Internet
Il giudice Moraes infligge a Musk un’altra multa per X in Brasile

Elon Musk è stato condannato a pagare un’altra multa se vuole che il Brasile revochi il divieto nazionale imposto sulla sua piattaforma X ad agosto, hanno riferito i media locali, citando un fascicolo della Corte Suprema depositato venerdì.
La multa è stata ordinata dal giudice Alexandre de Moraes dopo che X è diventato brevemente accessibile nel Paese nonostante il precedente divieto, presumibilmente tramite il provider di Internet satellitare di Musk, Starlink.
La disputa tra Musk e le autorità brasiliane risale ad aprile, quando Moraes aveva intimato a X di cancellare diversi account che si diceva stessero diffondendo disinformazione, tra cui, sembra, anche quelli di alcuni esponenti politici. Musk aveva rifiutato, dicendo che la mossa avrebbe violato la legge brasiliana.
Il 30 agosto, il Moraes ha imposto un divieto nazionale a X. Ha inoltre imposto una multa alla piattaforma per non aver nominato un nuovo rappresentante legale in Brasile e ha ordinato il congelamento dei conti di X e Starlink, una sussidiaria della SpaceX di Musk nel paese, per garantirne il pagamento.
Come riportato da Renovatio 21, a metà settembre il tribunale ha sbloccato entrambi i conti, ma ha prelevato 18,35 milioni di reais brasiliani (circa 3,3 milioni di dollari) per far rispettare la multa.
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Musk inizialmente si è rifiutato di soddisfare le richieste di Moraes, definendolo «un dittatore malvagio che si spaccia per giudice». Tuttavia, all’inizio di questa settimana, il team legale di X ha affermato che la piattaforma ha risolto i problemi rilevati dalla corte, tra cui la nomina dell’avvocato Rachel de Oliveira come nuovo rappresentante legale. Ha richiesto che il divieto sulla piattaforma venisse revocato.
Venerdì la corte ha dichiarato di aver ricevuto un rapporto dall’ente di controllo delle telecomunicazioni brasiliano (Anatel) che affermava che X era diventato accessibile per due giorni interi la settimana precedente nonostante la sospensione. Moraes ha accusato Musk di aver «deliberatamente e illegalmente» cercato di «aggirare» il divieto e gli ha ordinato di pagare altri 10,3 milioni di reais (1,9 milioni di dollari) se desidera ripristinare la piattaforma in Brasile. A Oliveira è stato anche ordinato di pagare una multa di 300.000 reais (55.200 dollari).
«Il ritorno immediato di X dipende esclusivamente dal pieno rispetto della legislazione brasiliana e dall’assoluta osservanza degli ordini del tribunale in materia di sovranità nazionale», ha affermato Moraes nell’ordinanza del tribunale.
Il team legale di X in Brasile ha rifiutato di commentare l’ultima mossa di Moraes. Anche Musk è rimasto insolitamente silenzioso sulla notizia finora.
Come riportato da Renovatio 21, il Brasile è solcato da manifestazioni di massa per la libertà di parola indetta dai bolsonariani, che inneggiano a Elon Musk e alla sua piattaforma social.
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Immagine MINISTÉRIO DAS COMUNICAÇÕES via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
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Internet
Metriche pubblicitarie di e-commerce artificialmente gonfiate, afferma un ex dipendente Meta

Meta, la società madre di Facebook e Instagram, è stata accusata di aver gonfiato artificialmente le metriche delle prestazioni del suo prodotto pubblicitario per l’e-commerce, Shops Ads , secondo una denuncia presentata mercoledì da un informatore presso un tribunale del lavoro in Gran Bretagna. Lo riporta il sito ADWEEK.
La denuncia, presentata da Samujjal Purkayastha, ex product manager del team pubblicitario di Meta Shops, sostiene che l’azienda ha tratto in inganno gli inserzionisti sovrastimando il ritorno sulla spesa pubblicitaria (ROAS), facendo apparire la sua nuova offerta pubblicitaria più efficace rispetto ai prodotti della concorrenza, riporta ADWEEK.
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Secondo quanto depositato presso il London Central Employment Tribunal, Meta avrebbe incrementato i numeri delle performance degli annunci Shops: conteggio delle spese di spedizione e delle tasse come parte del fatturato totale; sovvenzionare le offerte nelle aste pubblicitarie per garantire un posizionamento più prominente; applicare sconti non dichiarati per dare l’impressione di risultati più forti; revisioni interne condotte all’inizio del 2024 hanno rivelato che il ROAS degli annunci di Shops era stato gonfiato tra il 17% e il 19%, secondo la denuncia.
Gli altri prodotti pubblicitari di Meta, così come quelli di concorrenti come Google, calcolano il ROAS utilizzando dati netti, escluse spese di spedizione e tasse. Senza le commissioni aggiuntive, sostiene la denuncia, gli annunci di Shops non hanno ottenuto risultati migliori rispetto ai prodotti pubblicitari tradizionali di Meta.
