Persecuzioni
Kurdistan, uccisa dai parenti per la conversione al cristianesimo
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews.
Nella Giornata internazionale della donna la notizia della morte violenta per mano del fratello e dello zio. La giovane aveva decine di migliaia di follower sui social, dove promuoveva battaglie a favore dei diritti e delle libertà. Appena 12enne era stata costretta dalla famiglia musulmana a sposare un uomo da cui si era separata quattro anni più tardi.
Nella giornata internazionale della donna, dal Kurdistan iracheno arriva la notizia dell’omicidio di una giovane di circa 20 anni per mano di un familiare.
La sua unica colpa, se così si può definire, è quella di aver scelto – lei, proveniente da una famiglia musulmana – di convertirsi al cristianesimo e farsi chiamare con nuovo nome: Maria.
A conferma che il cammino di tolleranza e convivenza nel Paese, seppur bene avviato grazie anche alla visita lo scorso anno di papa Francesco e all’opera del patriarca di Baghdad il card. Louis Raphael Sako, sono ancora oggi un traguardo da raggiungere.
E neppure il Nord, la regione curda relativamente più tranquilla e capace in passato di ospitare decine di migliaia di cristiani e yazidi (oltre ai musulmani) in fuga dallo Stato islamico, è aliena da sacche di violenze di matrice confessionale.
La vittima – massacrata a colpi di coltello – si chiamava Eman Sami Maghdid, sebbene da tempo usasse il nome cristiano di «Maria» anche sui social, dove era molto popolare e seguita.
L’omicidio risale al 6 marzo, ma solo ieri nella festa della donna sono emersi maggiori dettagli che fanno pensare a una «punizione» in famiglia per aver abbandonato l’islam, essersi emancipata dal nucleo di origine e aver abbracciato la religione cristiana, rendendosi «colpevole» di apostasia.
Il delitto è avvenuto nei pressi dell’aeroporto internazionale di Erbil, non distante da Ankawa, distretto a prevalenza cristiana di Erbil. Ad ucciderla sarebbe stato lo zio, con la complicità del fratello.
n un primo momento era emersa la notizia dell’arresto di entrambi i presunti assassini, poi le Forze dell’ordine hanno parlato di un solo fermo (lo zio).
La ragazza era famosa per la sua lotta per i diritti delle donne, attivismo che – assieme alla conversione al cristianesimo – avrebbe sancito la «condanna» dei familiari i quali parlano invece di «controversie» e «dissidi» interni.
Una fonte istituzionale di AsiaNews, che chiede l’anonimato per motivi di sicurezza, spiega che «dopo la conversione aveva scelto di farsi chiamare Maria».
I familiari «dicono che il cristianesimo non è la ragione» alla base dell’omicidio, legato invece «al fatto di voler vivere da sola, aver lasciato dopo quattro anni un marito che era stata costretta a sposare all’età di 12 anni, voler essere libera».
Poi «non voleva mettere il velo, non voleva più seguire le tradizioni islamiche» e questo avrebbe armato la mano dei parenti, fino ad ucciderla.
«Anche il padre – prosegue la fonte – dicono sia un venditore di frutta e verdura, quando in realtà ha un ruolo di imam ed è una personalità religiosa ben conosciuta all’interno della comunità islamica».
«Hanno trovato il corpo – prosegue – legato da un nastro, gettato ai bordi della strada, con numerosi colpi di coltello».
Maria era una persona aperta, viveva con una amica ed era parte di una commissione che lottava per i diritti delle donne arabe e irachene.
Ironia della sorte, la sua morte è arrivata proprio nei giorni in cui si celebra la giornata internazionale della donna a testimonianza di un cammino ancora lungo e faticoso in tema di diritti, rispetto della libertà di scelta anche e soprattutto in un contesto come quello islamico radicale.
A questo si affianca la punizione per la conversione: «Molti musulmani in questi anni – conferma la fonte di AsiaNews – sono diventati cristiani, ma la questione viene fatta passare sotto silenzio per non alimentare scontri e tensioni. Di tutta questa vicenda – conclude – restano la condanna di personalità cristiane, musulmane e governative curde per l’omicidio».
E i molti video su Tik Tok dove aveva quasi 50mila follower e diffondeva messaggi di coraggio, lotta, emancipazione non esitando a mostrarsi mentre fumava, indossava vestiti «all’occidentale» e accusava: «Essere diversi, in Kurdistan, può causare la morte».
Aveva ragione.
Invitiamo i lettori di Renovatio 21 a sostenere con una donazione AsiaNews e le sue campagne.
Immagine da Twitter
Persecuzioni
Sudan, un anno di guerra ha lasciato il Paese senza seminarista
Dal 15 aprile 2023, violenti combattimenti hanno contrapposto l’esercito sudanese comandato dall’attuale presidente di transizione, il generale Abdel Fattah al-Burhan, e le Rapid Support Forces (RSF), un gruppo paramilitare guidato dal vicepresidente, il generale Mohammed Hamdan Dagalo, conosciuto anche con lo pseudonimo di Hemedti.
