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Storia

La Germania deve ancora essere «denazificata», dice la Zakharova

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La Germania potrebbe affrontare «conseguenze terribili» se non si farà qualcosa riguardo alla mentalità che ha portato alla conversazione tra i generali della Luftwaffe su una possibile operazione per distruggere il ponte di Crimea, ha detto lunedì la portavoce del ministero degli Esteri di Mosca Maria Zakharova.

 

La testata governativa russa RT ha pubblicato la registrazione e la trascrizione della telefonata del 19 febbraio tra gli alti dirigenti dell’aeronautica tedesca, nella quale hanno discusso di come, su richiesta dell’Ucraina, i missili a lungo raggio Taurus potrebbero essere schierati contro il connettore lungo 18 km.

 

«Come ora sappiamo, non sono stati completamente denazificati», ha detto Zakharova ai giornalisti a margine del Festival Mondiale della Gioventù (WYF 2024) a Sochi. «Se non si fa nulla, se questo processo non viene fermato dallo stesso popolo tedesco, ciò porterà innanzitutto a conseguenze disastrose per la stessa Germania».

 

All’inizio della giornata, il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov aveva affermato che la conversazione della Luftwaffe era la prova del coinvolgimento diretto dell’Occidente nel conflitto in Ucraina. Gli ufficiali militari coinvolti hanno discusso «nel merito e nello specifico» dei piani per lanciare attacchi sul territorio russo, ha detto Peskov.

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I tedeschi hanno rivelato anche la presenza di altro personale militare occidentale in Ucraina, che fungeva da osservatore per i missili a lungo raggio britannici e francesi.

 

Secondo il Cremlino, la questione ora è se l’esercito tedesco abbia agito di propria iniziativa – il che solleva problemi di controllo civile – o se la loro discussione fosse in linea con la politica ufficiale del governo. «Entrambe le possibilità sono davvero pessime», ha detto Peskov.

 

La denazificazione fu una politica dell’URSS, degli Stati Uniti, del Regno Unito e della Francia dopo la seconda guerra mondiale, intesa a rimuovere l’ideologia nazista dalla politica, dalla società, dalla cultura, dall’economia, dai tribunali e dal giornalismo tedeschi e austriaci.

 

La Russia ha accusato l’attuale governo di Kiev di aver riabilitato il nazismo, promettendo, sin dal discorso di Putin alla vigilia del lancio dell’operazione militare speciale, di «denazificare» l’Ucraina come uno degli obiettivi della sua operazione militare, iniziata nel febbraio 2022.

 

Come riportato da Renovatio 21, una storia circolata cinque mesi fa una squadra di ricognizione russa avrebbe distrutto un carro armato Leopard dell’esercito ucraino, fornito dai tedeschi, con un equipaggio composto da soldati della Bunderswehr – l’esercito della Repubblica Federale Tedesca – nei pressi di Zaporiggia. Lo riportò il sito governativo russo Sputnik che cita come fonte il capo della squadra, soprannominato «Legend». Il presunto militare tedesco sarebbe morto poco dopo.

 

La fornitura di carri a Kiev è stata contestata da alcuni generali tedeschi in pensione.

 

Riguardo ai missili Taurus, la cui fornitura agli ucraina preoccupa anche parlamentari della sinistra tedesca, si è registrata la scena umiliante quando, in conferenza stampa congiunta a Kiev, il ministro degli Esteri ucraino Kuleba disse all’omologa tedesca Annalena Baerbock di smettere di tentennare perché comunque prima o poi i missili a lungo raggio germanici sarebbero stati consegnati alle forze ucraine.

