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Geopolitica

Il ministro sionista israeliano Ben-Gvir appoggia Trump, dicendo che è più probabile che sostenga la guerra contro l’Iran

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Il ministro della sicurezza nazionale israeliano Itamar Ben-Gvir ha appoggiato l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump, candidato repubblicano alle elezioni del 2024, per la Casa Bianca in un’intervista pubblicata mercoledì, in cui ha accusato l’amministrazione Biden di aver impedito a Israele di vincere la guerra a Gaza .

 

«Credo che con Trump, Israele riceverà il sostegno per agire contro l’Iran», ha detto a Bloomberg il Ben-Gvir, che guida il partito di estrema destra Otzma Yehudit, che alle elezioni negli ultimi anni ha fatto il boom di consensi presso l’elettorato israeliano. «Con Trump, sarà più chiaro che i nemici devono essere sconfitti».

 

«Un ministro del governo dovrebbe mantenere la neutralità», ha ammesso il 48enne ministro dello Stato degli ebrei, «ma è impossibile farlo dopo Biden».

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«Gli Stati Uniti hanno sempre sostenuto Israele in termini di armamenti e armi, ma questa volta la sensazione era che ci stessero tenendo in considerazione, che stessero cercando di impedirci di vincere. Ciò è accaduto sotto la supervisione di Biden e ha alimentato Hamas con molta energia», ha aggiunto il Ben-Gvir, che è stato condannato nel 2007 per incitamento al razzismo dopo aver sostenuto la pulizia etnica dei palestinesi.

 

Come riportato da Renovatio 21, il Ben-Gvirro, che di recente è stato vittima anche di un incidente automobilistico, in settimana aveva infiammato gli animi nazionalisti israeliani a recarsi a pregare pubblicamente al «monte del Tempio», cosa proibita dallo status quo attuale, che epperò egli ora ritiene «cambiato».

 

Mentre Biden, il Segretario di Stato americano Antony Blinken e altri funzionari dell’amministrazione hanno condannato i bombardamenti spesso indiscriminati di Gaza da parte di Israele e le elevate perdite di vite civili (almeno 140.000 palestinesi uccisi, feriti o dispersi, secondo agenzie locali e internazionali), gli Stati Uniti hanno approvato miliardi di dollari in nuovi aiuti militari e più di 100 vendite di armi a Israele da ottobre.

 

Durante il suo mandato alla Casa Bianca, Trump, che si vantava di aver «combattuto per Israele come nessun altro presidente prima», spostò l’ambasciata statunitense da Tel Aviv a Gerusalemme e mediò gli Accordi di Abramo tra Israele e le nazioni arabe Bahrein, Marocco, Sudan ed Emirati Arabi Uniti.

 

Trump ha affermato che Israele dovrebbe «portare a termine il suo lavoro» a Gaza, criticando al contempo le Forze di difesa israeliane per aver pubblicato video che mostrano la distruzione dell’enclave palestinese sotto assedio.

 

«Non so perché abbiano diffuso foto di guerra come quelle. Immagino che li facciano sembrare duri. Ma per me, non li fa sembrare duri», aveva detto Trump ad aprile. «Stanno perdendo la guerra delle pubbliche relazioni. La stanno perdendo alla grande. Ma devono finire ciò che hanno iniziato, e devono finirlo in fretta, e noi dobbiamo andare avanti con la nostra vita».

 

Mentre Trump afferma di voler raggiungere un accordo con l’Iran per impedirgli di sviluppare armi nucleari, in qualità di presidente ha ritirato unilateralmente gli Stati Uniti dal Piano d’azione congiunto globale, noto anche come accordo sul nucleare iraniano, e ha supervisionato una campagna di «massima pressione» contro Teheran caratterizzata da sanzioni economiche mortali.

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Su consiglio dei falchi iraniani della sua amministrazione, tra cui l’allora Segretario di Stato Mike Pompeo, Trump ordinò anche l’assassinio del generale delle Guardie della Rivoluzione Islamica iraniana Qasem Soleimani in Iraq nel gennaio 2020.

 

L’intervista di Ben-Gvir è stata pubblicata mentre il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu si preparava a parlare mercoledì a una riunione congiunta del Congresso degli Stati Uniti a Washington, DC. Un numero crescente di legislatori democratici ha chiesto non solo un cessate il fuoco a Gaza, ma anche la sospensione degli aiuti militari statunitensi a Israele, la cui condotta nella guerra è sotto processo per genocidio presso la Corte internazionale di giustizia.

 

Diecine di rappresentanti democratici e il senatore indipendente Bernie Sanders del Vermont hanno saltato il discorso di mercoledì di Netanyahu. La vicepresidente Kamala Harris, che è anche presidente del Senato, non ha presieduto la sessione di mercoledì. Harris, che è la presunta candidata democratica alla presidenza in seguito al ritiro di Biden dalla corsa di domenica, ha detto che incontrerà privatamente Netanyahu giovedì.

 

Facendo eco alle richieste di gruppi tra cui CodePink e il Council on American Islamic Relations, la deputata democratica michiganense Rashida Tlaib ha affermato questa settimana che il primo ministro dovrebbe essere arrestato per crimini di guerra e genocidio.

