Controllo delle nascite
Il braccio destro di Soros tra accuse di violenza e sadomasochismo

Sei donne accusano di violenza sessuale l’ex manager finanziario e braccio destro di George Soros Howard Rubin. Lo riporta il Daily Mail.
«Secondo le vittime, Rubin, 66 anni, sposato, pagava loro anche 5.000 dollari per sessioni sadomaso nella prigione sotterranea che aveva costruito nel suo appartamento di Manhattan» scrive il quotidiano britannico.
«Secondo le vittime, Rubin, 66 anni, sposato, pagava loro anche 5.000 dollari per sessioni sadomaso nella prigione sotterranea che aveva costruito nel suo appartamento di Manhattan» scrive il quotidianobritannico
«Molte delle donne che hanno preso parte a queste serate di sesso perverso stanno facendo causa al finanziere, sostenendo che le ha abusate; nonostante gli accordi di non divulgazione» riguardanti le sessioni di sesso sadomasochista.
Nel 2017 vi erano già state delle accuse; a oggi tuttavia il numero delle querelanti è salito a sei. Il processo civile si terrà a novembre. Le presunte vittime chiedono risarcimenti per 18 milioni di dollari.
«Una delle ragazze sarebbe stata picchiata così selvaggiamente che la sua protesi mammaria destra si è capovolta, e il chirurgo non è stato in grado di operarla».
«Un’altra donna ha raccontato che lei e Rubin avevano fatto sesso contro la sua volontà, sostenendo che mentre era legata nella sua camera le aveva detto: “Ti violenterò come violento mia figlia” prima di costringerla ad avere un rapporto» continua la testata inglese nell’articolo rimbalzato in Italia sul sito Dagospia.
«Una delle ragazze sarebbe stata picchiata così selvaggiamente che la sua protesi mammaria destra si è capovolta, e il chirurgo non è stato in grado di operarla».
Rubin ha tre figli e lo scorso mese la moglie ha chiesto il divorzio dopo 36 anni di matrimonio. L’uomo, riconosciuto come braccio destro dello speculatore internazionale George Soros, possiede proprietà immobiliari negli Hamptons e nell’Upper East Side di New York, i luoghi più cari ed esclusivi del pianeta.
Il Rubin era conosciuto nei circoli di Wall Street come un pezzo grosso fino a quando questo scandalo ha minacciato la sua reputazione.
Le accuse originali sono state avanzate da Mia Lytell, Amy Moore e Stephanie Caldwell nel 2017. La Lytell e la Moore sono ex conigliette di Playboy, mentre la Caldwell è una modella che lavorava in uno strip club di Miami.
Tutte accusano Rubin di aggressione, percosse e traffico di esseri umani.
«Un’altra donna ha raccontato che lei e Rubin avevano fatto sesso contro la sua volontà, sostenendo che mentre era legata nella sua camera le aveva detto: “Ti violenterò come violento mia figlia” prima di costringerla ad avere un rapporto»
«In breve, sostengono di essere state portate a New York e sfruttate», ha detto John Balestriere, avvocato che agisce per conto delle donne. «Nessuno sta dicendo che sia stata loro puntata una pistola alla testa per venire a New York. Le nostre clienti affermano di essere state ingannate e di essere state vittime di violenza fisica e sessuale».
«Nessuna di queste donne è venuta a New York sapendo che sarebbe stata abusata fisicamente e sessualmente. Non hanno acconsentito a quello che è successo. Il fattore chiave è che il signor Rubin ha affermato che queste donne hanno acconsentito alla violenza fisica e sessuale perpetrata contro di loro. Le nostre sei clienti dicono di non aver acconsentito…»
«Nella causa iniziale le vittime hanno sostenuto di essere state chiamate per alcuni giochi fetish blandi, forse per scattare qualche foto, ma nessuna si aspettata di essere legata con corda e nastro adesivo, imbavagliata e picchiata» scrive il Daily Mail.
«La Lytell ha detto di essere stata tenuta in uno stato di semi-coscienza tanto da non sapere se Rubin l’avesse penetrata o se avesse usato un oggetto per farlo».
L’avvocato di Rubin ha presentato una mozione per giudizio sommario, perché le donne hanno firmato accordi di non divulgazione con penali da 500.000 dollari in caso di violazione. Ma secondo le vittime hanno avuto poco tempo per leggere gli accordi e non c’erano «avvocati presenti» al momento della firma. Inoltre, dicono che quando «urlavano o protestavano, Rubin diventava semplicemente più violento».
«Il signor Rubin non è stato accusato di alcun crimine. È tutta una questione civile» dice l’avvocato del miliardario associato a Soros.
«È BDSM totale. La maggior parte delle ragazze lo adora e torna per averne di più. Ma mi piace sincerarmi su tutto»
In un’occasione il Rubin avrebbe inviato un messaggio alla Lytell per accertarsi che la ragazza avesse coscienza di quel che stavano per fare. «Sai cosa ti aspetta?» dice un messaggio agli atti. «È BDSM totale. La maggior parte delle ragazze lo adora e torna per averne di più. Ma mi piace sincerarmi su tutto». Il BDSM, per chi non lo sapesse, è la pratica del sadomasochismo. La scena ricorda lucidamente la recente serie TV Billions, ambientata tra i miliardari degli hedge fund (una categoria di fatto inventata da Soros) dove uno dei personaggi è un cultore convinto del sadomasochismo.
Rubin nega anche qualsiasi accusa di droga. «Non forniva droghe alle ragazze, tranne forse antidolorifici durante gli incontri».
Rubin nega anche qualsiasi accusa di droga. «Non forniva droghe alle ragazze, tranne forse antidolorifici durante gli incontri»
Un ex collega che ha lavorato con Rubin alla Soros Fund Management ha detto al New York Post:
«Pensavo fosse un bravo ragazzo. Era un ragazzo ebreo sbarazzino e assolutamente normale. Sono stato sorpreso di sentire che aveva quell’appartamento», riferendosi al sex dungeon, la sala di torture sessuali, dove, secondo le accuse delle sei donne, sarebbero avvenuti degli abusi.
Un altro ha descritto Rubin come «forte, aggressivo e incapace di trattenere i suoi sentimenti. Un uomo il cui ego era legato all’essere il più grande stronzo oscillante di Wall Street».
I miliardi di Soros sono da sempre sospettati di alimentare rivoluzioni e cambi di regime in giro per il mondo, ivi compresi, recentemente, gli Stati Uniti.
Niente in confronto a quello che deve essere l’ego di George Soros, definito come «l’unico uomo al mondo dotato di una politica estera».
I miliardi di Soros sono da sempre sospettati di alimentare rivolte, rivoluzioni e cambi di regime in giro per il mondo, ivi compresi, recentemente, gli Stati Uniti.
La sua capacità di incidere nelle relazioni internazionali è ora però superata, grazie al virus, da quella di Bill Gates.
Renovatio 21 tempo addietro ha scritto riguardo alla fondamentale differenza fra i due, che si conoscono e che qualche anno fa partecipavano pure alle stesse cene (dove vi erano i Rockefeller, i Buffett etc.) dove l’argomento di conversazione principale era sempre lo stesso: la riduzione della popolazione mondiale.
Il lettore può sentire la consonanza tra i vizi privati e le pubbliche «virtù» degli oligarchi della Necrocultura globale: sadismo, masochismo contro l’essere umano, la cui dignità deve essere calpestata e offesa, e la cui riproduzione inibita.
Si tratta di un’idea – anzi, una pratica, visto che siamo in piena implementazione – mille volte più perversa degli orrori sessuali di Rubin, che in effetti, come tutte le perversioni, non hanno una radice tanto lontana dalla visione umana dell’oligarcato: sul sadomasochismo, come sulla politica mondiale fatta di aborto e contraccezione, regna sovrana l’infertilità, la nemesi del seme dell’uomo Imago Dei.
Il lettore può sentire la consonanza tra i vizi privati e le pubbliche «virtù» degli oligarchi della Necrocultura globale: sadismo, masochismo contro l’essere umano, la cui dignità deve essere calpestata e offesa, e la cui riproduzione inibita.
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Immagine di leesan via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-ShareAlike 2.0 Generic (CC BY-NC-SA 2.0)
Controllo delle nascite
Al-Sisi parla di politica del figlio unico in Egitto. Proprio come voleva il Memorandum NSSM-200

La politica del figlio unico, abbandonata ufficialmente dalla Cina dopo decenni di disastro che ha portato la Cina sull’orlo dell’implosione demografica, riappare ora in Egitto per bocca della massima carica dello Stato.
Il presidente Abdel Fattah Al-Sisi ha esortato gli egiziani ad avere molti meno figli, sostenendo che l’attuale tasso di natalità creerà una «catastrofe» per il Paese nordafricano.
«Abbiamo bisogno di 400.000 nascite all’anno», ha detto al-Sisi al Congresso globale su popolazione, salute e sviluppo (PHDC), che si è aperto martedì al Cairo. «Non sono d’accordo con la vostra idea che avere figli sia una questione di completa libertà», ha detto il presidente rivolgendosi al ministro della Salute e della Popolazione Khaled Abdel Ghaffar, citato dall’AFP.
«Lasciare la propria libertà a persone che potenzialmente non conoscono la portata della sfida? Alla fine, sarà l’intera società e lo Stato egiziano a pagare il prezzo», ha detto Al-Sisi. «Dobbiamo organizzare questa libertà, altrimenti si creerà una catastrofe».
Al Sisi ha citato l’esempio della Cina, che «è riuscita a controllare la popolazione» imponendo una dura politica del figlio unico negli anni ’70. Pechino ha abbandonato questa politica nel 2015, e ha da allora incoraggiato la crescita della popolazione.
Secondo i materiali della conferenza del PHDC, la crescita della popolazione può «mettere a dura prova le risorse e le infrastrutture, portando a sfide sanitarie e sociali». Una popolazione in rapida crescita «compromette la disponibilità e la qualità dei servizi di base tra cui sanità, istruzione, sicurezza sociale» e contribuisce al «rapido esaurimento delle risorse naturali», affermano i documenti.
L’incontro, iniziato martedì e che durerà fino all’8 settembre, è sponsorizzato da diverse agenzie delle Nazioni Unite, dall’USAID – l’ente americano per i Paesi in via di sviluppo – e da diverse importanti aziende farmaceutiche.
L’Egitto è di gran lunga la nazione araba più popolosa, con circa 113 milioni di residenti. Ha registrato quasi 2,2 milioni di nascite nel 2022. Al-Sisi ha sottolineato le pressioni economiche che la crescita demografica ha esercitato sul Paese, che ha fatto affidamento sull’importazione di cibo dall’estero.
