Nucleare
La guerra termonucleare non può essere vinta: lo dicono le stime delle vittime dell’era della Guerra Fredda
Il National Security Archive degli Stati Uniti ha pubblicato un nuovo briefing come parte del suo progetto di documentazione nucleare.
Il libro, riporta EIRN, si concentra sui tentativi, durante la Guerra Fredda, di stimare quante vittime civili sarebbero risultate da una guerra nucleare.
«Le apprensioni per i rischi di escalation legati all’attuale guerra in Ucraina hanno riportato la questione delle potenziali vittime, anche da possibili attacchi nucleari russi limitati, al primo posto dell’attenzione pubblica, anche se evitare un conflitto di superpotenze è una priorità assoluta», scrive William Burr, ricercatore del National Security Archive.
Vi sono stati diversi sforzi per stimare le vittime dalle amministrazioni Truman a quelle Carter. «Gli esempi includono lo storico Rapporto Harman del 1949 che fu il primo a precisare (massicce) proiezioni di vittime, prevedendo anche che il ricorso alle armi nucleari non avrebbe costretto il Cremlino a capitolare», scrive Burr.
«Un rapporto del 1964 a JFK stimava circa 134 milioni di morti americani e 140 milioni di sovietici a causa di uno scambio nucleare teorico di superpotenze. I rapporti dell’amministrazione Carter sul famoso PRM-10 (valutando le strategie e le capacità nazionali degli Stati Uniti) hanno ammesso candidamente che una guerra nucleare non potrebbe mai avere un “vincitore”».
«Esemplificando la portata catastrofica delle vittime c’era un rapporto interagenzia del 1967 che riportava le vulnerabilità comparate degli Stati Uniti e dell’Unione Sovietica», osserva Burr.
«Secondo la stima, nel 1964 i sovietici potrebbero uccidere 48 milioni di americani in un attacco preventivo; entro il 1968, con un numero maggiore di missili balistici intercontinentali in uso, sarebbero stati in grado di uccidere 91 milioni. Al contrario, la tendenza alle vittime sovietiche è stata costante durante il decennio perché gli Stati Uniti avevano già grandi forze strategiche nel 1964. In un attacco di rappresaglia degli Stati Uniti alle città sovietiche nel 1964, circa 77 milioni sarebbero stati uccisi. Nelle stesse circostanze, 81 milioni sarebbero stati uccisi nel 1967».
Burr riferisce che le stime delle vittime dagli anni ’80 in poi, tuttavia, sono ancora secretate.
«In effetti, in alcuni casi, il Dipartimento della Difesa si è rifiutato di declassificare le stime nei rapporti degli anni ’60 e ’70 (…) Sebbene le ONG abbiano prodotto approssimazioni, non è chiaro in che misura le stime ufficiali siano continuate nel periodo successivo alla Guerra Fredda».
Burr include una discussione su come gli effetti di una detonazione nucleare, dagli effetti dell’esplosione, agli incendi, alle radiazioni e alle ricadute, sono stati presi in considerazione nel fare le stime.
Secondo un rapporto pubblicato alla fine degli anni ’60, i danni causati dall’esplosione «tende a sottovalutare le vittime che ne derivano» perché ci si aspetta che più morti e feriti «derivino da altri effetti come radiazioni nucleari e termiche dirette, tempeste di fuoco, ricadute, epidemie e fame»,
Come riportato da Renovatio 21, a New York è stata mandata in onda una stranissima, ridicola pubblicità progresso sul come difendersi in caso di attacco nucleare alla Grande Mela. Il video è stato largamente canzonato per i suoi consigli (state in casa, chiudete le finestre) e per il fatto di disinformare il pubblico sulle vere immediate conseguenze di un attacco atomico alla città: la vaporizzazione istantanea dei suoi abitanti.
La realtà, tuttavia, è che mai nella storia, nemmeno nel momento più oscura della Guerra Fredda – nemmeno con i missili a Cuba, nemmeno durante i qui pro quo potenzialmente apocalittici dell’operazione Able Archer del 1983 – siamo stati così vicini allo scontro nucleare.
E questa volta non abbiamo al comando uomini come Kennedy, che amano la vita, ma dementi come Biden e i suoi pupari, che sono agenti della Cultura della Morte.
La carta dell’esplosione nucleare – magari in un false flag per questioni elettorali, come ha suggerito Naomi Wolf – è definitivamente sul tavolo.
