Persecuzioni
Il tempio ortodosso di «Nuova Gerusalemme» brucia dopo l’attacco ucraino

L’iconico tempio ortodosso di «Nuova Gerusalemme», villaggio nell’oblast’ di Belgorod chiamato Sukharevo, è andato a fuoco in seguito a un attacco di droni ucraini, hanno dichiarato il governatore della regione di Belgorod, Vjacheslav Gladkov, e il vescovo metropolita locale.
Dall’escalation del conflitto tra Mosca e Kiev nel febbraio 2022, la regione russa al confine con l’Ucraina è stata ripetutamente presa di mira da colpi di artiglieria e mortaio, nonché da droni carichi di esplosivo provenienti dall’altra parte del confine.
In un post su Telegram giovedì sera, Gladkov ha scritto che «le Forze armate ucraine hanno attaccato barbaramente il nostro amato complesso del tempio della Nuova Gerusalemme».
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«Durante la Santa Settimana di Pasqua, uno dei luoghi più sacri della regione è stato deliberatamente colpito» ha affermato, aggiungendo che i droni ucraini hanno successivamente preso di mira i vigili del fuoco che stavano cercando di contenere l’incendio.
In un altro post, Gladkov ha ipotizzato che l’incidente dimostri che «nulla è sacro» per le forze armate ucraine.
Il vescovo metropolita della regione di Belgorod, Ioann, ha confermato la distruzione del complesso del Tempio della Nuova Gerusalemme in una dichiarazione su Telegram venerdì mattina.
«Per diverse ore, un gruppo di droni ha deliberatamente distrutto gli edifici in legno del complesso» , ha affermato, sostenendo che l’esercito ucraino ha utilizzato bombe incendiarie e che i droni erano controllati via satellite, rendendoli difficili da intercettare. Il vescovo ha anche accusato Kiev di aver preso di mira i primi soccorritori sul posto.
🙏🏼 An enemy drone destroyed the New Jerusalem temple.
A monstrous event took place in the village of Sukharevo in the Belgorod Region. The wooden church “New Jerusalem”, which towered over the village for more than a century, was wiped off the face of the earth after an attack… pic.twitter.com/g1PVNbHuCY
— Elisabeth Eliseeva – AKHMAT 🇷🇺 🇷🇺 (@Eliseevanews) April 27, 2025
#Ukraine destroys historic church in #Belgorod with drone attackpic.twitter.com/VfCGWKbHv1
⭕️ The governor of #Russia‘s Belgorod region, #Vyacheslav_Gladkov, confirmed that the entire wooden “New Jerusalem” church complex was destroyed as a result of a Ukrainian drone attack,…— ⚡️🌎 World News 🌐⚡️ (@ferozwala) April 25, 2025
🔴⚡️Des drones ukrainiens ont rasé le complexe de la Nouvelle Jérusalem à Sukharevo. Églises détruites. Reliques millénaires consumées. Tout ce que le sacrifice et la foi avaient bâti en 25 ans, réduit en cendres en quelques minutes.
Les Ukronazis n’ont pas visé des soldats. Ils… pic.twitter.com/CtIa7bPAzq
— Camille Moscow 🇷🇺 🌿 ☦️ (@camille_moscow) April 26, 2025
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In un articolo di giovedì, l’agenzia russaRIA Novosti ha citato un altro rappresentante della diocesi della regione di Belgorod, il quale ha affermato che almeno due grandi droni hanno preso parte all’attacco, uno dei quali apparentemente fungeva da radiotrasmettitore, amplificando il segnale per l’altro UAV.
Il complesso ortodosso, una riproduzione in legno della Gerusalemme biblica, è stato costruito nei primi anni 2000.
Secondo Gladkov, nelle ultime 24 ore l’esercito ucraino ha attaccato complessivamente dieci località nella regione di Belgorod con bombardamenti di artiglieria e circa 100 droni.
Alla fine di febbraio, il portavoce del Cremlino Demetrio Peskov ha affermato: «È chiaro che il regime di Kiev non si tira indietro davanti a nulla… Non c’è nulla di sacro per loro».
