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Bioetica

Ennesimo bambino morto dopo la circoncisione. È ora di dire basta

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Un bambino nigeriano è morto pochi giorni fa in zona Castelli Romani dopo una circoncisione fatta in casa.

 

Secondo quanto riportato, una donna nigeriana sarebbe scesa in strada all’alba con in braccio il bambino sanguinante e privo di sensi. Trovati dei carabinieri in un posto di blocco vicino al capolinea della Metro, è stata chiamata l’ambulanza, che ha portato il bimbo al Policlinico di Tor Vergata, dove è stato dichiarato morto.

 

Le ferite lo avrebbe ucciso, dissanguandolo durante il trasporto. Morte per emorragia. Nella zona pubica. Sul corpicino è stata disposta l’autopsia. Si tratta di un bimbo di venti mesi.

 

È piuttosto chiaro cosa potrebbe essere successo: l’ennesima circoncisione domestica, come da costume di talune comunità immigrate africane. Si tratta, per certi musulmani ma anche per africani di diversa confessione religiosa, di un rituale cui sottopongono la prole magari servendosi dell’aiuto di qualche «esperto» o «esperta» della stessa comunità.

 

A quanto riportano i giornali nelle ultime ore, sarebbero state fermate due donne nigeriane, che – secondo la ricostruzione – avrebbero ricevuto da parte della madre del bambino la richiesta di praticare il rito di mutilazione in casa. Ora sarebbero ospiti del carcere di Rebibbia, accusate di omicidio preterintenzionale nonché di esercizio abusivo della professione, attendendo la convalida del provvedimento. I giornali dicono che in casa hanno trovato siringhe, medicinali e più di 4000 euro in contanti.

 

Non è il primo caso del genere. A Tivoli, nel 2018, morì un altro bambino nigeriano di appena due anni: aveva subito la circoncisione da parte di un sedicente medico; in quel caso, almeno, si salvò il gemello, portato d’urgenza in ospedale. Reggio Emilia, marzo 2019: neonato di famiglia ghanese, cinque mesi, morto dopo «diverse ore di agonia». Monterotondo, provincia di Roma, tre mesi prima: bimbo nigeriano di due anni morto per lo stesso motivo. Genova, aprile 2019, neonato morto nel quartiere Quezzi, e condannato a otto anni di carcere il nigeriano 34enne che aveva eseguito il taglio del prepuzio. Torino, giugno 2016: bebè di genitori ghanesi, circonciso in casa, morto in ospedale. Treviso, ottobre 2008: bimbo di due mesi morto per emorragia. Bari,  luglio 2008: bambino deceduto per grave emorragia, «causata probabilmente da circoncisione fatta a domicilio».

 

La lista è sterminata: e si tratta solo dei casi visibili. Possono essercene alcuni di cui non si ha contezza: finiti nelle statistiche, mostruose, dei bambini che spariscono, o forse nemmeno in quelle.

 

Secondo dati ripetuti in questi giorni da tutti i giornali, le circoncisioni clandestine in Italia costituirebbero il 40% del totale. Su più di 15.000 circoncisioni richieste all’anno solo 8.500 vengono eseguite su territorio nazionale, mentre 6.500 operazioni di taglio del prepuzio sono effettuate nei Paesi d’origine dove gli immigrati tornano per «turismo etnico» (talvolta, come si è appreso, anche quando si dichiarano «rifugiati» e stanno facendo il percorso burocratico per essere riconosciuti tali totalmente a spese del contribuente italiano).

 

Nei Paesi di provenienza la circoncisione non è operata da medici – essendo più una questione socio-religiosa – e si risolve con un obolo, mentre in Italia l’operazione, condotta privatamente, può costare dai 2.500 ai 4.000 euro.

 

Secondo una sigla di medici stranieri operanti in Italia, il 99% delle famiglie musulmane circoncide il bambino quando ha ancora pochi mesi.

 

Ovviamente, il fenomeno non riguarda solo gli islamici, ma anche e soprattutto la comunità ebraica, dove, trattandosi di un rito ancora più strutturato – il Brit Milah: «patto del taglio» –, immaginiamo che la percentuale di circoncisi sia del 100%.

 

Abbiamo sentito, come sempre, levarsi le solite voci: rendiamolo gratuito e coperto senza problema dal Servizio Sanitario Nazionale. Come l’aborto, e, da qualche anno, anche la produzione di bambini in provetta. Non sono mancati in questi anni progetti affinché della circoncisione se ne possa usufruire presso la sanità pubblica.

