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Il Giappone celebra Holly e Benji, ma vieta di giocare a calcio nel parchetto

Per molti italiani il cartone animato Holly e Benji (in originale Kyaputen Tsubasa, cioè «Capitan Tsubasa» il vero cognome di Holly) è stato il primo approccio con quella civiltà aliena che è il Giappone.
La serie animata trattava un tema che nel Belpaese è più familiare dell’ossigeno, il calcio, ma lo faceva in un’ottica completamente inverosimile: campi da gioco infiniti che iprotagonisti attraversavano correndo per tempi interminabili, pallonate che sfondavano reti e giocatori che si libravano in aria facendosi beffe della gravità. Oltre al fatto che i protagonisti giapponesi di una serie ambientata in Giappone avevano, nella versione italiana, improbabili nomi inglesi.
Il geniale divulgatore Yanagita Rikao, fondatore del Kusokagaku Kenkyujo, il «laboratorio di scienza fantastica» che si occupa di calcolare secondo la fisica del mondo reale quanto avviene nel mondo dei fumetti e dei cartoni animati ha stabilito che la tipica pallonata che attraversa la rete e fracassa il muro retrostante scagliata da Mark Lenders (al secolo Hyuga Kojiro) dovrebbe viaggiare a 5900 km, ovvero mach 4,8!
Corre voce che quando l’autore Yoichi Takahashi decise di scrivere un fumetto incentrato sul calcio fosse sì entusiasta riguardo a questo sport, ma con una conoscenza soltanto superficiale riguardo ad esso, con le inverosimiglianze di cui sopra come conseguenza.
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In ogni caso, la serie ha un successo enorme a livello globale da più di quarant’anni a questa parte. In conseguenza di ciò il municipio di Tokyo dove l’autore ha visto i natali, Katsushika, ha deciso di omaggiare Takahashi dedicando un’intera stazione ferroviaria a Tsubasa e compagni.
La stazione di Yotsugi sulla linea Keisei appare oggi come nelle foto seguenti.
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All’inaugurazione della nuova veste della stazione, nel 2019, era presente il campione del mondo spagnolo Andres Iniesta, allora militante nel Vissel Kobe e grande fan di Captain Tsubasa.
Le ferrovie Keisei pubblicizzano la stazione con un occhio rivolto ai turisti stranieri, che altrimenti difficilmente visiterebbero la zona di Katsushika, defilata rispetto al centro della capitale nipponica.
Oltre alla stazione, ci sono anche nove statue in bronzo dei personaggi della serie disseminate tra il quartiere di Yotsugi e quello adiacente di Tateishi. Scannerizzando un QRcode posto alla base di ogni statua è possibile collezionare dei timbri commemorativi virtuali.
Nel piccolo parco di Shibue a Tateishi si trova questa statua di Misaki Taro (alias Tom Becker, amico e compagno di squadra di Capitan Tsubasa).
Il parco, oltre a due campi da tennis, ospita una piccola area gioco per i bambini ed un prato su cui troneggia il seguente cartello.
«Sul prato sono vietati (…) baseball, calcio, golf, fuochi d’artificio (…)». La statua di Misaki Taro è sullo sfondo.
Non trovo sunto più esauriente della vita quotidiana nel Giappone urbano contemporaneo.
P.S. Siccome Katsushika è nella parte Est di Tokyo e qui la gente è tosta, domenica pomeriggio al parco Shibue c’erano ragazzini e adulti che giocavano a baseball e calcio…
Taro Negishi
Corrispondente di Renovatio 21 dal Giappone
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Amazon Prime Video rimuove tutte le armi e le Bond Girls dai poster dei film di 007. Poi ci ripensa

La piattaforma streaming di Amazon Prime Video ha recentemente rimosso tutte le armi e le Bond girl dalle locandine dei film di James Bond. Poi nelle ultime ore, sembra aver ripristinato la versione originale.
L’amata serie di pellicole di spionaggio 007, dove le pistole giuocavano un ruolo grafico sin dalle locandine, si trova ancora sotto il tallone della cultura woke, e quindi della censura e dell’orwelliana cancellazione della storia.
È ridicolo, e antistorico, vedere il comandante Bond a braccia conserte senza la sua arma (che è variata, dagli anni, da una Walther PPK a una Beretta forse di modello 418 o 950) impugnata disinvoltamente – un elemento che è parte fondamentale dello stesso personaggio, elegante e pericoloso, come il mondo in cui la spy-story promette di immergere lo spettatore.