Peskov aveva rilasciato queste dichiarazioni dopo che il Servizio di sicurezza federale russo (FSB) ha riferito di aver arrestato due sospettati che avrebbero pianificato di assassinare il metropolita Tikhon, capo della diocesi di Simferopoli e della Crimea, con una bomba, presumibilmente su ordine dei servizi segreti ucraini.
Il metropolita Tikhon è stato descritto come uno stretto consigliere spirituale del presidente russo Vladimir Putin, anche se ciò non è mai stato confermato.
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Immagine da Twitter
Persecuzioni
Cristiani siriani in pericolo: l’ECLJ allerta l’ONU

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Le forze governative massacrano alawiti e drusi
Il caos non colpisce solo i cristiani. Nel marzo 2025, oltre 1.400 persone, la maggior parte delle quali civili alawiti, sono state uccise negli scontri nelle province di Latakia e Tartus. A luglio, la comunità drusa è stata presa di mira a Sweida, dove milizie beduine sunnite, supportate dalle forze governative, hanno attaccato e saccheggiato la città. Il bilancio delle vittime di questi scontri a Sweida supera le 1.000 vittime e sarebbe stato probabilmente molto più alto se Israele non fosse intervenuto con la forza per rassicurare i drusi che vivevano sul suo territorio. La chiesa greco-melchita di San Michele nel villaggio di Al-Sura è stata data alle fiamme e decine di case cristiane sono state saccheggiate e bruciate.La graduale islamizzazione della Siria
Ahmed al-Sharaa, presidente ad interim, cerca di imporre al Paese il modello di Idlib, governato dal 2017 dal gruppo islamista Hayat Tahrir al-Sham (HTS): governo centralizzato, rigorosa applicazione della Sharia, un’economia deregolamentata nelle mani di reti vicine al governo e tolleranza minima per le minoranze, mantenute in uno stato quasi di dhimmi. Così, le scuole cristiane sono costrette a insegnare la Sharia, ad assumere presidi con lauree in diritto islamico e a separare i ragazzi dalle ragazze. «Questo contraddice l’intera tradizione educativa cristiana siriana. È inaccettabile», protesta un vescovo siriano. La polizia religiosa confisca gli alcolici, chiude i negozi che li vendono e monitora le relazioni tra uomini e donne. Tutto ciò che non è arabo sunnita viene emarginato: cristiani, alawiti, drusi, curdi.Aiuta Renovatio 21
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Persecuzioni
Siria, uomini armati assaltano e derubano presule siro-cattolico

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Prelevati la croce d’oro, chiavi, telefono e altri effetti personali al vicario generale Naaman. Due uomini hanno detto di appartenere alla «sicurezza» e lo hanno colpito, ferendolo. Attivisti contro i nuovi leader del Paese, incapaci di tutelare le minoranze. A Idlib dopo 14 anni riapre la chiesa di Sant’Anna.
Un nuovo episodio di violenza anti-cristiana alimenta le preoccupazioni della comunità ancora scossa dalla strage alla chiesa di Damasco e che fatica a «guarire le ferite» provocate dagli anni di guerra, dalla bomba della povertà e dall’ascesa al potere di una fazione islamica radicale HTS.
Nella serata del 2 settembre scorso (ma le informazioni stanno emergendo solo in queste ore), il corepiscopo Michel Naaman, vicario generale dell’arcidiocesi siro-cattolica di Homs, Hama e Al-Nabek, è stato derubato con pistole puntate alla tempia all’esterno della propria abitazione. Il religioso vive nel villaggio a maggioranza cristiana di Zaidal, a circa 7 km dalla città di Homs, dove è avvenuto l’attacco che secondo alcune testimonianze «gli è quasi costato la vita».
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Fonti locali raccontano che due uomini «armati e mascherati» lo hanno sorpreso, bloccandolo, sostenendo di essere membri di una milizia che auto-proclama della «Sicurezza generale». Lo hanno minacciato «con armi», prosegue il racconto, derubato «della sua croce d’oro assieme ad altri effetti personali», per poi abbandonarlo e fuggendo indisturbati.