 

Come riportato in passato da Renovatio 21, grazie alla legge 101 del 1989 che ratifica l’intesa tra l’Italia e le comunità ebraiche italiane, i maschi di religione ebraica e musulmana possono usufruire di alcuni progetti «clinico-culturali» ed essere circoncisi per 400 euro da un medico in regime di attività libero professionale. La prestazione è da considerarsi al di fuori dei LEA (Livelli essenziali assistenziali). Tra i sottoscrittori il Policlinico Umberto I di Roma, l’Associazione internazionale Karol Wojtyla, la Comunità ebraica di Roma e il Centro islamico culturale d’Italia.

 

Nessun, davvero, nessuno, si perita di riflettere un secondo su cosa la circoncisione rappresenti per il bambino – oltre che una possibile minaccia di morte.

 

«Il taglio genitale non terapeutico priva il bambino, quando diventerà l’adulto, dell’opportunità di rimanere geneticamente immodificato (o intatto)» hanno scritto due bioeticisti oxoniani i due bioeticisti Lauren Notini e Brian D. Earp, dimostrando che esiste qualcuno che ancora può mantenere una logica basica. «Plausibilmente, la persona le cui “parti private” saranno permanentemente influenzate dal taglio dovrebbe avere la possibilità di valutare se è ciò che desidera, alla luce delle loro preferenze e valori a lungo termine»

 

L’individuo circonciso perde per sempre la sua integrità, vedendosi amputata una parte del corpo straordinariamente ricca di terminazione nervose, che sono quelle che danno il piacere durante l’atto sessuale. In un Paese dove i «laici» (cioè gli anticristiani, i massoni, gli atei ossessi) si lamentano del fatto che il Battesimo non è giusto perché non rispetta la volontà del bambino, che non è in grado di scegliere e si ritrova addosso il volere dei genitori, è semplicemente pazzesco che nessuno muova un dito contro la mutilazione genitale.

 

Perché, a pensarci bene, qualcosa sul tema lo fanno – ma solo se riguarda le femmine. L’«infibulazione» è una pratica che – giustamente! – provoca ribrezzo, orrore. La sua realtà speculare, la circoncisione, no: è pura libertà religiosa, anzi, fermi tutti, è una cosa che fa bene, perché poi «è più pulito…»

 

Il doppio standard, ad ogni bambino che muore, ci diventa sempre più intollerabile. È ora di dire basta.

 

Circoncisione e infibulazione sono la stessa medesima pratica. Entrambe sono mutilazioni genitali. Entrambe hanno origini tribali, religiose. Entrambe non prevedono il consenso. Entrambe amputano irreversibilmente dei bambini, che diventeranno grandi alterati nelle parti anatomiche deputate alla sessualità.

 

Ma a livello di riflessione sull’argomento, c’è il vuoto. E non solo nell’opinione pubblica, ma pure ai convegni degli «esperti» di bioetica.

 

Anni fa abbiamo visto organizzare conferenze sull’infibulazione da professori di bioetica che non avevano alcuna contezza dei danni prodotti dalla circoncisione (resisi conto dell’esistenza della cosa, a cui non avevano giammai pensato mentre si occupavano cavallerescamente di mutilazione femminili, balbettano… «mandami materiale»).

 

Il taglio non è una cosa da poco. Si tratta di un numero enorme di terminazioni nervose vengono recise, rendendo le future esperienze sessuali del nascituro diverse da coloro che invece il prepuzio lo hanno conservato: ci è toccato di sentirlo ammettere alla Zanzara, principale trasmissione radio presso la radio di Confindustria (e abbiamo detto tutto), dove un cittadino israeliano italofono confessava  che il piacere forse può essere minore, ma ciò, precisava con una punta di orgoglio, faceva guadagnare in longevità del rapporto sessuale.

 

Al di là delle battute, il niente. O meglio: c’è la paura. Guardate il caso dell’Islanda. Dopo aver operato per proibire di fatto i down (uccidendoli tutti in grembo materno), Reikiavik voleva legiferare contro la circoncisione.

 

«Ogni individuo, non importa di che sesso o di quanti anni dovrebbe essere in grado di dare il consenso informato per una procedura che è inutile, irreversibile e può essere dannosa», aveva dichiarato nel 2018 la deputata Silja Dögg Gunnarsdóttir, 44 anni, del Partito progressista dell’Althing, il Parlamento islandese. «Il suo corpo, la sua scelta». Chiaro: è lo slogan delle femministe e dell’aborto. È un dogma inscalfibile del mondo moderno. L’autonomia. Come no.

