Economia
I Rothschild triplicano i loro Bitcoin e attaccano l’inchiesta dei trumpiani sull’integrità delle elezioni 2020
Il gruppo di investimento della famiglia bancaria Rothschild a Chicago ha recentemente aumentato la sua posizione indiretta in Bitcoin di quasi quattro volte nel secondo trimestre, secondo il documenti dell’ente di regolazione del mercato azionario USA SEC del secondo trimestre riguardo la Rothschild Investment Corp del 19 luglio.
La società dei Rothschild, ancora gestita dalla famigerata famiglia che l’ha fondata nel 1908, ora possiede 141.405 azioni di Grayscale Bitcoin Trust, dopo aver aggiunto 103.059 azioni dall’ultimo trimestre.
La società dei Rothschild, ancora gestita dalla famigerata famiglia che l’ha fondata nel 1908, ora possiede 141.405 azioni di Grayscale Bitcoin Trust, dopo aver aggiunto 103.059 azioni dall’ultimo trimestre
Negli ultimi anni Bitcoin si è affermato come una forte valuta alternativa in mezzo all’instabilità finanziaria mondiale caratterizzata da inflazione valutaria, carenza di gas, interruzioni della catena di approvvigionamento ispirate al coronavirus e potenziali carenze di cibo. Come riportato da Renovatio 21, strani misteri si assiepano sul Bitcoin, con la morte sospetta di alcuni suoi grandi detentori e sostenitori.
«Va ricordato che un membro della famiglia Rothschild, Lynn Forester de Rothschild, si oppone febbrilmente al movimento patriottico dell’integrità elettorale negli Stati Uniti d’America» ricorda il sito americano National File.
Lady Lynn Forester de Rothschild è la moglie di Sir Evelyn de Rothschild, mega miliardario in pensione di 90 anni, capo della NM Rothschilds Bank di Londra
Gli sforzi dei Rothschild sarebbero diretti alla riforma elettorale degli USA – dove in alcuni Stati si può votare senza esibire documenti! – per negare che i trumpiani, scottati dalle controversie elettorali del 2020 (dove brogli stanno emergendo ancora oggi).
«Fermare la legislazione sull’integrità elettorale sembra essere l’ultima ossessione dei Rothschild. Secondo quanto riferito, i Rothschild prepararono Napoleone Bonaparte per il disastro nella battaglia di Waterloo, tentarono senza successo di influenzare la valuta americana durante la presidenza di Abraham Lincoln (ma ebbero più successo dopo l’assassinio di Lincoln) e inventarono lo stato-nazione sionista di Israele attraverso la Dichiarazione Balfour. Ora, almeno uno dei maggiori Rothschild vuole impedire agli americani di avere elezioni sicure con l’ID elettorale» scrive il sito americano.
«Va ricordato che un membro della famiglia Rothschild, Lynn Forester de Rothschild, si oppone febbrilmente al movimento patriottico dell’integrità elettorale negli Stati Uniti d’America»
I Rothschild avrebbero fatto parte di un incontro su Zoom con «oltre 100 leader aziendali» lo scorso, sabato «cme meglio attaccare la legislazione cruciale sull’integrità elettorale che viene approvata a livello statale», discutendo «della legislazione sull’integrità elettorale che è stata approvata in alcuni stati come la Georgia, con più legislazione che passa attraverso le legislature di vari altri Stati».
L’incontro non è stato decisamente segreto: si tratta di una mossa che CBS News ha descritto come «un segnale che il le principali aziende della nazione stanno preparando una risposta molto più solida e organizzata al dibattito in corso».
Tra le aziende che hanno attaccato la legislazione sull’integrità elettorale, Delta Airlines e Coca-Cola particolare hanno seguito la legislazione approvata in Georgia. Ma vi sarebbero stati anche il CEO di Walmart, il CEO di American Airlines, il CEO di Linkedin, il CEO di ViacomCBS e pure James Murdoch, figlio di quel Rupert Murdoch che detiene il canale conservatore Fox News.
Il CEO Capitalism, l’oligarcato delle multinazionali, contro Trump e i suoi milioni di elettori: ma dove sta la novità?
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Come riportato da Renovatio 21, Lynn Forester de Rothschild è altresì a capo del grande accordo tra il Vaticano di Bergoglio ed altri oligarchi finanziari globalisti noto come «Consiglio per il capitalismo inclusivo», sedicente «movimento delle imprese mondiali e dei leader del settore pubblico che stanno lavorando per costruire un sistema economico più inclusivo, sostenibile e affidabile che soddisfi le esigenze della nostra gente e il pianeta».