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Geopolitica

La Lituania definisce Kaliningrado come una «città lituana». Mosca risponde

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Le presunte rivendicazioni della Lituania sulla regione russa di Kaliningrado confermano i profondi timori di Mosca e giustificano le attuali e potenziali misure volte a garantire la sicurezza nazionale della Russia. Lo ha dichiarato il portavoce del Cremlino Demetrio Peskov.   Peskov ha risposto alle dichiarazioni del presidente lituano Gitanas Nauseda, secondo cui Kaliningrado faceva storicamente parte della Lituania e che il suo nome corretto è Karaliaucius.   «La Lituania è uno stato ostile che, tra le altre cose, a quanto pare, ha rivendicazioni territoriali», ha detto Peskov parlando ai giornalisti in una conferenza stampa ieri, aggiungendo che tali commenti giustificano le misure di sicurezza adottate da Mosca.   Le osservazioni di Nauseda sono state scatenate da una decisione presa dalle autorità nell’enclave più occidentale della Russia di rinominare la filiale di un museo di storia locale come «Museo letterario nel villaggio di Chistye Prudy». In precedenza era stato chiamato Museo commemorativo di Kristijonas Donelaitis, in onore di un poeta lituano. Il capo di stato lituano ha accusato Mosca di riscrivere la storia con il cambio di nome.   «Anche se gli antichi abitanti della Lituania Minore, ora parte della cosiddetta oblast’ di Kaliningrad, sono scomparsi da tempo, gli ultimi segni della cultura lituana devono essere salvaguardati», ha affermato il Nauseda in un post di venerdì su X.  

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«Non importa quanto duramente la Russia ci provi, Karaliaucius non diventerà mai Kaliningrad!» ha scritto il presidente lituano, usando il nome lituano della zona.   Nel 2023, diversi membri del parlamento lituano, il Seimas, hanno proposto di non chiamare più la regione di Kaliningrado e la città di Kaliningrado con i loro nomi russi e di usare invece Karaliaucius. Tuttavia, la Commissione statale per la lingua lituana ha respinto l’appello, osservando, tuttavia, che incoraggia ancora l’uso dell’equivalente lituano.   La capitale dell’exclave russa nel Baltico è nata come fortezza costruita nel XIII secolo dall’Ordine Teutonico, e ha cambiato più volte proprietario. Karaliaucius significa «montagna del re» in lituano, simile a «Koenigsberg» in tedesco e «Krolewiec» in polacco, come la città era chiamata dai suoi abitanti del passato. L’URSS la ribattezzò in onore dello statista Mikhail Kalinin nel 1945.   La Lituania, insieme a Lettonia ed Estonia, ha assunto una posizione dura nei rapporti con Mosca. Negli ultimi anni, tutte e tre le nazioni baltiche hanno imposto la demolizione dei memoriali di guerra sovietici e l’esumazione delle tombe dei soldati sovietici.   Inoltre, a diverse celebrità di origine russa residenti in Lituania è stata revocata la cittadinanza a causa di presunti legami e sostegno all’operazione ucraina di Mosca. L’anno scorso, la ballerina Ilze Liepa ha perso la cittadinanza lituana dopo aver criticato la distruzione dei monumenti sovietici della Seconda Guerra Mondiale.   Come riportato da Renovatio 21, due anni fa l ministero della Difesa russo ha annunciato il dispiegamento di MiG-31 armati di missili ipersonici Kinzhal a Kaliningrado.   La città, nota allo studente liceale italiano per aver dato i natali al filosofo idealista-ossessivo Emanuele Kant (celebrato dalla TV italiana come la lettura preferita del Battaglione Azov), è stata oggetto anche di bizzarre rivendicazioni polacche.  

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 Immagine di DmitryLazy via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International 
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Pensiero

Storia delle bandiere rosse e nere nei movimenti di liberazione dell’America Latina

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Renovatio 21 pubblica questo saggio sulla storia dei colori nero e rosso nel contesto politico latinoamericano. Il cromatismo rosso e nero, come noto, è espresso ancora oggi in tutto il mondo: nere e rosse sono le bandiere dellinsieme di casseur goscistidettiAntifa, così come, teoricamente all’opposto nello spettro ideologico, sono rossonere le bandiere dei cosiddetti «nazionalisti integralisti» ucraini (o banderisti, o ucronazisti) più vivi che mai grazie alla spinta occidentale in senso antirusso. Ricordiamo pure che, en passant, i colori rosso e nero, che già per Stendhal avevano significato storico e metastorico, sono pure quelli di Renovatio 21, sia pure scelti con altri significati ancora.

 

Il divario tra la nascita di nuove idee e la loro effettiva realizzazione è in crescita e direttamente proporzionale al passare del tempo e allo stabilirsi di distanze geografiche sempre maggiori. La disparità tra la società in cui un’idea è stata concepita e la società in cui viene applicata può portare a un’interpretazione completamente diversa rispetto al suo significato originale. Date queste premesse, è quindi di fondamentale importanza sforzarsi di comprendere il significato originale all’interno del panorama in continua evoluzione delle comunicazioni globali che ci lascia con meno opportunità di approfondire il nostro mondo.