 

E invece no: il disegno di legge fu affondato. Le nanocomunità ebraiche e musulmane fecero campagna, e gli eredi dei vichinghi si sono subito spaventati: «l’impatto di questa legge sarebbe sentito molto al di là dei confini dell’Islanda», scriveva una lettera del Comitato degli affari esteri della Camera dei Rappresentanti, spiegando che la «mossa renderebbe l’Islanda la prima e unica nazione europea a mettere fuori legge la circoncisione. Mentre le popolazioni ebraiche e musulmane in Islanda possono essere poco numerose, il divieto di questo paese sarebbe sfruttato da coloro che alimentano la xenofobia e l’antisemitismo in Paesi con popolazioni più diversificate». Generosi: continuiamo a circoncidere i bambini qui così in Germania, in Slovacchia e in Italia i nazi non entrano in Parlamento. Non una grinza.

 

Per arrivare a tollerare tranquillamente la circoncisione serve un tipo di ginnastica mentale simile, serve essere pronti a difendere l’indifendibile – o semplicemente, a ignorare l’evidenza, e pure un po’ di storia.

 

La circoncisione è tollerata, forse, anche per la sua straordinaria diffusione presso gli americani. Contrariamente a ciò che possono pensare beceramente alcuni, la questione in nessun modo è legata ai rapporti tra l’ebraismo e gli USA. La fonte della pratica è la stessa dei cereali che con probabilità il lettore consuma il mattino: John Harvey Kellogg (1852-1943).

 

Il Kellogg era un dottore nutrizionista, oltre che un imprenditore di successo e un gran cultore dell’eugenetica. Tuttavia, un pensiero lo ossessionava: quello della riduzione della masturbazione presso la popolazione maschile.

 

Ecco quindi che raccomandò la circoncisione come rimedio: si taglia subito il prepuzio al bambino e lui non si toccherà crescendo. La cosa ancora più allucinante è che anche i cereali da lui commerciati avevano in teoria lo stesso scopo: erano sostanze che riteneva «anafrodisiache» e che quindi andavano impiegate in massa per scoraggiare l’onanismo.

 

Kellogg, che come si è visto godeva di una certa influenza, era convinto sostenitore anche del vestirsi di bianco e dei clisteri, da praticare soprattutto se si erano assorbiti veleni come tè, caffè, cioccolato. Il Kellogg, inoltre, scoraggiava il mescolarsi tra le razze: a fine carriera si dedicò alla creazione di una «Race Betterment Foundation, («Fondazione per il miglioramento della razza»), che propalava pure eugenetica razzista americana (registri genetici, sterilizzazioni delle «persone mentalmente difettose»), di quella che poi piacque assai a Hitler, che – cosa poco nota – prese alcune leggi degli Stati americani come suo modello per la Germania nazionalsocialista.

 

L’America odierna, e il mondo tutto, si trova quindi ancora alle prese con l’eredità di questo tizio: circoncisione e colazione con cereali tostati.

 

Due anni fa abbiamo riportato il caso dell’immigrato africano finito in carcere con l’accusa di aver infibulato le figlie mentre era, un classico, nel suo Paese d’origine in vacanza. Giusto. Per la mutilazione ai genitali maschili in carcere si va solo se il bambino muore, pare di capire.

 

Quanto ancora dovremmo vedere durare questo deserto dove non è possibile alcuna discussione?

 

Ci rendiamo conto: nessun politico vuole infilarsi in una simile tematica – nemmeno, soprattutto, quelli che, discesi dall’estrema destra, ora siedono al governo.

 

Sissì, faccenda delicata. Meglio non disturbare, far finta di niente, fischiettare. Intanto però la macelleria sessuale pediatrica continua.

 

E i bambini muoiono.

 

 

Roberto Dal Bosco

 

 

Bioetica

Deputata AfD suscita scalpore con un discorso antiaborto: ma non può dire «sopravvissuti» perché il termine ricorda l’Olocausto

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Vanessa Behrendt è stata eletta nel parlamento tedesco della Bassa Sassonia (Nord-Est del Paese) nel novembre 2022 come membro del partito Alternativa per la Germania (AfD). Si dichiara luterana evangelica. Ha parlato in occasione della legge per depenalizzare l’aborto presentata dai socialisti (SPD) e dai Verdi.

 

Alle prime parole viene fermata e rimproverata dal Vicepresidente della Camera che le dice che non può parlare come ha appena fatto. Ma cosa aveva detto? Questo: «Cara Signora Presidente, cari sopravvissuti. Vedo che nessuna di voi è stata abortita. Siete tutti nati».