 

Karim Khan, il procuratore della Corte penale internazionale, ha richiesto mandati di arresto per Netanyahu, il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant e tre leader di Hamas per presunti crimini di guerra, tra cui lo sterminio, commessi a partire dal 7 ottobre.

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Immagine di Alon Nouriel via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported; immagine tagliata.

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Geopolitica

Gli USA hanno tentato di reclutare il pilota di Maduro per un rapimento

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Un agente federale statunitense ha cercato di reclutare in segreto il pilota personale del presidente venezuelano Nicolás Maduro per un piano volto a catturare il leader e consegnarlo alle autorità americane con l’accusa di narcotraffico. Lo riporta l’agenzia Associated Press.   Citanto tre funzionari statunitensi in servizio ed ex, oltre a un oppositore di Maduro, l’agenzia ha indicato che l’agente della Sicurezza Nazionale Edwin Lopez ha incontrato il pilota di Maduro, il generale Bitner Villegas, nella Repubblica Dominicana nel 2024. Lopez avrebbe proposto al pilota denaro e protezione in cambio del dirottamento dell’aereo presidenziale verso un luogo dove le autorità USA potessero arrestarlo. Il pilota non ha dato una risposta immediata, ma ha proseguito a messaggiare con l’agente per oltre un anno, anche dopo il pensionamento di Lopez nel luglio 2025.   L’agente avrebbe menzionato l’annuncio del Dipartimento di Giustizia che portava a 50 milioni di dollari la taglia per la cattura di Maduro, incitando Villegas a «diventare l’eroe del Venezuela». Il pilota ha infine declinato, definendo Lopez un «codardo» e interrompendo i contatti.   Le rivelazioni emergono mentre gli Stati Uniti intensificano la pressione militare e di intelligence su Caracas. Il presidente Donald Trump ha autorizzato la CIA a condurre operazioni clandestine in Venezuela e ha schierato navi da guerra, aerei e migliaia di truppe nei Caraibi per quella che Washington presenta come una campagna antidroga. Negli ultimi mesi, raid statunitensi contro imbarcazioni al largo di Venezuela e Colombia avrebbero causato decine di morti.   Trump sostiene che le azioni mirano ai narcotrafficanti, mentre funzionari USA accusano il governo Maduro di gestire uno «narcostato».

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Il presidente venezuelano ha respinto le accuse come pretesto per un cambio di regime. Ha definito l’ammissione di Trump su attività segrete della CIA in Venezuela come senza precedenti e «disperata». Maduro ha posto l’esercito in massima allerta e ha ricordato che il Paese dispone di un ampio arsenale di sistemi antiaerei Igla-S di epoca sovietica.   Mosca, alleata di Caracas, ha condannato la campagna USA. All’inizio del mese, l’ambasciatore russo all’ONU, Vassily Nebenzia, ha accusato Washington di orchestrare un colpo di Stato in Venezuela sotto la copertura di un’operazione antidroga, definendola «una palese violazione del diritto internazionale e dei diritti umani».   La Casa Bianca accusa da tempo Maduro di guidare una rete di narcotrafficanti nota come «Cartel de los Soles», sebbene non vi siano prove schiaccianti o prove concrete che lo dimostrino, tuttavia lo scorso anno gli USA sono arrivati a sequestrare un aereo presumibilmente utilizzato dal presidente di Carcas. È stato anche accusato di aver trasformato l’immigrazione in un’arma, sebbene Maduro si sia mostrato pronto a dialogare con le delegazioni diplomatiche americane sulla questione.   Come riportato da Renovatio 21, a inizio anno Maduro aveva dichiarato che Washington ha aperto il suo libretto degli assegni a una schiera di truffatori e bugiardi per destabilizzare il Venezuela, quando gli Stati Uniti si sono rifiutati di riconoscere le elezioni del 2024 in Venezuela.   Secondo Maduro, almeno 125 militanti provenienti da 25 Paesi sono stati arrestati dalle autorità venezuelane. Aveva poi accusato Elone Musk di aver speso un miliardo di dollari per un golpe in Venezuela. Negli stessi mesi si parlò di un piano di assassinio CIA di Maduro sventato.   Nelle scorse settimane perfino l’account YouTube di Maduro è stato rimosso da YouTube.   Secondo notizie emerse nelle ultime ore Trump punterebbe ad attaccare le «strutture della cocaina» in Venezuela.  

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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0) 
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Economia

USA e Giappone firmano un accordo sui minerali essenziali

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Martedì, Stati Uniti e Giappone hanno siglato un accordo di cooperazione per la produzione e la fornitura di minerali essenziali e terre rare. La mossa arriva dopo la decisione della Cina di rafforzare i controlli sulle esportazioni di terre rare e attrezzature per la produzione di chip, in risposta ai dazi imposti dal presidente statunitense Donald Trump.

 

L’intesa è stata conclusa durante la visita di Trump a Tokyo, dove ha incontrato per la prima volta il nuovo primo ministro giapponese, Sanae Takaichi.

