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La FSSPX annulla la conferenza di Rimini

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Un comunicato del superiore del Distretto Italiano della Fraternità Sacerdotale San Pio X scrive che il XXIX Convegno di Studi Cattolici a Rimini è stato annullato.

 

«Cari fedeli, Cari amici, nonostante quanto annunciato in precedenza, il XXIX Convegno di Studi Cattolici previsto a Rimini per il prossimo 23 ottobre non potrà svolgersi» scrive Don Ludovico Sentagne nel comunicato intitolato «Le tre violenze».

 

«Qualsiasi organizzatore di eventi culturali si trova oggi davanti ad una scelta tra tre diverse forme di violenza: o accettare l’ingiusta imposizione del green pass, o annullare l’evento, o ridursi a un convegno in diretta streaming; purtroppo, nessuna delle tre opzioni, per ragioni diverse, è integralmente buona.»

 

«Come Distretto italiano della Fraternità San Pio X, pur rifiutando la logica mondialista sottesa alle attuali misure sanitarie, tra le tre opzioni avevamo scelto la prima, contrari ad una crescente dittatura dell’on line».

 

«Ora però, di fronte a difficoltà di varia natura che sono sorte in questi ultimi giorni, abbiamo deciso, sia pur a malincuore, di annullare l’edizione di quest’anno del Convegno, pur rimanendo vivamente impegnati nella battaglia culturale, dottrinale e spirituale che i tempi esigono con necessità sempre più stringente».

 

Come noto ai nostri lettori, Renovatio 21 aveva fortemente criticato la scelta di domandare ai partecipanti un green pass, come da disposizioni statali relative all’albergo dove il convegno si sarebbe svolto.

 

Il nostro sito ha altresì pubblicato sabato scorso l’importante saggio di padre Joseph (cappuccino ex superiore del Distretto di Francia della FSSPX) sull’immenso problema morale dei vaccini ottenuti tramite cellule di feto abortito.

 

Renovatio 21 ha raccolto queste settimane in  molte proteste da parte di fedeli e simpatizzanti della FSSPX. Ora il comunicato pone fine alla polemica.

 

«Tempora bona veniant, Pax Christi veniat, Regnum Christi veniat!» scrive infine Don Ludovico nel comunicato.

 

Ci associamo all’augurio del Christus Vincit. Vengano tempi felici, venga la pace di Cristo, venga il Regno di Cristo!

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Spirito

«Infanticidio»: il cardinale Müller chiede che i vescovi americani scomunichino Biden

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L’ex prefetto del massimo ufficio dottrinale del Vaticano, il cardinale Gerhard Müller, ha condannato il sostegno del presidente americano Joe Biden all’aborto, affermando che si tratta di «infanticidio» e che coloro che promuovono l’aborto «dovrebbero essere scomunicati». Lo riporta LifeSiteNews.

 

«La parola “aborto” è una parola troppo morbida. La realtà è l’omicidio, l’omicidio di una persona vivente», ha affermato il cardinale Gerhard Müller. «Non esiste il diritto di uccidere un’altra persona. È assolutamente contro il Quinto Comandamento».

 

Il cardinale ha espresso la sua condanna al presidente Joe Biden nel corso di un’ampia intervista concessa a LifeSiteNews a Roma.  La critica alla posizione pubblica di Biden a favore dell’aborto è arrivata poco dopo che il presidente aveva utilizzato il suo discorso sullo stato dell’Unione del 2024 per promettere di «ripristinare Roe v. Wade come la legge del Paese».

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Roe v. Wade è la sentenza della Corte Suprema USA che ha istituito 50 anni fa un «diritto federale all’aborto», di fatto iniziando l’era del libero feticidio negli USA. La sentenza come noto è stata rovesciata dalla Corte Suprema due anni fa ad opera della maggioranza conservatrice, tra cui alcuni giudici supremi nominati dal presidente Donald J. Trump.

 

Il cardinale Müller ha paragonato l’uccisione dei nascituri e degli anziani ai tempi «nazisti», affermando che «è assolutamente inaccettabile che tu possa dirti cattolico e promuovere e giustificare l’uccisione di persone umane, esseri umani fin dall’inizio del grembo materno, fino all’ultima respirazione con l’eutanasia… Uccidere i malati, come ai tempi del nazismo, è eutanasia».