 

Barbara Otte-Kinast (CDU), che presiedeva la riunione, ha rispostoimmediatamente dicendole che non poteva parlare in quel modo. In realtà, è il termine «sopravvissuti» (die Überlebenden) ad essere preso di mira, perché è utilizzato in particolare nell’espressione Holocaust-Überlebende, il cui significato è ovvio. Pertanto, non è lecito parlare di «sopravvissute all’aborto» senza essere corretti. Ci sono parole riservate…

 

Imperterrito, il parlamentare prosegue: «Cari cittadini che non avete abortito, che siete tutti nati. » Poi prendendo di mira la teoria di genere: «Non da un genitore X o Z, ma da una donna, da tua madre. Non siete nati come qualcosa, ma come esseri umani. Mi congratulo vivamente con te per questo, perché non tutti sono così fortunati».

 

Più avanti, viene ripresa quando ricorda, contro la propaganda abortista che descrive i bambini non ancora nati come «mucchi di cellule», che ogni essere umano inizia la vita con «esattamente due cellule»: «una cellula della madre, una del padre. Quando una persona raggiunge l’età adulta, possiede circa 37 trilioni di cellule».

 

La signora Behrendt fa poi riferimento agli aborti che si svolgono ogni anno in Germania, affermando innanzitutto che secondo la legislazione vigente non sono punibili, ma restano illegali. Poi riporta le cifre ufficiali: ogni anno vengono uccisi più di 100.000 bambini non ancora nati. Secondo i dati ufficiali, dal 1996 al 2023 sono stati eseguiti 1.833.821 aborti.

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Prosegue stigmatizzando una società selettiva: «siamo tutti sopravvissuti a un sistema che ogni anno priva più di 100.000 persone del diritto più fondamentale: il diritto alla vita».

 

«Una società a due velocità: quella dei nati da una parte, quella dei nascituri dall’altra», ha sottolineato il deputato dell’AfD.

 

L’intervento è avvenuto nel contesto di una votazione in Parlamento su una proposta della SPD e dei Verdi volta a «rafforzare l’autodeterminazione in materia di gravidanza». Una proposta che chiedeva la legalizzazione dell’aborto nelle prime dodici settimane di gravidanza in tutta la Germania. Nonostante sia stato adottato, l’aborto continua a essere disciplinato dal codice penale tedesco.

 

Behrendt ha concluso il suo discorso spiegando che non c’era bisogno di «più aborti», ma piuttosto di aiutare i genitori a tenere i figli concepiti, qualunque fossero le circostanze.

 

Nonostante i suoi difetti, questo discorso ha il merito della chiarezza e le reazioni che ha suscitato dimostrano che ha colto nel segno. Al giorno d’oggi questo fenomeno è talmente raro che vale la pena segnalarlo.

 

Articolo previamente apparso su FFSPX. News.

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La manna finanziaria dell’UE per l’agenda woke

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Nel 2025, il contributo francese al bilancio annuale dell’Unione europea (UE) ammonta a circa 23,3 miliardi di euro, rispetto ai 21,6 miliardi del 2024. Somme spese principalmente per infrastrutture, cibo e salute degli europei, dei dipendenti pubblici dell’UE e anche per programmi molto meno consensuali come l’agenda woke.   Tutti i dati contenuti nel presente articolo, che riassume un testo del Centro europeo per il diritto e la giustizia (ECJL), sono pubblicati ufficialmente dalla Commissione europea.   Tre cause attiviste sono particolarmente supportate  

Promozione dell’aborto

Nel 2024 l’UE ha erogato sovvenzioni all’IPPF European Network, la sezione europea dell’International Planned Parenthood Federation: 919.000 euro su un budget totale di 1,1 milioni di euro. Una cifra che continua ad aumentare, visto che nel 2023 ha ricevuto 875.987 euro e nel 2022 599.000 euro. Nel 2024, l’IPPF aveva un budget annuale di 125 milioni di dollari e Planned Parenthood aveva, sotto la presidenza Biden, un budget di circa due miliardi di dollari.   L’UE finanzia altri progetti che promuovono l’aborto. Sono stati donati 342.000 euro al progetto Aborto, Diritto e Natura (ALaN). Il progetto Donne che viaggiano per cercare assistenza per l’aborto in Europa è costato 1,4 milioni di euro e ha previsto lo studio dell’impatto delle restrizioni legali e degli ostacoli pratici all’aborto nei paesi europei e l’analisi delle strategie delle donne per affrontarli.  

