Geopolitica
India, l’esercito sfratta un orfanotrofio delle suore di Madre Teresa

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews.
Dopo il blocco dei fondi dall’estero colpita un’altra volta per via burocratica l’attività delle Missionarie della Carità in India: negato il rinnovo di una concessione demaniale per il terreno su cui sorge una casa che accoglie chi è abbandonato da tutti. Il vescovo di Lucknow: «Contro le suore di Madre Teresa intrapresa una strada pericolosa. Attaccano i cristiani perché sono una comunità che ama la pace».
Nello Stato indiano dell’Uttar Pradesh le Missionarie della Carità sono state costrette a chiudere una loro casa per bambini orfani per uno sfratto intimato dal ministero della Difesa indiano.
Il nuovo anno, già iniziato per le suore di Madre Teresa con la revoca della licenza per ricevere donazioni dall’estero, continua dunque con un altro grave ostacolo alla loro attività avanzato per via burocratica in uno degli oltre 240 centri gestiti dall’orfine religioso in India.
Il 3 gennaio nel distretto di Kanpur le Missionarie della Carità hanno dovuto infatti sospendere le attività del locale Shishu Bhawan, una delle case in cui accolgono i bambini abbandonati con un gesto che tutti immediatamente associano alla memoria di Madre Teresa.
Dietro alla decisione c’è un’azione legale dell’Ufficio del demanio indiano: la struttura sorge, infatti, su un terreno che era stato ceduto a un privato con una concessione di 90 anni scaduta nel 2019. Sarebbe stato poi questo privato a cederlo alle suore di Madre Teresa nel 1968 per aprire l’orfanotrofio.
Ora, però, l’ufficio del ministero della Difesa che gestisce i beni demaniali non vuole rinnovare la concessione; e in più chiede alle suore anche il pagamento di una multa da 20 milioni di rupie (circa 240mila euro) per aver utilizzato la struttura negli ultimi due anni. Una minaccia economica che – unita alle incertezze causate dal blocco delle donazioni dall’estero – avrebbe portato le Missionarie della Carità a scegliere di non percorrere le vie legali per resistere alla decisione, consegnando la struttura al demanio.
«Negli ultimi 53 anni – ricorda l’Indian Catholic Forum – lo Shishu Bhawan di Kanpur ha accolto e dato in adozione 1500 bambini secondo le regole previste dalla legge. Ha offerto aiuto anche a migliaia di altri poveri come lebbrosi, madri abbandonate, figli dei migranti che lavorano nei cantieri. L’Ufficio del demanio sembra non voler vedere il servizio altruistico offerto dalle suore a chiunque ha bisogno, indipendentemente dalla propria casta o dal proprio credo. Gli ultimi 11 bambini che erano rimasti nella struttura sono stati trasferiti agli Shishu Bhawan delle città di Allahabad, Varanasi, Bareilly e Meerut. Ma che cosa accadrà alle 1500 famiglie che hanno adottato bambini da questo centro? Per loro questa struttura era come una Nanihal (la casa della nonna, ndr), mentre per gli orfani che lì sono cresciuti e oggi si sono sposati lo Shishu Bhawan era la casa di famiglia».
Il vescovo di Lucknow mons. Gerald Mathias commenta ad AsiaNews:
«Sono profondamente addolorato da questa notizia. Se lo si fosse voluto, la concessione poteva essere certamente rinnovata dal momento che le suore si prendevano cura degli orfani e degli ultimi, servendo i più poveri tra i poveri. Nonostante la fama internazionale di Madre Teresa, né il governo né l’esercito hanno mostrato alcuna comprensione e sostegno per questa struttura e sono stati felici di sfrattarla. Le Missionarie della Carità negli ultimi tempi sono state prese di mira in Gujarat e nel Jharkhand; poi è arrivata anche la revoca della licenza per le donazioni dall’estero: sono tutti episodi che indicano una strada pericolosa. Attaccano i cristiani perché sono una comunità che ama la pace. C’è solo da sperare che prevalga il buon senso e la situazione migliori».
Nel frattempo nello Stato del Gujarat va avanti il procedimento giudiziario contro la casa delle Missionarie della Carità accusata di «conversioni forzate» tra le bambine e «villipendio dei sentimenti religiosi indù».
Il tribunale di Vadodara ha chiesto alla polizia di «astenersi dall’arresto» delle suore almeno fino al 10 gennaio, data entro la quale è fissata una nuova udienza sulla vicenda.
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Immagine di 1930585 Soni via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0)
Geopolitica
Trump minaccia Mosca: ultimatum di 50 giorni per la fine della guerra in Ucraina

