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L’aeronautica USA vuole spendere 73 miliardi di dollari in forze nucleari

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L’aeronautica americana vuole spendere 73 miliardi di dollari per il bombardiere B-21 e il missile balistico intercontinentale (ICBM) Sentinel nei prossimi cinque anni. Lo riporta la testa economica americana Bloomberg.

 

Per il B-21, sono 10,6 miliardi di dollari per lo sviluppo e 20,8 dollari per l’approvvigionamento, per una flotta che dovrebbe comprendere almeno 100 bombardieri.

 

Per il missile balistico intercontinentale Sentinel il piano prevede 38,5 miliardi di dollari, di cui circa 15 miliardi di dollari in ricerca e sviluppo e 19 miliardi di dollari in appalti.

 

L’ICBM Sentinel sostituirà il vecchio missile balistico intercontinentale Minuteman III.

 

Come riportato da Renovatio 21, l’anno passato l’ammiraglio Charles Richard, il comandante uscente del Comando Strategico degli Stati Uniti, ha lasciato trasparire la sua preoccupazione riguardo il fatto che l’attuale architettura della deterrenza nucleare degli Stati Uniti possa più non funzionare sia contro la Russia che contro la Cina.

 

Aleggia per gli USA l’incubo di essere superati dalle potenze atomiche avversarie. In una lettera al Congresso datata 26 gennaio, il generale Anthony Cotton, comandante del Comando Strategico degli Stati Uniti, ha scritto che «il numero di lanciatori di missili balistici intercontinentali fissi e mobili in Cina supera il numero di lanciatori di missili balistici intercontinentali negli Stati Uniti».

 

Due mesi fa Washington ha promesso di difendere il Giappone con armi nucleari, se necessario. Ricordiamo che si tratta dello stesso Paese che ha nuclearizzato Hiroshima e Nagasaki.

 

Gli Stati Uniti con la loro dottrina atomica non hanno mai dichiarato una politica di rifiuto del First Strike – cioè di rinunzia ad un primo utilizzo – delle armi nucleari.

 

Di certo esiste lo svantaggio specifico degli USA riguardo la tecnologia missilistica ipersonica, che la Russia ha già sperimentato, approntato e implementato plurime volte nel conflitto ucraino.

 

La fregata Admiral Gorshkov, dotata di missili ipersonici Tsirkon,  è attualmente nelle acque dell’Atlantico.

 

 

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Nucleare

L’Iran avverte Israele che sa dove sono nascoste le sue armi nucleari

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Un alto ufficiale del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (IRGC) ha avvertito che Teheran è in grado di colpire gli impianti nucleari israeliani se i suoi vengono colpiti, secondo i media locali. Lo riporta RT.

 

Le tensioni sono aumentate in Medio Oriente questo mese a seguito di un presunto attacco aereo israeliano contro il consolato iraniano a Damasco il 1° aprile, in cui sono rimasti uccisi sette ufficiali dell’IRGC. Teheran ha reagito lo scorso fine settimana con una massiccia raffica di droni e missili, la maggior parte dei quali, secondo quanto riferito, sono stati abbattuti dallo Stato Ebraico e dai suoi sostenitori occidentali.

 

I composti nucleari israeliani «sono stati identificati e le informazioni necessarie su tutti gli obiettivi sono a nostra disposizione per rispondere», ha affermato il generale di brigata dell’IRGC Ahmad Haghtalab, citato da Tasnim, un’agenzia di stampa semi-ufficiale associata al reggimento. «Abbiamo una mano sul grilletto per lanciare potenti missili e distruggere quegli obiettivi».

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Teheran ha affermato di considerare l’incidente risolto, ma Israele ha promesso di reagire senza rivelare come e quando. Secondo quanto riferito, Gerusalemme Ovest sta valutando ulteriori azioni militari, possibilmente rivolte all’industria nucleare iraniana. Il generale di brigata dell’IRGC Ahmad Haghtalab, l’ufficiale responsabile della salvaguardia dei siti iraniani, ha affermato che l’industria nucleare israeliana potrebbe essere colpita per ritorsione.

 

L’industria nucleare israeliana ha una componente civile pubblica così come una presunta componente militare, la cui esistenza non viene né confermata né negata.

 

Secondo lo Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI), uno dei principali enti di vigilanza sulla sicurezza internazionale, Lo Stato Ebraico avrebbe circa 80 armi nucleari a sua disposizione, tra cui 30 bombe a gravità e 50 testate per missili balistici a medio raggio. Haghtalab non ha specificato quali siti l’Iran avesse preso in considerazione per la sua ipotetica operazione.