 

Biden è molto pubblico riguardo alla sua fede cattolica autoproclamata, ma il cardinale Müller ha suggerito che mentre Biden è «nominalmente un cattolico, in realtà è un nichilista. È cinismo e cinismo assoluto».

 

Il presule tedesco ha contrapposto Biden ai cattolici e agli altri cristiani di tutta l’America che «sanno e accettano come anche tutti, i non credenti, con la loro semplice ragione, possono capire che non è possibile che un essere umano abbia il diritto di ucciderne un altro».

 

Prendendo l’esempio di sant’Ambrogio di Milano e della sua scomunica dell’imperatore Teodosio, il cardinale Müller ha commentato come «in altri tempi persone così sarebbero state scomunicate. In passato i papi e i vescovi non avevano timore di scomunicare, come sant’Ambrogio di Milano».

 

«Lui si è alzato e anche noi dovremmo alzarci e, senza pensare alle conseguenze per noi, dobbiamo alzarci e aprire la bocca per le persone innocenti e per proteggere la loro vita» ha dichiarato il cardinale. «San Giovanni Battista disse a Erode: “Non ti è permesso prendere la moglie di tuo fratello per essere tua moglie”. Non vi è permesso uccidere persone o giustificare [questo], aprire la legislazione come se fosse legale o legittima. Uccidere le persone non è una forma di regolamentazione delle nascite e così via, ma è assolutamente immorale uccidere altre persone».

 

«E oggi tutto il mondo occidentale, i leader occidentali, la grande maggioranza dei leader occidentali anche in Germania e Francia, quando si sono arrogati il ​​diritto di uccidere il proprio popolo, hanno perso credibilità. Da un lato non possono protestare contro l’uccisione di persone innocenti in Ucraina e dall’altro permettere l’uccisione dei propri figli».

 

Ribadendo la verità che Dio è «creatore di ogni corpo e noi esseri umani siamo solo gli amministratori della buona volontà di Dio», il cardinale Müller ha osservato che l’umanità è chiamata a prendersi cura dei prossimi, poiché «non possiamo distinguere o separare l’amore di Dio per noi e il nostro amore per Dio, dall’amore nostro verso il prossimo e dall’amore del prossimo verso noi».

 

In seguito al discorso di Biden sullo stato dell’Unione, il sito LifeSitenews ha lanciato un appello pubblico ai vescovi statunitensi per scomunicare il presidente pro-aborto. Interrogato direttamente da questo giornalista sull’impresa, il cardinale Müller ha affermato che «il primo passo deve essere che noi dobbiamo avere la conferenza episcopale unanime degli Stati Uniti, probabilmente insieme ad altri religiosi cristiani, altri leader religiosi, a dare un’assoluta, chiara, forte affermazione che questo aborto è contro tutti gli standard e i principi dell’umanità».

 

«Che dichiarino in modo assolutamente chiaro che tutti coloro che hanno responsabilità pubblica e che, come cattolici, stanno promuovendo questo infanticidio, sono scomunicati».

 

Espandendo il tema di un politico pro-aborto, il cardinale Müller ha inoltre osservato nell’intervista con LifeSite che anche se non esiste un processo formale di scomunica, una persona non può essere esentata dalla gravità delle sue azioni a sostegno dell’aborto.

 

«Quindi anche nel caso in cui uno non sia formalmente scomunicato, se queste persone ricevono la Santa Comunione, non ricevono la Santa Comunione solo con la bocca, poiché non ricevono la grazia. Lo ricevono, secondo le parole di San Paolo, per la propria condanna, e Biden e tutte queste persone, devono sapere che nel giudizio finale, quando compariranno dopo la loro morte davanti al tribunale di Dio, che si tratta di un mortale peccato, cosa stanno facendo. Anche se non lo fanno personalmente, ma sono cooperatori, collaboratori diretti degli omicidi di persone innocenti».

 

«Biden dice che ha frequentato le scuole cattoliche, ma voglio chiederti cosa ha imparato lì? Perché cos’è questa religione?»

