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Essere genitori

Fine delle scuole private. Castrazione della classe media

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Ci è capitato di leggere la lettera ai genitori di un dirigente scolastico di una scuola privata.

 

Si tratta di una scuola elementare paritaria – una scuola privata, una scuola «cattolica». Forse la quota mensile è un po’ alta, ma non sono noti casi di genitori che non apprezzino quella scuola;  l’insegnamento, impartito in maniera bilingue, è di incontrovertibile qualità.

 

La riprova è la presenza di quantità di bambini di famiglie dalla Cina: il culto millenario dell’istruzione, forse un retaggio del mandarinato e dei suoi esami terribili , fa sì che i cinesi siano pronti a spendere qualsiasi somma pur di assicurare ai figli la miglior scuola possibile. Non vi sono tuttavia solo bambini cinesi in quella scuola: ci sono bambini americani, e sudasiatici. Anche qui, dinanzi ad un figlio che studia bene, famiglie disposta a sacrificare qualsiasi porzione del proprio stipendio – si tratta, parimenti, della situazione di moltissimi genitori italiani, specie adesso.

 

Scrivere ad un simile pubblico, ci rendiamo conto, è qualcosa di delicato.

 

Nella missiva si dà conto di quello che oramai è chiaro ad ogni famiglia, ad ogni cittadino italiano: i costi per tenere aperto (qualsiasi cosa: un’industria, un negozio, una casa) sono raddoppiati. Cioè, sono divenuti insostenibili.

 

Ai genitori dei bambini viene spiegato che, tra costi di pandemia e bolletta energetica alle stelle, la retta di ogni alunno sarebbe quasi da raddoppiare. Si comunica che l’ente privato ha già venduto parte della proprietà per sanare il deficit – ma questo era qualche mese fa in una situazione totalmente diversa, e già disperata.

 

Quindi, ecco che si parla, cercando di scongiurarla, della possibilità che alcuni bambini non finiscano il ciclo scolastico, nell’infausta prospettiva che la scuola (appoggiata su un Istituto vecchio di secoli) chiuda per sempre.

 

Il dirigente non sa cosa dire, non sa cosa fare  – come tutti. Invoca il «dialogo» con i genitori, che forse vuol dire prepararli a rette più alte, tuttavia – c’è da credere – neanche quello potrebbe bastare: anche raddoppiando le rette di tutti gli allievi (ammesso che con una manovra del genere le famiglie non fuggano in massa) nessuno può avere certezza che nel giro di poche settimane il gas non raddoppi un’altra volta, e con esso il petrolio, l’elettricità, l’acqua – tutto.

 

C’era da aspettarselo. In un momento in cui è impossibile tener aperta un’azienda, come si può tener aperta una scuola? Pensate: tutte quelle aule da riscaldare, la mensa, la palestra, tutte quelle lavagne luminose (LIM) da alimentare.

 

Nella situazione in cui ci hanno cacciati, lasciar aperto un istituto scolastico può essere una follia. Certo: se questo è privato. Perché se la scuola è pubblica, che problema c’è: la bolletta la paga lo Stato. La scuola pubblica non chiuderà mai. Non vi saranno lettere tristi ed allarmate ai genitori. Non ci saranno aumenti delle rette – non ci sono le rette.

 

Usando la logica, possiamo capire cosa può succedere.

 

Il bambino che non andrà più alla scuola privata – perché i genitori non sono in grado di reggere un aumento della retta, perché l’Istituto chiude – finirà alla scuola pubblica.

 

Non si tratta di un’evenienza causuale. Se riflettete, ciò è perfettamente compreso dal disegno dello Zeitgeist: il pubblico divora il privato – il privato sopravvive solo se accetta gli interessi del pubblico, come da Vangelo del Grande Reset.

 

Ciò che è indipendente, deve essere reso dipendente – ciò che è libero deve essere sottomesso.

 

Non si tratta solo di argomenti filosofici: si tratta di effetti concreti che vanno in senso apertamente contrario alle scelte delle famiglie.