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha minacciato di imporre dazi «severi» fino al 100% sui partner commerciali della Russia se non si raggiungerà un accordo per porre fine al conflitto in Ucraina entro 50 giorni.
Trump ha lanciato l’avvertimento lunedì durante un incontro con il Segretario generale della NATO Mark Rutte nello Studio Ovale.
«Siamo molto, molto scontenti, io lo sono, della Russia, e applicheremo dazi molto severi se non raggiungeremo un accordo entro 50 giorni», ha affermato.
Trump ha accusato il suo predecessore Joe Biden di aver trascinato Washington nel conflitto, affermando che gli Stati Uniti hanno speso circa 350 miliardi di dollari in aiuti all’Ucraina.
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Il presidente americano ha anche menzionato un disegno di legge del Congresso che imporrebbe sanzioni più severe alla Russia, affermando: «non sono sicuro che ne abbiamo bisogno, ma è positivo che lo stiano facendo… potrebbe essere molto utile». La votazione del Senato è prevista per la prossima settimana.
L’inquilino della Casa Bianca osservato che, se non ci fossero progressi in Ucraina, imporre alla Russia tariffe secondarie statunitensi non richiederebbe l’approvazione del Congresso.
Le tariffe secondarie colpiscono i paesi che intrattengono rapporti commerciali con un paese sanzionato. Trump ha anche annunciato che gli Stati Uniti invieranno armi all’Ucraina tramite la NATO, che si occuperà sia del pagamento che della distribuzione.
«Abbiamo concluso un accordo oggi: invieremo loro le armi e loro le pagheranno», ha affermato.
La Russia ha ripetutamente denunciato l’Occidente per aver fornito armi all’Ucraina, avvertendo che ciò non fa che prolungare il conflitto e non ha alcun impatto sul suo esito. Il mercato azionario russo è salito alle stelle in seguito alle dichiarazioni di Trump: l’indice principale è balzato di quasi il 3%, secondo i dati della Borsa di Mosca.
Come riportato da Renovatio 21, Trump un mese fa aveva fatto sospendere il nuovo di legge sulle sanzioni alla Russia. L’allentamento delle sanzioni aveva spinto il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj ad accusare Washington di «indebolimento».
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Immagine di pubblico dominio Cc0 via Flickr
Geopolitica
Il presidente iraniano è stato ferito nei raid aerei israeliani di giugno

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Geopolitica
Putin: lo scontro tra Russia e Occidente non è una questione ideologica

Le aspirazioni egemoniche delle nazioni occidentali e il disprezzo per le preoccupazioni di sicurezza della Russia hanno portato al perdurante stallo tra Mosca e l’Occidente, ha affermato il presidente Vladimir Putin in un’intervista rilasciata domenica.
Le differenze ideologiche sono solo un pretesto per promuovere gli interessi geopolitici dell’Occidente, ha affermato. Putin ha aggiunto che si aspetta che il crollo dell’URSS allevi le tensioni tra Russia e Occidente.
«Pensavo anche che i principali disaccordi tra noi fossero di natura ideologica», ha affermato. «Eppure, quando l’Unione Sovietica è scomparsa… l’approccio sprezzante nei confronti degli interessi strategici della Russia è persistito».
Il presidente ha proseguito affermando che i suoi tentativi di sollevare le preoccupazioni della Russia con i leader occidentali sono stati vani. «L’Occidente ha deciso… di non dover seguire le regole quando si tratta della Russia, che non ha lo stesso potere dell’URSS».
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Tutte le proposte di Mosca in materia di sicurezza reciproca, rafforzamento della stabilità internazionale e raggiungimento di accordi su armi offensive e difesa missilistica sono state respinte, ha affermato Putin. «Non si è trattato di semplice negligenza. Si basava su un chiaro desiderio di raggiungere determinati obiettivi geopolitici».
«È diventato chiaro che, a meno che la Russia non si posizioni come una nazione sovrana indipendente… non saremo presi in considerazione», ha aggiunto.
Il presidente russo ha accusato le nazioni occidentali di tradire la Russia e di non mantenere le promesse fatte. Il mese scorso, ha affermato che a Mosca è stato «sfacciatamente mentito» sull’espansione della NATO per decenni, mentre il blocco militare guidato dagli Stati Uniti si avvicinava ai confini russi.
«Tutto andava bene finché era contro la Russia», affermò all’epoca, aggiungendo che le nazioni occidentali hanno sostenuto il separatismo e persino il terrorismo diretto contro il Paese.
Mosca ha elencato le ambizioni di Kiev in ambito NATO e l’assistenza militare occidentale all’Ucraina come le principali ragioni alla base del conflitto ucraino. Prima dell’escalation all’inizio del 2022, la Russia ha cercato di affrontare le proprie preoccupazioni in materia di sicurezza chiedendo garanzie agli Stati Uniti e alla NATO, nonché lo Status di paese non allineato per l’Ucraina, respinte dall’Occidente.
Putin ha più volte raccontato di aver chiesto al presidente americano Bill Clinton nel 2000 che Mosca entrasse nella NATO, ma gli è stato risposto, senza una vera elaborazione, che ciò non era possibile.
A cercare di portare la Russia vicino al Patto Atlantico ci provò di lì a poco lo statista italiano Silvio Berlusconi (1936-2023) con gli accordi stipulati nel 2022 a Pratica di Mare.
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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0).
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