 

Un buon esempio può essere trovato nella storia e nel significato della bandiera rossa e nera nella lotta di liberazione in America Latina.

 

In Occidente i tre colori maggiormente utilizzati sono sempre stati il rosso, il bianco e il nero. L’introduzione al testo di Michel Pastoureau Rosso. Storia di un colore (2016) descrive come non solo nelle immagini ma anche nei vocabolari, la loro presenza dall’antichità ad oggi è sempre stata predominante, con una fortissima preminenza del rosso.

 

Stefano Zuffi ne I colori nell’arte (2013) spiega come durante il medioevo questi tre colori divennero i tre poli intorno ai quali ruotavano tutti i sistemi simbolici. Nell’immaginario cristiano, in particolar modo, i colori rosso e nero vennero usati assieme per evocare le suggestioni dell’inferno e il rosso in particolare si conquistò il ruolo di riconosciuto contrario del bianco grazie al suo simboleggiare la forza, l’energia, la vittoria e il potere.

 

In epoca moderna durante la Rivoluzione francese il bianco dell’aristocrazia venne affiancato dai colori blu e rosso, i colori della città di Parigi, nell’atto di simboleggiare la sottomissione della nobiltà alla città borghese. In seguito, quei colori divennero rispettivamente il simbolo della Repubblica e della lotta contro le ingiustizie ma anche della libertà, uguaglianza e fraternità.

 

Francobollo sovietico del 1966 commemorante il Poeta Eugène Pottier (1876-1887) e le barricate della Comune di Parigi CC0 via Wikimedia

 

Il colore rosso diverrà successivamente il simbolo delle lotte parigine del ’48, della Comune parigina del ‘78 e quando verrà utilizzato anche per la rivoluzione bolscevica nel 1917 si approprierà del significato diventando simbolo principe della lotta comunista al capitalismo.

 

Hector Moloch, «La Framassoneria e La Comune». Immagine CC0 via Wikimedia

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La bandiera nera invece può essere ricondotta a Bakunin e al suo proselitismo a favore delle sue idee tendenti al caos e al nichilismo. Nella sua visione del mondo immaginava una rivolta contro lo stato costituito paragonata, a sua volta, alla rivolta di satana verso la supremazia del potere del paradiso. Attraverso le internazionali socialiste di metà 1800 si inizierà a vedere sventolare la bandiera nera inneggiante il movimento anarchico.

 

Il primo esempio verificato di utilizzo della bandiera rossonera simboleggiante l’unione dell’ideologia anarchica con la lotta socialista, fu quello di Malatesta assieme a Cafiero che la esposero in seguito all’assalto di Letino. 

 

Secondo l’opera Occhiacci di legno (1998) dello storico italiano Carlo Ginzburg, nel corso della storia movimenti e personaggi politici si sono appropriati di simboli e miti per i propri scopi. Ginzburg, ad esempio, ha discusso del riutilizzo politico dei miti, evidenziando la combinazione di propaganda e manipolazione nascosta come strumenti per plasmare l’opinione pubblica: «Bakunin e i gesuiti, sebbene ideologicamente diversi, adottarono entrambi strutture gerarchiche e obbedienza assoluta nelle loro organizzazioni. Questi esempi dimostrano come gli attori politici, guidati dai propri programmi, manipolino simboli e narrazioni per portare avanti i propri obiettivi».

 

Sulla base del lavoro di Donald Hodges Intellectual Foundations of the Nicaraguan Revolution (2014), dopo il Congresso anarchico tenutosi a Londra nel 1881, l’anarco-comunismo emerse come l’ideologia dominante all’interno del movimento anarchico internazionale. L’anarco-sindacalismo, una fusione di anarchismo e sindacalismo che ebbe origine in Francia durante gli anni Novanta dell’Ottocento, si diffuse rapidamente in Spagna e alla fine attraversò l’oceano.

 

Gli ideologi spagnoli d’avanguardia associati ad organizzazioni come CNT (Confederazione Nazionale del Lavoro), IAT (Associazione Internazionale dei Lavoratori) e FAI (Federazione Anarchica Iberica) hanno svolto un ruolo cruciale nell’adattare l’anarco-comunismo al mondo industrializzato e hanno sottolineato l’importanza dei sindacati come punto focale della lotta di classe e nucleo per stabilire un nuovo ordine sociale. Giunto nelle Americhe, trovò terreno fertile nelle maggiori città industriali degli Stati Uniti e soprattutto nel Messico rivoluzionario, grazie soprattutto all’opera di Ricardo Flores Magon.