L’affermazione sfacciatamente antinatalista del presidente egiziano può cogliere di sorpresa: il tema del controllo delle nascita, una volta trattato apertamente, era divenuto sempre più difficile da sostenere in pubblico, soprattutto quando vi sono studi sull’implosione demografica e, segno definitivo, la Cina stessa si è rimangiata la legge del figlio unico, che ha sbilanciato la composizione della sua popolazione creando una superpotenza fatta più di vecchi che di giovani, e con più maschi che femmine a causa dell’aborto sesso-selettivo, così da ingenerare tensioni sociali incontrollabili – per questo si dice che Pechino spinga i giovani cinesi a cercarsi delle mogli anche all’estero, in Tailandia, in Russia, in Pakistan…
La Cina, dopo decenni di legge del figlio unico (con conseguente eccidio di centinaia di milioni di bambini tramite aborto), ora sta cercando di salvare il tasso di natalità con contribuiti pubblici alla gravidanza e fecondazione artificiale.
La politica del figlio unico, peraltro, non fu esattamente un’idea cinese.
Non è noto che la politica del figlio unico nacque quando uno scienziato missilistico cinese, Song Jian, fu avvicinato da agenti del Club di Roma (il consesso antinatalista dei potenti mondiali creato da Aurelio Peccei con i Rockefeller ed altri) che gli parlarono di simulazioni al computer che mostravano il crollo della Cina popolare nel caso non fosse stato proibito ai cittadini di fare più di un figlio.
Deng Xiaoping – il macellaio di Tian’anmen, che però per qualche ragione piaceva assai al potere occidentale che lo festeggiava come «riformista» preparando l’ingresso della Cina nel WTO – ascoltò il suo scienziato balistico e da allora iniziò la strage massiva degli innocenti cinesi (anzi, spesso, delle innocenti, in quanto gli aborti possono essere stati, in larga parte, sesso-selettivi) e di fatto l’implosione demografica della Cina.
Ora, per contrastare il crollo del tasso di fertilità, i funzionari cinesi hanno allentato la politica del figlio unico del Paese (prima due, poi tre figli) e offerto incentivi alle famiglie per riprodursi, ma nulla ha funzionato come doveva.
Alcune province cinesi stanno cercando di andare oltre, inclusa una che ora incoraggia le persone ad avere tutti i bambini che vogliono, anche se non sono sposate.
La Repubblica popolare sta inoltre contando sulla riproduzione artificiale: ogni anno in Cina già nascono almeno 200 mila bambini creati in laboratorio. Un singolo ospedale può arrivare a tenere in azoto liquido anche 100 mila embrioni crioconservati. È facile pensare che gli embrioni disponibili possano quindi essere già diversi milioni.
Del collasso della popolazione parla spesse volte, e con estrema decisione e lucidità, Elon Musk, che lo ritiene «potenzialmente il più grande rischio per il futuro della civiltà».
Conosciamo tuttavia come lo spopolamento del pianeta fosse un imperativo interno della politica americana. Il 10 dicembre 1974 il Consiglio di Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti ha promulgato un documento segreto intitolato «Memorandum di uno Studio sulla Sicurezza Nazionale – 200 (NSSM-200)», detto anche Il rapporto Kissinger.
«Dovunque una diminuzione della pressione della popolazione ottenuta attraverso una diminuzione dell’incremento demografico possa consolidare le prospettive di detta stabilità, le politiche demografiche diventano importanti per il reperimento delle risorse e per gli interessi economici degli Stati Uniti» scrive il memorandum.
«Gli aiuti per la diminuzione della popolazione dovrebbero essere innanzi tutto diretti ai Paesi in via di sviluppo più grandi e in più rapida crescita, dove c’è uno speciale interesse politico e strategico degli Stati Uniti. Questi Paesi sono: India, Bangladesh, Pakistan, Nigeria, Messico, Indonesia, Brasile, Filippine, Thailandia, Egitto, Turchia, Etiopia e Colombia» (corsivo nostro).
Quaranta anni fa, quindi, lo Stato Profondo americano parlava di depopolamento dell’Egitto.
Il documento è ancora visibile sul sito dell’USAID, che era, appunto tra gli organizzatori della conferenza del Cairo dove Al-Sisi ha potuto fare la sua sparata antinatalista.
Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Controllo delle nascite
Storia segreta del petrodollaro: dagli shock petroliferi al controllo della nascite

Renovatio 21 pubblica su gentile concessione dell’autore William F. Engdahl un capitolo dal suo libro A Century of War: Anglo-American Oil Politics and the New World Order («Un secolo di guerra: la politica petrolifera anglo-americana e il nuovo ordine mondiale»). Scritto nel 2012, il testo ripercorre un tema quanto mai fondamentale per il presente momento storico, che sta vedendo la de-dollarizzazione planetaria a partire dalla fine oramai imminente del petrodollaro. «Recentemente il più grande produttore di petrolio del mondo, l’Arabia Saudita, insieme agli Emirati Arabi Uniti, si è unito ai BRICS, un gruppo di Nazioni sempre più in contrasto con la politica estera pesante degli Stati Uniti» scrive Engdahl in una recente lettera. «Il vero significato di questa mossa non può essere compreso senza conoscere il contesto reale di come, all’inizio degli anni ’70, Washington costrinse l’Arabia Saudita e l’OPEC a vendere il loro petrolio al mondo in cambio di dollari. La situazione sta ora cominciando a cambiare e le conseguenze sono enormi per la configurazione geopolitica ed economica mondiale».
Nixon stacca la spina
Alla fine del primo anno in carica del presidente Richard Nixon, nel 1969, l’economia americana era nuovamente entrata in recessione. Per combattere la recessione, i tassi di interesse statunitensi nel 1970 furono drasticamente abbassati. Come conseguenza del calo dei tassi di interesse, il «denaro caldo» speculativo ha cominciato ancora una volta ad abbandonare il dollaro in quantità record, alla ricerca di maggiori profitti a breve termine in Europa e altrove.
Uno dei risultati del rifiuto americano, ormai quasi decennale, di svalutare il dollaro, e della sua riluttanza ad intraprendere azioni serie per controllare l’enorme mercato non regolamentato dell’eurodollaro, è stata una speculazione valutaria a breve termine sempre più instabile. Come la maggior parte dei banchieri del mondo sapevano bene, Re Canuto il Grande poteva fingere di trattenere le onde solo per un certo periodo.
Come risultato della politica monetaria interna espansiva di Nixon nel 1970, gli afflussi di capitali dell’anno precedente si invertirono e gli Stati Uniti subirono un deflusso netto di capitali di 6,5 miliardi di dollari. Ma, poiché la recessione statunitense persisteva, mentre i tassi di interesse continuavano a scendere nel 1971 e l’offerta di moneta ad espandersi, questi deflussi raggiunsero dimensioni allora enormi, per un totale di 20 miliardi di dollari. Poi, nel maggio del 1971, anche gli Stati Uniti registrarono il loro primo deficit commerciale mensile, innescando una virtuale svendita di panico internazionale del dollaro USA. La situazione stava davvero diventando disperata.
Nel 1971 le riserve auree ufficiali degli Stati Uniti rappresentavano meno di un quarto delle passività ufficiali, il che significa che teoricamente se tutti i detentori stranieri di dollari avessero chiesto oro, Washington non sarebbe stata in grado di conformarsi senza misure drastiche. (1)
L’establishment di Wall Street aveva convinto il presidente Nixon ad abbandonare gli inutili sforzi per mantenere il dollaro contro un’ondata di domanda internazionale di riscatto in oro. Ma, sfortunatamente, non volevano la necessaria svalutazione del dollaro rispetto all’oro, che era stata intensamente ricercata per quasi un decennio.
Il 15 agosto 1971 Nixon accettò il consiglio di una ristretta cerchia di consiglieri chiave che includeva il suo consigliere capo per il Bilancio, George Shultz, e un gruppo politico allora presso il Dipartimento del Tesoro, tra cui Paul Volcker e Jack F. Bennett, che in seguito passò a diventare direttore della Exxon.
In quella soleggiata e tranquilla giornata di agosto, con una mossa che scosse il mondo intero, il Presidente degli Stati Uniti annunciò la sospensione formale della convertibilità del dollaro in oro, mettendo di fatto il mondo completamente su un dollaro standard senza alcuna copertura aurea, e con ciò, facendo a pezzi unilateralmente la disposizione centrale del sistema di Bretton Woods del 1944. I detentori stranieri di dollari USA non potevano più riscattare i loro titoli in cambio di riserve auree statunitensi.
L’azione unilaterale di Nixon fu riaffermata nei lunghi colloqui internazionali di quel dicembre a Washington, tra i principali governi europei, il Giappone e pochi altri, che portarono a un pessimo compromesso noto come Accordo Smithsonian. Con un’esagerazione che superò perfino quella del suo predecessore, Lyndon Johnson, Nixon annunciò dopo i colloqui dello Smithsonian che essi erano «la conclusione dell’accordo monetario più significativo nella storia del mondo».
Gli Stati Uniti avevano formalmente svalutato il dollaro di appena l’8% rispetto all’oro, collocando l’oro a 38 dollari per oncia fine invece dei 35 dollari di vecchia data, non quindi la svalutazione del 100% richiesta dai Paesi alleati. L’accordo consentiva anche ufficialmente una fascia di fluttuazione del valore valutario del 2,25% invece dell’1% originario previsto dalle regole di Bretton Woods del FMI.
Dichiarando ai detentori mondiali di dollari che i loro titoli non sarebbero più stati convertiti in oro, Nixon «staccò la spina» all’economia mondiale, mettendo in moto una serie di eventi che avrebbero scosso il mondo come mai prima d’ora. Nel giro di poche settimane, la fiducia nell’accordo Smithsonian aveva cominciato a crollare.
La sfida di De Gaulle a Washington nell’aprile 1968 sulla questione dell’oro e sull’adesione alle regole di Bretton Woods non era stata sufficiente a forzare il tanto necessario riordino del sistema monetario internazionale, ma aveva sufficientemente avvelenato il pozzo dei malati di Washington. concepì lo schema dei Diritti Speciali di Prelievo del FMI per coprire i problemi del dollaro.
La sospensione del rimborso dell’oro e i conseguenti “tassi di cambio fluttuanti” internazionali dei primi anni ’70 non risolsero nulla. Ha solo guadagnato un po’ di tempo.
Una soluzione assolutamente praticabile sarebbe stata che gli Stati Uniti portassero il dollaro a un livello più realistico. Dalla Francia, l’ex consigliere economico di de Gaulle, Jacques Rueff, ha continuato a chiedere un prezzo di 70 dollari l’oncia, invece del livello di 35 dollari difeso senza successo dagli Stati Uniti. Ciò avrebbe calmato la speculazione mondiale e consentirebbe agli Stati Uniti di riscattare i loro destabilizzanti saldi di eurodollari all’estero, senza far precipitare l’economia interna degli Stati Uniti in un grave caos, sosteneva Rueff. Se fatto bene, avrebbe potuto dare un enorme stimolo all’industria statunitense poiché le sue esportazioni sarebbero costate meno in valuta estera.