 

«Non è solo un certo sentimento di appartenenza, o un po’ di sentimentalismo, o un po’ di spiritualità, di buon sentire interiore, leggere qualche poesia o qualche libro, e così ti senti bene, guardando la natura e le mele… tutto bello. Non è religione. La religione è una confessione chiara di tutta la tua persona, di tutto il tuo essere, per donarti in sacrificio a Dio e per gli altri. Questa è la nostra religione cristiana».

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Oltre ai suoi commenti sulla natura intrinsecamente malvagia dell’aborto, il cardinale Müller ha inoltre sottolineato nella sua conversazione con il giornalista Michael Haynes che le «idee ristrette» del movimento pro-aborto che stanno portando alla distruzione dell’umanità.

 

La mentalità pro-aborto, ha detto, sostiene che «solo la mia felicità è importante, che è il criterio ultimo di definizione di felicità e piacere, del senso della mia vita».

 

Al contrario, il cardinale Müller ha osservato che «noi, come singoli esseri umani, dobbiamo comprendere noi stessi nel contesto della nostra famiglia, del nostro gruppo di amici, dei nostri compagni di classe, della nostra cultura, della nostra nazione e dell’umanità».

 

Sottolineando la natura intergenerazionale dell’insegnamento della fede cattolica, il cardinale tedesco ha sottolineato che la mentalità pro-aborto della felicità individuale è fondamentalmente contraria alla religione.

 

In chiusura, il cardinale Müller ha elogiato e sostenuto la novena di nove mesi recentemente lanciata dal cardinale Raymond Burke, che è diretta a Nostra Signora di Guadalupe, Patrona delle Americhe e dei non ancora nati.

 

Il cardinale Müller ha affermato che un simile sforzo servirebbe anche a rafforzare una «coscienza e un movimento mondiale» cattolico, poiché gli oppositori della Chiesa «hanno tutto il potere dei media» e «dietro di loro ci sono le organizzazioni internazionali», come Big Tech e il mondo finanziario.

 

Come riportato da Renovatio 21, il cardinale due mesi fa aveva parlato di «eresie materiali» di Bergoglio. Settimane prima aveva attaccato le benedizioni omosessuali introdotte con il documento Fiducia Supplicans come «impossibili» e «blasfeme».

 

Monsignor Müller negli scorsi mesi si era scagliato anche contro l’immigrazione di massa usata per distruggere le identità nazionali. In passato aveva dichiarato che il COVID è stato utilizzato per stabilire uno «Stato di sorveglianza» globale.

 

L’anno scorso il cardinale aveva accusato il Sinodo di voler distruggere la Chiesa.

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Richiesta di preghiera per Mons. Huonder

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Dal 19 marzo mons. Vitus Huonder, che risiede abitualmente presso l’istituto Sancta Maria di Wangs, è ricoverato a Coira per gravi problemi di salute.   Molto indebolito ma completamente lucido, sorridente e sereno, offre le sue sofferenze con edificazione per la Chiesa.   Il Superiore Generale della Fraternità San Pio X ha potuto fargli visita, e ogni giorno un sacerdote dell’Istituto Sancta Maria va a portargli la comunione.   Mons. Huonder è molto commosso e grato per i segni di sostegno spirituale e fraterno che riceve.   La Casa Generalizia della Fraternità San Pio X chiede delle ferventi preghiere per questa intenzione.   Articolo previamente apparso su FSSPX.news.

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L’anticristo si presenterà come re e papa. Meditazione di mons. Viganò per la Domenica delle Palme

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Renovatio 21 pubblica il testo della conferenza spirituale tenuta da monsignor Carlo Maria Viganò per la Domenica delle Palme.

 

 

 

Exsulta satis, filia Sion, jubila filia Jerusalem.
Ecce Rex tuus venit tibi.

Za 9, 9

 

Le solenni celebrazioni della Settimana Santa iniziano con l’entrata trionfale di Nostro Signore in Gerusalemme, salutato come Re di Israele. La Santa Chiesa, popolo della Nuova ed Eterna Allenza, fa proprio il tributo di pubblici onori al suo Signore: Hi placuere tibi, placeat devotio nostra: Rex bone, Rex clemens, cui bona cuncta placent

 

Tuttavia, quasi a mettere in evidenza quanto sia volubile e manipolabile la moltitudine, oggi vediamo la folla festante con rami di palme e di olivo, e pochi giorni dopo la sentiamo gridare il Crucifige e mandare a morte quello stesso Re, sul patibolo riservato agli schiavi.