La finestra di Overton sull’atomo è stata spalancata.
Nucleare
Mosca dice ancora una volta che l’Ucraina sta lavorando a un piano per una «bomba sporca»
Un alto funzionario della difesa russa ha accusato l’Ucraina di importare clandestinamente materiali radioattivi nel Paese, potenzialmente utilizzabili per costruire una bomba sporca da impiegare in un attacco sotto falsa bandiera, con il rischio di una contaminazione estesa in tutta Europa.
Durante un briefing tenuto giovedì, il maggiore generale Aleksej Rtishchev, comandante delle truppe russe per la protezione da radiazioni, agenti chimici e biologici, ha denunciato quello che ha definito un «ricatto nucleare» da parte di Kiev, sottolineando i gravi pericoli per la sicurezza e l’ambiente derivanti da tali azioni.
Rtishchev ha affermato che carichi di combustibile nucleare esaurito sono stati trasferiti attraverso Polonia e Romania senza alcuna notifica all’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA).
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Ha aggiunto che l’operazione sarebbe stata coordinata da Andrey Yermak, ex stretto collaboratore del presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Yermak si è dimesso il mese scorso in seguito al suo coinvolgimento in un grave scandalo di corruzione nel settore energetico che ha riguardato figure vicine a Zelensky, pur senza essere formalmente incriminato.
«Questo genera il rischio di realizzare una cosiddetta “bomba sporca” per poi utilizzarla “sotto falsa bandiera”», ha dichiarato Rtishchev. Una bomba sporca non provoca un’esplosione nucleare, ma disperde materiale radioattivo su vaste aree, causando una contaminazione grave e pericoli a lungo termine per la popolazione civile.
Il generale ha rivelato che la Russia è in possesso di documenti di addestramento dei servizi di sicurezza ucraini che simulano scenari di furto di fonti radioattive, assemblaggio di un ordigno esplosivo e detonazione in zone ad alta densità popolazionale.
Rtishchev ha criticato l’assistenza occidentale, sostenendo che incoraggia Kiev a infrangere le norme internazionali sulla sicurezza nucleare. «I “padroni” occidentali non considerano che il degrado del sistema di governance statale possa spingere non solo l’Ucraina, ma anche vari Stati europei, sull’orlo di una catastrofe ambientale», ha affermato.
Mosca aveva già avvertito in precedenza che l’Ucraina potrebbe tentare di impiegare una bomba sporca per sabotare i negoziati di pace in corso, mediati dagli Stati Uniti. I responsabili russi hanno sottolineato che un simile atto comporterebbe rischi estremi e potrebbe provocare una risposta severa da parte di Mosca, inclusa l’eventualità di una ritorsione con armi nucleari tattiche.
L’allarme russo per la bomba sporca ucraina è stato ripetuto per tutta la durata del conflitto.
Come riportato da Renovatio 21, sei mesi fa ex presidente russo e vice capo del Consiglio di sicurezza del Paese Demetrio Medvedev aveva dichiarato che l’uso di una bomba sporca da parte di Kiev innescherebbe una risposta devastante da parte di Mosca, che includerebbe l’uso di armi nucleari tattiche.
Nel corso del conflitto ucraino, Medvedev – come l’allora ministro della Difesa russo Sergej Shoigu, il cui ministero parlava sempre più apertis verbis della possibilità di un false flag nucleare ucraino – ha ripetutamente sollevato il tema delle bombe sporche, affermando che le autorità ucraine potrebbero alla fine ricorrere al loro utilizzo. Una bomba sporca è un ordigno rudimentale che combina esplosivi convenzionali con materiale nucleare ed è progettata per inquinare e irradiare pesantemente l’area bersaglio, anziché causare direttamente distruzione attraverso l’esplosione.
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L’anno scorso la portavoce del ministero degli Esteri di Mosca Maria Zakharova aveva definito lo Zelen’skyj come un «maniaco» che chiede armi nucleari alla NATO.
Come riportato da Renovatio 21, mesi fa il quotidiano londinese Times aveva parlato di «opzione nucleare ucraina». Settimane prima il tabloid tedesco Bild aveva riportato le parole di un anonimo funzionario ucraino che sosteneva che Kiev ha la capacità di costruire un’arma nucleare «in poche settimane».