Gli interessi industriali americani avrebbero nuovamente prevalso sulle voci finanziarie nei circoli politici statunitensi. Ma la ragione non doveva prevalere.
La logica di Wall Street era che il potere del loro dominio finanziario doveva rimanere intatto, anche se a scapito della produzione economica o della prosperità nazionale americana.
L’oro stesso ha poco valore intrinseco. Ha alcuni usi industriali. Ma storicamente, a causa della sua scarsità, è servito come standard di valore rispetto al quale diverse nazioni hanno fissato i termini del loro commercio e quindi le loro valute. Quando Nixon decise di non onorare più gli obblighi valutari degli Stati Uniti in oro, aprì le porte a un’abbuffata speculativa mondiale a Las Vegas di una dimensione mai sperimentata prima nella storia. Invece di calibrare gli affari economici a lungo termine su standard di cambio fissi, dopo l’agosto 1971 il commercio mondiale era semplicemente un’altra arena di speculazione sulla direzione in cui avrebbero fluttuato le varie valute.
I veri artefici della strategia di Nixon furono le influenti banche d’affari della City di Londra. Sir Siegmund Warburg, Edmond de Rothschild, Jocelyn Hambro e altri videro un’occasione d’oro nella dissoluzione del gold standard di Bretton Woods da parte di Nixon nell’estate del 1971. Londra sarebbe diventata ancora una volta un importante centro della finanza mondiale, e ancora una volta sulla base del «denaro preso in prestito», questa volta con gli eurodollari americani.
Dopo l’agosto 1971, la politica dominante degli Stati Uniti, sotto la guida del consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, Henry A. Kissinger, era quella di controllare, non di sviluppare, le economie di tutto il mondo. I funzionari politici statunitensi iniziarono a definirsi orgogliosamente «neo-malthusiani». La riduzione della popolazione nei Paesi in via di sviluppo, piuttosto che il trasferimento di tecnologia e le strategie di crescita industriale, cominciò a essere la priorità dominante durante gli anni ’70, un altro ritorno al pensiero coloniale britannico del diciannovesimo secolo. Come sia avvenuta questa trasformazione lo vedremo presto.
Le basi inefficaci dell’accordo Smithsonian portarono ad un ulteriore deterioramento nel 1972, quando massicci flussi di capitale lasciarono nuovamente il dollaro per il Giappone e l’Europa, fino al 12 febbraio 1973, quando Nixon annunciò finalmente una seconda svalutazione del dollaro, del 10% rispetto all’oro, fissando il prezzo oro dove rimane ancora oggi per la Federal Reserve, a 42,22 dollari l’oncia.
A questo punto tutte le principali valute mondiali iniziarono un processo chiamato «fluttuazione gestita». Tra febbraio e marzo del 1973, il valore del dollaro statunitense rispetto al marco tedesco scese di un altro 40%.
L’instabilità permanente era stata introdotta negli affari monetari mondiali in un modo che non si vedeva dall’inizio degli anni ’30. Ma questa volta gli strateghi di New York, Washington e della City di Londra stavano preparando una sorpresa inaspettata per riprendere il sopravvento e riprendersi dalla devastante perdita del pilastro monetario del loro sistema.
Un incontro insolito a Saltsjoebaden
Il disegno alla base della strategia del dollaro di Nixon del 15 agosto 1971 non emerse fino all’ottobre 1973, più di due anni dopo, e anche allora poche persone, al di fuori di una manciata di addetti ai lavori, ne colsero la connessione.
La demonetizzazione del dollaro dell’agosto 1971 fu utilizzata dall’establishment finanziario di Londra-New York per guadagnare tempo prezioso, mentre gli addetti ai lavori preparavano un nuovo audace disegno monetarista, un «cambio di paradigma» come alcuni preferivano chiamarlo.
Alcune voci influenti nell’establishment finanziario anglo-americano avevano ideato una strategia per creare nuovamente un dollaro forte e, ancora una volta, per aumentare il loro potere politico relativo nel mondao, proprio quando sembrava che fossero in rotta decisiva.
Nel maggio del 1973, con la drammatica caduta del dollaro ancora vivida, un gruppo di 84 tra i più importanti esponenti politici e finanziari del mondo si incontrò nell’isolata località di villeggiatura della famiglia di banchieri svedesi Wallenberg, a Saltsjoebaden, in Svezia. A questo incontro del Gruppo Bilderberg del Principe Bernhard, un partecipante americano ha delineato uno «scenario» per un imminente aumento del 400% delle entrate petrolifere dell’OPEC. Lo scopo dell’incontro segreto di Saltsjoebaden non era quello di prevenire l’atteso shock del prezzo del petrolio, ma piuttosto di pianificare come gestire l’imminente ondata di petrolio-dollari, un processo che il Segretario di Stato americano Kissinger chiamò in seguito «riciclaggio dei flussi si petrodollari».
Il relatore americano al Bilderberg sulla «Politica energetica atlantico-giapponese» era stato abbastanza chiaro. Dopo aver esposto la prospettiva che il futuro fabbisogno mondiale di petrolio sarebbe stato soddisfatto da un piccolo numero di paesi produttori del Medio Oriente, l’oratore aveva dichiarato profeticamente: «il costo di queste importazioni di petrolio aumenterebbe enormemente, con gravi implicazioni per la bilancia dei pagamenti dei paesi consumatori».
Seri problemi sarebbero causati da accumuli di valuta estera senza precedenti da parte di Paesi come l’Arabia Saudita e Abu Dhabi. L’oratore ha aggiunto: «un cambiamento completo era in corso nelle relazioni politiche, strategiche e di potere tra i paesi produttori, importatori e di origine del petrolio internazionale compagnie petrolifere e compagnie petrolifere nazionali dei paesi produttori e importatori». Poi fece la proiezione riguardo ad un aumento delle entrate petrolifere dell’OPEC in Medio Oriente, che si sarebbe tradotto in poco più del 400%, lo stesso livello che Kissinger avrebbe presto chiesto allo Scià.
Quel maggio erano presenti a Saltsjoebaden Robert O. Anderson della Atlantic Richfield Oil Co., Lord Greenhill, presidente della British Petroleum, Sir Eric Roll di S.G. Warburg, creatore degli Eurobond, George Ball della banca d’investimento Lehman Brothers, e l’uomo che circa dieci anni prima come assistente segretario di Stato, disse al suo amico banchiere Siegmund Warburg di sviluppare il mercato dell’eurodollaro di Londra, David Rockefeller della Chase Manhattan Bank, Zbigniew Brzezinski, l’uomo che presto diventerà consigliere per la sicurezza nazionale del presidente Carter, tra gli altri, l’italiano Gianni Agnelli e il tedesco Otto Wolff von Amerongen. Henry Kissinger aveva partecipato regolarmente alle riunioni del Bilderberg. (2)
Gli incontri annuali del Bilderberg furono iniziati, nella massima segretezza, nel maggio 1954 da un gruppo anglofilo che comprendeva George Ball, David Rockefeller, il dottor Joseph Retinger, il principe Bernhard d’Olanda, George C. McGhee (allora membro del Dipartimento di Stato americano e più tardi un alto dirigente della Mobil Oil).
Chiamati così in onore del luogo del loro primo incontro, l’Hotel de Bilderberg vicino ad Arnheim, gli incontri annuali del Bilderberg riunivano le migliori élite d’Europa e d’America per deliberazioni segrete e discussioni politiche. Il consenso è stato poi «formato» nei successivi commenti della stampa e nella copertura mediatica, ma mai con riferimento ai colloqui segreti del Bilderberg. Il processo Bilderberg è stato uno dei veicoli più efficaci per la definizione delle politiche anglo-americane del dopoguerra.
Ciò che gli uomini potenti raggruppati attorno al Bilderberg avevano evidentemente deciso a maggio era di lanciare un colossale assalto contro la crescita industriale nel mondo, al fine di riportare l’equilibrio di potere a vantaggio degli interessi finanziari anglo-americani e del dollaro. Per fare ciò, hanno deciso di utilizzare la loro arma più preziosa: il controllo dei flussi petroliferi mondiali.
La politica del Bilderberg era quella di innescare un embargo petrolifero globale, al fine di forzare un drammatico aumento dei prezzi mondiali del petrolio. Dal 1945, per consuetudine internazionale, il commercio mondiale di petrolio veniva valutato in dollari, mentre le compagnie petrolifere americane dominavano il mercato del dopoguerra. Un brusco aumento improvviso del prezzo mondiale del petrolio, quindi, ha significato un aumento altrettanto drammatico della domanda mondiale di dollari USA per pagare il petrolio necessario.
Mai nella storia un circolo di interessi così ristretto, centrato a Londra e New York, aveva controllato così tanto il destino economico del mondo intero.
L’establishment finanziario anglo-americano aveva deciso di utilizzare il proprio potere petrolifero in un modo che nessuno poteva immaginare possibile. La stessa oltraggiosità del loro piano era a loro vantaggio, ritenevano chiaramente.
Lo shock petrolifero dello Yom Kippur di Kissinger
Il 6 ottobre 1973, l’Egitto e la Siria invasero Israele, innescando quella che divenne nota come la guerra dello «Yom Kippur».
Contrariamente all’impressione popolare, la guerra dello «Yom Kippur» non è stata il semplice risultato di un errore di calcolo, di un errore o di una decisione araba di lanciare un attacco militare contro lo Stato di Israele. Tutti gli eventi che circondarono lo scoppio della guerra di ottobre furono segretamente orchestrati da Washington e Londra, utilizzando i potenti canali segreti diplomatici sviluppati dal consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca di Nixon, Henry Kissinger.
Kissinger controllava effettivamente la risposta politica israeliana attraverso la sua intima relazione con l’ambasciatore israeliano a Washington, Simcha Dinitz.
Inoltre, Kissinger coltivò canali verso la parte egiziana e siriana. Il suo metodo consisteva semplicemente nel travisare a ciascuna delle parti gli elementi critici dell’altra, garantendo la guerra e il conseguente embargo petrolifero arabo.