 

Non ci è dato sapere se quanti accolsero esultanti il Signore alle porte della Città Santa fossero gli stessi che si riunirono dinanzi al Pretorio e vennero sobillati dai Sommi Sacerdoti e dagli scribi del popolo; ma non è difficile supporre – anche sulla base di altri episodi analoghi nel corso della Storia – che molti fossero presenti in entrambe le circostanze, per il semplice gusto di assistere ad un evento, di seguire la massa, di «farsi un selfie» diremmo oggi.

 

D’altra parte, non furono gli stessi Ebrei nel deserto a costruirsi un vitello d’oro, mentre Mosè riceveva sul Sinai le tavole della Legge? E quante altre volte quegli stessi Ebrei che avevano acclamato al Dio di Israele finirono con l’accogliere «ecumenicamente» i sacerdoti di Baal e contaminarsi con gli idolatri, meritando i castighi annunciati dai Profeti e pentendosi poi della loro infedeltà, per ricominciare poco dopo?

 

Questa è la massa, cari fratelli; la massa che assiste alla moltiplicazione dei pani e dei pesci, alla guarigione dei lebbrosi, degli storpi, del servo del centurione e alla resurrezione di Lazzaro, ma poi si assiepa lungo il sentiero che porta al Golgota per insultare e sputare su Nostro Signore, o anche solo per stare a guardare, ut videret finem (Mt 26, 57): per vedere come andava a finire.

 

Chi era assente all’entrata regale del Signore a Gerusalemme? L’autorità civile e quella religiosa, così come erano assenti i potenti alla Nascita del Salvatore in quella remota capanna di Betlemme la notte del 25 Dicembre di duemilaventiquattro anni fa.

 

Non c’erano i Sommi Sacerdoti, né gli scribi, né Erode; i quali in realtà non erano nemmeno considerabili come vere autorità, dal momento che tanto i Sommi Sacerdoti Anna e Caifa quanto il re Erode erano saliti al potere con frodi e nomine manipolate – nihil sub sole novi – e non rappresentavano quindi il potere legittimo.

 

In particolare Caifa non era della casa di Aronne – la tribù sacerdotale degli Ebrei – ma era stato nominato Pontefice da Valerio Grato nel 25 d.C. ed era riuscito a rimanere in carica sino al 36 d.C., quando venne deposto dal Governatore della Siria Lucio Vitellio. Nomina imperiale, dunque, e non diritto ereditario come stabilito da Dio e come fatto ininterrottamente fino all’epoca dei Maccabei (1 Mac 10, 20), quando Gionata assunse il Pontificato.

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Nemmeno il re di Galilea era legittimo, perché la sua nomina fu decisa dal padre Erode il Grande che divise il regno tra i figli Archelao (il quale ebbe la Giudea, l’Idumea e la Samaria meridionale), Erode Filippo (che ebbe la regione nordorientale del lago di Tiberiade) e Erode Antipa (nominato Tetrarca della Galilea e della Perea).

 

Erode Antipa governò dal 4 a.C. al 39 d.C. su mandato dell’autorità imperiale e quindi poteva essere considerato più un fantoccio al servizio di Roma che un vero sovrano. Non doveva essere molto diverso da un odierno Trudeau o da un Macron, allevati dal World Economic Forum e messi dal deep state a fare gli interessi dell’élite in Canada o in Francia.

 

D’altra parte anche Erode era stato alla corte imperiale a Roma, dove aveva iniziato una relazione con Erodiade, moglie di suo fratello Filippo, e che poi aveva sposato – contravvenendo alla legge mosaica – meritando la condanna del Battista, che per questo fu arrestato e giustiziato. Il fatto che Nostro Signore non abbia voluto rispondere a Erode – quando Ponzio Pilato glielo fece condurre perché Lo giudicasse essendo sotto la sua giurisdizione – conferma che Cristo stesso considerava la sua autorità illegittima.

 

In Israele, ai tempi di Cristo, non vi era dunque una vera e propria autorità religiosa né civile. Perché questa latitanza, questa vacatio? Eppure i Giudei riconoscevano i Sommi Sacerdoti ed Erode, come oggi si riconoscono Bergoglio e i capi di governo delle Nazioni, nonostante sia evidente la loro estraneità al vero potere voluto da Dio.