 

 La Confederazione Nazionale del Lavoro (CNT), il primo esempio istituzionalizzato di anarcosindacalismo, fu fondata nel 1910 e arrivò successivamente nel Messico rivoluzionario, dove nel 1912 fu fondata la Casa del Obrero Mundial (COM). 

 

Battaglioni rossi della Casa del Obrero Mundial (1915). CC0 via Wikimedia

 

Secondo l’INEHRM, Istituto Nazionale di Studi Storici delle Rivoluzioni del Messico, le fonti indicano che la bandiera rossa e nera era sconosciuta in Messico fino al 1° maggio 1913, quando la Casa del Obrero Mundial (Casa del Lavoratore del Mondo) venne esposta una bandiera rossa con una striscia nera. L’attivista Jacinto Huitrón sostiene addirittura di aver introdotto lui stesso il simbolo al proletariato internazionale.

 

 Nel 1921, una bandiera rossa e nera fu posta nella Cattedrale Metropolitana in occasione della commemorazione del 1° maggio. In risposta, il governo di Álvaro Obregón proibì l’esposizione di stemmi e simboli che contraddicessero «l’insegnamento nazionale» negli edifici pubblici. 

 

 Anche se l’intervento del governo non è riuscito a sradicare la bandiera rossa e nera, ha portato all’incorporazione della bandiera messicana nelle espressioni pubbliche del movimento operaio, senza causare un conflitto tra nazionalismo e internazionalismo. Nel simbolismo della Casa del Obrero Mundial messicana, la fascia rossa rappresentava la lotta economica della classe operaia contro le classi dominanti, mentre la fascia nera simboleggiava la loro lotta insurrezionale per la liberazione. 

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L’opera di Neill MacAulay The Sandino Affair (1998) racconta come la bandiera rossonera incontrò Augusto Cesar Sandino nel Messico post-rivoluzione a Tampico.

 

Figlio di un proprietario terriero fervente liberale, fuggì dal Nicaragua dopo aver manifestato le sue idee politiche antimperialiste. Dopo un lungo girovagare trovò un lavoro stabile nella zona di Tampico, importante centro petrolifero molto vicino geograficamente e culturalmente agli Stati Uniti. Lavorò in un centro di estrazione petrolifero per alcuni anni e prese parte ai grandi movimenti sindacalisti della città. Cominciò a frequentare diversi circoli culturali e sperimentò idee anche molto eterogenee tra loro: dall’anarchismo magonista alla massoneria, dalla teosofia allo yoga.

 

Augusto Sandino. Immagine CC0 via Wikimedia

 

Al suo ritorno in Nicaragua, dopo aver fomentato una rivolta di minatori in una miniera dove aveva trovato impiego, iniziò ad aggregarsi alla lotta dei liberali contro i conservatori appoggiati dagli Stati Uniti. Non aderì al compromesso tra le fazioni in guerra e cominciò una guerriglia nelle montagne utilizzando la bandiera rossonera dei lavoratori anarchici come suo vessillo. In un secondo viaggio in Messico, in cerca di fondi per la sua causa, incontrò le idee spiritiste di Joaquin Trincado e divenne un adepto della sua Escuela Magnetico-Espiritual de la Comuna Universal.

 

Al ritorno nelle montagne del Nicaragua cominciò a mettere in pratica la sua particolare interpretazione del mondo attraverso una disciplinatissima visione patriottica fondata sull’identità culturale indigeno-spagnola e votata alla lotta antimperialista. Quando divenne condottiero di uomini nelle giungle delle montagne nicaraguensi non si separò più dalla bandiera che per lui rappresentava la difesa dei lavoratori della classe subalterna.

 

La propensione ad un comunismo utopico di Sandino derivava probabilmente dall’eredità culturale familiare liberale di piccoli proprietari terrieri e dall’idea di una società fondata sulla fraternizzazione e sulla comunizzazione proposta da Trincado ne Los cinco amores (1963) e vicina a Pëtr Alekseevič Kropotkin in Il mutuo appoggio: un fattore dell’evoluzione (1902). 

