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Feti nei barili: una storia che sparirà immediatamente

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Avrete sentito la storia dei feti trovati ieri in un barile a Granarolo, in provincia di Bologna.

 

Un ragazzo che recupera ferro vecchio e altri materiali nelle industrie si reca presso un capannone per eseguire una raccolta. Gli viene detto di portare via anche dei bidoni gialli, sono una quarantina, tutti accatastati lungo un muro, tra altri rifiuti. Il suo compito sarebbe di «smaltirli da qualche parte». Lui ne apre uno: è pieno di un liquido di colore verde. Dentro vi galleggia un feto umano.

 

Il ragazzo si spaventa. Filma la situazione, poi chiama la polizia.

 

Lo scoop è de Il Resto del Carlino. Il procuratore capo parla di  storia «tutta da verificare». Il sindaco non commenta.

«La formaldeide viene utilizzata solo nei casi, molto rari e peraltro non previsti nelle strutture bolognesi, in cui i corpi vengano donati alla scienza per scopi di ricerca»

 

La notizia si diffonde. Si aggancia anche l’edizione bolognese di Repubblica che racconta che «sono stati ascoltati alcuni dipendenti del policlinico Sant’Orsola, per esempio, per capire come funzioni lo smaltimento dei rifiuti biologici provenienti dagli ospedali».

 

Al Sant’Orsola del resto di feti ed embrioni se ne intendono, c’è un bel servizio di Fisiopatologia della Riproduzione, cioè procreazione medicalmente assistita, cioè riproduzione artificiale, cioè bambini in provetta – ricordiamo anche il record mondiale, quando il dottor Flamigni creò nel 1987 sperimentò la prima gravidanza extracorporea, facendo attecchire un embrione in un utero asportato e tenuto in vita… ma stiamo divagando.

 

«Tuttavia, è emerso che solitamente i resti umani vengono cremati, e che nel caso di bimbi che non sono nati vivi il corpo viene messo a disposizione delle famiglie per l’eventuale inumazione». Non siamo sicuri che qui il giornale parli di feti abortiti, però pazienza.

 

E così il mistero rimane: «La formaldeide viene utilizzata solo nei casi, molto rari e peraltro non previsti nelle strutture bolognesi, in cui i corpi vengano donati alla scienza per scopi di ricerca. Tra l’altro, esistono registri specifici in cui vengono annotate tutte le operazioni di questo genere. E ovviamente, di questi resti non c’è traccia» continua Repubblica.

 

Insomma, un bell’enigma, anzi, un vero giallo – perché di mezzo ci sono dei morti.

 

Più tardi Il Resto del Carlino torna alla carica con più informazioni: «la polizia prova a risalire agli anelli di questo percorso: i feti – conservati all’interno di una dozzina di bidoni gialli con l’etichetta del simbolo dei rifiuti biologici speciali – proverrebbero da una struttura universitaria, una biblioteca di anatomia, che con ogni probabilità li conservava per motivi di studio e di ricerca».

Ci si può quindi tenere dei feti per ricerca? C’è un qualche registro da compilare? È possibile smaltirli così?

 

Ah sì? Ci si può quindi tenere dei feti per ricerca? C’è un qualche registro da compilare? È possibile smaltirli così?

 

Comincia a prendere forma una storia: un’azienda di traslochi anni fa avrebbe fatto un sgombero, e dimenticato in quel capannone i bidoni contenenti piccoli esseri umani… Il rettore dichiara subito che stanno «conducendo le opportune verifiche interne », offre il pieno sostegno alle forze dell’ordine.

 

Al TG regionale Emilia-Romagna, secondo sempre il Carlino, sarebbe andata in onda anche la testimonianza del titolare, «è tutto regolare, è roba di un museo, non c’è nulla di nascosto… Sono lì in magazzino da non so quanti anni e se avessi voluto liberarmene lo avrei fatto da tempo».

 

Esistono musei con feti in formaldeide? Sarebbe strano, perché sappiamo esservi polemiche infuocate per quelle mostre che mostrano cadaveri plastinati, in Italia è all’estero.

 

Museo, università… non è dato sapere. Forse non importa nemmeno.

 

Perché «l’ipotesi di reato per cui si procede sarebbe lo smaltimento illegale di rifiuti biologici». Per lo meno al momento.

Dov’è la dignità di quegli esseri umani finiti in un barile, e prima ancora umiliati chissà in che modo?