I rapporti dell’Intelligence statunitense, comprese le comunicazioni intercettate da funzionari arabi che confermavano la preparazione della guerra, furono fermamente soppressi da Kissinger, che allora era lo «zar» dell’Intelligence di Nixon. La guerra e le sue conseguenze, la famigerata «shuttle diplomacy» di Kissinger, furono scritte a Washington, insieme a le linee precise delle deliberazioni del Bilderberg del maggio precedente a Saltsjoebaden, circa sei mesi prima dello scoppio della guerra. Le Nazioni arabe produttrici di petrolio dovevano essere il capro espiatorio della rabbia imminente del mondo, mentre gli interessi anglo-americani responsabili restavano tranquillamente sullo sfondo. (3)
A metà ottobre 1973 il governo tedesco del cancelliere Willy Brandt disse all’ambasciatore americano a Bonn che la Germania era neutrale nel conflitto in Medio Oriente e non avrebbe permesso agli Stati Uniti di rifornire Israele dalle basi militari tedesche. Con un inquietante presentimento di scambi simili che sarebbero avvenuti circa 17 anni dopo, il 30 ottobre 1973 Nixon inviò al Cancelliere Brandt una nota di protesta dalle parole taglienti, molto probabilmente redatta da Kissinger:
«Riconosciamo che gli europei dipendono più di noi dal petrolio arabo, ma non siamo d’accordo sul fatto che la vostra vulnerabilità diminuisca dissociandosi da noi su una questione di questa importanza (…) Voi notate che questa crisi non è stata un caso di responsabilità comune dell’Alleanza, e che le forniture militari ad Israele erano destinate a scopi che non rientrano nella responsabilità dell’Alleanza. Non credo che si possa tracciare una linea così sottile». (4)
Washington non permetterebbe alla Germania di dichiarare la propria neutralità nel conflitto in Medio Oriente. Ma, significativamente, alla Gran Bretagna è stato permesso di dichiarare chiaramente la propria neutralità, evitando così l’impatto dell’embargo petrolifero arabo. Ancora una volta Londra era riuscita a manovrare abilmente attorno ad una crisi internazionale che aveva contribuito a far precipitare.
Una conseguenza enorme del conseguente aumento del 400% del prezzo del petrolio dell’OPEC fu che gli investimenti di centinaia di milioni di dollari da parte della British Petroleum, della Royal Dutch Shell e di altre compagnie petrolifere anglo-americane nel rischioso Mare del Nord poterono produrre petrolio con profitto. È un fatto curioso dell’epoca che la redditività di questi nuovi giacimenti petroliferi del Mare del Nord non fosse affatto sicura fino a dopo lo shock petrolifero di Kissinger. Naturalmente, questa potrebbe essere stata solo una coincidenza fortuita. Oppure lo era?
Entro il 16 ottobre, l’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio, a seguito di un incontro sul prezzo del petrolio a Vienna, aveva aumentato il prezzo di un allora sconcertante 70%, da 3,01 dollari al barile a 5,11 dollari. Lo stesso giorno, i membri dei paesi arabi dell’OPEC, citando il sostegno degli Stati Uniti a Israele nella guerra in Medio Oriente, dichiararono un embargo su tutte le vendite di petrolio agli Stati Uniti e ai Paesi Bassi, il principale porto petrolifero dell’Europa occidentale.
L’Arabia Saudita, il Kuwait, l’Iraq, la Libia, Abu Dhabi, il Qatar e l’Algeria annunciarono il 17 ottobre 1973 che avrebbero tagliato la loro produzione al di sotto del livello di settembre del 5% per ottobre e di un ulteriore 5% al mese, «fino al completamento del ritiro israeliano da tutti i territori arabi occupati nel giugno 1967 e al ripristino dei diritti legali del popolo palestinese». Il primo «shock petrolifero» mondiale, o come lo chiamavano i giapponesi, «Oil Shokku» era in corso.
Significativamente, la crisi petrolifera colpì con tutta la sua forza proprio mentre il presidente degli Stati Uniti veniva personalmente coinvolto in quello che venne chiamato l’«affare Watergate», lasciando Henry Kissinger come presidente de facto, a gestire la politica statunitense durante la crisi della fine del 1973.
Quando nel 1974 la Casa Bianca di Nixon inviò un alto funzionario al Tesoro degli Stati Uniti con l’ordine di ideare una strategia per costringere l’OPEC ad abbassare il prezzo del petrolio, questi fu bruscamente respinto. In una nota il funzionario ha dichiarato: «Sono stati i leader bancari a ignorare questo consiglio e a premere per un programma di “riciclaggio” per far fronte all’aumento dei prezzi del petrolio. Questa è stata la decisione fatale…»
Il Tesoro degli Stati Uniti, sotto la guida del segretario Jack F. Bennett, l’uomo che contribuì a guidare la fatale politica del dollaro di Nixon nell’agosto 1971, aveva stabilito un accordo segreto con l’Agenzia monetaria dell’Arabia Saudita, SAMA, un accordo finalizzato in una nota del febbraio 1975 dello stesso vice segretario al Tesoro degli Stati Uniti Bennett al Segretario di Stato Kissinger.
Secondo i termini dell’accordo, le nuove enormi entrate derivanti dal petrolio saudita dovevano essere investite in somme significative per finanziare il deficit pubblico degli Stati Uniti. Un giovane banchiere d’investimento di Wall Street della principale società di eurobond White Weld & Co. con sede a Londra, di nome David Mulford, fu inviato in Arabia Saudita per diventare il principale «consulente per gli investimenti» di SAMA, per guidare gli investimenti in petrodollari sauditi. alle banche giuste, naturalmente a Londra e New York. Lo schema Bilderberg funzionava pienamente, come previsto. (5)
Kissinger, già saldamente in controllo di tutte le stime dell’Intelligence statunitense come onnipotente consigliere per la sicurezza nazionale di Nixon, si assicurò anche il controllo della politica estera degli Stati Uniti, convincendo Nixon a nominarlo Segretario di Stato nelle settimane immediatamente precedenti allo scoppio della guerra dello Yom Kippur di ottobre.
Kissinger, sintomatico del suo ruolo centrale negli eventi, mantenne entrambi i titoli di capo del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca e di Segretario di Stato, qualcosa che nessun individuo aveva fatto prima o dopo di lui. Nessun’altra persona durante gli ultimi mesi della presidenza Nixon ha esercitato tanto potere assoluto quanto Henry Kissinger. Per aggiungere la beffa al danno, Kissinger ricevette il Premio Nobel per la Pace nel 1973.
Dopo l’incontro tenutosi a Teheran il 1° gennaio 1974, si aggiunse un secondo aumento di prezzo superiore al 100%, portando il prezzo di riferimento del petrolio dell’OPEC a 11,65 dollari. Ciò fu fatto dietro sorprendente richiesta dello Scià dell’Iran, a cui era stato segretamente detto di farlo da Henry Kissinger.
Solo pochi mesi prima lo Scià si era opposto all’aumento dell’OPEC a 3,01 dollari per paura che ciò costringesse gli esportatori occidentali a far pagare di più le attrezzature industriali che lo Scià cercava di importare per l’ambiziosa industrializzazione dell’Iran. Il sostegno di Washington e dell’Occidente a Israele nella guerra di ottobre aveva alimentato la rabbia dell’OPEC durante le riunioni. E lo stesso Dipartimento di Stato di Kissinger non era stato nemmeno informato delle macchinazioni segrete di Kissinger con lo Scià. (6)
Dal 1949 fino alla fine del 1970, i prezzi del petrolio greggio del Medio Oriente sono stati in media di circa 1,90 dollari al barile. Erano saliti a 3,01 dollari all’inizio del 1973, al tempo del fatidico incontro di Saltsjoebaden del gruppo Bilderberg che discusse un imminente aumento futuro del 400% del prezzo dell’OPEC. Nel gennaio 1974 l’aumento del 400% era ormai un fatto compiuto.
L’impatto economico dello shock petrolifero
L’impatto sociale dell’embargo petrolifero imposto agli Stati Uniti alla fine del 1973 potrebbe essere descritto come panico. Per tutto il 1972 e l’inizio del 1973, le grandi compagnie petrolifere multinazionali, guidate da Exxon, avevano perseguito una curiosa politica di creazione di scarsità di offerta interna di petrolio greggio, consentita da una serie di strane decisioni prese dal presidente Nixon su consiglio dei suoi aiutanti. Quando poi venne imposto l’embargo nel novembre del 1973, l’impatto non avrebbe potuto essere più drammatico. All’epoca, la Casa Bianca era responsabile del controllo delle importazioni di petrolio degli Stati Uniti in base alle disposizioni dell’U.S. Trade Agreements Act del 1959.
Nel gennaio 1973, Nixon aveva nominato l’allora segretario al Tesoro George Shultz anche come assistente del presidente per gli affari economici. Shultz ha supervisionato la politica di importazione del petrolio della Casa Bianca in questo incarico. Il suo vice segretario al Tesoro, William E. Simon, ex commerciante di obbligazioni di Wall Street, fu nominato presidente dell’importante comitato per la politica petrolifera che determinò l’offerta di importazioni di petrolio dagli Stati Uniti nei mesi critici precedenti l’embargo di ottobre.
Nel febbraio 1973, Nixon fu convinto a istituire uno speciale «triumvirato energetico» che comprendeva Shultz, l’aiutante della Casa Bianca John Ehrlichman e il consigliere per la sicurezza nazionale Henry Kissinger, noto come Comitato speciale per l’energia della Casa Bianca. Si stava silenziosamente preparando la scena per il piano Bilderberg, anche se quasi nessuno a Washington o altrove se ne rendeva conto. Nell’ottobre 1973 le scorte interne di petrolio greggio degli Stati Uniti erano già a livelli allarmanti. L’embargo dell’OPEC ha scatenato il panico nell’acquisto di benzina tra il pubblico, richieste di razionamento, linee di gas infinite e una forte recessione economica. (7)
L’impatto più grave della crisi petrolifera ha colpito la città più grande degli Stati Uniti, New York. Nel dicembre del 1974, nove dei banchieri più potenti del mondo, guidati da Chase Manhattan di David Rockefeller, Citibank e la banca d’investimento Londra-New York, Lazard Freres, dissero al sindaco di New York, un politico vecchio stampo di nome Abraham Beame, che, a meno che non avesse ceduto il controllo degli enormi fondi pensione della città a un comitato di banche, chiamato Municipal Assistance Corporation, le banche e i loro influenti amici nei media avrebbero assicurato la rovina finanziaria della città.
Non sorprende che, quando il sindaco sopraffatto capitolò, la città di New York fu costretta a tagliare la spesa per strade, ponti, ospedali e scuole per onorare il debito bancario e a licenziare decine di migliaia di lavoratori comunali. A partire da allora la più grande città della Nazione fu trasformata in un mucchio di rottami. Felix Rohatyn, di Lazard Freres, divenne capo della nuova agenzia di recupero crediti, soprannominata dalla stampa «Big MAC».
