Intelligence
Ex capo dell’Intelligence danese arrestato
L’uomo che ha guidato entrambe le agenzie di Intelligence danesi in tempi diversi è stato detenuto per oltre un mese con l’accusa di «rivelazione di informazioni altamente riservate dai servizi di intelligence».
La notizia, che arriva da un tribunale danese, ha suscitato speculazioni sul fatto che Lars Findsen fosse considerato troppo aperto nei confronti dei media.
Quattro sospetti delle due agenzie di intelligence danesi, due per ciascuna, sono stati arrestati. Da allora tre sono stati rilasciati mentre Findsen rimane in custodia cautelare. Il suo nome era stato protetto da un divieto ordinato dal tribunale che è però stato rimosso lunedì.
Findsen ha guidato il Politiets Efterretningstjeneste, cioè servizio di sicurezza interna, noto con l’acronimo danese PET, dal 2002 al 2007.
Ha poi guidato il servizio di Intelligence straniero, noto come Forsvars Efterretningstjeneste (FE), dal 2015 fino a quando è stato sospeso nell’agosto 2020 dopo che un ente osservatore indipendente aveva pesantemente criticato l’agenzia di spionaggio per aver nascosto deliberatamente informazioni e violato le leggi del Paese.
I dettagli sulla detenzione di Findsen sono avvolti dal segreto e, a causa della delicatezza del caso, il suo avvocato difensore non può parlare, scrive il Washington Post. Non è noto se il suo arresto sia legato alla sua precedente sospensione.
Un’udienza per la custodia si è tenuta lunedì a porte chiuse a Copenaghen e ha esteso la detenzione di Findsen fino al 4 febbraio.
Il suo difensore ha denunciato il fatto che non fosse nota nemmeno l’accusa preliminare, che lo ha consentito di essere trattenuto mentre le indagini sono in corso. In Danimarca, le accuse preliminari sono un passo prima delle accuse formali.
O la Danimarca «sta distruggendo i propri servizi di intelligence portando un caso infondato contro il boss della FE, o la Danimarca ha avuto un capo spia che ha minato la sicurezza del regno. Entrambi sono, per usare un eufemismo, spaventosi e profondamente dannosi per la Danimarca».
Lo stesso Findsen ha detto ai giornalisti lunedì in tribunale: «voglio che l’accusa preliminare sia portata avanti e mi dichiaro non colpevole. Questo è completamente folle».
I deputati dell’opposizione hanno espresso il timore che la detenzione di un alto funzionario dell’Intelligence possa danneggiare i contatti delle agenzie con partner stranieri.
«Dobbiamo essere certi di poter contare sulla completa cooperazione con gli altri Paesi», ha detto all’emittente danese DR Peter Skaarup, portavoce populista del Partito popolare danese per gli affari legali.
All’estremo opposto dello spettro politico, Eva Flyvholm, portavoce della difesa e degli affari esteri del partito di sinistra Enhedslisten («Lista dell’Unità»), ha affermato di volere che il governo socialdemocratico fornisca ai legislatori un briefing sul caso.
Il quotidiano Jyllands-Posten (il giornale noto per il caso delle vignette anti-islamiche) ha scritto in un editoriale che «la sicurezza e la credibilità della Danimarca sono destinate a diventare il grande perdente» non importa come finirà il caso e che «senza dubbio deve far scattare la domanda: cosa c’è di marcio in Danimarca?»
O la Danimarca «sta distruggendo i propri servizi di intelligence portando un caso infondato contro il boss della FE» scrive la testata danese Politiken, «o la Danimarca ha avuto un capo spia che ha minato la sicurezza del regno. Entrambi sono, per usare un eufemismo, spaventosi e profondamente dannosi per la Danimarca».
Le accuse arrivano dopo settimane in cui si era arrivati ad accusare i servizi danesi di spiare per conto di Washington.
Come riportato da Renovatio 21, il caso – ancora senza nomi, allora – era emerso ancora mese scorso: con l’arresto di due ex o attuali agenti di sorveglianza segreta per i servizi segreti militari danesi FE e due ex o attuali agenti dei servizi segreti di polizia PET. Gli agenti erano stati arrestati in Danimarca per divulgazione di «informazioni profondamente riservate».
