Politica
Hunter Biden minaccia Trump

Hunter Biden, figlio del presidente degli Stati Uniti Joe Biden, ha inviato giovedì una lettera di «cease and desist» – una diffida – all’ex presidente Donald Trump, avvertendo che continuare a prendere di mira il figlio dei presidenti sui social media potrebbe portare ad «ancora più problemi legali» per l’ex presidente, che peraltro è il principale candidato sfidante contro il padre.
I commenti online di Trump – compresi i suoi suggerimenti secondo cui uno o entrambi i Biden erano responsabili della cocaina scoperta di recente alla Casa Bianca – «potrebbero portare essere lesivi [di Hunter] o della sua famiglia», ha detto ad ABC News l’avvocato del giovane Biden Abbe Lowell.
Lowell ha citato incidenti precedenti, tra cui la rivolta del Campidoglio del 6 gennaio, l’aggressione al marito dell’allora presidente della Camera Nancy Pelosi in ottobre e l’arresto di un uomo pesantemente armato vicino alla casa di Obama il mese scorso, come ispirati dai precedenti commenti di Trump.
«Siamo solo a uno di questi messaggi sui social media da un altro incidente» ha detto il Lowell agli avvocati di Trump.
«Dovreste chiarire al signor Trump – se non l’avete già fatto – che le parole del signor Trump hanno causato danni in passato e minacciano di farlo di nuovo se egli non si ferma», ha continuato Lowell, esortando gli avvocati dell’ex presidente di informarlo riguardo a «come il suo incitamento può ferire ulteriormente le persone e causare a se stesso ancora più problemi legali».
Trump ha recentemente infilzato Hunter con una serie di post sulla sua piattaforma Truth Social, sostenendo che la cocaina scoperta in un ripostiglio nell’ala ovest della Casa Bianca all’inizio di questo mese apparteneva al giovane Biden, le cui lotte con la dipendenza da crack sono ben documentate, anche da egli stesso – come dimostrano foto e video trapelati.
«SANNO AL 100% CHI È», aveva scritto Trump riguardo al colpevole di cocaina lunedì, affermando: «se non rilasciano informazioni, significa che hanno distrutto i nastri e la cocaina era usata da Hunter, e probabilmente da Crooked Joe [«Joe il corrotto», nomignolo di Trump per Biden, ndr], per dare un po’ di vita ed energia a questo disastro totale di un presidente!»
In un post precedente, il Trump chiedeva se «qualcuno crede davvero che la COCAINA trovata nell’ala ovest della Casa Bianca, molto vicino allo Studio Ovale, [fosse] ad uso di chiunque non fosse Hunter e Joe Biden».
Trump ha rinnovato i suoi attacchi dopo che il mese scorso il giovane Biden si è dichiarato colpevole di due accuse fiscali per reati minori a seguito di un’indagine durata anni, in un patteggiamento che dovrebbe tenerlo fuori di prigione. Il leader repubblicano del 2024 si è lamentato del fatto che il pubblico ministero «abbia emesso una multa invece di una condanna».
I problemi legali dell’ex presidente continuano ad accumularsi, poiché un gran giurì della Georgia considera di accusarlo per presunti tentativi di ribaltare i risultati delle elezioni del 2020. È già stato incriminato sia a livello federale che dallo stato di New York e si è dichiarato non colpevole di tutte le accuse.
Vogliamo ricordare come da senatore, nel 1991, Biden annunciava di aver prodotto una legge che infligge agli utilizzatori di crack «5 anni di galera, senza libertà vigilata». «Il giudice non avrà scelta».
Il materiale del «laptop dall’inferno» (il computer di Hunter dimenticato in un negozio di riparazioni in Delaware, così definito da un libro della giornalista Miranda Brown) sembrano non aver mai interessato i media, nonostante i contenuti talvolta allucinanti (con prove del suo abuso di droghe e di storie con prostitute, ma pare che il ragazzo caricasse video delle sue prodezze su Pornhub) e eventuali prove di misfatti del clan e dei suoi oscuri legami internazionali, talvolta perfino patenti – magari con grandi avversari geopolitici degli USA come la Cina.
Due mesi fa il senatore repubblicano del Wisconsin Ron Johnson, noto anche per la sua battaglia riguardo i vaccini, ha dichiarato che «le truffe dei Biden sono sconvolgenti».
Politica
Orban dice che l’UE potrebbe andare al «collasso» e chiede accordi con Mosca