Nell’Europa occidentale lo shock provocato dall’aumento del prezzo del petrolio e dall’embargo sulle forniture è stato altrettanto drammatico. Dalla Gran Bretagna al continente, un paese dopo l’altro ha risentito degli effetti della peggiore crisi economica dagli anni ’30. Fallimenti e disoccupazione sono saliti a livelli allarmanti in tutta Europa.
Il governo tedesco impose un divieto di emergenza alla guida domenicale, nel disperato tentativo di risparmiare sui costi del petrolio importato. Nel giugno 1974 gli effetti della crisi petrolifera avevano contribuito al drammatico crollo della Herstatt-Bank tedesca e alla conseguente crisi del marco tedesco. Mentre i costi del petrolio importato dalla Germania aumentavano dell’incredibile cifra di 17 miliardi di marchi tedeschi nel 1974, con mezzo milione di persone che si stima fossero disoccupate a causa dello shock petrolifero e dei suoi effetti, i livelli di inflazione raggiunsero un allarmante 8%. Gli effetti shock di un improvviso aumento del 400% del prezzo delle materie prime energetiche di base della Germania furono devastanti per l’industria, i trasporti e l’agricoltura. Settori chiave come quello dell’acciaio, della costruzione navale e dei prodotti chimici entrarono tutti in una profonda crisi in questo momento a causa dello shock petrolifero.
Il governo di Willy Brandt è stato di fatto sconfitto dall’impatto interno della crisi petrolifera, così come dalle rivelazioni dello scandalo Stasi, rivelazioni contro il suo stretto consigliere, Guenther Guillaume. Nel maggio 1974 Brandt aveva offerto le sue dimissioni al presidente della Bundes Heinemann, che poi nominò cancelliere Helmut Schmidt. La maggior parte dei governi europei cadde in questo periodo, vittima delle conseguenze dello shock petrolifero sulle loro economie.
Ma l’impatto economico sulle economie in via di sviluppo del mondo – perché in quel momento potrebbero ancora essere giustamente chiamate in via di sviluppo, piuttosto che la designazione fatalistica di Terzo Mondo così in voga oggi – l’impatto di un aumento dei prezzi da un giorno all’altro del 400% nei loro Paesi fonte di energia primaria era sconcertante.
La stragrande maggioranza delle economie meno sviluppate del mondo, prive di significative risorse petrolifere nazionali, si sono improvvisamente confrontate con un inaspettato e impagabile aumento del 400% dei costi delle importazioni di energia, per non parlare dei costi dei prodotti chimici e dei fertilizzanti per l’agricoltura derivati dal petrolio. Durante questo periodo, i commentatori iniziarono a parlare di «triage», l’idea bellica della sopravvivenza del più adatto, e introdussero il vocabolario di «Terzo Mondo» e «Quarto Mondo» (i Paesi non OPEC).
Nel 1973 l’India aveva una bilancia commerciale positiva, una situazione sana per un’economia in via di sviluppo. Nel 1974, l’India aveva riserve valutarie totali pari a 629 milioni di dollari con cui pagare – in dollari – una fattura annua per l’importazione di petrolio pari a quasi il doppio, ovvero 1.241 milioni di dollari.
Il Sudan, il Pakistan, le Filippine, la Tailandia e tutta l’Africa e l’America Latina, un Oaese dopo l’altro, nel 1974 si trovarono ad affrontare deficit enormi nella bilancia dei pagamenti. Nel complesso, nel 1974 i paesi in via di sviluppo hanno registrato un deficit commerciale totale di 35 miliardi di dollari secondo il FMI, una somma colossale per quei tempi e, non a caso, un deficit esattamente 4 volte più grande di quello del 1973, o appena in proporzione al deficit commerciale. aumento del prezzo del petrolio.
Dopo diversi anni di forte crescita industriale e commerciale dei primi anni ’70, il grave calo dell’attività industriale in tutta l’economia mondiale nel 1974-75 fu maggiore di qualsiasi calo simile avvenuto dopo la guerra.
Ma mentre lo shock petrolifero di Kissinger del 1973 ebbe un impatto devastante sulla crescita industriale mondiale, ebbe un enorme beneficio per alcuni interessi consolidati: le principali banche di New York e Londra e le multinazionali petrolifere delle Sette Sorelle degli Stati Uniti e della Gran Bretagna. Exxon sostituì la General Motors come la più grande società americana in termini di ricavi lordi nel 1974. Le sue sorelle non erano molto indietro, tra cui Mobil, Texaco, Chevron e Gulf.
La maggior parte delle entrate in dollari dell’OPEC, i «petrodollari riciclati» di Kissinger, erano depositati presso le principali banche di Londra e New York, le banche che si occupavano di dollari e del commercio internazionale di petrolio. Chase Manhattan, Citibank, Manufacturers Hanover, Bank of America, Barclays, Lloyds, Midland Bank, hanno tutti goduto dei profitti inattesi dello shock petrolifero. Vedremo in seguito come hanno riciclato i loro «petrodollari» durante gli anni ’70, e come ciò ha posto le basi per la grande crisi del debito degli anni ’80. (8)
«Non dobbiamo far sbocciare la “rosa nucleare”»
Una delle principali preoccupazioni degli autori dell’aumento del prezzo del petrolio del 400% era come garantire che la loro azione drastica non spingesse il mondo ad accelerare una tendenza già forte verso la costruzione di una fonte energetica alternativa molto più efficiente e, in definitiva, meno costosa: l’elettricità nucleare. generazione.
L’ex preside di Kissinger ad Harvard e il suo capo quando Kissinger prestò servizio per breve tempo come consulente presso il Consiglio di sicurezza nazionale di John Kennedy era McGeorge Bundy. Bundy lasciò la Casa Bianca nel 1966 per svolgere un ruolo fondamentale nel plasmare la politica interna degli Stati Uniti come presidente della più grande fondazione privata, la Ford Foundation.
Nel dicembre 1971 Bundy aveva avviato un nuovo importante progetto per la fondazione, il Progetto di politica energetica sotto la direzione di S. David Freeman, con un impressionante libretto di assegni di 4 milioni di dollari e un limite di tempo di tre anni. Proprio nel bel mezzo del dibattito durante lo shock petrolifero del 1974, fu pubblicato lo studio Ford di Bundy, intitolato «A Time to Choose: America’s Energy Future», con l’obiettivo di orientare il dibattito pubblico nel momento critico della crisi petrolifera.
Per la prima volta negli ambienti dell’establishment americano è stata proclamata la tesi fraudolenta secondo cui «la crescita energetica e la crescita economica possono essere disgiunte; non sono gemelli siamesi». Lo studio di Freeman sosteneva fonti energetiche «alternative» bizzarre e manifestamente inefficienti come l’energia eolica, i riflettori solari e la combustione di rifiuti riciclati.
Il rapporto Ford lanciava un forte attacco all’energia nucleare, sostenendo che le tecnologie coinvolte potrebbero teoricamente essere utilizzate per fabbricare bombe nucleari. «Il combustibile stesso o uno dei sottoprodotti, il plutonio, può essere utilizzato direttamente o trasformato in materiale per bombe nucleari o ordigni esplosivi», affermavano.
Lo studio Ford rilevava giustamente che il principale concorrente per l’egemonia futura del petrolio era l’energia nucleare, mettendo in guardia contro la «estrema rapidità con cui l’energia nucleare si sta diffondendo in tutte le parti del mondo e con lo sviluppo di nuove tecnologie nucleari, in particolare la reattori autofertilizzanti veloci e il metodo centrifugo per arricchire l’uranio». Il quadro dell’assalto «verde» antinucleare dell’establishment finanziario statunitense è stato definito dal progetto di Bundy. (9)
All’inizio degli anni ’70 la tecnologia nucleare si era chiaramente affermata come la scelta futura preferita per la generazione elettrica efficiente, molto più efficiente (e rispettosa dell’ambiente) rispetto al petrolio o al carbone. Al momento dello shock petrolifero, la Comunità Europea era già impegnata in un importante programma di sviluppo nucleare. I piani dei governi membri a partire dal 1975 prevedevano il completamento di un numero compreso tra 160 e 200 nuovi impianti nucleari in tutta l’Europa continentale entro il 1985.
Nel 1975, il governo Schmidt in Germania, reagendo razionalmente alle implicazioni dello shock petrolifero del 1974, approvò un programma che prevedeva l’aggiunta di 42 GigaWatt di capacità della centrale nucleare tedesca, per un totale di circa il 45% della domanda totale di elettricità tedesca entro il 1985.
Nel 1975, il governo Schmidt in Germania, reagendo razionalmente alle implicazioni dello shock petrolifero del 1974, aveva approvato un programma superato nella CE solo da quello francese, che prevedeva una nuova capacità nucleare di 45 GigaWatt entro il 1985
Nell’autunno del 1975, il ministro italiano dell’Industria Carlo Donat Cattin, incaricò le aziende nucleari italiane, ENEL e CNEN, di elaborare piani per la costruzione di circa 20 impianti nucleari da completare entro l’inizio degli anni ’80.
Perfino la Spagna, che usciva proprio allora da quattro decenni di dominio franchista, aveva un programma che prevedeva la costruzione di 20 centrali nucleari entro il 1983. Un tipico impianto nucleare da 1 GigaWatt è generalmente sufficiente a soddisfare tutto il fabbisogno di elettricità di una moderna città industriale di un milione di persone.
Le industrie nucleari europee in rapida crescita, in particolare Francia e Germania, cominciavano per la prima volta ad emergere come rivali competenti al dominio americano del mercato delle esportazioni nucleari al momento dello shock petrolifero del 1974.
La Francia si era assicurata una lettera di intenti dallo Scià dell’Iran, così come la tedesca KWU, per costruire un totale di quattro reattori nucleari in Iran, mentre la Francia aveva firmato con il governo pakistano Bhutto per creare una moderna infrastruttura nucleare in quel Paese.
Nel febbraio 1976 si conclusero positivamente anche i negoziati tra il governo tedesco e il Brasile per la cooperazione negli usi pacifici dell’energia nucleare che includevano la costruzione tedesca di otto reattori nucleari nonché strutture per il ritrattamento e l’arricchimento del combustibile per reattori di uranio.
Le aziende nucleari tedesche e francesi, con il pieno sostegno dei loro governi, iniziarono in questo periodo negoziati con selezionati paesi del settore in via di sviluppo, pienamente nello spirito della dichiarazione Atoms for Peace di Eisenhower del 1953.
Chiaramente, la presa energetica anglo-americana, basata sul loro stretto controllo della principale fonte energetica mondiale, il petrolio, sarebbe stata minacciata se questi programmi abbastanza fattibili fossero andati avanti.