 

Alla morte di Sandino i reduci del suo esercito confluirono nella Legione Caraibica dove l’istruttore Alberto Bayo, militare della Repubblica spagnola sconfitta da Franco, ne raccolse le testimonianze orali e successivamente scrisse un manuale sulla guerriglia dedicato al nicaraguense.

 

Attraverso le sue interazioni con i sopravvissuti dell’esercito di Sandino, che erano riusciti a fuggire in Costa Rica, Bayo diventò il custode delle loro storie ed esperienze. Tra i suoi contributi degni di nota ci fu la pubblicazione di un manuale sulla guerriglia intitolato 150 preguntas a un guerrillero (1955) tradotto in Italia come Teoria e pratica della guerra di guerriglia. 150 consigli ai guerriglieri.

 

Questa guida completa divenne ampiamente riconosciuta e venerata come una risorsa preziosa, fungendo da riferimento pratico per coloro che erano impegnati in attività rivoluzionarie. Il manuale di Bayo, permeato dello spirito dell’indomabile resistenza di Sandino, occupò un posto speciale nel cuore di coloro che furono coinvolti nella lotta per la liberazione. Era dedicato ai gloriosi guerriglieri emersi dalla scuola immortale di Sandino, riconoscendo a Sandino lo status di eroe venerato su scala globale.

 

Attraverso i suoi meticolosi sforzi per documentare e diffondere l’eredità della resistenza del leader nicaraguense, Bayo ha svolto un ruolo cruciale nel preservarne la memoria e i principi. Il suo lavoro non solo ha dotato i rivoluzionari di conoscenze tattiche, ma ha anche perpetuato lo spirito di Sandino, ispirando le generazioni future a lottare per la giustizia e la liberazione nonostante le avversità.

 

Fu Bayo nel ’56 in Messico ad esercitare gli esuli cubani di Castro e a trasmettere le tattiche militari e il mito del sacrificio patriottico di Sandino. Castro diventò presidente di Cuba ed incarnò il mito della rivoluzione vittoriosa del ventunesimo secolo. L’enorme esposizione mediatica che ne ricevette, in un periodo di grande contrasto globale per la guerra fredda in atto, trasformò l’esempio di Cuba in un nuovo paradigma che tenterà di venire replicato in un notevole numero di occasioni.

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La bandiera rossonera del sindacalismo anarchico diventerà attraverso il Movimiento 26 de Julio di Castro uno dei simboli dei movimenti rivoluzionari marxisti in America Latina.

 

In rapida successione dall’arrivo di Castro all’Avana, dal ’59 in poi, si avranno movimenti replicati in serie lungo tutto l’arco andino: Venezuela (1960), Nicaragua (1961), Perù (1962), Bolivia, (1963), Colombia, (1964), Cile (1965), Panama (1970) e nell’Angola sovvenzionato da Cuba (1975).

 

La rivoluzione cubana ebbe un debito fortissimo con l’operato di Sandino ma gli ideali che vennero realmente trasmessi furono l’esempio di lotta patriottica contro l’imperialismo statunitense e la ricostruzione a partire dalla dignità di razza indigeno-spagnola, una base riutilizzata in chiave marxista dai futuri movimenti rivoluzionari latino-americani. Non rimase traccia invece del pensiero spirituale di Sandino, suo vero motore ideologico. I movimenti rivoluzionari seguirono uno schema molto simile a quello proposto da Castro a Cuba, ma nessuno ebbe però altrettanta fortuna tranne, fatalità, quello dei Sandinisti in Nicaragua.

 

Nel 1959 Il pupillo di Bayo, Ernesto «Che» Guevara, aveva organizzato un’invasione del Nicaragua dando vita al Movimiento 21 de Setembro. L’invasione fallì ma uno dei partecipanti, il nicaraguense Daniel Fonseca, portò avanti la lotta cominciando a recuperare gli scritti di Sandino.

 

Murales nicaraguense che ritrae Fonseca (a sinistra con gli occhiali) CC0 via Wikimedia

 

Ignorò, anche lui, la parte più spiritista, mantenne l’ideale politico più vicino all’esperienza rivoluzionaria cubana e fondò nel 1961 un nuovo movimento di liberazione nazionale ispirato a Sandino, il Frente Sandinista de Liberacion Nacional (FSNL). Che Guevara era diventato il tramite tra l’eredità orale di Bayo e il lavoro testuale di Fonseca, la stessa bandiera rossonera divenne di nuovo simbolo di un movimento di liberazione nazionale ma anche in questo caso il significato aveva mutato inquadramento ideologico. 