Lo stesso corepiscopo Naaman ha confermato la violenza, raccontando di essere stato «sorpreso da uomini armati al rientro a casa» che «mi hanno minacciato con una pistola» premendolo contro il muro dell’abitazione per poi «sfilargli la croce d’oro» che conservava da oltre 50 anni. Assieme al simbolo religioso lo hanno derubato «di altri effetti personali», per poi abbandonarlo «in preda al panico e al tremore, da solo e senza chiavi di casa e portando via anche il telefono». «Sono un uomo di Dio» ha detto loro «non porto armi e non farò resistenza. Ma uomini preposti alla sicurezza non agiscono in questo modo».
Riguardo l’assalto il sacerdote siro-cattolico, che ha riportato ferite alla spalla strattonata dagli assalitori, ha poi aggiunto «di non aver temuto per me stesso, perché il mio pensiero andava alle vittime di simili aggressioni» e la sopravvivenza «era nelle mani di Dio». Egli ha infine ringraziato gli abitanti del villaggio e i sacerdoti che lo hanno soccorso dopo l’assalto.
Fra i primi a rilanciare, condannandolo, l’ennesimo episodio di violenze anti-cristiane nella Siria di Ahmed al-Sharaa e di Hay’at Tahrir al-Sham (HTS), nuovi leader del Paese dopo il crollo repentino nei mesi scorsi del regime di Bashar al-Assad, vi è l’Assyrian Human Rights Monitor. «Questo doloroso incidente, che avrebbe potuto costargli la vita, non è semplicemente un crimine isolato, ma piuttosto» afferma il gruppo in una nota «un nuovo anello in una crescente catena di aggressioni contro cittadini innocenti, scuotendo la sicurezza e la stabilità della società». Padre Michel Naaman è stato «terrorizzato con il pretesto della “sicurezza”» che non risulta garantita a larghe fasce della popolazione siriana, a partire delle minoranze cristiana, alawita, fino ai drusi.
Il movimento attivista assiro punta il dito contro i nuovi leader legati ad HTS ritenendoli «direttamente responsabili» per due motivi: l’incapacità di garantire sicurezza e protezione ai cittadini, un compito che spetta allo Stato; la continua facilità con cui il personale preposto in linea teorica alla sicurezza ricorre a maschere e travestimenti per attaccare, colpire, incutere timore o coprire singoli o gruppi di malintenzionati. Invocando una «indagine immediata e trasparente» sull’incidente che ha coinvolto il corepiscopo, il gruppo invoca «misure rigorose ed efficaci per porre fine a tali pratiche criminali ricorrenti e ricostruire la fiducia tra cittadini e forze di sicurezza».
Infine, dalla Siria giungono anche notizie fonte di speranza per il futuro, in particolare nell’area dove a lungo hanno dominato gruppi jihadisti ed estremisti islamici anche quando nel resto del Paese era ancora presente il regime di Assad.
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Dal villaggio di al-Yaqoubiya, a ovest di Idlib, nella provincia settentrionale confinante con la Turchia e zona di origine degli attuali leader di HTS, arrivano immagini di festa per la riapertura della chiesa di sant’Anna. Nel fine settimana scorso l’arcivescovo armeno-ortodosso di Aleppo Makar Ashkarian ha celebrato la funzione che ha segnato l’inaugurazione del luogo di culto distrutto e abbandonato nel tempo.
La celebrazione di Sant’Anna si tiene tradizionalmente ogni anno nell’ultima settimana di agosto ed è una delle festività religiose più importanti per i membri della comunità ortodossa armena in Siria; dopo 14 anni si è potuta celebrare di nuovo una messa a Idlib, cui ha partecipato un consistente numero di pellegrini provenienti da Aleppo, Latakia, Hasakah, Damasco e altre ancora.
L’attuale chiesa è stata ricostruita nel 2020 dopo il terremoto che ha colpito la regione su iniziativa del monachesimo francescano, spiega una fonte cristiana locale, per essere un simbolo di fermezza, radicamento e fede.
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Immagine da AsiaNews
Persecuzioni
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