 

Non si fa menzione, almeno per il momento, della quantità di leggi che l’ordinamento ha riguardo ai cadaveri: per esempio, l’articolo 410 Codice Penale, il «vilipendio di cadavere». Oppure l’art. 412, l’Occultamento di cadavere». Art. 413, «uso illegittimo di cadavere». Interessante, quest’ultimo: «Chiunque disseziona o altrimenti adopera un cadavere, o una parte di esso, a scopi scientifici o didattici, in casi non consentiti dalla legge, è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a lire cinquemila». Sembrebbe il caso, sperando che la multa non sia fatta con il cambio euro-lira del 2002, sarebbero circa €2,50.

 

È possibile evitare di pensare a questi reati forse perché un feto non è un cadavere? Forse perché un feto non è un essere umano? Forse perché il feto non è un cittadino? Forse. Tuttavia da qualche parte anche il feto è tutelato dalla nostre legge: ecco il curator ventris, colui che può essere nominato per tutelare gli interessi di un concepito (art. 643 Codice Civile, «Amministrazione in caso di eredi nascituri»)

«Chiunque disseziona o altrimenti adopera un cadavere, o una parte di esso, a scopi scientifici o didattici, in casi non consentiti dalla legge, è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a lire cinquemila»  Art. 413 C. P., «uso illegittimo di cadavere»

 

E poi, non ci dimentichiamo la carta dei diritti UE:  art. 1, «Dignità umana»: «La dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata».

 

Troviamo eco anche nella nostra Costituzione, già più bella del mondo, all’art. 2: «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo».

 

Dov’è la dignità di quegli esseri umani finiti in un barile, e prima ancora umiliati chissà in che modo?

 

Non ci stupiamo: le costituzioni, leggi potrebbero non valere più nulla, lo abbiamo imparato. Soprattutto, non vale più nulla la legge naturale. Quella legge inviolabile iscritta nel cuore di ogni essere umano, che in natura reagisce dinanzi alla visione di un feto abbandonato in un barile come ha fatto il ragazzo di questa storia: con choc e orrore.

Qualcuno, tuttavia, vuole che a questo orrore noi ci abituiamo

 

Qualcuno, tuttavia, vuole che a questo orrore noi ci abituiamo, come del resto ci sono abituati gli «scienziati» (fidati della scienza!) che con i feti lavorano tutti i giorni, più o meno legalmente squartandoli per esperimenti o per altri scopi, come la produzione di linee cellulare per uso scientifico e farmaceutico: le cellule HEK-293, usate praticamente in tutti i vaccini COVID in circolazione (incluso quello russo), sono state create così.

 

Fu un grosso scandalo, anni fa, quando David Daleiden, un’attivista pro-life, fece scoprire al mondo, grazie a delle telecamere nascoste, che la multinazionale  dell’aborto Planned Parenthood si rivendeva i feti abortiti per enti e società che li utilizzavano per esperimenti ed altro. Una ragazza che divenne informatrice di Daleiden raccontò che al primo giorno di lavoro svenne – e in effetti le immagini che portò con sé sono sconvolgenti. Il collega più esperto le disse di non preoccuparsi, si sarebbe abituata. Doveva semplicemente continuare a sezionare piccoli cervelli, occhi, reni, gambette, polmoni, etc.

 

Ab assuetis non fit passio. Dalle cose abituali non nasce la passione. Ci si può abituare anche allo squartamento di bambini innocenti.

 

Solo che, al momento, non è possibile. Anzi: considerate quanta fatica hanno fatto media, pharma, politica e chiesa cattolica per allontanarvi dall’idea che questo vaccino avesse a che fare con l’aborto. Per la stragrande maggioranza, si tratta di una fake news: né questo né nessun altro vaccino c’entra qualcosa con l’aborto. Una campagna massiva, martellante. Certo, una delle menzogne più plateali mai raccontate, alla faccia dei bugiardini.

 

Facile capire perché: se si scoperchia il barile, come ha fatto il povero ragazzo, è facile che molti restino scioccati. E, magari, cambino idea. Una parte consistente della narrazione pandemica si incrinerebbe. Potrebbe addirittura nascere qualche sospetto: ma se fanno i vaccini con i sacrifici dei feti… cos’altro ci fanno? Cosa? Davvero Biden ha ripristinato l’uso di utilizzo dei feti per «umanizzare» i topo con organi umani?

 

Magari salterebbe fuori la storia delle creme di bellezza, registrata in alcuni libri come «leggenda metropolitana», tuttavia raccontata a chi scrive anche da ricercatori di staminali stranieri.