 

L’estrema destra messicana e il complotto giudeo-massonico emergono nelle opere di Traian Romanescu, come La Gran Conspiración Judía pubblicata a Città del Messico nel 1961, e Traición a Occidente. Entrambe le copertine del libro, Traición a Occidente e un’altra opera intitolata Amos y esclavos del siglo XX, presentano un disegno grafico distinto: una divisione dei colori rosso e nero in due fasce, con il titolo del libro in bianco al centro.

 

Questa scelta grafica deliberata non può essere liquidata come casuale, poiché racchiude in sé il concetto di lotta di liberazione nazionale, unendo uno spirito combattivo che trascende le affiliazioni politiche che possono essere percepite come contrastanti con quelle viste finora. Si ritiene che Traian Romanescu, una figura spesso menzionata nei resoconti storici, non sia mai esistito e fosse semplicemente uno pseudonimo.

 

Scavando più a fondo in questa intrigante narrazione, ci imbattiamo nel nome Carlos Cuesta Gallardo, che non solo ha svolto un ruolo significativo come uno dei fondatori dell’Università Autonoma di Guadalajara, ma aveva anche legami con un’organizzazione clandestina di estrema destra nota come Tecos.

 

Tuttavia, non è solo il suo coinvolgimento in queste imprese a suscitare curiosità, ma piuttosto un fatto storico che fa luce sulle sue attività in quel periodo. È noto che Carlos Cuesta Gallardo intraprese un viaggio nella Germania nazista, dove cercò di stabilire legami con il movimento nazionalsocialista tedesco. Questa mossa solleva domande e speculazioni sulla natura della sua visita e sull’accoglienza che ha ricevuto. È ragionevole supporre che gli siano state riservate attenzioni e considerazioni particolari, vista l’importanza che Adolf Hitler attribuiva al Messico per la sua immediata vicinanza agli Stati Uniti d’America.

 

L’intreccio tra la presenza di Carlos Cuesta Gallardo nella fondazione dell’università, il suo coinvolgimento con la società segreta Tecos e le sue interazioni con il regime nazionalsocialista in Germania aggiungono strati alla storia enigmatica che circonda la presunta inesistenza di Traian Romanescu. Questi collegamenti storici e le loro implicazioni alimentano il dibattito e gli intrighi in corso che circondano questo argomento a Guadalajara.

 

Ricostruzione della Bandiera delle forze sandiniste di Muago CC BY-SA 4.0 via Wikimedia

 

La corrente cristiana di sinistra chiamata teologia della Liberazione, sviluppatasi in seguito al Concilio Vaticano II, si schierò a favore della rivoluzione. La vittoria finale si ottenne solamente con la popolazione cristiana che aderì in massa all’organizzazione rivoluzionaria allo scopo di mettere fine alla dittatura della famiglia Somoza. Ma Sandino, quando era ancora in vita, voleva diventare, invece, il riassunto del pensiero proposto da Trincado: «l’uomo completo […] il comunista-spiritista».

 

L’immagine che verrà riproposta di Sandino durante la Rivoluzione sandinista non terrà mai conto di questo aspetto che invece fu sempre una delle variabili scatenanti della sua volontà di azione. A maggior ragione non venne mai diffuso il feroce anticlericalismo che aveva assorbito e fatto suo dalla lettura dei testi di Trincado. La trasmissione della storia di Sandino divenne, per omissione, una menzogna politica orchestrata con l’obiettivo di creare un mito fondatore che potesse legittimare l’operato dei rivoluzionari. 

 

Tomás Borge, fondatore dell’FSLN, poeta e guerrigliero, scrive in uno dei suoi libri: «i cristiani autentici credono che l’uscita dalla tomba non si riduca al semplice ritorno alla vita, ma comprenda un processo di rinascita e trasformazione. Ed è per questo motivo che si realizza l’integrazione del cristianesimo liberazionista con la rivoluzione all’interno della nostra rivoluzione nazionale: «Per lottare per la pace, Compagni cristiani, dobbiamo essere pronti a impegnare la nostra stessa vita. Dobbiamo essere pronti a dichiarare senza esitazione: Patria libera o morte».