Secondo le accuse emerse all’epoca, il servizio militare avrebbe spiato illegalmente e sistematicamente i propri cittadini per il profitto economico e gli interessi politici degli Stati Uniti.
Intelligence
L’Intelligence USA dice che Putin non ha ordinato la morte di Navalnij
Il presidente della Federazione Russa Vladimir Vladimirovich Putin non sarebbe dietro il decesso del personaggio politico russo Aleksej Navalnij, sostengono fonti dell’Intelligence statunitense sentite dal Wall Street Journal.
Il 27 aprile il WSJ ha pubblicato un articolo intitolato «Putin non ha ordinato direttamente la morte di Alexej Navalny a febbraio, secondo le agenzie di spionaggio statunitensi».
Il quotidiano economico neoeboraceno è lo stesso che aveva recentemente scritto, in base alle «valutazioni dell’Intelligence», che i negoziati Russia-Ucraina del marzo 2022 con la mediazione turca potrebbero indicare una base per avviare ora tali negoziati per porre fine al conflitto.
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La pubblicazione di questi articoli, in controcorrente rispetto a quanto ci si si aspetterebbe, avviene mentre il Congresso USA sta stanziando 60-70 miliardi di dollari in nuovi aiuti all’Ucraina, un’ulteriore elargizione finanziario-militare che probabilmente, oramai lo credono in molti anche a Wasghintone, non cambierà in alcun modo la situazione militare.
Lo scoop del 27 aprile rivela che «Putin probabilmente non ha ordinato che Navalny fosse ucciso nel notoriamente brutale campo di prigionia, hanno detto persone che hanno familiarità con la questione».
Il pezzo contiene altresì quantità di precisazioni e denunce della scoperta da parte degli «alleati» russi del Navalnij; e non si pretende di mettere in discussione la «responsabilità ultima di Putin per la morte di Navalny» – teniamo a mente che molte delle nuove sanzioni statunitensi ora in vigore si basavano sull’immediata dichiarazione del presidente Joe Biden in tal senso.
Tuttavia la valutazione dell’Intelligence riportata include che la morte di Navalnij ha bloccato la possibilità di uno scambio di prigionieri che la Russia, con l’incoraggiamento del presidente Putin, stava perseguendo con gli Stati Uniti.
Va considerato che il Wall Street Journal è parte integrante della questione, in quanto il suo inviato speciale Evan Gershkovich, 34 anni, è stato arrestato dal Servizio di sicurezza federale russo con l’accusa di spionaggio nel marzo 2023: si tratta della prima volta, dai tempi della Guerra Fredda, che un giornalista di una testata americano viene imprigionato con l’accusa di essere una spia.
Il Gershkovich, figlio di immigrati sovietici ebrei stabilitisi a Nuova York a fine anni Settanta, è stato preso a Ecaterimburgo mentre raccoglieva informazioni sulla filiera industriale militare russa, e si occupava del gruppo Wagner.
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Il giornalista Tucker Carlson ha dedicato tutta l’ultima parte della sua intervista a Vladimir Putin chiedendo la liberazione del giovane collega. Va ricordato che alcuni sono arrivati a dire che l’intervista del Carlson al presidente russo, al momento solo annunziata, avrebbe scatenato l’assassinio di Navalnij da parte di nemici della Russia.
È stato speculato che l’arresto del Gershokovich con l’accusa di spionaggio sia il preludio ad una richiesta di scambio con prigionieri russi di alto livello nelle carceri degli Occidentali.
Come riportato da Renovatio 21, Navalnij, lungi da quanto pensano i sinceri-democratici he avversano Putin in Occidente leggendo le gazzette dell’establishment, aveva posizioni di nazionalismo etnico che sfociavano nella xenofobia.
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Immagine di Evgeny Feldman via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International.
