Geopolitica
Hong Kong: Arrestato leader democratico. Legge sulla sicurezza usata per reprimere il dissenso

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di Asianews
Si fa sempre più dura la repressione politica a Hong Kong dopo l’adozione della nuova legge sulla sicurezza voluta da Pechino.
Ieri la polizia ha arrestato Lo Kin-hei, vice presidente del Partito democratico, per aver partecipato a una manifestazione non autorizzata lo scorso 18 novembre: una delle tante iniziative organizzate dal movimento anti-estradizione tra l’estate 2019 e il lockdown per il coronavirus in gennaio.
Il draconiano provvedimento sulla sicurezza introduce i reati di separatismo, sovversione, terrorismo e collusione con forze straniere
Il draconiano provvedimento sulla sicurezza è entrato in vigore il 30 giugno. Esso introduce i reati di separatismo, sovversione, terrorismo e collusione con forze straniere. Il Partito comunista cinese lo ha imposto per soffocare il movimento democratico, che da un anno manifesta per l’autonomia di Hong Kong dalla madrepatria e per il mantenimento del suo sistema liberale.
Lo è stato liberato su cauzione; in agosto dovrà comparire in tribunale. Egli ha definito le accuse nei suoi confronti «prive di fondamento» e «politicamente motivate». Per evitare il possibile arresto, alcuni politici democratici hanno deciso di assumere un basso profilo. Ad esempio, Au Nok-hin e Andrew Chiu hanno preso le distanze dalle recenti primarie del fronte anti-Pechino, di cui erano coordinatori.
Per evitare il possibile arresto, alcuni politici democratici hanno deciso di assumere un basso profilo
L’11 e il 12 luglio, oltre 600mila persone hanno partecipato al voto per scegliere i candidati democratici alle elezioni parlamentari di settembre. Esse hanno sfidato le autorità cittadine e della madrepatria, secondo cui la partecipazione alle primarie poteva violare la nuova normativa.
Au ha ammesso di aver preso la sua decisione dopo che Pechino ha paventato azioni giudiziarie contro organizzatori e partecipanti.
Eclissarsi potrebbe non bastare a salvare gli attivisti democratici, come dimostra la campagna stampa dei media cinesi contro Anson Chan
Ma eclissarsi potrebbe non bastare a salvare gli attivisti democratici, come dimostra la campagna stampa dei media cinesi contro Anson Chan, segretario generale sotto l’ultimo governatore britannico di Hong Kong, e sotto il primo capo dell’esecutivo dopo il passaggio del territorio alla Cina nel 1997.
Chan, un’icona del campo democratico, ha annunciato lo scorso mese di volersi ritirare a vita privata. Secondo la CCTV, la televisione pubblica cinese, il ritiro dalla scena politica non le eviterà una «punizione». Per la leadership cinese, Chan è un membro della «gang dei quattro», insieme al magnate dei media Jimmy Lai, al fondatore del Partito democratico Martin Lee e ad Albert Ho, presidente dell’Alleanza a sostegno dei movimenti democratico-patriottici della Cina.
La TV pubblica di Pechino accusa quattro personalità democratiche di aver tentato di «distruggere» Hong Kong con le marce anti-estradizione, in combutta con forze d’opposizione, politici stranieri e organizzazioni anti-cinesi
In un recente articolo, la CCTV accusa le quattro personalità democratiche di aver tentato di «distruggere» Hong Kong con le marce anti-estradizione, in combutta con forze d’opposizione, politici stranieri e organizzazioni anti-cinesi.
Per tale motivo, aggiunge il canale di Stato, esse dovrebbero essere incriminate in base alla legge sulla sicurezza.
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Immagine Studio Incendo via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)
Geopolitica
Charlie Kirk una volta si era chiesto se se l’Ucraina avrebbe cercato di ucciderlo