 

Da decenni Israele accusa l’Iran di sviluppare segretamente le proprie capacità nucleari. Gilad Erdan, il suo rappresentante alle Nazioni Unite, ha affermato domenica scorsa che Teheran era a poche settimane di distanza dalla costruzione di un’arma nucleare, esortando i membri del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite a considerare cosa sarebbe successo se l’Iran «avesse potuto lanciare una bomba nucleare» quando ha attaccato il suo paese. Queste affermazioni sono state successivamente respinte dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA).

 

La leadership iraniana ha dichiarato di considerare tutte le armi di distruzione di massa incompatibili con l’Islam. Haghtalab, tuttavia, ha valutato che sarebbe «concepibile» per Teheran riconsiderare la sua «dottrina e politica nucleare», se Israele continuasse a minacciare i suoi impianti nucleari.

 

I siti nucleari sono normalmente considerati off-limits per l’azione militare, ha detto il generale, ma l’attacco di Israele al consolato, una missione diplomatica protetta a livello internazionale, è stata la prova che Israele non si preoccupa di rispettare le regole.

 

Come riportato da Renovatio 21, lo scorso novembre, in una serie di invettive non di rado sfociate in reductio ad Hitlerum di Netanyahu e di Israele, il presidente turco Receps Erdogan aveva dichiarato che era arrivata l’ora di fare chiarezza sullo status nucleare di Israele.

 

«Andare avanti in questo senso è molto importante in termini di bilanciamento degli interessi strategici nella regione. Continueremo a fare pressione», ha dichiarato l’Erdogan. «Le armi nucleari di Israele devono essere ispezionate al di là di ogni dubbio prima che sia troppo tardi. Lo seguiremo fino in fondo. Invito anche la comunità internazionale a non lasciar perdere questa situazione».

 

Le dichiarazioni dell’uomo di Ankara arrivavano pochi giorni dopo che il ministro del Patrimonio israeliano Amichai Eliyahu ha suscitato indignazione nel mondo musulmano quando ha lanciato l’idea di sganciare una «bomba nucleare» su Gaza. Il primo ministro Benjamin Netahyau ha sospeso il ministro dalle riunioni del gabinetto in seguito ai suoi commenti, che hanno fatto dire al portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova che potevano lasciar pensare ad un’ammissione riguardo al possesso di testate atomiche da parte dello Stato Ebraico.

 

Come riportato da Renovatio 21, un anno fa il capo dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica Rafael Grossi aveva visitato Israele in un momento di crescenti di tensioni con l’Iran. Il portavoce del ministero degli Esteri iraniano Saeed Khatibzadeh aveva risposto ieri Twitter, riferendosi all’incontro di Grossi con l’allora premier israeliano Bennett, dicendo che «in quanto uno dei firmatari originali del TNP [Trattato di non proliferazione nucleare], l’Iran invita tutti a fare attenzione all’ulteriore erosione della credibilità dell’AIEA».

 

Due anni fa gli iraniani lamentarono che l’incidente registrato all’impianto nucleare di Natanz a era in realtà un attacco terroristico israeliano. Due anni fa vi furono altre esplosioni a centrali nucleari, con il Jerusalem Post a dichiarare che queste potevano «non essere casuali». La ricerca nucleare in Israele invece sta andando avanti.

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Lo Stato Ebraico, secondo quello che è più di un sospetto, disporrebbe di circa 200 testate atomiche non dichiarate e considerate «illegali» da alcuni esperti in diritto internazionale.

 

Negli anni Ottanta, il Mossad attaccò aziende tedesche e svizzere che stavano possibilmente rifornendo di tecnologia atomica Paesi limitrofi a Tel Aviv. Gli israeliani arrivarono a bombardare con i jet il reattore nucleare di Osirak, dell’Iraq di Saddam, che era stato costruito con la cooperazione dei francesi.

 

Da lustri Israele porta avanti un piano di assassinio nei confronti degli scienziati atomici iraniani, alcuni freddati con armi da fuoco, altri con bombe magnetiche messe nella loro auto.

 

Il caso più eclatante fu tuttavia quello del massimo scienziato nucleare del Paese, Mohsen Fakhrizadeh, trucidato da un robot-cecchino dotato di Intelligenza Artificiale teleguidato via satellite da agenti israeliani.