 

La risposta che possiamo dare è che la Provvidenza abbia voluto che la venuta secundum carnem di Nostro Signore mostrasse che era Lui il vero Re e Pontefice, non solo come autore e garante dell’autorità terrena, ma anche come legittimo detentore di quell’autorità per diritto divino, di nascita e – di lì a poco – di conquista. Ecco il perché di questa assenza di re, pontefici e scribi Ebrei, tanto alla Nascita di Cristo quanto alla Sua Epifania e all’ingresso in Gerusalemme.

 

Cerchiamo ora, cari fratelli, di osservare la scena che ci si presenta dinanzi. È il 10 del mese di Nisan, sei giorni prima della Pasqua ebraica, quando la Legge prescrive agli Ebrei di procurarsi l’agnello pasquale. Qui vediamo dunque l’Agnus Dei – secondo le parole del Battista (Gv 1, 29) – che cinque giorni dopo, all’ora nona del Venerdì Santo – ossia della Parasceve – sarebbe spirato sulla Croce, nello stesso momento in cui gli Ebrei infilzavano l’agnello su due spiedi per arrostirlo, in ricordo della fuga dall’Egitto e del passaggio del Mar Rosso verso la terra promessa. Agli occhi del popolo fedele, quella simbologia non poteva sfuggire.

 

Assiso sull’asina bardata, come il re Salomone al momento della sua incoronazione (1 Re 1, 38-40); onorato al Suo passaggio con fronde di palma e mantelli stesi per terra (2 Re, 9-13), Cristo riassume in Sé ogni autorità terrena, temporale e spirituale, mostrandoSi nella plenitudo potestatis e venendo osannato dal popolo: Benedictus qui venit in nomine Domini, esclamano i pueri Hebræorum. Hosanna filio David, ossia al discendente della casa un tempo regnante, al Messia promesso, al prefigurato dal profeta Zaccaria (Zac 9, 9):

 

Esulta grandemente figlia di Sion,
giubila, figlia di Gerusalemme!
Ecco, a te viene il tuo re.
Egli è giusto e vittorioso,
umile, cavalca un asino,
un puledro figlio d’asina.

 

Come si evince dalla narrazione evangelica, l’incoronazione del Signore avviene sul Monte degli Ulivi, a meno di tre chilometri dalla Città Santa, e la processione regale si muove verso il Tempio, richiamando il Salmo 23:

 

O porte, alzate i vostri frontoni;
e voi, porte eterne, alzatevi;
entri il Re della gloria.
Chi è questo Re della gloria?
È il Signore, forte e potente,
il Signore potente in battaglia.
O porte, alzate i vostri frontoni;
alzatevi, o porte eterne,
entri il Re della gloria.
Chi è questo Re di gloria?
È il Signore degli eserciti;
egli è il Re della gloria.

 

L’offerta di una vittima sull’altare, presentata quando ormai è sera (Mc 11, 11) allude all’imminente Passione di Nostro Signore. Possiamo immaginare la preoccupazione che tale imponente manifestazione suscitò tra le autorità. E non è un caso: questo rito civile e religioso – caratterizzato dalla ripetizione di un preciso cerimoniale ben noto ai sacerdoti e agli scribi – doveva in qualche modo rappresentare la restaurazione del regno ebraico in vista della Passione, perché fosse il Re e il Sommo Sacerdote di Israele ad ascendere l’altare del Golgota per offrirSi alla Maestà del Padre in riscatto delle colpe del Suo popolo.

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Vedremo il Signore nuovamente rivestito di vesti regali – il mantello scarlatto e la corona, ancorché di spine – presentarSi alla loggia del Pretorio. Ecce rex vester (Gv 19, 13), dice Pilato ai Giudei; i quali rispondono, confessando la vacanza del trono di Davide: Non habemus regem, nisi Cæsarem (ibid., 14). E ancora, nel titulus crucis, è ribadita la stessa verità: Jesus Nazarenus, Rex Judæorum (ibid., 19). Perché se Cristo non fosse stato riconosciuto Re e Pontefice nell’atto supremo del Sacrificio, Egli non avrebbe rappresentato dinanzi al Padre né i singoli né le nazioni oggetto della Redenzione.