L’attivista conservatore Charlie Kirk, ucciso in un attentato, aveva dichiarato di essere minacciato di morte ogni giorno per le sue posizioni critiche, in particolare contro il sostegno finanziario degli Stati Uniti al conflitto ucraino. Si dice che almeno una minaccia di omicidio, attribuita a un portavoce ucraino, potrebbe essere stata diretta personalmente a lui.
Nel 2023, il Centro per il contrasto alla disinformazione di Kiev ha accusato Kirk di promuovere la «propaganda russa». Nel 2024, un sito ucraino aveva incluso Kirk e la sua organizzazione, Turning Point USA, in una lista nera comprendente 386 individui e 76 gruppi americani contrari al finanziamento dell’Ucraina.
Il transessuale americano Sarah Ashton-Cirillo, già responsabile della comunicazione in lingua inglese per le Forze di Difesa Territoriali ucraine, aveva dichiarato di voler «dare la caccia» a quelli che aveva definito «propagandisti del Cremlino», annunciando un imminente attacco contro una figura vicina al presidente russo Vladimir Putin.
Aveva in seguito minacciato anche giornalisti americani, e dichiarato che «i russi non sono esseri umani».
.@charliekirk11 on Volodymyr Zelenskyy: “The gangster is coming back to extort more American politicians to try to get us further into a no-win war.” pic.twitter.com/AF53AP67rB
— Human Events (@HumanEvents) September 15, 2023
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«Proveranno a uccidere Steve Bannon, Tucker Carlson o forse me?» si era chiesto Kirk, citando altre note figure conservatrici dei media americani.
«Noi non siamo burattini di Putin né propagandisti russi, eppure il New York Times ci etichetta così, Twitter ci etichetta così», aveva affermato Kirk nel suo programma. «E quella persona, finanziata dal Tesoro degli Stati Uniti, dichiara: vi troveremo e vi uccideremo».
La questione se il governo degli Stati Uniti stesse finanziando Ashton-Cirillo è diventata oggetto di dibattito pubblico dopo che la sua dichiarazione è diventata virale, interessando anche l’allora senatore dell’Ohio JD Vance, oggi vicepresidente USA. Il transessuale statunitense fu quindi prontamente rimosso dalle forze armate ucraine.
Kirk è stato un critico costante dello Zelens’kyj, descrivendolo come «un bambino ingrato e capriccioso», un «go-go dancer» che non merita nemmeno un dollaro delle tasse americane e «un burattino della CIA che ha guidato il suo popolo verso un massacro inutile».
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Immagine di Gage Skidmore via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
Geopolitica
Mosca critica Israele per l’attacco al Qatar

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Geopolitica
«Li prenderemo la prossima volta» Israele non esclude un altro attacco al Qatar

Israele è determinato a uccidere i leader di Hamas ovunque risiedano e continuerà i suoi sforzi finché non saranno tutti morti, ha dichiarato martedì a Fox News l’ambasciatore israeliano negli Stati Uniti Yechiel Leiter.
In precedenza, attacchi aerei israeliani hanno colpito un edificio residenziale a Doha, in Qatar, prendendo di mira alti esponenti dell’ala politica di Hamas. Il gruppo ha affermato che i suoi funzionari sono sopravvissuti, mentre l’attacco è stato criticato dalla Casa Bianca e condannato dal Qatar.
«Se non li abbiamo presi questa volta, li prenderemo la prossima volta», ha detto il Leiter.
L’ambasciatore ha descritto Hamas come «nemico della civiltà occidentale» e ha sostenuto che le azioni di Israele stavano rimodellando il Medio Oriente in modi che gli Stati «moderati» comprendevano e apprezzavano. «In questo momento, potremmo essere oggetto di qualche critica. Se ne faranno una ragione», ha detto riferendosi ai Paesi arabi.
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Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha affermato che, sebbene smantellare Hamas sia un obiettivo legittimo, colpire un alleato degli Stati Uniti mina gli interessi sia americani che israeliani.
Leiter ha osservato che Israele «non ha mai avuto un amico migliore alla Casa Bianca» e che Washington e lo Stato Ebraico sono rimaste unite nel perseguire la distruzione del gruppo militante.
Il Qatar, che ospita funzionari di Hamas nell’ambito del suo ruolo di mediatore, ha dichiarato che tra le sei persone uccise nell’attacco israeliano c’era anche un agente di sicurezza del Qatar.
L’emiro del Qatar, lo sceicco Tamim bin Hamad al-Thani, ha denunciato l’attacco come un «crimine atroce» e un «atto di aggressione», mentre il ministero degli Esteri di Doha ha accusato Israele di «terrorismo di Stato».
Israele ha promesso di dare la caccia ai leader di Hamas, ritenuti responsabili del mortale attacco dell’ottobre 2023, lanciato da Gaza verso il sud di Israele. L’ambasciatore ha giurato che i responsabili «non sopravviveranno», ovunque si trovino.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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