Nel dopoguerra l’energia nucleare rappresentò esattamente la stessa qualità di livello tecnologico più elevato che il petrolio aveva avuto rispetto al carbone quando Lord Fisher e Winston Churchill, alla fine del secolo scorso, sostenevano che la marina britannica si convertisse al petrolio dal carbone. La differenza principale era che la Gran Bretagna e i suoi cugini negli Stati Uniti negli anni ’70 avevano il controllo delle forniture mondiali di petrolio. La tecnologia nucleare mondiale minacciava di aprire possibilità energetiche illimitate, soprattutto se fossero realizzati piani per gli autofertilizzanti nucleari commerciali, così come per la fusione termonucleare.
All’indomani dello shock petrolifero del 1974, furono fondate due organizzazioni industriali, entrambe con sede, abbastanza significativa, a Londra. All’inizio del 1975 fu fondato un gruppo informale semisegreto, il Gruppo dei Fornitori Nucleari, o «London Club» come era noto. Del gruppo facevano parte Gran Bretagna, Stati Uniti, Canada insieme a Francia, Germania, Giappone e Unione Sovietica. Si è trattato di un primo sforzo anglo-americano per garantire l’autocontrollo sulle esportazioni nucleari.
Nel maggio 1975 fu completata dalla formazione di un’altra organizzazione segreta che raggruppava i maggiori fornitori mondiali di combustibile nucleare a base di uranio, l’«Uranium Institute» di Londra, dominato dalle tradizionali regioni britanniche tra cui Canada, Australia, Sud Africa e Regno Unito. Queste organizzazioni «interne» erano necessarie ma non sufficienti affinché gli interessi anglo-americani potessero contenere la “minaccia” nucleare all’inizio degli anni ’70.
Come ha sottolineato il problema un eminente americano antinucleare dell’Aspen Institute: «Non dobbiamo far sbocciare la “rosa nucleare”». E lo hanno fatto.
Lo sviluppo dell’agenda verde anglo-americana
Non è stato esattamente un caso che una parte crescente della popolazione dell’Europa occidentale, soprattutto in Germania, in seguito alla recessione dovuta allo shock petrolifero del 1974-75, abbia cominciato a parlare per la prima volta nel dopoguerra di «limiti alla crescita», o di minacce all’ambiente e cominciarono a mettere in discussione la loro fede nel principio della crescita industriale e del progresso tecnologico. Pochissime persone si rendevano conto della misura in cui le loro nuove «opinioni» venivano attentamente manipolate dall’alto da una rete creata dagli stessi circoli finanziari e industriali anglo-americani dietro la strategia dello shock petrolifero di Saltsjoebaden.
A partire dagli anni ’70, da selezionati think-tank e riviste anglo-americane fu lanciata un’imponente offensiva propagandistica, intesa a delineare una nuova agenda sui «limiti alla crescita», che avrebbe assicurato il “successo” della drammatica strategia dello shock petrolifero. Il petroliere americano presente all’incontro del gruppo Bilderberg a Saltsjoebaden nel maggio 1973, Robert O. Anderson, fu una figura centrale nell’attuazione della conseguente agenda ecologica anglo-americana. Sarebbe diventata una delle frodi di maggior successo della storia.
Anderson e la sua Atlantic Richfield Oil Co. hanno incanalato milioni di dollari attraverso la loro Atlantic Richfield Foundation in organizzazioni selezionate che miravano all’energia nucleare. Uno dei principali beneficiari della generosità di Anderson fu un gruppo chiamato Friends of the Earth («Amici della Terra»), che fu organizzato in questo periodo con una sovvenzione di 200.000 dollari da Anderson.
Uno dei primi obiettivi degli Amici della Terra di Anderson fu quello di finanziare un assalto all’industria nucleare tedesca, attraverso azioni antinucleari come le manifestazioni anti-Brockdorf nel 1976, guidate dal leader di Amici della Terra Holger Strohm. Il direttore francese di Amici della Terra era il socio parigino dello studio legale della famiglia Rockefeller, Coudert Brothers, un certo Brice LaLonde, che nel 1989 divenne ministro dell’Ambiente di Mitterrand.
È stata Friends of the Earth ad essere utilizzato per bloccare un importante accordo di fornitura di uranio tra Giappone e Australia. Nel novembre 1974 il primo ministro giapponese Tanaka venne a Canberra per incontrare il primo ministro australiano Gough Whitlam. I due avevanopreso un impegno potenzialmente del valore di miliardi di dollari, affinché l’Australia soddisfacesseil fabbisogno del Giappone per il futuro minerale di uranio e entrasse in un progetto congiunto per sviluppare la tecnologia di arricchimento dell’uranio. Il gigante britannico dell’estrazione dell’uranio, Rio Tinto Zinc, ha segretamente inviato Friends of the Earth in Australia per mobilitare l’opposizione all’accordo giapponese in sospeso, provocando alcuni mesi dopo la caduta del governo di Whitlam. Gli Amici della Terra avevano «amici» in posti molto alti a Londra e Washington.
Ma il veicolo principale di Robert O. Anderson per diffondere la nuova ideologia dei «limiti alla crescita» tra i circoli dell’establishment americano ed europeo, è stato il suo Aspen Institute for Humanistic Studies. Con Anderson come presidente e Thornton Bradshaw, capo di Atlantic Richfield, come vicepresidente, l’Aspen Institute fu un importante canale finanziario all’inizio degli anni ’70 per la creazione della nuova agenda antinucleare dell’establishment.
Tra i più noti amministratori di Aspen in quel periodo c’erano il presidente della Banca Mondiale e l’uomo che guidò la guerra del Vietnam, Robert S. McNamara.
Lord Bullock dell’Università di Oxford e Richard Gardner, un economista americano anglofilo che in seguito fu ambasciatore degli Stati Uniti in Italia, e il banchiere di Wall Street, Russell Peterson della Lehman Brothers Kuhn Loeb Inc., furono tra gli amministratori fiduciari accuratamente selezionati di Aspen in quel periodo, così come lo furono Il membro del consiglio di EXXON Jack G. Clarke, Jerry McAfee della Gulf Oil, il direttore della Mobil Oil George C. McGhee, l’ex funzionario del Dipartimento di Stato che era presente nel 1954 alla riunione di fondazione del gruppo Bilderberg.
Coinvolto con l’Aspen di Anderson in questo primo periodo, fu anche quello l’editore di Die Zeit contessa Marion Doenhoff di Amburgo, nonché l’ex presidente della Chase Manhattan Bank e Alto Commissario in Germania, John J. McCloy.
Robert O. Anderson aveva portato Joseph Slater dalla Ford Foundation di McGeorge Bundy per servire come presidente di Aspen. Si trattava infatti di una famiglia molto unita nell’establishment anglo-americano dei primi anni ’70. Il progetto iniziale lanciato da Slater ad Aspen era la preparazione di un’offensiva organizzativa internazionale contro la crescita industriale e in particolare contro l’energia nucleare, utilizzando gli auspici (e il denaro) delle Nazioni Unite. Slater si è assicurato il sostegno dell’ambasciatore svedese all’ONU Sverker Aastrom, che ha promosso attraverso l’ONU una proposta, nonostante le strenue obiezioni dei paesi in via di sviluppo, per una conferenza internazionale sull’ambiente.
Fin dall’inizio, la Conferenza sull’ambiente delle Nazioni Unite di Stoccolma del giugno 1972 fu gestita da operatori dell’Aspen Institute di Anderson.
Il membro del consiglio di Aspen, Maurice Strong, un petroliere canadese della Petro-Canada, presiedeva la conferenza di Stoccolma. Anche Aspen forniva finanziamenti per creare, sotto gli auspici delle Nazioni Unite, una rete internazionale a crescita zero chiamata Istituto Internazionale per l’Ambiente e lo Sviluppo, il cui consiglio comprendeva Robert O. Anderson, Robert McNamara, Strong e Roy Jenkins del Partito laburista britannico.
La nuova organizzazione produsse immediatamente un libro, Only One Earth («Una terra solamente»), del socio della Rockefeller University Rene Dubos e della malthusiana britannica Barbara Ward (Lady Jackson). In questo periodo anche le Camere di commercio internazionali furono convinte a sponsorizzare Maurice Strong e altre figure di Aspen in seminari rivolti a uomini d’affari internazionali sulla nuova ideologia ambientalista emergente.
La conferenza di Stoccolma del 1972 creò la necessaria infrastruttura organizzativa e pubblicitaria internazionale tale che, al tempo dello shock petrolifero di Kissinger del 1973-1974, una massiccia offensiva di propaganda antinucleare potesse essere lanciata, con l’ulteriore assistenza di milioni di dollari facilmente reperibili dai canali petroliferi della Atlantic Richfield Company, del Rockefeller Brothers’ Fund e di altri circoli d’élite dell’establishment anglo-americano.
Tra i gruppi che furono finanziati da queste persone in questo periodo c’erano organizzazioni tra cui l’ultra elitario World Wildlife Fund il cui presidente era il principe Bernhard del Bilderberg, e più tardi John Loudon della Royal Dutch Shell. (10).
Un indizio della schiacciante influenza di questo establishment finanziario sui media americani e britannici è il fatto che durante questo periodo non fu lanciata alcuna protesta pubblica per indagare sul probabile conflitto di interessi coinvolto nell’offensiva antinucleare ben finanziata di Robert O. Anderson, né sul fatto che la sua Atlantic Richfield Oil Co. fu uno dei maggiori beneficiari dell’aumento del prezzo del petrolio del 1974. L’ARCO di Anderson aveva investito decine di milioni di dollari in infrastrutture petrolifere ad alto rischio nella Prudhoe Bay in Alaska e nel Mare del Nord britannico, insieme a Exxon, British Petroleum, Shell e le altre Sette Sorelle.
Se lo shock petrolifero del 1974 non avesse aumentato il prezzo di mercato del petrolio a 11,65 dollari al barile o giù di lì, gli investimenti di Anderson, così come di British Petroleum ed Exxon e degli altri nel Mare del Nord e in Alaska avrebbero portato alla rovina finanziaria. Per assicurarsi una voce amichevole nella stampa in Gran Bretagna, Anderson in questo momento acquistò la proprietà del London Observer. Praticamente nessuno si domandò se Anderson e i suoi influenti amici avrebbero potuto sapere in anticipo che Kissinger avrebbe creato le condizioni per un aumento del prezzo del petrolio del 400%. (11)
Per non lasciare nulla di intentato a favore della crescita zero, Robert O. Anderson ha anche contribuito con fondi significativi a un progetto avviato dalla famiglia Rockefeller nella tenuta Rockefeller a Bellagio, in Italia, con Aurelio Peccei e Alexander King.
Questo Club di Roma, e l’Associazione statunitense del Club di Roma, nel 1972 diedero ampia pubblicità alla pubblicazione di una simulazione computerizzata scientificamente fraudolenta preparata da Dennis Meadows e Jay Forrester, intitolata I limiti alla crescita.