L’UE è sull’orlo del collasso e non sopravvivrà oltre il prossimo decennio senza una «revisione strutturale fondamentale» e un distacco dal conflitto ucraino, ha avvertito il primo ministro ungherese Viktor Orban.
Intervenendo domenica al picnic civico annuale a Kotcse, Orban ha affermato che l’UE non è riuscita a realizzare la sua ambizione fondante di diventare una potenza globale e non è in grado di gestire le sfide attuali a causa dell’assenza di una politica fiscale comune. Ha descritto l’Unione come entrata in una fase di «disintegrazione caotica e costosa» e ha avvertito che il bilancio UE 2028-2035 «potrebbe essere l’ultimo se non cambia nulla».
«L’UE è attualmente sull’orlo del collasso ed è entrata in uno stato di frammentazione. E se continua così… passerà alla storia come il deprimente risultato finale di un esperimento un tempo nobile», ha dichiarato Orban, proponendo di trasformare l’UE in «cerchi concentrici».
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L’anello esterno includerebbe i paesi che cooperano in materia di sicurezza militare ed energetica, il secondo cerchio comprenderebbe i membri del mercato comune, il terzo quelli che condividono una moneta, mentre il più interno includerebbe i membri che cercano un allineamento politico più profondo. Secondo Orbán, questo amplierebbe la cooperazione senza limitare lo sviluppo.
«Ciò significa che siamo sulla stessa macchina, abbiamo un cambio, ma vogliamo muoverci a ritmi diversi… Se riusciamo a passare a questo sistema, la grande idea della cooperazione europea… potrebbe sopravvivere», ha affermato.
Orban ha accusato Brusselle di fare eccessivo affidamento sul debito comune e di usare il conflitto in Ucraina come pretesto per proseguire con questa politica. Finché durerà il conflitto, l’UE rimarrà una «anatra zoppa», dipendente dagli Stati Uniti per la sicurezza e incapace di agire in modo indipendente in ambito economico, ha affermato.
Il premier magiaro ha anche suggerito che, invece di «fare lobbying a Washington», l’UE dovrebbe «andare a Mosca» per perseguire un accordo di sicurezza con la Russia, seguito da un accordo economico.
Il primo ministro di Budapest non è il solo a nutrire queste preoccupazioni. Gli analisti del Fondo Monetario Internazionale e di altre istituzioni hanno lanciato l’allarme: l’UE rischia la stagnazione e persino il collasso a causa di sfide strutturali, crescita debole, scarsi investimenti, elevati costi energetici e tensioni geopolitiche.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
Politica
Il passo indietro di Ishiba: nuovo capitolo nella lunga crisi del centro-destra giapponese

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Politica
Il governo francese collassa

Il governo francese è collassato dopo che il Primo Ministro François Bayrou ha perso un cruciale voto di fiducia in Parlamento lunedì. Bayrou è il secondo primo ministro consecutivo sotto Emmanuel Macron a essere destituito, precipitando la Francia in una crisi politica ed economica.
Per approvare una mozione di sfiducia all’Assemblea Nazionale servono almeno 288 voti. Quella di lunedì ne ha ottenuti 364, con il Nuovo Fronte Popolare di sinistra e il Raggruppamento Nazionale di destra coalizzati per superare lo stallo sul bilancio di austerità di Bayrou.
Dopo aver resistito a otto mozioni di sfiducia, Bayrou ha convocato questo voto per ottenere supporto alle sue proposte, che prevedevano tagli per circa 44 miliardi di euro per ridurre il debito francese in vista del bilancio di ottobre.
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Bayrou, che aveva definito il debito pubblico un «pericolo mortale», sembra aver accettato la sconfitta. Domenica, ha criticato aspramente i partiti rivali, che, pur «odiandosi a vicenda», si sono uniti per far cadere il governo.
Bayrou è il secondo primo ministro deposto dopo Michel Barnier, rimosso a dicembre dopo soli tre mesi, e il sesto sotto Macron dal 2017.
La caduta di Bayrou lascia Macron di fronte a un dilemma: nominare un Primo Ministro socialista, cedendo il controllo della politica interna, o indire elezioni anticipate, che i sondaggi indicano favorirebbero il Rassemblement National di Marine Le Pen.
Con la popolarità di Macron al minimo storico, entrambe le opzioni potrebbero indebolire ulteriormente la sua presidenza. Gli analisti temono che una perdita di fiducia dei mercati nella gestione del deficit e del debito francese possa portare a una crisi simile a quella vissuta dal Regno Unito sotto Liz Truss, il cui governo durò meno della via di un cavolo prima della marcescenza.
Il malcontento verso Macron è in crescita: un recente sondaggio di Le Figaro rivela che quasi l’80% dei francesi non ha più fiducia in lui.
Come riportato da Renovatio 21, migliaia di persone hanno protestato a Parigi nel fine settimana, chiedendo le dimissioni di Macron con slogan come «Fermiamo Macron» e «Frexit».
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Immagine di © European Union, 1998 – 2025 via Wikimedia pubblicata secondo indicazioni
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