 

Per esempio: è inutile pensare che in molte scuole private (in Italia, scuole sedicenti «cattoliche», anche se vedono la cosa con imbarazzo sempre più insopportabile) il bambino viene iscritto per tentare di preservarlo dalle follie che sono state caricate nella scuola pubblica negli ultimi anni: gender, «affettività», indottrinamenti forzati (non vogliamo nemmeno immaginare quale lavaggio del cervello ucronazista sia stato fatto a molti bambini in questi mesi). Psicologi allo sbaraglio, spettacoli teatrali osceni, «gite del massaggio» (ce l’hanno raccontato anni fa, stentiamo ancora a crederci), percorsi verso gli steroidi per bloccare la pubertà già belli che pronti.

 

Molti di coloro che iscrivono il bambino ad una scuola privata sanno che qualcosa di questa massa nera filtrerà anche in classe di loro figlio, tuttavia – magari per il fatto che pagano, e molto – i genitori credono di avere una barriere in più, e di poter andare in ufficio dal preside (che tecnicamente dovrebbe essere cattolico) a battere il pugno sul tavolo: qualcosa che è semplicemente impossibile nel caso della scuola pubblica.

 

Questo scudo, pagato fior di quattrini, potrebbe ora sfumare per sempre. Il bambino obbligato alla scuola pubblica sarà esposto giocoforza ai programmi ministeriali stile «Buona Scuola», giornate antiomofobia, etc. E il genitore che vorrà protestare se il bambino torna a casa dicendo che gli uomini si possono sposare fra loro verrà tacciato di essere bigotto, con l’incubo della telefonate all’assistente sociale dietro l’angolo (ricordate il caso Bibbiano?).

 

Ma vorremmo dire qualcosa di ancora più sgradevole.

 

Inutile pensare che in molte scuole private il bambino viene iscritto per tentare di preservarlo dalla multicultura. Attenzione: non stiamo parlando di un rifiuto delle classe multietniche, ma , dell’idea che a scuola vi possa essere più di una cultura. La riprova sono i cinesi e i bengalesi di cui parlavano poco sopra: nessun genitore autoctono si lamenta di quello. I bambini cinesi e i bengalesi non sono alla scuola privata per imporre la loro cultura, ma, al contrario, per essere assimilati con la maggior certezza possibile dalla nostra.

 

Ciò non è vero nella scuola pubblica, dove l’assimilazione è praticamente impossibile, e vi sono con evidenza casi – nelle scuole dove non vi sono più studenti italiani – in cui vi si è rinunciato completamente.

 

Il bambino africano, magari, viene da una «cultura» dove la disciplina e l’obbedienza non sono sempre premiate, e nella scuola pubblica è piuttosto libero di esprimerla. Ecco che allora può mancare di rispetto all’insegnante, che magari vuole solo che stia attento, o picchiare i compagni, specie quelli percepiti come più deboli. Ognuno può aver sentito di casi del genere, con il contorno dell’omertà del personale scolastico, che teme di essere tacciato di razzismo e che quindi finge di non vedere sberle e insulti, comportamenti antisociali e quant’altro.

 

E il problema non finisce più: specie avvicinandosi all’adolescenza, quali comportamenti sembrano più degni di ammirazione, se non quelli spericolati? Ecco che possiamo trovarci con un’intera generazione modellata sulle disfunzioni sociali dell’immigrazione maghrebina. La musica trap dà conto di quanto sto dicendo in questo momento.

 

Vogliono immettere anche vostro figlio nella multicultura tossica del XXI secolo, nel fango mentale di Kalergi: e l’operazione sembra davvero quella di rimuovere ogni resistenza.

 

Se qualcuno poteva sperare, svenandosi, di cercare (ribadiamo: cercare) di proteggere la propria prole da tutto questo, ora sappia che le probabilità di farcela diminuiscono: senza scuole private può rimanere solo il salto nel vuoto radicale nell’Homeschooling, che non è però (organizzativamente, psicologicamente) alla portata di tutti.

 

Comprendiamo che siano di fronte all’ennesimo esempio della trasformazione totale in corso. Ogni cosa va riassorbita nel sistema più grande, e resa serva dell’autorità ultima, senza più corpi intermedi.

 

Ciò che è indipendente, va reso dipendente… ciò che è libero va reso allo Stato moderno. Va sottomesso.