Aggiungendo la grafica computerizzata moderna al saggio screditato di Malthus, Meadows e Forrester insistevano sul fatto che il mondo sarebbe presto perito per mancanza di energia, cibo e altre risorse adeguate. Come fece Malthus, scelsero di ignorare l’impatto del progresso tecnologico sul miglioramento della condizione umana. Il loro messaggio era di assoluta tristezza e pessimismo culturale.
Uno dei Paesi più presi di mira da questa nuova offensiva antinucleare anglo-americana in questo periodo era la Germania. Mentre il programma nucleare francese era altrettanto se non più ambizioso, la Germania era considerata un’area in cui le risorse dell’Intelligence anglo-americana avevano maggiori probabilità di successo, data la loro storia nell’occupazione postbellica della Repubblica Federale. Quasi non appena l’inchiostro sul programma di sviluppo nucleare del governo Schmidt del 1975 si fu asciugato, fu lanciata un’offensiva.
Un agente chiave in questo nuovo progetto doveva essere una giovane donna la cui madre era tedesca e il patrigno americano e che aveva vissuto negli Stati Uniti fino al 1970, lavorando, tra le altre cose, per il senatore americano Hubert Humphrey. Petra K. Kelly aveva sviluppato stretti legami durante i suoi anni negli Stati Uniti con una delle principali nuove organizzazioni antinucleari anglo-americane create dalla Ford Foundation di McGeorge Bundy, il Natural Resources Defense Council. All’epoca il Consiglio per la difesa delle risorse naturali includeva Barbara Ward (Lady Jackson) e Laurance Rockefeller nel suo consiglio.
In Germania, la Kelly iniziò a organizzare attacchi legali contro la costruzione del programma nucleare tedesco durante la metà degli anni ’70, provocando costosi ritardi e infine grandi tagli all’intero piano nucleare tedesco.
Il controllo della popolazione diventa la «sicurezza nazionale» degli Stati Uniti
Nel 1798 un oscuro sacerdote inglese, professore di economia politica alle dipendenze dell’East India College della Compagnia britannica delle Indie Orientali a Haileybury, ottenne subito fama dai suoi sponsor inglesi per il suo Saggio sul principio della popolazione. Il saggio stesso era una frode scientifica, plagiata in gran parte da un attacco veneziano alla teoria positiva della popolazione dell’americano Benjamin Franklin.
L’attacco veneziano al saggio di Franklin era stato scritto da Giammaria Ortes nel 1774. L’adattamento di Malthus della «teoria» di Ortes fu perfezionato con una facciata di legittimità matematica che chiamò «legge della progressione geometrica», secondo la quale le popolazioni umane invariabilmente si espandevano geometricamente, mentre i mezzi di sussistenza erano aritmeticamente limitati o lineari.
Il difetto nell’argomentazione di Malthus, come dimostrato inconfutabilmente dalla spettacolare crescita della civiltà, della tecnologia e della produttività agricola a partire dal 1798, è stato il deliberato ignorare da parte di Malthus il contributo dei progressi della scienza e della tecnologia nel migliorare drasticamente fattori come la resa dei raccolti, la produttività del lavoro e la produttività et similia. (12)
Verso la metà degli anni ’70, a dimostrazione dell’efficacia del nuovo assalto propagandistico da parte dell’establishment anglo-americano, i funzionari del governo americano si vantavano apertamente, nelle conferenze stampa pubbliche, di essere «neo-malthusiani», qualcosa per cui sarebbero stati derisi e destituiti solo dieci anni prima. Ma da nessuna parte il nuovo abbraccio dell’economia malthusiana britannica negli Stati Uniti si è manifestato in modo più brutale che nel Consiglio di Sicurezza Nazionale di Kissinger.
Il 24 aprile 1974, nel pieno della crisi petrolifera, il consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, Henry Alfred Kissinger, pubblicò un memorandum di studio 200 del Consiglio di sicurezza nazionale (NSSM 200), sul tema delle «Implicazioni della crescita della popolazione mondiale per la sicurezza degli Stati Uniti e gli interessi esteri». Era diretto a tutti i segretari di gabinetto, ai capi di stato maggiore militari, nonché alla CIA e ad altre agenzie chiave. Il 16 ottobre 1975, su sollecitazione di Kissinger, il presidente Gerald Ford emanò un memorandum che confermava la necessità che «gli Stati Uniti leadership nelle questioni relative alla popolazione mondiale», sulla base del contenuto del documento classificato NSSM 200.
Il documento ha reso il malthusianesimo, per la prima volta nella storia americana, un elemento esplicito della politica di sicurezza del governo degli Stati Uniti. L’ironia della sorte è ancora più amara: il progetto fu avviato da un ebreo di origine tedesca. Anche durante gli anni del nazismo i funzionari governativi tedeschi erano più cauti nel sostenere ufficialmente tali obiettivi.
L’NSSM 200 sosteneva che l’espansione della popolazione in determinati Paesi in via di sviluppo che contengono anche risorse strategiche chiave necessarie all’economia degli Stati Uniti, pone potenziali «minacce alla sicurezza nazionale» degli Stati Uniti.
Lo studio avverte che, sotto la pressione di una popolazione interna in espansione, i Paesi con le materie prime necessarie tenderanno a a chiedere prezzi migliori e condizioni di scambio più elevate per le loro esportazioni verso gli Stati Uniti. In questo contesto, l’NSSM 200 ha identificato un elenco di 13 paesi individuati come «obiettivi strategici» per gli sforzi degli Stati Uniti volti al controllo della popolazione. L’elenco, stilato nel 1974, senza dubbio, come tutte le altre importanti decisioni di Kissinger, che prevedevano anche una stretta consultazione con il Ministero degli Esteri britannico, è istruttivo.
Kissinger dichiarò esplicitamente nel memorandum: «quanto più efficienti potrebbero essere le spese per il controllo della popolazione rispetto a (sarebbero i fondi per) aumentare la produzione attraverso investimenti diretti in ulteriori progetti e fabbriche di irrigazione ed energia elettrica» .
Verso la metà degli anni ’70 il governo degli Stati Uniti, con questa dichiarazione politica segreta, si era impegnato in un programma che avrebbe contribuito alla sua stessa fine economica così come a indicibili carestie, miseria e morti inutili in tutto il settore in via di sviluppo
I 13 paesi target citati dallo studio di Kissinger erano Brasile, Pakistan, India, Bangladesh, Egitto, Nigeria, Messico, Indonesia, Filippine, Tailandia, Turchia, Etiopia e Colombia. (13)
William F. Engdahl
NOTE
1) Victor Argy, The Postwar International Money Crisis, George Allen e Unwin, Londra 1981.
2) «Conferenza di Saltsjoebaden». Incontri del Bilderberg, 11-13 maggio 1973. L’autore ha ottenuto una copia originale della discussione ufficiale da questo incontro. Normalmente confidenziale, il documento è stato acquistato in una libreria dell’usato di Parigi, apparentemente proveniente dalla biblioteca di un membro. In una conversazione privata del settembre 2000, S.E. Lo sceicco Yaki Yamani raccontò all’autore della sua conversazione con lo Scià dell’Iran all’inizio del 1974. Quando Yamani, su istruzioni del re saudita, chiese allo Scià perché l’Iran richiedesse un così grande aumento dei prezzi dell’OPEC, lo Scià rispose: «per la risposta alla domanda tua domanda, ti suggerisco di andare a Washington e chiedere a Henry Kissinger». L’ordine del giorno per l’incontro del Bilderberg del 1973 fu preparato da Robert Murphy, l’uomo che nel 1922, quando era console americano a Monaco, incontrò per la prima volta Adolf Hitler e inviò raccomandazioni favorevoli al suo superiori a Washington. Murphy in seguito modellò la politica degli Stati Uniti nella Germania del dopoguerra come consigliere politico. Walter Levy, che ha redatto il rapporto sull’energia di Saltsjoebaden, era intimamente legato alle fortune delle grandi compagnie petrolifere. Nel 1948, in qualità di economista petrolifero per l’Amministrazione per la cooperazione economica del Piano Marshall, Levy aveva cercato di bloccare un’indagine governativa sulle accuse che le compagnie petrolifere stavano addebitando in modo eccessivo.
3) Matti Golan, The Secret Conversations of Henry Kissinger: Step-by-step diplomacy in the Middle East, Bantam Books Inc., New York 1976.
4) Henry Kissinger, Years of Upheaval, Little, Brown & Co., Boston 1982.
5) Memorandum riprodotto in «International Currency Review» Vol. 20, n. 6. Gennaio 1991. Londra. P. 45.
6) James Akins, Conversazioni private riguardanti il suo incarico a quel tempo come Direttore dell’Ufficio Combustibili ed Energia del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, in seguito Ambasciatore in Arabia Saudita.
7) Craufurd D. Goodwin et al. Energy Policy in Perspective, Brookings Institution, Washington 1981.
8) Per una visione rivelatrice dell’intima interrelazione tra Kissinger e il Ministero degli Esteri britannico durante l’intero periodo dello shock petrolifero dei primi anni ’70, è utile citare una sezione di un discorso straordinariamente franco tenuto da Kissinger il 10 maggio, 1982 davanti al Royal Institute of International Affairs di Londra. Dopo diversi minuti di entusiastici elogi per i due secoli di abile diplomazia britannica dell’equilibrio di potere, Kissinger cita quindi con approvazione la «relazione speciale» tra Stati Uniti e Gran Bretagna nel dopoguerra, aggiungendo: «a nostra storia diplomatica del dopoguerra è disseminata di “accordi” anglo-americani” e “intese”, a volte su questioni cruciali, non vengono mai inserite in documenti formali… Gli inglesi furono così concretamente utili che divennero partecipi delle deliberazioni interne americane, a un livello probabilmente mai praticato prima tra nazioni sovrane. Durante il mio periodo in carica, gli inglesi hanno svolto un ruolo fondamentale in alcuni negoziati bilaterali americani… Nella mia incarnazione alla Casa Bianca, quindi, ho tenuto il Foreign Office britannico meglio informato e più strettamente coinvolto rispetto al Dipartimento di Stato americano». Kissinger poi cita come esempio i suoi negoziati statunitensi sul futuro della Rhodesia: «nei miei negoziati sulla Rhodesia, ho lavorato su una bozza britannica con l’ortografia britannica anche quando non avevo pienamente compreso la distinzione tra un documento di lavoro e un documento approvato dal governo. La pratica della collaborazione prospera fino ai nostri giorni». Henry Kissinger, «Reflections on a Partnership: British and American Attitudes to Postwar Foreign Policy.’ Royal Institute of International Affairs», Royal Institute of International Affairs, Chatham House, Londra, 10 maggio 1982.
