intelligence USA come ancora più corrotto del predecessore.

 

Secondo la testata economica americana Bloomberg, il fondo proposto sarebbe una delle diverse strade in fase di valutazione, con una decisione finale prevista entro il 16 luglio o forse più tardi. Il rapporto aggiunge che il mese scorso la Commissione europea ha informato i ministri delle finanze dell’UE sull’intenzione di Kiev di aumentare la spesa per la difesa di quest’anno di 8,4 miliardi di dollari, utilizzando fonti interne.

 

Il primo ministro ucraino Denis Shmigal ha dichiarato a giugno che le spese per la difesa sono aumentate del 34% su base annua nei primi cinque mesi del 2025. Nel frattempo, il ministro delle Finanze Serhiy Marchenko ha avvertito a maggio che il debito pubblico di Kiev si sta avvicinando ai 171 miliardi di dollari, approssimativamente l’equivalente del prodotto interno lordo del Paese.

 

L’Ucraina continua a fare ampio affidamento sugli aiuti finanziari esterni per sostenere il proprio bilancio nazionale. All’inizio di quest’anno, il governo non è riuscito a ristrutturare una parte del debito sovrano emesso nel 2015 e si è rifiutato di onorare un rimborso di 665 milioni di dollari agli investitori privati ​​all’inizio di giugno.

 

Anche l’economia del Paese risente della carenza di manodopera, con milioni di persone fuggite in paesi occidentali che offrono loro protezione e prestazioni sociali. Molti uomini in età militare rimasti in Ucraina hanno eluso la leva obbligatoria, il che di solito significa evitare un impiego formale e, di conseguenza, il pagamento delle imposte sul reddito.

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Immagine di © European Union, 2025 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International

 

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La guida suprema dell’Iran riappare dopo settimane

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La guida suprema della Rivoluzione iraniana, l’ayatollah Ali Khamenei, ha fatto la sua prima apparizione pubblica dall’inizio della guerra del suo Paese contro Israele il mese scorso.   Sebbene Khamenei la scorsa settimana abbia pubblicato un video provocatorio in cui rivendicava la vittoria nelle recenti ostilità, non era riapparso pubblicamente fino a sabato sera, quando ha partecipato a una cerimonia per celebrare la cerimonia religiosa sciita annuale Ashura presso il suo complesso.   Il ritiro del religioso dalla vita pubblica, scatenato dal timore che potesse essere assassinato da Israele o dagli Stati Uniti, ha dato origine a speculazioni sulla sua salute e sulla sua presa del potere.  

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Come riportato da Renovatio 21, due settimane fa il ministro degli Esteri israeliano Israel Katz aveva dichiarato che Israele avrebbe voluto uccidere Khamenei, ma non ne ha avuto occasione.   Credo che se Khamenei fosse stato nel nostro mirino, lo avremmo eliminato», ha dichiarato giovedì Katz al canale israeliano Channel 13, come riportato da Reuters. «Tuttavia Khamenei lo aveva capito, si era nascosto in profondità e aveva interrotto le comunicazioni con i comandanti che avevano sostituito quelli eliminati, quindi alla fine non era realistico», ha aggiunto. «Volevamo eliminare Khamenei, ma non c’era alcuna possibilità operativa», ha detto Katz.   Riprese televisive ira circolanti mostrano Khamenei alla cerimonia, con indosso una tunica clericale nera e una kefiah. Erano presenti anche il vicepresidente, il ministro della giustizia e il presidente del parlamento iraniano.   Gli analisti ritengono che la ricomparsa del religioso segnali un tentativo di riaffermare la normalità e la sfida del regime nei confronti degli Stati Uniti e di Israele. Venerdì il presidente Trump ha dichiarato che all’Iran non sarà consentito riavviare il suo programma nucleare.   Rivolgendosi ai giornalisti a bordo dell’Air Force One, Trump ha affermato di ritenere che gli attacchi aerei statunitensi contro gli impianti nucleari iraniani di Fordow, Natanz e Isfahan siano stati un «grande successo» che ha distrutto in modo permanente le capacità nucleari del Paese. «Direi che l’intera questione nucleare è stata bloccata definitivamente», ha affermato Trump.   Tuttavia, il Presidente ha riconosciuto che l’Iran potrebbe tentare di riavviare il suo programma nucleare altrove. Se ciò accadesse, Trump ha promesso che gli Stati Uniti impedirebbero l’ulteriore arricchimento dell’uranio. «Se dovessero farlo di nuovo, tanto vale che inizino da un posto diverso, perché quel posto è completamente distrutto».

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«Potrebbero partire, ma credo che dovrebbero partire da un luogo diverso», ha continuato. «Ma se partissero, ci sarebbe un problema. Non permetteremmo che ciò accadesse».   L’Iran ha formalmente sospeso la sua cooperazione con l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA), a seguito degli attacchi aerei israeliani e statunitensi del mese scorso. Il 4 luglio, l’AIEA ha confermato che i suoi ultimi ispettori erano stati ritirati dal Paese, dopo che i legislatori iraniani avevano votato per porre fine alla collaborazione con l’agenzia. Agli ispettori dell’AIEA era stato negato l’accesso alle strutture prese di mira da Israele e Stati Uniti.   In un rapporto del 22 giugno al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, il giorno degli attacchi americani, l’AIEA ha affermato che l’Iran aveva accumulato più di 400 kg di uranio arricchito al 60% di purezza, non lontano dal 90% necessario per realizzare un’arma nucleare. Secondo l’AIEA, non è ancora chiaro cosa sia successo a queste scorte in seguito agli attacchi israeliani e statunitensi.

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