 

Nella scuola privata, insomma, stiamo vedendo in quest’ora folla quello che abbiamo visto negli ultimi 30 anni nei riguardi della classe media: e cioè, demolizione controllata, programmatica distruzione.

 

La classe media, che con le sue fabbrichette e le sue Partite IVA era la classe libera per definizione, è stata disintegrata con un piano durato decenni. Le è stata tolta la manifattura, spostata tutta in Asia. È stata tassata fino all’impossibile. Le è stato prosciugato ogni risparmio.

 

Impossibile pensare che non vi fosse un disegno dietro tutto questo: ecco lo squalo che entra nella vasca dei pesci piccoli, e se li pappa tutti in un boccone. Economicamente, un trasferimento di danaro immane dalle famiglie piccolo-medio borghesi alla Cina, a Amazon, a qualsiasi soggetto forte della globalizzazione.

 

C’è tuttavia anche una cifra morale, umana, come obbiettivo della distruzione della classe media: l’eliminazione della porzione di popolazione più libera di pensare, di produrre iniziative, idee – rivoluzioni.

 

È possibile avere una società del controllo solo se si neutralizza la classe media, cioè il vasto corpo che sta tra i vertici e il proletariato che ora, tra tatuaggi e viaggi alle Baleari, non ha più prole, e si trova sempre più artificialmente africanizzata dal manovratore.

 

Ecco che la distruzione della classe media non poteva che essere conditio sine qua non del Nuovo Ordine Mondiale.

 

Distruggendo le scuole private, lo avete capito, stanno castrando la classe media – ossia la sua capacità di riprodursi.

 

Avevate in mente la deindustrializzazione, l’impoverimento collettivo portato dalla globalizzazione. Non avevate pensato che avrebbero toccato anche i vostri bambini: sbagliavate, i bambini sono il futuro, quindi la cosa che ai maledetti interessa di più.

 

Del resto ve lo ripetono da tempo, apertis verbis: i vostri figli non vi appartengono, sono innanzitutto dello Stato moderno.

 

Che li vuole vaccinati, tribalizzati, resettati.

 

Sarà così. Fino a che non reagirete.

 

 

 

Roberto Dal Bosco

 

 

 

Animali

Scoperto in India un serpente lungo quanto uno scuolabus. Probabilmente pure molto meno letale

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Gli scienziati dell’Istituto indiano di tecnologia Roorkee, in India, hanno pubblicato un articolo sulla rivista Scientific Reports per discutere della loro scoperta del Vasuki Indicus, una nuova specie di serpente gigante, vissuto circa 47 milioni di anni fa nello Stato indiano del Gujarat.

 

I resti del gargantuesco serpentone sono stati trovati nella miniera di carbone di Panandhro, nella regione di Kutch. Il suo nome è stato scelto in riferimento al luogo del ritrovamento e alla leggendaria creatura simile a un serpente associata alla divinità induista Shiva.

 

I ricercatori hanno osservato 27 vertebre, per lo più in buono stato di conservazione e alcune delle quali ancora articolate, che sembrano essere state raccolte da un individuo adulto. I pezzi ossei hanno dimensioni comprese tra 37,5 e 62,7 millimetri in lunghezza e tra 62,4 e 111,4 millimetri in larghezza, indicando un corpo ampio e cilindrico.

 

Sulla base di queste misurazioni, gli scienziati hanno ipotizzato che l’esemplare di Vasuki Indicus di cui facevano parte potesse raggiungere una lunghezza compresa tra 10,9 e 15,2 metri.

 

«Il team, guidato da Debajit Datta e Sunil Bajpai, ha scoperto i resti fossili della specie, che poteva raggiungere una lunghezza stimata tra gli 11 e i 15 metri, praticamente quanto uno scuolabus» scrive La Stampa.

 

Tuttavia non è dato sapere quanto letale per l’uomo potrebbe essere stato il rettilone. Sappiamo invece perfettamente quando posso ferire, di questi tempi, il suo termine di paragone, lo scuolabus.

 

«Autista dello scuolabus ha un malore e muore a Chiavari: aveva appena concluso il giro con i bambini»: Il Messaggero di due settimane fa.

 

«Incidente a Cittadella: autista di scuolabus ha un malore e va a sbattere contro una corriera». Il Resto del Carlino, 25 gennaio 2023.