 

Se volessimo fare un parallelo tra quegli eventi e quelli odierni, potremmo riscontrare un’inquietante analogia tra l’azione del Sinedrio e la Gerarchia Cattolica che usurpa il potere in Roma.

 

Immaginiamo quale potrebbe essere, oggi, la preoccupazione di certi Prelati – e dello stesso Bergoglio – per la minaccia di vedersi scoperti nella loro frode da Cristo in persona, che viene a riprendersi quell’autorità usurpata ed esercitata non per aprire le Scritture ai fedeli, ma per tenerli nell’ignoranza e consentire a sé di mantenere il potere.

 

Credete che la reazione sarebbe così diversa da quella del Sinedrio, suscitata dal concorso di popolo in Gerusalemme per proclamare Re uno sconosciuto profeta della Galilea?

 

Cosa credete che direbbe il novello Caifa, al veder minacciato il proprio prestigio di Sommo Sacerdote e svelato l’inganno che lo ha portato al potere?

 

Al sentirsi ricordare di essere vicario di un’autorità non sua, e non padrone? Pensate che accetterebbe di rinunciare al Papato che usurpa, per lasciar salire al Soglio il Signore, nel nome del Quale costui dovrebbe governare la Chiesa?

 

O non si rivolgerebbe piuttosto alle autorità civili, facendo capire ai funzionari e ai politici corrotti che lo riconoscono come Papa che quel Galileo minaccia anche il loro potere, parimenti usurpato?

 

Non invocherebbe l’intervento dell’esercito per sedare la rivolta e condannare il Signore a morte per sedizione e alto tradimento? Anzi: non vi sembra che il motivo della condanna sia proprio che Egli abbia osato proclamarSi Re e Figlio di Dio – quia Filium Dei se fecit (Gv 19, 7) – in un mondo che si dice democratico e che non riconosce altro re che Cesare – ossia il potere pagano di un invasore – né altro dio che l’uomo?

 

E in questo quadro non troppo ipotetico, come riporterebbero la notizia i media mainstream, ammesso che la censura o qualche legge contro gli hate speech non impediscano di parlarne e fingano che nulla sia accaduto?

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Secondo alcuni Padri, la processione trionfale di Cristo in Gerusalemme è composta da due schiere: nel significato allegorico delle Scritture, coloro che precedono il Signore sarebbero gli Israeliti, e quelli che Lo seguono i pagani convertiti. E forse tra gli Ebrei vi erano anche degli zeloti, che speravano in una rivolta popolare contro l’invasore romano e che poi abbandonarono il Signore quando fu loro chiaro che Egli non si sarebbe lasciato usare politicamente: sarebbero loro, delusi nelle proprie aspettative rivoluzionarie, ad aver poi gridato il Crucifige.

 

Abbiamo dunque tre categorie di persone: coloro che hanno acclamato Cristo; coloro che hanno gridato il Crucifige e coloro che hanno fatto entrambe le cose. Fedeli i primi, infedeli e perfidi i secondi, desolatamente mediocri i terzi.

 

Chiediamoci allora: Tra chi sarei stato, io? Forse non tra la turba sobillata dal Sinedrio per estorcere a Pilato la condanna a morte di Cristo: costoro sono nemici dichiarati di Dio e non esitano ad invocare il Suo Sangue, nella vertigine del loro accecamento. Avremmo dovuto essere piuttosto tra quanti osannavano il Signore e durante la Passione erano con Giovanni, Maria e le Pie Donne ai piedi della Croce. Ma spesso, dolorosamente, dobbiamo riconoscere che la nostra infedeltà – al pari di quella del popolo che fu l’eletto – ci porta a schierarci con Cristo quando trionfa, e a gridare contro di Lui o a negare di conoscerLo – come Pietro – quando è arrestato, processato, insanguinato, coronato di spine, vestito come i pazzi e coperto di obbrobri.

 

Cattolici impegnati sotto Pio XII e tiepidi modernisti col Concilio; eroici difensori della Fede in tempi di pace in una nazione cattolica, e muti esecutori della mentalità mondana in tempi di persecuzione in stati anticattolici; devoti fedeli della Messa antica quando Benedetto XVI la permette, e scrupolosi esecutori di Traditionis Custodes quando il Gesuita di Santa Marta ne limita la celebrazione o la proibisce.

