Politica
Gli Ultras polacchi contro la rimozione dei crocifissi imposta dal sindaco di Varsavia

Gli Ultras polacchi hanno protestato contro la decisione del sindaco di Varsavia di rimuovere i crocifissi dal municipio di Varsavia, nel paese storicamente cattolico.
Sabato scorso, in una partita tra Legia Varsavia e Zaglebie Lubin, i tifosi del Legia Varsavia hanno mostrato uno striscione con la scritta «Trzaskowski, giù le mani dalla croce».
La scritta indica la protesta contro la decisione del sindaco di Varsavia Rafal Trzaskowski di vietare i simboli religiosi nel municipio con il pretesto di «parità di trattamento».
Kilka słów od Żylety do prezydenta Warszawy. pic.twitter.com/rb106ZEhee
— Legionisci.com (@LegionisciCom) May 25, 2024
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Un portavoce del sindaco ha dichiarato che Varsavia sarà la prima città ad adottare il divieto dei simboli religiosi, cioè croci e crocifissi, negli edifici pubblici. Nello stesso documento, il sindaco ha anche esortato i dipendenti a usare «pronomi» transgender e a trattare le «coppie» omosessuali come se fossero «sposate», anche se le unioni omosessuali non sono legalmente riconosciute in Polonia.
Anche i politici conservatori hanno espresso le loro critiche e alcuni hanno intrapreso un’azione legale contro il divieto. Secondo Euractiv, la deputata Malgorzata Gosiewska del Partito Diritto e Giustizia (PiS), l’ex partito di governo della Polonia, ha presentato una richiesta all’amministrazione locale per dichiarare illegale il decreto del sindaco di Varsavia.
Come riporta LifeSite, anche il leader del PiS Jarosław Kaczyński ha accusato il partito di Trzaskowski e il suo gruppo europeo, il Partito popolare europeo (PPE), nominalmente «cristiano democratico», di cercare di cancellare la religione dalla vita delle persone, mentre cercano di «distruggere la religione, distruggere ciò in cui le persone credono, ciò che sono più che un semplice homo sapiens, che sono esseri umani che hanno un’anima, che sono esseri umani fatti a immagine e somiglianza di Dio».
Il gruppo legale cattolico e think tank Ordo Iuris ha presentato una denuncia accusando Trzaskowski di aver abusato del suo ufficio. In un articolo pubblicato sul suo sito web, l’organizzazione ha affermato che le azioni di Trzaskowski si basavano su un’errata comprensione della costituzione polacca.
«Una croce appesa al muro di un ufficio da parte dei cittadini è innanzitutto espressione della libertà religiosa tutelata dalla legge, anche nella sfera pubblica», si legge nell’articolo dell’Ordo Iuris. «La presenza della croce negli uffici rientra anche nell’espressione costituzionale di gratitudine “per la cultura della Nazione, che affonda le sue radici nella sua eredità cristiana e nei valori umani universali” (Costituzione della Repubblica di Polonia, Preambolo)».
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Come riportato da Renovatio 21, La politica polacca in questi mesi è in subbuglio. Quattro mesi fa il governo neoeletto ha fatto arrestare l’ex ministro degli Interni Mariusz Kamisnki. Al contempo, l’élite politica polacca sta affrontando un grande scandalo di diplomi falsi.
Con il nuovo governo filo-europeista, l’aborto sta avanzando al Parlamento polacco, dopo anni in cui era stato messo in stallo da continui interventi finiti anche alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
Il nuovo governo di Varsavia – dove la lobby LGBT sembra molto attiva – sta inoltre aprendo la strada al matrimonio gay, e discutendo cambiamenti per il finanziamento della chiesa. Il governo precedente aveva fatto approvare una legge per vietare l’educazione sessuale a scuola.
La società polacca è quindi sempre più spaccata, come dimostra anche la denuncia di un genitore di bambina prodotta in provetta contro l’ex governo per un testo scolastico in cui si criticava la fecondazione in vitro.
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I vaccini, l’euro, l’OMS e le proteste pro-Palestina. Renovatio 21 intervista il senatore Borghi

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Politica
Eurodeputati trollano la Von der Leyen offrendo una promozione telefonica

La presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, nota per aver smarrito centinaia di messaggi telefonici fondamentali per indagini su accordi multimiliardari, è stata oggetto di scherno da parte di un gruppo di legislatori che hanno proposto, ironicamente, di fornirle un telefono con una memoria più capiente.
La Von der Leyen aveva precedentemente cancellato o «perso» centinaia di messaggi relativi alla negoziazione di un contratto da 700 milioni di euro durante il suo discusso incarico come ministra della Difesa tedesca e a un accordo da 35 miliardi di euro per i vaccini mRNA di Pfizer.
Di recente, il suo ufficio si è rifiutato di rendere pubbliche le comunicazioni con il presidente francese Emmanuel Macron, in cui questi la spronava a bloccare un accordo commerciale con il blocco sudamericano del Mercosur. La difenditrice civica europea Teresa Anjinho ha avviato un’indagine sulla mancata conservazione di queste comunicazioni cruciali.
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La Commissione ha giustificato la perdita dei messaggi, inviati tramite l’app Signal, citando motivi come le limitazioni di archiviazione che avrebbero portato alla loro cancellazione automatica.
Un emendamento, proposto dagli eurodeputati Christine Anderson (Germania) e Charlie Weimers (Svezia), chiede «finanziamenti adeguati per dotare la Presidente della Commissione di un telefono cellulare con capacità di archiviazione sufficiente e un supporto informatico adeguato per garantire la conservazione di tutti i messaggi senza eccezioni», come riportato da Politico.
L’iniziativa, cofirmata da 57 eurodeputati, prevalentemente di destra, è stata descritta come un’azione di «trollaggio».
La Corte di Giustizia dell’UE ha già stabilito che le comunicazioni ufficiali, anche da dispositivi personali, devono essere adeguatamente archiviate, e la Commissione si è impegnata a rivedere i propri protocolli in seguito a questa sentenza.
La Von der Leyen, ex medico e controverso ex ministro della Difesa tedesco (nonché moglie di uno specialista in mRNA), ha respinto le accuse come «bugie» e bollato i critici come complottisti, agenti di Putin (poi definito «predatore») e no-vax.
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Immagine di © European Union, 2025 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International
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