Cina
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Intelligence
I politici americani temono che le agenzie di Intelligence mettano nei loro computer pedopornografia
I membri del Congresso votano costantemente a favore dei programmi di sorveglianza di massa perché sono «terrorizzati» dal fatto che le agenzie di Intelligence possano inserire «kiddie porn» («pornografia infantile») sui loro computer se parlano apertamente, ha affermato il giornalista americano Tucker Carlson.
Carlson è apparso sul podcast di Joe Rogan venerdì, poche ore prima che il Senato degli Stati Uniti votasse per rinnovare la Sezione 702 del Foreign Intelligence Surveillance Act (FISA) del 1978. Apparentemente creata per consentire alle agenzie di intelligence come l’FBI e la CIA di sorvegliare le comunicazioni degli stranieri, la Sezione 702 consente a queste agenzie di accedere ai dati «indirettamente» raccolti da milioni di cittadini americani senza mandato.
Secondo Carlson, diversi politici eletti statunitensi si sono effettivamente opposti a questo rinnovamento, ma non lo hanno ammesso pubblicamente.
«Le persone non lo dicono perché sono preoccupate di essere punite», ha detto Carlson a Rogan. «Sono preoccupati che qualcuno metta porno infantile sul loro computer. I membri del Congresso sono terrorizzati dalle agenzie di intelligence. Non lo sto indovinando. Me lo hanno detto, comprese le persone del comitato [di Intelligence], comprese le persone che gestiscono il comitato di intelligence.
«Hanno paura delle agenzie» di sicurezza, ha affermato Tucker, aggiungendo che «questo non è compatibile con la democrazia».
«Si sta svolgendo davanti a tutti, e a nessuno importa e nessuno fa nulla al riguardo», ha continuato Carlson. «Penso che il motivo sia perché sono minacciati. E se guardi i presidenti dei comitati che hanno permesso che queste cose accadessero anno dopo anno… li conosco. E hanno tutte le cose da nascondere. Lo so per certo».
Tucker Carlson just dropped a bombshell on Joe Rogan. His claim: politicians are afraid to do what is right in Congress because intel agencies will frame them for heinous acts. Wow.pic.twitter.com/zkPjVWBdNd
— Christian Garcia (@CricsConCarne) April 20, 2024
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A parte la presunta minaccia della pedopornografia piantata di nascosto, Carlson ha affermato che è «molto comune» che i legislatori abbiano «un problema con l’alcol o una strana vita sessuale», che le agenzie potrebbero facilmente denunciare se questi politici si rifiutassero di eseguire i loro ordini.
Carlson non è il primo conservatore influente a sostenere che i rappresentanti eletti vengono ricattati. Già a dicembre, il deputato del Tennessee Tim Burchett, repubblicano, aveva suggerito che i suoi colleghi si opponevano a una mozione per rendere pubblici i nomi dei clienti del famigerato pedofilo Jeffrey Epstein perché sarebbero stati implicati in crimini sessuali.
Forze senza nome a Washington usano «il vecchio vaso di miele» – modo di dire inglese per definire una trappola a sfondo sessale – per ricattare i politici e costringerli a «votare per cose folli», disse all’epoca al conduttore conservatore del podcast Benny Johnson.
Un anno prima, un video nudo del deputato Madison Cawthorn era trapelato un mese dopo che aveva affermato di essere stato invitato a orge alimentate dalla droga da membri più anziani del Congresso. Washington, disse all’epoca, è piena di «perversioni sessuali». Il Cawthorn, che si era opposto al sostegno all’Ucraina chiamando Zelens’kyj «gangster», non fu riconfermato a Washington. Riguardo alla vita privata di un sostenitore zelota di Kiev, il senatore Lindsey Graham – noto per aver chiesto (e ottenuto) l’abbassamento dell’età della leva per gli ucraini e pure l’assassinio diretto del presidente russo Vladimir Putin – sono state numerose speculazioni.
A fine 2023, in un’ampia intervista incentrata sullo stato deplorevole dell’attuale leadership americana, il generale Michael Flynn ha suggerito che i membri del Congresso vengono ricattati dai globalisti affinché eseguano i loro ordini perché sono stati «compromessi dal dormire con i bambini».
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Immagine di Gage Skidmore via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic
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