 

Il programma nucleare di Ahmadinejad fu fermato dagli sforzi congiunti dei servizi informatici di USA e Israele in un’operazione chiamata «Olympic Games», che aveva infettato i computer che controllavano le centrifughe per l’arricchimento dell’uranio. Secondo il documentario americano Zero Days, che raccoglie anonime testimonianze di hacker di Stato USA, gli israeliani procedettero ad un secondo attacco senza informare gli americani, e come risultato si ebbe il virus Stuxnet, che devastò computer di tutto il mondo: anche qui, un virus fuggito da un laboratorio.

 

Secondo documenti emersi nel 2022, negli anni Ottanta il Pentagono stava preparando una guerra nucleare in Iran.

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Nucleare

Prima approvazione per il riavvio della centrale nucleare più grande del Giappone

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.   Si tratta di uno degli impianti più potenti al mondo. L’Autorità di regolamentazione nucleare ha autorizzato la Tokyo Electric Power Company Holdings a caricare carburante nella centrale, nonostante il governatore locale non abbia ancora dato il proprio consenso.   L’Autorità di regolamentazione nucleare del Giappone (NRA) ieri ha autorizzato la Tokyo Electric Power Company Holdings (Tepco) a caricare carburante nucleare nella centrale di Kashiwazaki-Kariwa per la prima volta da quando sono state imposte una serie di restrizioni dopo l’incidente di Fukushima del 2011. Non è però ancora stato concesso il via libera a riattivare il reattore. Il permesso dovrà essere approvato dal governatore della prefettura di Niigata, scrive Jiji Press.   Secondo i piani, ci vorrà circa un mese e mezzo per trasferire e posizionare il carburante, attualmente conservato in una piscina nei locali dell’impianto. In particolare, ha fatto sapere la Tepco, ci vorrà del tempo per testare il sistema di raffreddamento del nucleo di emergenza.   Nel 2017 due reattori della centrale di Kashiwazaki-Kariwa avevano superato i controlli della NAR per il riavvio, poi revocato nel 2021. A marzo di quest’anno la Tepco ha fatto domanda per condurre i test necessari relativi al reattore numero 7. La società prevede anche di condurre test specifici in caso di emergenza e ha annunciato che aumenterà il numero di lavoratori notturni, passando da 8 a 51, e fornirà strumenti di monitoraggio delle radiazioni portatili.   Il governatore di Niigata, Hideyo Hanazumi, non ha ancora fatto sapere se accetterà di riavviare il reattore. Finora ha chiesto che vengano discusse le misure di sicurezza in caso di incidente nucleare, mentre il governo centrale ha cercato l’approvazione dell’amministrazione locale per reintrodurre la produzione di energia nucleare.   Circa 60 persone hanno presentato una lettera di protesta alla Tepco e inscenato una protesta davanti alla stazione di Niigata. Dopo il disastro di Fukushima del 2011. Tutti i reattori nucleari attualmente attivi nel Paese hanno ricevuto il consenso del governo locale per il riavvio. Alcuni sindaci hanno detto di essere a favore del riavvio.   L’impianto a sette reattori si trova tra le città di Kashiwazaki e Kariwa e ha una potenza massima di 8,212 milioni di kilowatt, una delle più potenti centrali nucleari al mondo.   Invitiamo i lettori di Renovatio 21 a sostenere con una donazione AsiaNews e le sue campagne. Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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Nucleare

Gli scienziati di Princeton svelano una svolta nella tecnologia dei reattori per la fusione nucleare. Grazie al litio

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I ricercatori del Princeton Plasma Physics Laboratory hanno scoperto che la promessa di rivestire la superficie interna del recipiente contenente un plasma di fusione con litio liquido sta portando verso una migliore alimentazione del plasma, passo necessario all’ottenimento dell’energia per fusione nucleare, la tecnica che promette di cambiare il mondo facendo arrivare all’umanità quantità di energia a buon mercato in condizione di relativa sicurezza.

 

La ricerca, presentata in un nuovo articolo su Nuclear Fusion, include osservazioni, simulazioni numeriche e analisi dei loro esperimenti all’interno di un recipiente per plasma di fusione chiamato Lithium Tokamak Experiment-Beta (LTX- β ).

 

Un team del Princeton Plasma Physics Laboratory (PPPL) del Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti si era chiesto metaforicamente: «quanta benzina possiamo aggiungere al fuoco mantenendo il controllo?»