Amazon had digitally removed all of the guns from James Bond movie art.
Next … they will probably eliminate any scenes from the movies with guns.
Ridiculous. pic.twitter.com/PdMgKIKY2e
— Wall Street Mav (@WallStreetMav) October 3, 2025
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In particolare, tutte le armi sembravano essere state rimosse da immagini già note, tra cui un ritratto di Sean Connery con una pistola Walther PPK tra le braccia incrociate, utilizzato come foto pubblicitaria per la pellicola Dr. No e ora esposto alla National Portrait Gallery di Londra. Un poster teaser ampiamente visto per il film Spectre con Daniel Craig è stato apparentemente modificato per eliminare la pistola che tiene al fianco (sebbene la fondina ascellare indossata da Craig sia ancora visibile).
Un ritocco simile sembrava essere stato effettuato su un’immagine pubblicitaria di Roger Moore in Agente 007 Vivi e lascia morire, in cui Moore impugna una .44 Magnum, un allontanamento dalla tradizione di Bond di pistole relativamente piccole.
Le immagini modificate digitalmente dei poster originali dei film sono un insulto agli artisti che le hanno create e ai fan che le hanno guardate negli ultimi 63 anni – oltre che all’idea stessa che sta alla base del racconto di James Bond.
Notice in these Amazon #JamesBond digital posters they’ve removed all the guns and given awkward poses?
Welcome to a world where promoting James Bond 007 needs to be done without his sidearm. pic.twitter.com/3NGkxXShcn
— Chris (@GelNerd) October 2, 2025
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L’establishment progressista cerca di cancellare le armi dall’immaginario cinematografico classico, mentre il transgenderismo e i temi satanici vengono promossi in film e cartoni pensati per bambini.
Notizia delle ultime ore, Amazon si averci ripensato: dopo il pubblico clamore, le pistole sono tornate sulle locandine.
La mossa era arrivata dopo che Amazon ha acquisito i diritti del film acquistando gli studi MGM per un miliardo di dollari all’inizio di quest’anno e si appresta a lanciare un nuovo film diretto da Denis Villeneuve (il regista di The Arrival, Blade Runner 2049, e del recente, noiosissimo, Dune), scritto e diretto da Steven Knight, il cui nuovo attore di Bond deve ancora essere annunciato.
In passato si è speculato sull’arrivo di un Bond negro (si è fatto il nome del divo anglo-nigeriano Idris Elba) o di una Bonda. In realtà, una potente anticipazione era nell’ultimo film No Time to Die con Daniel Craig – la cui scelta come protagonista della seria, una ventina di anni fa, fu contestata da un gruppo di fan: è biondo – dove saltava fuori una agente MI6 nera e statuaria (tipo Grace Jones, per intenderci), seduttiva e letale anche più del Bond stesso.
No Time to Die sconvolse gli aficionados perché mostrava un atto incomprensibile per chi conosce la saga: la morte di James Bond, un fatto narratologicamente, archetipicamente inconcepibile, in quanto il tema profondo della serie è, senza dubbio alcuno, il mito dell’eroe invincibile.
La castrazione del carattere di 007 era presente nei film dell’era Craig anche in precedenza: il filosofo ratzingeriano coreano Byung-chul Han nel suo saggio La società della stanchezza indicava la stranezza di vedere in Skyfall (2012) un James Bond affaticato e depresso, con traumi psicanalitici che riemergono.
Il codice «007» è in realtà un riferimento preciso che il romanziere (e vero agente segreto) britannico Ian Fleming faceva agli intrecci tra l’occultismo e la storia di Albione, in particolare nel momento in cui Londra si separò dalla Chiesa cattolica e cioè dall’Europa.
Il primo «oo7» fu infatti John Dee (1527-1608), matematico, geografo, alchimista, astrologo, astronomo ed occultista inglese che organizzo i servizi segreti britannici nella sua visione di un nuovo mondo fatto di colonie dell’«Impero britannico», un’espressione che alcuni dicono sia stata coniata proprio da lui stesso.
Nei messaggi cifrati riservati alla regina Elisabetta I Dee apponeva la sigla «007» in cui gli zeri erano due occhi, il sette un numero fortunato.
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