Dopo la destituzione di Omar al-Bashir – insediato al potere con un colpo di stato nel 1989 – i due uomini hanno rovesciato il governo instaurato l’11 aprile 2019. Ma hanno litigato sull’integrazione delle forze di sicurezza nell’esercito regolare e nella distribuzione della ricchezza: il Sudan è il terzo produttore di oro in Africa e Hemedti possiede miniere d’oro nel Nord del paese.
Nell’aprile 2023 la situazione è cambiata: in un Paese già indebolito è scoppiata la «guerra dei generali». La popolazione è in agonia e la piccola comunità cristiana si sta riducendo al nulla. Senza che nessuno dei belligeranti si tiri indietro, il futuro appare cupo. I dati ufficiali mostrano più di 13.900 morti e 8,1 milioni di sfollati, di cui circa 1,8 milioni fuori dal Paese.
«Data l’intensità della guerra, molti residenti si chiedono come entrambe le parti possano avere così tante armi dopo un anno di combattimenti e, quindi, chi le finanzia», afferma la coordinatrice del progetto Kinga Schierstaedt per l’organizzazione benefica cattolica internazionale Aiuto alla Chiesa che soffre (ACN) nel Sudan.
La popolazione muore di fame a causa di un conflitto dimenticato. Quanto alla Chiesa locale, «prima della guerra rappresentava il 5% della popolazione, ma era tollerata e poteva gestire alcuni ospedali e scuole, anche se non era autorizzata a proclamare apertamente la fede», spiega Kinga Schierstaedt.
Sostieni Renovatio 21
La caduta di Omar al-Bashir ha portato alcuni miglioramenti in termini di libertà religiosa e sono state abolite le pene previste dal codice penale della sharia. È stato allora che ACS ha potuto finanziare e contribuire all’importazione di un computer per la diocesi di El Obeid, cosa che negli anni precedenti sarebbe stata impossibile, continua Kinga Schierstaedt. Ma questa nuova libertà fu di breve durata.
Pur essendo minoritaria, la Chiesa è sempre stata un «porto di pace» per la popolazione e molte persone si sono rifugiate nelle chiese all’inizio della guerra. Oggi, questo rifugio è esso stesso indebolito. Molti missionari e comunità religiose hanno dovuto lasciare il Paese, parrocchie, ospedali e scuole cessarono le loro attività.
Il seminario di Khartum ha dovuto chiudere i battenti. Fortunatamente alcuni seminaristi riusciti a fuggire hanno potuto continuare la loro formazione nella diocesi di Malakal, nel vicino Paese del Sud Sudan. Mons. Michael Didi, arcivescovo di Khartoum, si trovava a Port Sudan, sulla costa del Mar Rosso, quando è scoppiata la guerra e non ha potuto tornare nella sua città.
Mons. Tombe Trile, vescovo della diocesi di El Obeid, ha dovuto trasferirsi nella cattedrale perché la sua casa era parzialmente distrutta. Molti cristiani sono fuggiti a piedi o attraverso il Nilo e si sono stabiliti in campi profughi dove la sopravvivenza è una lotta quotidiana. Oggi l’esistenza stessa della Chiesa in Sudan è messa in discussione.
Tuttavia, ci sono alcune luci in mezzo all’oscurità. «Se è vero che la guerra continua, non può soffocare la vita. Sedici nuovi cristiani sono stati battezzati a Port Sudan durante la Veglia Pasquale e 34 adulti sono stati cresimati a Kosti!» confida un testimone.
La Chiesa rimane molto attiva anche in Sud Sudan, assistendo i rifugiati provenienti dal vicino nord e aiutando i seminaristi sudanesi a continuare la loro formazione, grazie, tra gli altri, al sostegno di ACS. «La Chiesa del Sud Sudan si sta preparando per il futuro aiutando i cristiani sudanesi a prepararsi per la pace di domani», conclude Kinga Schierstaedt.
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Immagine di Quodvultdeus via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
Persecuzioni
Vescovo cristiano assiro anti-lockdown accoltellato in streaming
Nel video si sentono urla di terrore mentre altri fedeli si precipitano in aiuto del vescovo mentre cade a terra. Secondo le prime notizie filtrate dalla scena, almeno altri quattro fedeli sarebbero stati accoltellati nella rissa che ne è seguita. Un portavoce della polizia dello Stato australiano del Nuovo Galles del Sud ha dichiarato che il vescovo Emmanuel ha subito «lesioni non mortali». «Gli agenti hanno arrestato un uomo e lui sta collaborando con la polizia nelle indagini», ha aggiunto il portavoce. Non vi è al momento alcuna informazione sull’identità del sospetto, né sulle sue possibili motivazioni.Bishop Mar Mari Emmanuel has been attacked and stabbed by a suspected Islamist during a service in Sydney Australia.