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Ora credono di avere la risposta per uno scenario particolare. Fa tutto parte del lavoro del laboratorio per portare energia dalla fusione alla rete elettrica.

 

Basandosi su recenti scoperte che mostrano la promessa di rivestire la superficie interna del recipiente contenente un plasma di fusione con litio liquido, i ricercatori hanno determinato la densità massima di particelle scariche, o neutre, sul bordo di un plasma prima che il bordo del plasma si raffreddi. si spegne e alcune instabilità diventano imprevedibili. Conoscere la densità massima delle particelle neutre ai margini di un plasma di fusione è importante perché dà ai ricercatori un’idea di come e quanto alimentare la reazione di fusione.

 

Richard Majeski, uno dei principali fisici di ricerca presso PPPL e capo di LTX- β, ha dichiarato:«Stiamo cercando di dimostrare che una parete di litio può consentire un reattore a fusione più piccolo, che si tradurrà in una maggiore densità di potenza». In definitiva, questa ricerca potrebbe tradursi nella fonte di energia da fusione economicamente vantaggiosa di cui il mondo ha bisogno.

 

 L’LTX- β è uno dei tanti vasi di fusione in tutto il mondo che trattiene il plasma a forma di ciambella utilizzando campi magnetici. Tali strutture sono conosciute come tokamak. Ciò che rende speciale questo tokamak è che le sue pareti interne possono essere rivestite, quasi completamente, di litio. Ciò modifica radicalmente il comportamento della parete, poiché il litio trattiene una percentuale molto elevata di atomi di idrogeno provenienti dal plasma.

 

Senza il litio, molto più idrogeno rimbalzerebbe sulle pareti e ritornerebbe nel plasma. All’inizio del 2024, il gruppo di ricerca ha riferito che questo ambiente a basso riciclo dell’idrogeno mantiene caldo il bordo estremo del plasma, rendendolo più stabile e fornendo spazio per un volume maggiore di plasma.

 

Con il nuovo articolo il team LTX- β ha pubblicato ulteriori risultati che mostrano la relazione tra il combustibile per il plasma e la sua stabilità. Nello specifico, i ricercatori hanno trovato la densità massima di particelle neutre sul bordo di un plasma all’interno di LTX- β prima che il bordo inizi a raffreddarsi, causando potenzialmente problemi di stabilità. I ricercatori ritengono di poter ridurre la probabilità di determinate instabilità mantenendo la densità ai margini del plasma al di sotto del livello appena definito di 1 x 1019 m-3.

 

Questa è la prima volta che viene stabilito un livello simile per LTX- β, e sapere che si tratta di un grande passo avanti nella loro missione di dimostrare che il litio è la scelta ideale per un rivestimento della parete interna di un tokamak perché li guida verso le migliori pratiche per alimentare i loro plasma.

 

In LTX- β, la fusione viene alimentata in due modi: utilizzando sbuffi di idrogeno gassoso dal bordo e un fascio di particelle neutre. I ricercatori stanno perfezionando il modo in cui utilizzare entrambi i metodi in tandem per creare un plasma ottimale che sosterrà la fusione per lungo tempo nei futuri reattori a fusione, generando al contempo energia sufficiente per renderlo pratico per la rete elettrica.

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I fisici spesso confrontano la temperatura ai suoi bordi con la temperatura interna per valutare quanto sarà facile gestirla. Tracciano questi numeri su un grafico e considerano la pendenza della linea. Se la temperatura nel nucleo interno e nel bordo esterno sono quasi la stessa, la linea è quasi piatta, quindi lo chiamano profilo di temperatura piatto. Se la temperatura sul bordo esterno è significativamente inferiore alla temperatura nel nucleo interno, gli scienziati lo chiamano profilo di temperatura di picco.

 

Come riportato da Renovatio 21, poche settimane fa il Giappone ha ufficialmente inaugurato il più grande reattore sperimentale a fusione nucleare del mondo. Il reattore, nominato JT-60SA, rappresenta l’ultimo banco di prova per una fonte di energia rinnovabile raccolta da atomi che si fondono insieme sotto una pressione immensa a temperature incredibilmente elevate, senza rischiare una fusione nucleare.

 

Come riportato da Renovatio 21, la Federazione Russa nell’autunno 2022 aveva inviato in Francia per il progetto ITER un magnete gigante; l’operazione faceva sperare che, nonostante le tensioni geopolitiche – che tra Parigi e Mosca ora sono enormi –, la collaborazione scientifica su questo importante avanzamento dell’umanità andava avanti.

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