Lynn Forester de Rothschild è altresì a capo del grande accordo tra il Vaticano di Bergoglio ed altri oligarchi finanziari globalisti noto come «Consiglio per il capitalismo inclusivo»
«Questo Consiglio seguirà l’avvertimento di Papa Francesco di ascoltare “il grido della terra e il grido dei poveri” e rispondere alle richieste della società per un più equo e sostenibile modello di crescita» disse al varo dell’iniziativa dell’oligarcato nel Santo Uffizio la Rothschild.
Secondo Il Corriere della Sera, fu la signora Lynn a presentare a Bill Clinton l’oscuro miliardario pedofilo Jeffrey Epstein, trovato misteriosamente impiccato in carcere due estati fa.
È stato riportato che il nome della signora compaia nella lista delle persone che hanno volato con il jet privato di Epstein, il famoso «Lolita Express».
Ghislaine Maxwell, la «madame» associata ad pedofilo Epstein e alle sue enigmatiche operazioni, secondo la testata americana Business Insider avrebbe comprato la sua casa a New York nel 2000 da Lynn Forester, che a quel tempo non aveva ancora sposato il vecchio Rothschild.
Secondo Il Corriere della Sera, fu Lady Lynn de Rothschild a presentare a Bill Clinton l’oscuro miliardario pedofilo Jeffrey Epstein, trovato misteriosamente impiccato in carcere due estati fa
La futura signora Rothschild «ha venduto l’immobile per circa 8,5 milioni di dollari in meno rispetto al suo valore di mercato stimato, che era di oltre 13,4 milioni di dollari. Forester ha acquistato la casa nel 1997 per 4,475 milioni di dollari, secondo i documenti fiscali» scrive Business Insider.
Immagine screenshot da YouTube
Economia
La Turchia sospende ogni commercio con Israele
Il governo turco ha sospeso tutti gli scambi con Israele in risposta alla guerra di Gaza, ha dichiarato il Ministero del Commercio di Ankara in una dichiarazione pubblicata giovedì sui social media.
La Turchia è stato uno dei critici più feroci di Israele da quando è scoppiato il conflitto con Hamas in ottobre. La sospensione di tutte le operazioni di esportazione e importazione è stata introdotta in risposta all’«aggressione dello Stato ebraico contro la Palestina in violazione del diritto internazionale e dei diritti umani», si legge nella dichiarazione.
Ankara attuerà rigorosamente le nuove misure finché Israele non consentirà un flusso ininterrotto e sufficiente di aiuti umanitari a Gaza, aggiunge il documento.
Israele è stato accusato dalle Nazioni Unite e dai gruppi per i diritti umani di ostacolare la consegna degli aiuti nell’enclave. I funzionari turchi si coordineranno con l’Autorità Palestinese per garantire che i palestinesi non siano colpiti dalla sospensione del commercio, ha affermato il ministero.
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La sospensione totale fa seguito alle restrizioni imposte il mese scorso da Ankara sulle esportazioni verso Israele di 54 categorie di prodotti tra cui materiali da costruzione, macchinari e vari prodotti chimici. La Turchia aveva precedentemente smesso di inviare a Israele qualsiasi merce che potesse essere utilizzata per scopi militari.
Come riportato da Renovatio 21, il mese scorso il governo turco ha imposto restrizioni alle esportazioni verso Israele per 54 categorie di prodotti.
In risposta alle ultime restrizioni, il ministero degli Esteri israeliano ha accusato la leadership turca di «ignorare gli accordi commerciali internazionali». Giovedì il ministro degli Esteri Israel Katz ha scritto su X che «bloccando i porti per le importazioni e le esportazioni israeliane», il presidente turco Recep Tayyip Erdogan si stava comportando come un «dittatore». Israele cercherà di «creare alternative» per il commercio con la Turchia, concentrandosi sulla «produzione locale e sulle importazioni da altri Paesi», ha aggiunto il Katz.
.@RTErdogan is breaking agreements by blocking ports for Israeli imports and exports. This is how a dictator behaves, disregarding the interests of the Turkish people and businessmen, and ignoring international trade agreements. I have instructed the Director General of the…
— ישראל כ”ץ Israel Katz (@Israel_katz) May 2, 2024
Come riportato da Renovatio 21 il leader turco ha effettuato in questi mesi molteplici attacchi con «reductio ad Hitlerum» dei vertici israeliani, paragonando più volte il primo ministro Beniamino Netanyahu ad Adolfo Hitler e ha condannato l’operazione militare a Gaza, arrivando a dichiarare che Israele è uno «Stato terrorista» che sta commettendo un «genocidio» a Gaza, apostrofando il Netanyahu come «il macellaio di Gaza».