Or it could be another white Christian with mental health issues. You decide. pic.twitter.com/QLh561HIGQ — Tommy Robinson 🇬🇧 (@TRobinsonNewEra) April 15, 2024
Sostieni Renovatio 21
Crowds of peolle in Sydney are not happy with the police at the scene outside the mass stabbing. pic.twitter.com/f8wbQuLfP5
— Ian Miles Cheong (@stillgray) April 15, 2024
Aiuta Renovatio 21
Un altro filmato riprende la folla che ripete compatta «Bring him out / Bring him out», ossia «portatelo fuori». È immaginabile che stesse serpeggiando in molti la voglia di linciaggio.🚨Police cars are being ransacked as riots break out outside the church in Wakeley were the #stabbing of Bishop Mari Mari has just occurred.
Western Sydney is rising. pic.twitter.com/SpVofTgPu6 — Aussie Cossack (@aussiecossack) April 15, 2024
Una foto di un ragazzo dall’aspetto levantino che sorride mentre è al suolo probabilmente arrestato sta circolando sui social media. L’immagine, messa su Twitter anche dal noto utente russo-australiano Aussie Cossack e ripresa da tanti altri, ovviamente non è verificata. L’attacco al prelato assiro arriva dopo appena 48 ore dopo che sei persone sono state uccise a Westfield Bondi Junction, un’altra zona di Sydney, da un folle armato di coltello. Joel Cauchi, 40 anni, ha pugnalato a morte cinque donne e una guardia di sicurezza e ne ha feriti molti altri prima di essere ucciso da un agente di polizia. Come riportato da Renovatio 21, attacchi in chiesa durante le funzioni si sono visti di recente in Turchia e, in numero impressionante per quantità di violenza e vittime, in Africa occidentale.BREAKING: Thousands of angry protesters have surrounded the Wakeley church and chanting ‘bring him out’ after mass stabbing attack in Sydneypic.twitter.com/MupeOEQ4ra
— Insider Paper (@TheInsiderPaper) April 15, 2024
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Persecuzioni
Birmania, due uomini armati sparano a un sacerdote cattolico durante la Messa
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Alle 6 del mattino due persone non identificate hanno fatto irruzione in chiesa e sparato almeno cinque colpi, secondo fonti locali. Padre Paul Khwi Shane Aung, 40 anni, è stato ricoverato all’ospedale di Moe Nyin, nello Stato Kachin, e sottoposto a cure d’urgenza.
Due uomini non identificati hanno sparato a un sacerdote cattolico che stava celebrando la Messa nella chiesa di Saint Patrick a Moe Nyin, nella diocesi di Myitkyina, che si trova nello Stato birmano del Kachin. Padre Paul Khwi Shane Aung, 40 anni, si trova attualmente ricoverato nell’ospedale locale, dove è stato sottoposto a cure d’urgenza per le gravi ferite riportate.
Da oltre tre anni, a seguito di un colpo di Stato militare, il Myanmar è scosso da un brutale conflitto civile, ricordato anche da papa Francesco durante l’udienza generale di mercoledì. In diverse aree del Paese vige il caos e le violenze, anche contro i civili e gli appartenenti alle minoranze religiose, sono quotidiane.
Sono ancora poche le informazioni disponibili riguardo l’accaduto di questa mattina: la sparatoria è avvenuta intorno alle 6 del mattino (ora locale). Due uomini vestiti di nero e con il volto coperto, arrivati alla celebrazione in motocicletta, hanno fatto irruzione in chiesa e sparato almeno cinque colpi, hanno riferito fonti locali, centrando padre Paul Khwi Shane Aung, che si trova a Moe Nyin da quattro anni e ferendo una donna che si trovava in chiesa.
Invitiamo i lettori di Renovatio 21 a sostenere con una donazione AsiaNews e le sue campagne.
Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Immagine da AsiaNews
-
Spirito2 settimane fa
Papa Francesco attacca i non vaccinati, vescovo svizzero reagisce
-
Pensiero5 giorni fa
La giovenca rossa dell’anticristo è arrivata a Gerusalemme
-
Occulto2 settimane fa
Il vescovo Strickland celebra una messa per contrastare l’attività satanica prevista durante l’eclissi solare
-
Spirito2 settimane fa
Rito catto-sciamanico in USA, «orrori liturgici abominevoli»: parla Mons. Viganò
-
Controllo delle nascite2 settimane fa
OMS e riduzione della popolazione, cadono le maschere
-
Civiltà2 settimane fa
Tutti contro lo spot con l’Eucarestia sostituita da una patatina. Ma il vero scandalo è il Concilio e la caduta della civiltà cristiana
-
Scuola1 settimana fa
Dal ricatto del vaccino genico alla scuola digitalizzata: intervento di Elisabetta Frezza al convegno su Guareschi
-
Ambiente2 settimane fa
Terremoto a Nuova York dopo che un fulmine ha colpito la Statua della libertà