 

Secondo la Casa Bianca, le due nazioni hanno convenuto di promuovere iniziative congiunte «necessarie a sostenere le industrie nazionali, incluse le tecnologie avanzate e le rispettive basi industriali», e di impiegare «strumenti di politica economica e investimenti coordinati per accelerare lo sviluppo di mercati diversificati, liquidi ed equi per minerali essenziali e terre rare».

 

I leader hanno inoltre sottoscritto un documento che impegna i rispettivi governi a «intraprendere ulteriori passi verso una nuova era d’oro per l’alleanza in continua crescita tra Stati Uniti e Giappone».

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Trump ha definito il Giappone un «alleato al livello più alto», elogiando Takaichi, insediatosi la settimana scorsa, come «uno dei più grandi primi ministri». Takaichi, dal canto suo, ha promesso di rafforzare i legami bilaterali, che ha descritto come «la più grande alleanza al mondo».

 

Trump ha da tempo manifestato interesse a garantire l’accesso ai minerali di terre rare in diverse regioni del mondo, perseguendo sia opportunità economiche vantaggiose sia una maggiore influenza geopolitica.

 

All’inizio di quest’anno, gli Stati Uniti hanno firmato un accordo sui minerali con l’Ucraina, considerato da diplomatici e politici americani una forma di garanzia di sicurezza per Kiev. Trump ha inoltre concluso un’intesa di investimento con l’Australia all’inizio di questo mese, mirata a contrastare il dominio cinese nel mercato delle terre rare e dei minerali essenziali.

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Economia

I mercati argentini salgono dopo la vittoria elettorale di Milei, che ringrazia il presidente Trump

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Il presidente argentino Javier Milei ha conquistato una vittoria schiacciante alle elezioni di medio termine del suo Paese, considerate un importante banco di prova per il sostegno alle sue riforme radicali di «terapia d’urto» e alla sua politica economica «a motosega».   Il partito di Milei, La Libertad Avanza, ha ottenuto il 40,8% dei voti a livello nazionale per la camera bassa del Congresso e ha prevalso in sei delle otto province che hanno eletto un terzo del Senato.   L’opposizione di sinistra, rappresentata dai peronisti, ha raccolto il 31,7% dei voti. Sebbene Milei non abbia conquistato la maggioranza assoluta in Congresso, questo risultato complicherà notevolmente gli sforzi dei suoi oppositori per ostacolare il suo programma.   Milei ha implementato un ambizioso piano libertario, caratterizzato da tagli significativi a normative, spesa pubblica, politiche statali e dipartimenti governativi, con l’obiettivo di risollevare l’Argentina da decenni di stagnazione economica.   Il suo approccio ha ricevuto il sostegno del presidente statunitense Donald Trump, che ha offerto supporto finanziario per garantire l’avanzamento delle riforme, soprattutto dopo il recente crollo drammatico del peso argentino.   Durante un incontro alla Casa Bianca con Milei la settimana scorsa, Trump ha promesso un pacchetto di aiuti da 20 miliardi di dollari, con la possibilità di raddoppiarlo in caso di successo alle elezioni di medio termine.   «Se non vince, siamo fuori», ha dichiarato Trump. «Se perde, non saremo generosi con l’Argentina».

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All’inizio di questo mese, il segretario al Tesoro statunitense Scott Bessent ha stipulato uno swap valutario da 20 miliardi di dollari con la banca centrale argentina per stabilizzare il mercato obbligazionario del Paese in vista delle elezioni. Bessent ha chiarito che il pacchetto di aiuti non va considerato un «salvataggio», ma piuttosto una «Dottrina Monroe economica», richiamando la politica del XIX secolo volta ad affermare la supremazia degli Stati Uniti nell’emisfero occidentale.   Il segretario del Tesoro USA ha sottolineato che il successo dell’Argentina è nell’interesse degli Stati Uniti, non solo per stabilizzare il Paese, ma anche per renderlo un «faro» per altre nazioni della regione. «Non vogliamo un altro Stato fallito o sotto l’influenza cinese in America Latina», ha affermato Bessent.   Le obbligazioni, la valuta e le azioni argentine hanno registrato un’impennata lunedì mattina, dopo che il partito del presidente Javier Milei ha ottenuto una decisiva vittoria alle elezioni di medio termine. Il risultato è fondamentale per preservare il radicale rilancio economico di Milei in un Paese devastato da decenni di mala gestione socialista che ha distrutto la nazione.   Le riforme del libero mercato e l’aggressivo programma di austerità di Milei hanno già iniziato a raffreddare l’inflazione e a stabilizzare le condizioni finanziarie, segnalando agli investitori che il percorso di ristrutturazione resta intatto.   Milei ha poi ringraziato Trump su X:     «Grazie, Presidente Trump, per la fiducia accordata al popolo argentino. Lei è un grande amico della Repubblica Argentina. Le nostre nazioni non avrebbero mai dovuto smettere di essere alleate. I nostri popoli vogliono vivere in libertà. Contate su di me per lottare per la civiltà occidentale, che è riuscita a far uscire dalla povertà oltre il 90% della popolazione mondiale».

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