La leadership di Kiev ha sostenuto a lungo che gli Stati Uniti e i suoi alleati avevano l’obbligo di proteggere l’Ucraina a causa del Memorandum di Budapest del 1994, in cui Stati Uniti, Regno Unito e Russia avevano dato garanzie di sicurezza in cambio della rimozione delle testate nucleari sovietiche dal territorio ucraino.
Come ricordato da Renovatio 21, c’è da dire che la fornitura di atomiche a Kiev è stata messa sul piatto varie volte da personaggi come l’europarlamentare ucraino Radoslav Sikorski, membro del gruppo Bilderberg sposato alla neocon americana Anne Applebaum.
Si tende a dimenticare che lo stesso Zelens’kyj parlò di riarmo atomico di Kiev alla Conferenza di Sicurezza di Monaco, pochi giorni prima dell’intervento russo. In seguito, Zelens’kyj e i suoi hanno più volte parlato di attacchi preventivi ai siti di lancio russi e di «controllo globale» delle scorte atomiche di Mosca.
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Nucleare
Tokyo, via libera al riavvio della più grande centrale nucleare al mondo
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Nucleare
Il Niger accusa il gruppo nucleare statale francese di «crimini di massa»
Il governo militare del Niger ha accusato l’azienda nucleare francese Orano di «inquinamento radioattivo» e «comportamento predatorio», dopo che i funzionari hanno annunciato di aver rinvenuto centinaia di barili di scorie radioattive abbandonati vicino a un vecchio sito estrattivo di uranio nel Nord del Paese.
Il ministero delle Miniere ha riferito che gli ispettori hanno individuato circa 400 barili contenenti elevati livelli di materiali radioattivi nel nucleo a Madaouela, in prossimità del polo uranifero di Arlit, un tempo gestito da Orano. Le rilevazioni sul posto hanno registrato valori fino a 10 microsievert all’ora, contro una media di 0,5, e le analisi hanno evidenziato sostanze tossiche in grado di provocare problemi respiratori.
Il ministro della Giustizia nigerino, Alio Daouda, ha annunciato martedì ai media che l’azienda sarà chiamata a rispondere in giudizio per «crimini di massa», tra cui lesioni all’ambiente, alla salute collettiva e alla sovranità nazionale.
«Questa discarica abusiva testimonia il disprezzo costante di Orano per il Niger e i suoi abitanti sin dall’avvio dell’estrazione uranifera», ha dichiarato Daouda, assicurando che «il Niger non arretrerà nella tutela della propria sovranità».
Orano, controllata al 90% dallo Stato francese, ha replicato all’agenzia Reuters affermando di «non detenere alcuna licenza operativa per il sito di Madaouela e di non avervi svolto operazioni di sorta».
Le imputazioni si inquadrano in un’escalation del contenzioso tra Niamey e Orano sul dominio delle miniere uranifere in questa nazione dell’Africa occidentale, ottavo produttore globale di yellowcake. In epoca di piena operatività, il Niger riforniva il 15-17% dell’uranio impiegato dalla Francia per la sua produzione energetica nucleare.
La settimana scorsa, il Niger avrebbe disatteso un’ordinanza del tribunale della Banca Mondiale, spostando oltre 1.000 tonnellate di uranio dalla miniera di Somair, controllata da Orano dal 1971 fino alla nazionalizzazione decisa a giugno.
L’azienda ha stigmatizzato l’operazione come una violazione delle decisioni giudiziarie, che vietavano all’ex colonia francese di «vendere, trasferire o anche solo consentire il trasferimento a terzi dell’uranio prodotto da Somair».
I leader militari hanno ribadito di agire nell’esercizio dei diritti sovrani. Oltre ad aver assunto il controllo effettivo di Somair – motivato dal «comportamento irresponsabile, illegale e iniquo» di Orano –, l’anno scorso il governo ha pure revocato all’azienda la concessione per il giacimento di Imouraren.
Come riportato d Renovatio 21, a maggio 2025 le forze di sicurezza nigerine avevano sequestrato attrezzature facendo irruzione nelle filiali di Orano.
Come riportato da Renovatio 21, dopo il golpe di due anni fa la giunta di Niamey ha subito sospeso le vendite di uranio ai francesi, che utilizzano il minerale estratto in Niger per coprire il del fabbisogno per la produzione di energia atomica, che viene peraltro venduta anche all’Italia, che ne è dipendente per il 6%.
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Immagine di Stuart Rankin via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC 2.0; immagine tagliata
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