«Questo è stato significativo», si legge nel reclamo. «Oltre al fatto che la metrica di performance del ROAS era sovrastimata di quasi un quinto, significava che, anziché aver superato il nostro obiettivo primario, il team di Shops Ads lo aveva di fatto mancato una volta che il dato era stato ridotto per tenere conto dell’inflazione artificiale».
Il documento collega queste presunte pratiche a un più ampio sforzo interno a Meta per riprendersi dagli effetti della funzionalità App Tracking Transparency (ATT) di Apple, lanciata nel 2021.
La politica di Apple limitava l’accesso ai dati degli utenti iOS, un pilastro dell’attività pubblicitaria di Meta. L’ex CFO di Meta, David Wehner, ha avvertito durante una conference call sui risultati finanziari del 2021 che la modifica potrebbe costare all’azienda «nell’ordine dei 10 miliardi di dollari».
Incoraggiando gli inserzionisti a utilizzare gli annunci Shops, che mantengono le transazioni all’interno delle app di Meta, l’azienda potrebbe raccogliere più dati di acquisto proprietari e ridurre la sua dipendenza dalle autorizzazioni di tracciamento di Apple.
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Secondo il Purkayastha, Meta ha iniziato a sovvenzionare gli annunci di Shops nelle aste, a volte fino al 100%, garantendone la visualizzazione più frequente rispetto ad altri formati pubblicitari. Ciò ha aumentato la visibilità, incrementato artificialmente le conversioni e fatto apparire gli annunci di Shops come un investimento più solido.
Purkayastha è entrato a far parte di Meta nel 2020 come parte del team di ricerca applicata sull’intelligenza artificiale di Facebook, prima di essere riassegnato al team Shops Ads nel marzo 2022. È rimasto in azienda fino al 19 febbraio 2025.
Nella denuncia si afferma che Purkayastha ha ripetutamente sollevato preoccupazioni durante gli incontri con i dirigenti tra il 2022 e il 2024, mettendo in dubbio l’accuratezza dei risultati riportati dagli annunci di Shops. Afferma che l’azienda ha continuato a utilizzare la metodologia contestata nonostante le obiezioni interne.
Il reclamo sottolinea anche che gli strumenti di tracciamento di Meta fanno parte della sua strategia per mantenere le prestazioni pubblicitarie dopo le modifiche alla privacy di Apple.
Aggregated Event Measurement (AEM1), introdotto nell’aprile 2021, ha utilizzato l’apprendimento automatico per stimare le conversioni, rispettando al contempo gli utenti che avevano scelto di non essere monitorati.
AEM2, lanciato poco dopo, avrebbe collegato l’attività in-app alla navigazione e agli acquisti su siti di terze parti utilizzando identificatori personali come nomi, e-mail, numeri di telefono e indirizzi IP.
«Nella denuncia, Purkayastha ha affermato di credere che AEM2 abbia aggirato le restrizioni imposte dal framework sulla privacy di Apple, sebbene abbia mitigato gran parte della perdita di dati derivante dalle modifiche alla privacy» scrive ADWEEK.
Secondo la denuncia, il Purkayastha è stato licenziato da Meta nel febbraio 2025. La sua denuncia al tribunale del lavoro fa parte di una richiesta di provvedimento provvisorio, che chiede il ripristino della sua precedente posizione.
«Sebbene le conseguenze legali siano ancora da definire, queste rivelazioni mettono nuovamente in discussione l’affidabilità dei dati forniti da Meta ai suoi inserzionisti» commente Hdblog.
Non sono le prime accuse rivolte a Meta-Facebook da ex dipendenti.
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Quattro anni il Wall Street Journal cominciò a pubblicare sconvolgenti rivelazioni sulla piattaforma social. In sintesi, scriveva il WSJ «Facebook Inc. sa, nei minimi dettagli, che le sue piattaforme sono piene di difetti che causano danni, spesso in modi che solo l’azienda comprende appieno. Questa è la conclusione centrale (…), basata su una revisione dei documenti interni di Facebook, inclusi rapporti di ricerca, discussioni online dei dipendenti e bozze di presentazioni per il senior management».
Secondo il reportage, Facebook esentava gli utenti di alto profilo da alcune regole, ignorava una ricerca su Instagram (social del gruppo Meta) che mostrava i rischi per la salute mentale degli adolescenti, sapeva che il suo algoritmo premia l’indignazione, era stato lento nell’impedire ai cartelli della droga e ai trafficanti di esseri umani di utilizzare la sua piattaforma.
Due anni fa il WSJ tornò con un reportage in cui affermava che «Meta sta lottando per allontanare pedofili da Facebook e Instagram».
Nel 2023 un ex data-scientist di Facebook, in contenzioso legale con l’azienda, aveva sostenuto che Facebook può scaricare segretamente la batteria dello smartphono degli utenti.
Tre anni fa un ex dipendente aveva detto che il CEO Marco Zuckerberg aveva brandito una katana, cioè una spada samurai, perché irato con dei programmatori.
Come riportato da Renovatio 21, lo Zuckerbergo un mese fa ha dichiarato che Facebook non è più incentrato sulla connessione con gli amici.
Secondo alcuni il prossimo aggiornamento di Instagram eroderà ulteriormente la privacy degli utenti.
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Immagine di Yuri Samoilov via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
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