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Borge, un appassionato comunista e devoto seguace di Castro, abbracciò con tutto il cuore la crescente ondata di fervore religioso, rendendosi conto del ruolo fondamentale che le masse cristiane giocavano nella realizzazione degli obiettivi della rivoluzione. Nella sua astuta comprensione, riconobbe che la fusione della rivoluzione comunista e della teologia della liberazione non solo era compatibile ma si rafforzava anche a vicenda.

 

Durante gli anni del Sandinismo al potere, Daniel Ortega fu prima rappresentante nella Junta de Gobierno de Reconstrucción Nacional, organo di governo transitorio, e in seguito vinse le elezioni del 1984 diventando Presidente del Nicaragua. Nel 1990 vennero indette nuovamente le elezioni e ne uscì sconfitto dalla coalizione UNO, capitanata da Violeta Chamorro, sostenuta dagli ambienti favorevoli al ritorno di una politica vicina al mondo statunitense. Dopo la sconfitta, Ortega rimase all’opposizione fino al 2006 quando riuscì ad ottenere una importante vittoria elettorale e a riportare la sua bandiera rosso nera al governo.

 

Daniel Ortega. Immagine di Cancilleria Ecuador CC BY-SA 2.0 via Wikimedia

 

La visione politica di Ortega si dimostrò decisamente differente rispetto a quella del suo primo mandato negli anni rivoluzionari. Assieme alla sua compagna Rosario Murillo, avversaria politica del prete e poeta Ernesto Cardenal, Ministro della cultura all’epoca della rivoluzione e principale esponente della teologia della liberazione in Nicaragaua, cominciò un avvicinamento ai rappresentanti della destra cristiana e agli interessi della classe imprenditoriale nicaraguense. Il cardinale Miguel Obando y Bravo, uno dei maggiori avversari dei Sandinisti all’epoca della rivoluzione, officiò il loro matrimonio nel 2005, l’anno delle elezioni vinte. Da molti osservatori quell’occasione venne vista come l’accordo di Ortega con i poteri filostatunitensi.

 

Nel giorno 22 dicembre 2014, Ortega aprì la cerimonia dell’inizio del cantiere che avrebbe portato alla costruzione di un canale interoceanico grazie alla concessione dell’appalto ad un fondo di investimenti cinese. Questa operazione diede il via a una enorme ondata di proteste antigovernative indirizzate, paradossalmente, a liberare il Nicaragua dal Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale.

 

Il nuovo canale interoceanico non vide mai l’inizio dei lavori e il miliardario cinese Wang Jing, a capo del Hong Kong Nicaragua Development Corporation (HKNDC) finì per chiudere la compagnia per bancarotta.

 

Come descritto nell’opera di Russell White Nicaragua Grand Canal (2015), la famiglia Ortega è stata accusata di utilizzare il progetto del Canale come mezzo per consolidare il proprio potere politico. Similmente alla dinastia Somoza, la famiglia Ortega ha acquisito un controllo significativo sulle infrastrutture commerciali del Nicaragua e ha ricevuto aiuti dal Venezuela per acquistare aziende locali.

 

L’approfondimento della parabola della bandiera rosso nera vuole mostrare come il significato, insito nel simbolo utilizzato come schema aggregante nelle diverse situazioni descritte, cambi ad ogni passaggio. L’appropriazione di Sandino della bandiera del sindacalismo anarchico come suo vessillo porterà alla trasmissione della stessa con significati sempre differenti.

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La morte di Sandino nel ’34 creò un martire e in seguito i suoi reduci riunitesi nelle Legione caraibica consentirono a Bayo di apprendere le storie di Sandino direttamente dai loro racconti orali. La distanza venutasi a creare con la morte di Sandino venne in aiuto a Castro nel costruire il mito fondativo della bandiera rosso nera inneggiante al M 26 7, il movimento dal quale la Rivoluzione cubana ebbe inizio. Il ritorno della figura di Sandino in Nicaragua avvenne soprattutto attraverso l’influenza culturale del movimento cubano.

 

Il lavoro sui testi fatto da Fonseca, infine, lo cristallizzò spogliato della sua profondità più spirituale ma in una forma più utile politicamente a coagulare al suo interno le correnti presenti nella popolazione. L’ulteriore sconvolgimento del significato della bandiera è in atto ancora oggi con il governo di Ortega che dimostra di aver riportato il Nicaragua vicino al punto contro il quale aveva combattuto da giovane.