9) Progetto di politica energetica della Fondazione Ford. «A Time to choose: America’s Energy Future», Ballinger Publishing Co., Cambridge Massachusetts 1974.
10) Nel giugno 1973, su iniziativa personale del presidente della Chase Manhattan Bank David Rockefeller, fu fondata una nuova influente organizzazione internazionale, in gran parte costruita sulle fondamenta del gruppo Bilderberg. Si chiamava Commissione Trilaterale e il suo primo direttore esecutivo fu Zbigniew Brzezinski, partecipante al Bilderberg. La Commissione Trilaterale tentò per la prima volta nella storia anglo-americana del dopoguerra di coinvolgere le élite finanziarie e imprenditoriali giapponesi nella formazione del consenso politico anglo-americano. Nel 1976 Henry Kissinger cambia posto con Brzezinski come direttore della Trilaterale mentre Brzezinski assume il lavoro di Kissinger come consigliere per la sicurezza nazionale del nuovo presidente Jimmy Carter, lui stesso membro del gruppo semi-segreto della Commissione Trilaterale come lo erano molti dei suoi principali segretari di gabinetto.
11) Il contesto di questa parte è il risultato di un’ampia intervista e di una ricerca aziendale condotta dall’autore in un periodo di oltre 16 anni.
12) Per una critica dell’economia di Malthus, vedere Friedrich List, The National System of Political Economy, ristampa di Augustus M. Kelley, New Jersey. 1977
13) National Security Study Memorandum 200. «Implications of Worldwide Population Growth for U.S. Security and Overseas Interests». Archivi nazionali degli Stati Uniti, 10 dicembre 1974.
F. William Engdahl è consulente e docente di rischio strategico, ha conseguito una laurea in politica presso la Princeton University ed è un autore di best seller sulle tematiche del petrolio e della geopolitica. È autore, fra gli altri titoli, di Seeds of Destruction: The Hidden Agenda of Genetic Manipulation («Semi della distruzione, l’agenda nascosta della manipolazione genetica»), consultabile anche sul sito globalresearch.ca.
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Controllo delle nascite
L’eugenetica genocida Paul Ehrlich è ancora fra noi

A volte ritornano. Nonostante passino le decadi, e lo si consideri per sempre sepolto e dimenticato, in qualche modo lo fanno sempre tornare in scena.
Paul Ehrlich ha oramai 90 anni, e lo si può considerare come il primo grande divulgatore di superficie del tema della sovrappopolazione – l’idea, dimostratasi fallace oltre ogni ragionevole dubbio, che sul pianeta vi sono troppi esseri umani, e che quindi bisogna procedere con aborti, sterilizzazioni e quant’altro, insomma con la Cultura della Morte applicata.
Mesi fa il vecchio Ehrlich è comparso in TV a parlare del riscaldamento globale su 60 Minutes, prestigiosa e antica trasmissione di giornalismo d’inchiesta della CBS.
Ehrlich, che di professione in realtà è un entomologo, circa mezzo secolo fa aveva predetto erroneamente milioni di morti per carestie che avrebbero dovuto svilupparsi negli anni Ottanta. Non ha cambiato idea: in TV ha avvertito che «l’umanità non è sostenibile» e che «i prossimi decenni saranno la fine del tipo di civiltà a cui siamo abituati».
Durante la trasmissione è stato aggiunto che «le 5 estinzioni di massa del passato antico sono state causate da calamità naturali. Vulcani e un asteroide. Oggi, se la scienza ha ragione, l’umanità potrebbe dover sopravvivere a una sesta estinzione di massa in un mondo di sua creazione».
Con tono apocalittico, quanto mai aiutato dall’isteria del Climate Change, è stato detto che «i prossimi decenni segneranno la fine del tipo di civiltà a cui siamo abituati».
Mesi fa sulla figura di Ehrlich è intervenuto Elon Musk che ha affermato che il libro di Ehrlich The Population Bomb (1968) «potrebbe essere la cosa antiumana più dannosa mai scritta».
Musk ha poi affermato: «Niente di ciò che dice dovrebbe ricevere la minima credibilità», perché «Ehrlich disprezza l’umanità».
Ehrlich despises humanity. Nothing he says should be given the slightest credibility.
— Elon Musk (@elonmusk) January 2, 2023
E ancora: Ehrlich ha fatto un danno immenso all’umanità. Immenso. Lo disprezzo».
Il giornalista Tom Elliot ha sottolineato su Twitter che Ehrlich aveva erroneamente suggerito nel 1971 che il Regno Unito sarebbe stato un «piccolo gruppo di isole impoverite abitate da 70 milioni di persone affamate» entro il 2000.
Ehrlich scrisse con uno scienziato legato al partito democratico USA (poi nominato da Obama Science Czar, cioè principale consigliere scientifico del presidente) un volume chiamato Ecoscience (1977) dove il programma eugenetico si mostra in tutto il suo orrore.
«L’aggiunta di uno sterilizzante all’acqua potabile o agli alimenti di base è un suggerimento che sembra inorridire le persone più della maggior parte delle proposte per il controllo involontario della fertilità. In effetti, ciò porrebbe alcune questioni politiche, legali e sociali molto difficili, per non parlare dei problemi tecnici. Nessuno di questi sterilizzanti esiste oggi, né sembra essere in fase di sviluppo».
Anticoncezionali diluiti nell’acqua potabile: si rimane a bocca aperta.
«Per essere accettabile, una tale sostanza dovrebbe soddisfare alcuni requisiti piuttosto rigidi: deve essere uniformemente efficace, nonostante le dosi ampiamente variabili ricevute dagli individui, e nonostante i diversi gradi di fertilità e sensibilità tra gli individui; deve essere privo di effetti collaterali pericolosi o spiacevoli; e non deve avere alcun effetto su membri del sesso opposto, bambini, anziani, animali domestici o bestiame».
In pratica, Ehrlich e il collega democratico propongono una silenziosa, ma efficace, sterilizzazione di massa.
Nel libro trovava spazio anche l’idea di un governo mondiale: «forse quelle agenzie, combinate con l’UNEP e le agenzie per la popolazione delle Nazioni Unite, potrebbero alla fine svilupparsi in un regime planetario, una sorta di superagenzia internazionale per la popolazione, le risorse e l’ambiente. Un regime planetario così completo potrebbe controllare lo sviluppo, l’amministrazione, la conservazione e la distribuzione di tutte le risorse naturali, rinnovabili o non rinnovabili, almeno nella misura in cui esistono implicazioni internazionali».
Ehrlich inizialmente, più che di clima, parlava di un’implosione dell’umanità dovuta alla carenza di risorse, con guerre, carestie ed epidemie dovute alla mancanza di cibo ed energia – come da calcoli errati del reverendo Malthus nel Settecento.
Poi è passato il treno del cambiamento climatico, e l’entomologo antiumanista, già smentito dalla realtà in modo plateale, ci è saltato subito sopra.
In un articolo del 1995, Ehrlich ha scritto che «un piccolo aumento netto dei decessi» è «un prezzo ragionevole da pagare» per salvare presumibilmente il pianeta dal riscaldamento globale.
Questa piccola strage passa ovviamente per una riformulazione della medicina, della sua etica e della sua pratica.
«I medici per istinto e formazione si concentrano sulla salute delle persone; devono imparare a prestare maggiore attenzione alla salute di intere società e ad affrontare i difficili conflitti di interesse che spesso sorgono tra i due. Un medico, Jeffrey Fisher (1994), raccomanda che ai medici sia richiesto di sostenere esami periodici di ricertificazione in cui vengono testate le conoscenze sugli antibiotici. Se gli antibiotici fossero stati usati in modo più giudizioso negli ultimi decenni, senza dubbio ci sarebbero stati più decessi per infezioni batteriche erroneamente diagnosticate come virali e meno decessi per reazioni allergiche agli antibiotici. Ma un piccolo aumento netto dei decessi sarebbe stato probabilmente un prezzo ragionevole da pagare per evitare la situazione attuale, che fa presagire un ritorno all’era pre-antibiotica e tassi di mortalità molto più elevati».
Nel 2012, Ehrlich ha detto al Guardian che l’élite dovrebbe ridurre la popolazione globale ad almeno 2 miliardi. Attualmente ci sono circa 8 miliardi di esseri umani che vivono sul pianeta. Ciò significa quindi che lo scienziato sostiene l’eliminazione di circa il 75% dell’umanità.
«Siamo passati da 1,5 a 2 miliardi perché puoi avere grandi città attive e zone selvagge. Se vuoi un mondo di polli in batteria in cui tutti abbiano spazio e cibo minimi e tutti siano tenuti quasi in vita, potresti essere in grado di sostenere a lungo termine circa 4 o 5 miliardi di persone. Ma hai già 7 miliardi. Quindi dobbiamo muoverci umanamente e il più rapidamente possibile verso la contrazione della popolazione».
Uno dei modi principali in cui l’eugenista spera di impedire l’aumento della popolazione è rendere gli aborti più accessibili e comuni.
«Il modo migliore, a nostro avviso, per ottenere (…) una riduzione della popolazione è dare pieni diritti e opportunità alle donne e rendere la contraccezione moderna e l’aborto di supporto accessibili a tutte le persone sessualmente attive. Mentre il grado in cui questi passaggi ridurrebbero i tassi di fertilità totale è una questione controversa, porterebbero significativi benefici sociali ed economici rendendo disponibili enormi serbatoi di nuova energia cerebrale per risolvere i nostri problemi, salvando centinaia di migliaia di vite riducendo il numero di aborti non sicuri».
Ora, ci siamo ricordati anche oggi di Ehrlich perché ci è tornato in mente, e non sappiamo perché, che Ehrlich è stato invitato dal Vaticano di Bergoglio.
Anzi, a ripescarlo dall’oblio dei decenni, il papato – che fino a pochi anni fa era il maggior avversario di tali idee, al punto da venir linciato ciclicamente a tutte le conferenze delle Nazioni Unite sulla popolazione, come si legge ne Il complotto dell’ONU contro la vita del compianto monsignor Schooyans – ha dato una spinta non indifferente.
Così nel 2017 ebbe luogo presso la Casina Pio IV, nel verde dei Giardini Vaticani, la conferenza «Come salvare il mondo naturale da cui dipendiamo». Ad organizzare, la Pontificia accademia delle Scienze, guidata dal vescovo Marcelo Sánchez Sorondo, conterraneo di Bergoglio. Tra gli invitati, lui, Ehrlich, guru dimenticato del proto-ecocatastrofismo, vate della riduzione della popolazione terrestre con ogni mezzo. Qualcuno grido allo scandalo
Tanto per ricordarci che cosa è il Vaticano oggi: un’antenna ripetitrice della Necrocultura più spudorata, più infame, più antiumana.
Quando riusciremo a far finire tutto questo?
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