 

Ma perché – mi chiedo – questa insofferenza per il trascendente?

 

Perché questa repulsione per il sacro, e quindi anche per la sacralità dell’autorità di Cristo, Re e Pontefice, che irrompe nella nostra umanità?

 

Cosa disturba tanto il potere dei Sommi Sacerdoti ai tempi di Nostro Signore?

 

Cosa disturba tanto da oltre duecento anni il potere delle istituzioni civili, e da sessant’anni quello del Sinedrio modernista?

 

Credo che la risposta sia nell’orgoglio di noi poveri, miserabili mortali, che non vogliamo accettare e sottometterci alla potestà di Cristo perché sappiamo che se lo facessimo non vi sarebbe più spazio per il nostro particulare, per i nostri meschini interessi, per la nostra brama di potere.

 

In definitiva, è il Non serviam di Lucifero che si perpetua nella Storia, nel tragico tentativo di sovvertire l’ordine divino e nell’ancor più tragica illusione di poter bastare a noi stessi, di considerare il mondo come una meta e non come un luogo di passaggio, di poterci creare un Paradiso in terra in cui libertà, fraternità e uguaglianza siano il contraltare umano di Fede, Speranza e Carità.

 

Abbiamo paura che Cristo regni, perché sappiamo che dove l’autorità appartiene a Cristo ed è conforme alla Sua Legge non siamo più noi a comandare, e il potere che amministriamo come luogotenenti di Cristo non può essere usato come pretesto, dietro cui nascondere la nostra folle presunzione di essere sicut dii. E questo vale tanto nella sfera civile quanto in quella ecclesiastica.

 

Eppure essere vicari di Cristo nelle cose temporali o spirituali dovrebbe essere un onore, non un’umiliazione. Per questo, cari fratelli, è terribile che colui che siede sul Soglio di Pietro consideri «scomodo» fregiarsi del titolo di Servo dei servi di Dio e abbia cancellato quello di Vicario di Cristo. Scrollatosi cosi di dosso la necessaria soggezione a Cristo, si è assunto anche la piena e totale responsabilità dei propri errori, delle proprie eresie, degli scandali di cui è causa; e allo stesso tempo, orgogliosamente, egli rifiuta quelle Grazie di stato che il Signore avrebbe altrimenti concesso al Suo Vicario in terra.

 

Questa presunzione taglia alla radice la legittimità dell’autorità stessa, che o viene da Dio o è odiosa e illegittima tirannide.

 

Cari fratelli, questi tempi di apostasia non sono diversi dai tempi della Passione, perché la passio Christi di allora deve necessariamente compiersi nella passio Ecclesiæ di oggi e della fine dei tempi: ciò che il Capo ha affrontato, deve affrontarlo anche il Corpo Mistico. Ma fate attenzione: un altro cercherà di presentarsi come re e papa, e sarà l’Anticristo, contraffazione infernale e diabolico sovvertimento del Principe della pace.

 

Anche in quei giorni di tenebra – che il profeta Daniele ci indica della durata di tre anni e mezzo – vi sarà una folla che inneggerà a quell’uomo adorandolo come Dio, e altri che lo riconosceranno come impostore e servo di Satana.

 

Gli inganni e i prodigi del figlio della perdizione ci faranno credere che abbia conquistato il potere, che la Chiesa sia definitivamente cancellata, nella vacanza dell’autorità civile e religiosa. Sarà allora che San Michele ucciderà l’Anticristo, allora che la Vergine schiaccerà la testa del Serpente, allora che il Signore verrà nella gloria a giudicare i vivi e i morti, tornando di nuovo come Figlio di Dio, Re e Pontefice.

 

Facciamo in modo di essere trovati nel numero di quel pusillus grex, quel piccolo gregge, che non si è lasciato ingannare e che è rimasto fedele.

 

Esulta grandemente figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re (Za 9, 9).

 

E così sia.

 

+ Carlo Maria Viganò

Arcivescovo

 

24 Marzo 2024
Dominica II Passionis seu in Palmis

 

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