 

E guardando quel piccolo essere umano morto che galleggia nel liquido, non è che qualcuno può cominciare a pensare che sia legittimo non aver a che fare con niente che sia legato anche solo lontanamente a questa cosa orrenda? Farmaci, prodotti vari, pratiche mediche… trasfusioni di sangue? A Bologna quest’ultimo problema lo hanno affrontato di recente. Mai che la visione del feto che galleggi faccia segnare qualche punto ai maledetti no vax.

 

No, non è possibile, al barile va rimesso il coperchio.

 

Non è tempo di scandalizzare la gente, come faceva un tempo una celebre politica italiana che si vantava di mettere i feti in un barattolo.

 

È tempo di rasserenare il pubblico. Va tutto bene, rimettete il coperchio, presto. Non pensateci. Si tratta di roba scientifica, dell’università. Fidatevi della scienza. Non bisogna fare tante domande.

 

E poi erano davvero esseri umani?

 

In un Paese che garantisce l’aborto come un diritto, non lo erano. Quindi, secondo una logica utilitaristica (ed ecologica: gli scarti si riutilizzano!), sarebbero tranquillamente utilizzabili per ogni sorta di esperimento. Non essendo umani, non sono coperti dalle leggi che tutelano la dignità umana. In realtà, non sono neppure cadaveri.

 

Voi capite: nessuno ha davvero voglia di cominciare a fare questo discorso, soprattutto ora. Davvero nessuno: nemmeno le femministe  e gli abortisti più radicali. Anche perché lo schifo organolettico di questa storia è enorme.

Nel 2017 si correva il rischio che il vaccino ritirasse fuori la questione dei feti morti. Nel 2022 si rischia che i feti morti ritirino fuori la questione dei vaccini

 

Soprattutto, è l’autorità che non ha intenzione di dover discutere di questa cosa. Né lo Stato, né la Chiesa hanno intenzione di riaprire questa pagina, che dovettero affrontare già nel 2017 con la legge Lorenzin che implica un vaccino che contiene (sì, contiene, materialmente, non c’entra l’uso nei test: è nelle fiale e poi nei corpi dei vostri figli) cellule di feto abortito, le MRC-5. Noi c’eravamo, e ricordiamo bene con che fatica tentarono di chiudere il discorso, con quante balle, con che insistenza.

 

Nel 2017 si correva il rischio che il vaccino ritirasse fuori la questione dei feti morti. Nel 2022 si rischia che i feti morti ritirino fuori la questione dei vaccini.

 

Per cui facciamo una scommessa: questa storia sparirà con velocità impressionante. Si inabisserà, non ne sapremo più niente, puf. Coperchio, coperchio.

 

Già un po’ lo presentiamo nell’aria: nessuno si sta ponendo le vere domande – a cosa servivano quei feti? Perché venivano conservati? Dove sono nati? Perché sono stati abbandonati? Perché sono stati smaltiti? Quanti erano? Quali pratiche hanno subito? L’uso dei feti sta continuando anche oggi nelle stesse strutture da cui provengono i bidoni?

 

Non so, non percepiamo, a leggere i primi articoli, questa voglia di grande inchiesta, con rivelazioni sconvolgenti almeno quanto la scena descritta in apertura.

Perché a questo punto nemmeno voi, come il feto nel barile, siete esseri umani.

 

Niente da vedere. Circolare.

 

Una storia che sparirà in fretta, verrà accantonata e dimenticata come il feto nel barile. O forse anche peggio: la storia potrebbe fare la fine dei feti abortiti con la pillola RU486, che in genere, invece che nella formaldeide, finiscono nel gabinetto di casa, e di qui alle fogne, dove saranno i festosi banchetti di ratti, pesci e anfibi della situazione.

 

Schifo vero? È la realtà, è il fondamento di prodotti che definiscono la nostra vita – qualche estremista potrebbe dirvi che il vostro green pass certifica che siete passati sopra al problema.

 

Quei bambini morti sono la concrezione della «libertà» assicurata dalla legge, protetta da quelle stesse persone che vi hanno impedito di uscire di casa per mesi e che ora non vi permettono di andare a lavoro, dove i cani magari possono entrare e voi no.

 

Perché a questo punto nemmeno voi, come il feto nel barile, siete esseri umani.

 

 

Roberto Dal Bosco

 

 

 

 

 

 

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