Spirito
India, cristiani aggrediti per la loro fede (VIDEO)
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di Asianews
Il capo villaggio ha guidato una folla di 250 persone contro dei cristiani che si sono rifiutati di abbandonare la loro fede in Cristo. Durante un incontro di preghiera dei nazionalisti indù hanno fatto irruzione e accusato il pastore pentecostale di fare attività di conversione. Il Global Council of Indian Christians: «Siamo cittadini di seconda classe?»
Nei giorni scorsi 11 cristiani sono stati attaccati e picchiati. È successo nel villaggio di Adnadhi, nel Madhya Pradesh, e secondo quanto riferito dall’International Christian Concern una folla di circa 250 persone, guidata dal capo villaggio, ha aggredito il gruppo di cristiani perché questi si sono rifiutati di abbandonare la loro fede in Gesù Cristo. Quattro persone hanno riportato gravi lesioni interne e sono state ricoverate.
In base alle ricostruzioni dei testimoni, il capo villaggio aveva convocato i cristiani in un punto dove la folla che poi si sarebbe scagliata contro di loro si era già radunata. Poi ha dato al gruppo due opzioni: «lasciare Gesù o lasciare il villaggio». Al rifiuto di abbandonare la loro fede, i cristiani sono stati colpiti anche con delle pietre. Nonostante le successive denunce, la polizia non ha preso provvedimenti contro gli aggressori.
«Il Global Council of Indian Christians condanna fermamente questo attacco anti cristiano avvenuto nel 74mo anniversario dell’indipendenza dell’India», ha dichiarato il presidente del GCIC, Sajan K. George. «Ci rattrista che i cristiani siano presi di mira per la loro fede. Siamo cittadini di seconda classe? La Costituzione garantisce la libertà religiosa. Come è possibile che una minoranza del 2,5% sia una minaccia?”»
Nel villaggio di Adnadhi vivono 15 famiglie che hanno aderito al cristianesimo circa 20 anni fa. Sebbene al tempo ci fosse stata una certa opposizione alla loro conversione, il recente attacco è arrivato del tutto inaspettato e ha lasciato le famiglie distrutte, hanno raccontato i residenti locali ad AsiaNews.
«Siamo molestati, intimiditi e soggetti a minacce e violenza. È una vergogna, una disgrazia e una violazione dei diritti umani dei cristiani», ha continuato Sajan K. George, che ha poi condiviso un video in cui si vedono dei militanti di estrema destra fare irruzione in una casa cristiana durante un incontro di preghiera.
Gli aggressori chiedono ai partecipanti i loro nomi. Siccome sono nomi «indiani», i nazionalisti indù accusano il pastore pentecostale che sta tenendo l’incontro di fare attività di conversione.
«Questi estremisti usano la legge anti conversione per infastidire soprattutto la comunità pentecostale che da sempre si riunisce in case-chiesa», ha commentato il presidente del GCIC. «In India si tengono grandi eventi come il Kumbh Mela [pellegrinaggio indù ai fiumi sacri durante il quale si svolgono abluzioni rituali], ma una piccola congregazione di credenti che si riunisce in una casa per la preghiera cristiana viene minacciata e fermata».
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Spirito
I funerali di mons. Huonder
Secondo il suo desiderio, espresso più volte, mons. Vitus Huonder è stato sepolto nel seminario di Ecône, «vicino al vescovo che ha tanto sofferto per la Chiesa», ha detto. La messa funebre pontificia è stata celebrata nella chiesa del seminario da mons. Bernard Fellay. Successivamente nella cripta del seminario furono deposte le spoglie del vescovo emerito di Coira.
Un lungo corteo ha accompagnato il feretro del vescovo Huonder dalla cripta alla chiesa dove è stato celebrato il pontificale, dove è stata vegliata tutta la notte dopo il canto dell’Ufficio dei Morti. Il corteo lo accompagnerà poi alla tomba dove furono resi gli ultimi onori al vescovo Huonder e dove troverà la sua ultima dimora.
Erano presenti, infatti, 150 sacerdoti e seminaristi, una trentina di suore e circa 900 fedeli tra cui i 150 studenti della scuola Wangs, dove mons. Huonder ha concluso santamente e felicemente i suoi giorni.
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
Immagini da FSSPX.news
Spirito
Malesia, condanna a punizioni corporali per una donna applicando la sharia
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Una mamma single è stata ritenuta recidiva nel peccato di «khalwat» (vicinanza) in uno Stato governato dal partito islamista. La sentenza – che rappresenta una prima volta – dovrebbe essere eseguita nella prigione di Marang il 6 maggio. Una vicenda destinata a offrire un termometro dei rapporti di forza con i fondamentalisti nella Malaysia di Anwar Ibrahim
In Malaysia nello Stato nord-orientale di Terengganu, governato dagli islamisti del Partito Islamico della Malesia (PAS), una donna è stata condannata alle percosse per rapporti inappropriati con un uomo, applicando la sharia, la legge islamica. Se eseguita si tratterebbe del primo caso di questo tipo nello Stato.
N. A. N., che ha 37 anni ed è madre di un figlio, è stata accusata ai sensi della sezione 31 (b) del Syariah Criminal Offences (Takbir) (Terengganu) (Amendment) Enactment 2022, per essere stata da sola con un uomo di 40 anni che non era suo marito in una casa nel distretto di Kemaman, il 31 gennaio scorso.
N. A. si è dichiarata colpevole del reato. Il giudice Rosli Harun l’ha quindi condannata a sei colpi di bastone e a una multa di 4.000 ringgit (785 euro), oltre a otto mesi di carcere.
L’imputata era già stata condannata per un reato simile nel 2018 ed era stata multata. Il giudice ha anche consigliato a N. A. di sposarsi immediatamente per evitare di commettere nuovamente un reato simile. «In precedenza hai detto che ti saresti sposata, ma non è successo. Non c’è rimorso in te», ha detto il giudice alla donna raccomandandole anche di non sposarsi nella città di confine di Golok, in Thailandia, dove le coppie musulmane contraggono matrimoni clandestini.
Il PAS governa gli Stati nord-orientali di Terengganu e Kelantan dal 2018. Ideologicamente incentrato sul fondamentalismo islamico, la sua base elettorale è in gran parte concentrata sulle quattro coste rurali e orientali della Malesia peninsulare, compreso il nord conservatore, in particolare nel Kelantan, Terengganu, Perlis e Kedah.
Con queste vittorie, il PAS ha spinto per inasprire le punizioni ai sensi della legge islamica attraverso il codice penale della Sharia di ogni Stato. Il partito deve però fare i conti con nuovi attori ora dopo il governo di Najib Razak, che sosteneva l’agenda del PAS, ha perso il suo mandato elettorale.
In passato, l’ex primo ministro Mahathir Mohamed aveva bloccato i tentativi del PAS di approvare le leggi islamiche nel Kelantan e nel Terengganu.
Il National Trust Party (Amanah), un partito scissionista del PAS che ora fa parte della coalizione di governo sotto il «governo di unità» del primo ministro Anwar Ibrahim, dovrebbe bloccare i tentativi del PAS di spingere per l’attuazione della sharia. Tuttavia, il PAS e la coalizione di cui fa parte oggi – Perikatan Nasional – hanno ottenuto buoni risultati nelle ultime elezioni.
Il partito islamista ha ottenuto il maggior numero di seggi e il patto Perikatan Nasional ha riaffermato il suo controllo su quattro governi statali dall’agosto 2023. Questo ha portato molti osservatori a suggerire che un’ondata «verde» o «islamista» sta trasformando il panorama politico della Malaysia.
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