 

La Spezia, maggio 2022: «Malore improvviso per l’autista dello scuolabus, mezzo fa un volo di venti metri». Lo riporta La Città della Spezia.

 

«Padova, autista di scuolabus muore alla guida». Automoto, ottobre 2023.

 

Corridonia, provincia di Macerata: «Malore fatale in strada, arrivano i soccorsi e uno scuolabus resta bloccato sui binari mentre arriva il treno». Il Resto del Carlino, il mese scorso.

 

Ottobre 2023: «Autista di scuolabus ha un malore alla guida: Jessica muore a 15 anni schiacciata dal mezzo». Lo riporta il Corriere Adriatico.

 

Stati Uniti, aprile 2023: «L’autista dello scuolabus ha un malore: studente di 13 anni prende il controllo del mezzo».

 

Roma, dicembre 2022: «Scuolabus fuori strada a Roma, paura per 41 bambini: Malore dell’autista». Lo riporta IlSussidiario.net.

 

Renovatio 21 ha riportato tanti altri casi.

 

«I ricercatori ipotizzano inoltre che il predatore preistorico cacciasse in modo lento, come le anaconde» scrivono gli scienziati scopritori del serpentazzo indico.

 

Abbiamo imparato invece che il suo termine di paragone, lo scuolabus, miete vittime all’improvviso.

 

«Malori improvvisi» del conducente, che rischiano di tirare giù con loro le vite di diecine di bimbi trasportati.

 

E quindi: cosa è più pericoloso? Il boa preistorico di 15 metri o mandare il proprio figlio a scuola?

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Essere genitori

Il 25% dei bambini di età compresa tra 3 e 4 anni possiede uno smartphone: studio

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Uno studio condotto dall’autorità governativa di regolamentazione delle comunicazioni nel Regno Unito ha rilevato che un quarto dei bambini di soli 3-4 anni possiede uno smartphone. Lo riporta il giornale britannico Telegraph.   Dallo studio di Ofcom è infatti emerso che un quarto di tutti i bambini sotto i 7 anni possiede un dispositivo intelligente, con un aumento di circa il 5% in un anno.   I dati per i bambini di età inferiore a 7 anni sono stati forniti dai genitori, quindi il numero reale potrebbe essere molto più alto se alcuni genitori scegliessero di essere liberali riguardo alla verità.   Lo studio ha rilevato che quasi il 60% dei bambini di età compresa tra gli 8 e gli 11 anni possiede un telefono e, quando si arriva ai 12-17 anni, essenzialmente tutti i bambini possiedono uno smartphone.   Ofcom ha osservato che «i bambini delle scuole materne sono sempre più online e godono di una maggiore indipendenza digitale da parte dei genitori».   Lo studio ha anche scoperto che i bambini riescono ad aggirare i controlli sull’età per accedere alle app dei social media, semplicemente inventando la loro data di nascita.

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Più della metà (51%) di età inferiore ai 13 anni utilizza un’app di social media di qualche tipo sui propri telefoni, nonostante il fatto che la maggior parte delle app di social media richieda che gli utenti abbiano più di 13 anni.   Un totale del 40% dei bambini di età compresa tra 8 e 17 anni ha dichiarato a Ofcom di aver mentito sulla propria età per accedere a un’app.   Nella fascia di età 5-7 anni, un terzo dei genitori ha affermato che i propri figli utilizzano le app completamente senza supervisione e un terzo ha affermato di consentire ai propri figli di utilizzare le app prima che raggiungano l’età minima consigliata.   Il commissario governativo per l’infanzia britannico, Rachel de Souza, ha commentato che «l’uso dei social media e delle piattaforme di messaggistica da parte dei minorenni è molto diffuso. Le tutele previste dall’Online Safety Act devono essere implementate in modo rapido e deciso, con efficaci garanzie sull’età».   I risultati arrivano mentre il governo di Londra sta valutando la possibilità di attuare un divieto totale per i minori di 16 anni di acquistare smartphone, scrive Modernity News.   Tuttavia, tale legge non impedirebbe ai genitori di acquistare i dispositivi e di darli ai bambini, come avviene nella stragrande maggioranza delle case. Il governo sta anche valutando una legge che richiederebbe l’approvazione dei genitori quando i bambini di età inferiore ai 16 anni si iscrivono ad account sui social media.   Richard Collard della National Society for the Prevention of Cruelty to Children ha sottolineato che «il numero di bambini molto piccoli che utilizzano i social media indica un fallimento sistemico da parte delle aziende tecnologiche nel far rispettare i limiti di età da loro stabiliti”.   Gli studi hanno dimostrato che esistono ampie prove che l’uso dei social media è collegato ad un aumento dell’ansia, della depressione e ad un declino del benessere mentale tra i giovani. Le connessioni tra telefonino e l’aumento del cortisolo – l’ormone dello stress – sono discusse da diversi anni.   Come riportato da Renovatio 21, una curiosa circolare del ministero dell’Istruzione italiano dell’anno scorso descriveva lo smartphone come una droga «non diversa dalla cocaina».   Negli anni è emerso che le app degli smartphone spiano i bambini su «una scala scioccante», hanno rivelato esperti a Children’s Health Defense.