Il presidente lo scorso novembre aveva accusato lo Stato Ebraico di «crimini di guerra» per poi attaccare l’intero mondo Occidentale (di cui Erdogan sarebbe di fatto parte, essendo la Turchia aderente alla NATO e aspirante alla UE) a Gaza «ha fallito ancora una volta la prova dell’umanità».
Un ulteriore nodo arrivato al pettine di Erdogan è quello relativo alle bombe atomiche dello Stato Ebraico. Parlando ai giornalisti durante il suo volo di ritorno dalla Germania, il vertice dello Stato turco ha osservato che Israele è tra i pochi Paesi che non hanno aderito al Trattato di non proliferazione delle armi nucleari del 1968.
Il mese scorso Erdogan ha accusato lo Stato Ebraico di aver superato il leader nazista uccidendo 14.000 bambini a Gaza.
Israele, nel frattempo, ha affermato che il presidente turco è tra i peggiori antisemiti della storia, a causa della sua posizione sul conflitto e del suo sostegno a Hamas.
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Immagine di Haim Zach / Government Press Office of Israel via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
Economia
La Republic First Bank fallisce: la crisi bancaria USA non è finita
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Economia
BlackRock si unisce al pressing sull’Arabia Saudita: deve uscire dai BRICS
L’Arabia Saudita è oggetto di una pressione da parte di tutta la corte progettata per tirarla fuori dai BRICS e riallinearla con Londra e Washington.
Nello stesso momento in cui il Segretario di Stato americano Tony Blinken era in Arabia Saudita questa settimana per lavorare sulla «normalizzazione delle relazioni» tra Israele e Arabia Saudita – vale a dire, affinché i Sauditi riconoscano Israele in cambio di un patto militare con gli Stati Uniti – erano presenti nel regno wahabita anche Larry Fink e altri alti dirigenti di BlackRock per firmare un accordo con il governo saudita per il lancio della società BlackRock Riyadh Investment Management.
La nuova entità, detta anche BRIM, sarà una nuova «società di investimento multi-class» a Riyadh, con 5 miliardi di dollari di capitale iniziale di origine saudita, che dovrà «gestire fondi che investono principalmente in Arabia Saudita ma anche nel resto del Medio Oriente e del Nord Africa», ha riferito il Financial Times.
«L’obiettivo è attrarre ulteriori capitali esteri in Arabia Saudita e rafforzare i suoi mercati dei capitali attraverso una gamma di fondi di investimento gestiti da BlackRock», che ha in gestione una bella somma di 10,5 trilioni di dollari. Il CEO di BlackRock Larry Fink ha dichiarato in una nota che «l’Arabia Saudita è diventata una destinazione sempre più attraente per gli investimenti internazionali… e siamo lieti di offrire agli investitori di tutto il mondo l’opportunità di parteciparvi».
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L’Arabia Saudita aveva segnalato il suo interesse ad entrare nei BRICS ancora due anni fa.
Come riportato da Renovatio 21, pare che il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman – capo de facto del regno islamico – cinque mesi fa abbia snobbato i britannici per incontrare il presidente della Federazione Russa Vladimir Putin. Negli stessi mesi il Regno aveva stipulato con la Cina un accordo di scambio per il commercio senza dollari.
Lo scambio di petrolio senza l’intermediazione del dollaro, iniziata nel 2022 con le dichiarazioni dei sauditi sulla volontà di vendere il greggio alla Cina facendosi pagare in yuan, porterà alla dedollarizzazione definitiva del commercio globale.
A gennaio 2023, il ministro delle finanze dell’Arabia Saudita Mohammed Al-Jadaan ha dichiarato al World Economic Forum che il Regno è aperto a discutere il commercio di valute diverse dal dollaro USA.
«Non ci sono problemi con la discussione su come stabiliamo i nostri accordi commerciali, se è in dollari USA, se è l’euro, se è il riyal saudita», aveva detto Al-Jadaan in un’intervista a Bloomberg TV durante il WEF di Davos. «Non credo che stiamo respingendo o escludendo qualsiasi discussione che contribuirà a migliorare il commercio in tutto il mondo».
Il rapporto tra la Casa Saud e Washington, con gli americani impegnati a difendere la famiglia reale araba in cambio dell’uso del dollaro nel commercio del greggio (come da accordi presi sul Grande Lago Amaro tra Roosevelt e il re saudita Abdulaziz nel 1945) sembra essere arrivato al termine.
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Immagine di pubblico dominio CCO via Flickr
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