 

Il mito fondativo di Sandino campeggia presente ovunque in Nicaragua anche se ormai il suo significato è stravolto.

 

Scriveva Tacito: «Fingunt, simul creduntque». Fingono, «hanno immaginato o hanno costruito?», ma al tempo stesso ci credono. L’importanza del saper mantenere il controllo sul popolo dopo aver vinto una rivoluzione passa attraverso anche i simboli aggregatori che lo fanno diventare il più possibile coeso verso un obiettivo comune.

 

Maggiore sarà la distanza dall’origine del significato utilizzato come mito, più difficile sarà riuscire a verificarne la veridicità. In questo modo il racconto politico che ne deriverà potrà sempre utilizzare il mito fondatore, la bandiera rosso nera o Sandino stesso, nel modo che si dimostrerà più utile e adatto alla situazione.

 

Coloro che guidano il popolo e che hanno la responsabilità di traghettare un’intera nazione, come in questo particolare esempio centramericano, hanno per primi l’obbligo di credere alla costruzione della loro stessa menzogna per poterla trasmettere con sicurezza. 

 

Marco Dolcetta Capuzzo

 

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Immagine di pubblico dominio CCo via Wikimedia.

 

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Storia

Credit Suisse ha nascosto i dati sui conti nazisti

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Una delle più grandi banche svizzere, la Credit Suisse, ha nascosto agli inquirenti informazioni cruciali sui suoi legami con il Terzo Reich. Lo riporta il Wall Street Journal, citando un’inchiesta in corso della Commissione bilancio del Senato degli Stati Uniti.   Le precedenti indagini condotte negli anni Novanta su Credit Suisse e UBS non erano riuscite a svelare la reale portata della cooperazione delle banche con i nazisti, ha affermato l’agenzia in un articolo pubblicato sabato.   Secondo quanto riportato dal giornale economico neoeboraceno, l’inchiesta del Senato degli Stati Uniti ha scoperto negli archivi di Credit Suisse una serie di file di clienti contrassegnati con la dicitura «lista nera americana», ovvero coloro che finanziavano o commerciavano con i nazisti o i loro partner dell’Asse.   Il WSJ sostiene di aver visionato una lettera inviata al Senato degli Stati Uniti a fine dicembre dal responsabile dell’inchiesta, Neil Barofsky, socio dello studio legale Jenner & Block ed ex procuratore degli Stati Uniti.

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Nel documento, Barofsky ha rivelato che «l’indagine ha identificato decine di individui ed entità legali collegate alle atrocità naziste i cui rapporti con Credit Suisse erano stati precedentemente non identificati, o per i quali il rapporto era stato parzialmente identificato ma la natura completa del coinvolgimento della banca non era ancora stata resa pubblica».   Tra le altre cose, l’inchiesta ha scoperto un account precedentemente sconosciuto controllato da ufficiali delle SS e da un intermediario svizzero. Le imprese che lo avevano utilizzato promuovevano le politiche economiche del Terzo Reich, tra cui il sequestro di aziende a proprietari ebrei e il profitto derivante dal lavoro forzato nei campi di concentramento, si legge nel rapporto.   Il Barofsky ha affermato che ci sono indizi che Credit Suisse abbia nascosto i suoi legami con i nazisti durante le indagini degli anni precedenti, non condividendo sempre ciò che sapeva. L’approccio generale della banca è stato quello di fornire solo le informazioni richieste e di non offrire ulteriori approfondimenti, ha spiegato.   Secondo il WSJ, il team del Barofsky sta proseguendo le indagini; si prevede che il rapporto finale verrà pubblicato all’inizio del 2026.   Le precedenti verifiche, condotte tre decenni fa, si erano concluse con il pagamento da parte delle due banche di 1,25 miliardi di dollari di risarcimenti alle vittime dell’Olocausto che avevano perso i loro conti in Svizzera o che erano state utilizzate come schiavi durante la Seconda guerra mondiale.   Come riportato da Renovatio 21, nel 2023, UBS ha acquistato Credit Suisse per evitarne il fallimento, in un grande merger che seguiva la caduta di una serie di banche regionali statunitensi.   Due anni fa un professore di matematica finanziaria all’Università di Zurigo, il prof. Marc Chesney, dichiarò in un talk show elvetico che il CEO di UBS è ora il vero governo della Svizzera.

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