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Essere genitori

«Influencer» per genitori condannata per abusi su minori

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Una madre americana di sei figli, i cui consigli online sui genitori hanno attirato più di due milioni di abbonati su YouTube, è stata condannata il mese scorso ad almeno quattro anni di carcere con l’accusa di aggravamento di abusi su minori.

 

Ruby Franke, 42 anni, che gestiva il canale YouTube «8 Passengers», ora cancellata, è stata arrestata lo scorso agosto nello stato americano dello Utah quando suo figlio dodicenne malnutrito è scappato dalla casa di un’altra donna, Jodi Hildebrandt, 54 anni, per chiedere cibo e acqua a un vicino.

 

Il bambino era stato legato con nastro adesivo e aveva ferite aperte visibili a causa dell’essere stato legato con una corda, secondo i documenti della polizia. Hildebrandt, con il quale Franke collaborava in un’impresa commerciale separata, è stata condannata alla stessa pena detentiva di quattro pene da uno a 15 anni ciascuna.

 

Entrambe si erano dichiarate colpevoli a dicembre delle accuse di abuso aggravato di secondo grado su minori.

 

 

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Scusandosi con i suoi figli dopo la sua condanna, Franke ha detto di aver «creduto che l’oscurità fosse luce e che il giusto fosse sbagliato. Farei qualsiasi cosa al mondo per voi. Ho preso da voi tutto ciò che era tenero, sicuro e buono». Nella sua stessa dichiarazione, la Hildebrandt ha detto che spera che i bambini possano «guarire fisicamente ed emotivamente».

 

Durante il processo dell’anno scorso, il pubblico ministero Eric Clarke ha detto alla corte che due dei figli di Franke erano stati costretti a vivere in un «ambiente simile a un campo di concentramento» e gli erano stati «regolarmente negati cibo, acqua, letti in cui dormire e praticamente ogni forma di divertimento».

 

 

La Franke aveva creato il suo canale YouTube «8 Passengers» nel 2015 e l’estate scorsa aveva accumulato 2,3 milioni di abbonati, molti dei quali attratti dai video della vita familiare suburbana di Franke.

 

Tuttavia, alcuni spettatori si sono preoccupati nel 2020 quando uno dei suoi figli ha detto in un video che aveva dormito su un pouf per sette mesi. Altri video descrivevano Franke che tratteneva il cibo dai suoi figli e «annullava» il Natale come punizione.

 

Il canale YouTube «8 Passengers» è stato cancellato nel 2022, lo stesso anno in cui la Franke si era separata dal marito Kevin.

 

Nell’ambito di un patteggiamento, Hildebrandt – che ha collaborato con Franke in una serie di video di «life coaching» – ha ammesso di essere a conoscenza degli abusi sui minori e di aver costretto uno dei figli di Franke a «saltare più volte in un cactus».

 

Ha aggiunto che Franke aveva detto ai suoi figli che erano «malvagi e posseduti» e dovevano «pentirsi».

 

In una dichiarazione rilasciata dal suo avvocato prima del processo l’anno scorso, Kevin Franke ha chiesto che fosse inflitta la pena massima al suo ex partner per l’abuso «orribile e disumano» dei suoi figli.

 

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Immagine screenshot da YouTube

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