Promozione del wokeismo trans

L’UE finanzia anche progetti e organizzazioni che promuovono l’ideologia transgender. Così, un progetto intitolato «L’inchiostro invisibile delle donne: la scrittura transgender e la sessualizzazione del valore intellettuale nella prima modernità» ha ricevuto 1,5 milioni di euro di finanziamenti, con il notevole obiettivo di analizzare la «misoginia testuale».   L’associazione Transgender Europe, che fa lobbying presso la Commissione Europea, ha ricevuto finanziamenti tra il 2019 e il 2021 pari all’80% del suo bilancio, ovvero circa 350.000 euro all’anno. Si tratta di un caso emblematico di una pratica molto diffusa: un’istituzione pubblica finanzia un attore privato per creare artificialmente un interlocutore «della società civile» e legittimare così la propria azione attraverso questo mezzo.  

Lotta contro il populismo

Il progetto «Ascesa e caduta del populismo e dell’estremismo», finanziato con 1,46 milioni di euro, analizza le «cause del populismo» studiando i CV di 40 milioni di americani in cerca di lavoro. Oltre ai documenti del Regno Unito che spiegano come le punizioni corporali abbiano influenzato il rendimento scolastico, il comportamento antisociale e il voto sulla Brexit…   L’UE ha finanziato un progetto da 193.000 euro, intitolato «Il nazionalismo populista nell’India occidentale “globale”», 1920-1939, per esplorare i legami tra l’emergente nazionalismo indù e il fascismo europeo negli anni ’20 e ’30, al fine di comprendere meglio la natura transnazionale dell’estrema destra radicale.   Un altro progetto, dal valore modesto di 172.000 euro, intitolato «Le micro-fondamenta delle macro-istituzioni: un’indagine empirica sulla co-evoluzione della retorica e delle organizzazioni populiste», mira ad analizzare le basi microeconomiche del populismo studiando l’evoluzione del discorso populista e il suo impatto sulle istituzioni e sulle organizzazioni multinazionali.   Infine, per citare un ultimo esempio, sono stati spesi 257.000 euro per studiare l’evoluzione del consenso liberale transatlantico tra Europa e Stati Uniti attraverso un’analisi letteraria e culturale del populismo e del nazionalismo, Approcci transatlantici alla letteratura contemporanea nell’era di Trump.  

Promozione dell’Islam in Europa

L’UE finanzia anche la promozione dell’Islam in Europa. È il caso, ad esempio, del progetto allo stesso tempo woke e islamico «Spazi di asilo musulmani queer: tra correttezza e ingiustizia nel sistema di asilo eteronormativo e omonormativo tedesco» per 195.000 euro, che si concentra sullo «studio dell’asilo queer in Europa» riguardante «le persone di origine musulmana». Un altro progetto da 345.000 euro mirava a progettare strumenti teatrali per la prevenzione dell’islamofobia. L’UE ha inoltre speso 271.000 euro per un progetto volto a studiare «in che modo l’Islam fornisca un nuovo quadro di standard etici e pratiche religiose per un certo numero di europei insoddisfatti del ruolo sociale svolto dalle chiese cristiane».   Secondo la Commissione Europea, il finanziamento di questi progetti produrrebbe «un’ampia gamma di risultati». Ci sono motivi per dubitarne. Il risultato principale e oggettivo del finanziamento di questi progetti è l’aumento della spesa per servizi che certamente non riceverebbero la maggioranza dei voti se i cittadini europei fossero consultati.   In un momento in cui il debito francese non è mai stato così elevato e l’inflazione è in aumento, è giunto il momento di mettere in discussione l’interesse del contribuente europeo nel finanziare questa ricerca, conclude la Corte di giustizia europea. La conclusione può essere applicata anche ad altri Paesi europei.   Articolo previamente apparso su FSSPX.News

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Bioetica

Pregare a casa potrebbe essere illegale secondo la legge sulla «zona cuscinetto»: l’ammissione della deputata scozzese

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Una deputata scozzese ha confermato che pregare all’interno della propria abitazione può costituire un reato. Lo riporta LifeSite.

 

La parlamentare scozzese Gillian Mackay ha confermato la dichiarazione del vicepresidente degli Stati Uniti JD Vance fatta a Monaco durante un’intervista con il podcast di notizie della BBC Scotcast, in cui peraltro cercava di smentire l’accusa.

 

Il 12 febbraio, Vance aveva attirato l’attenzione internazionale sulle draconiane restrizioni alla parola nei pressi delle cliniche per l’aborto in Scozia alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco. Dopo aver citato il caso del veterano britannico Adam Smith-Connor, arrestato, accusato e condannato per aver pregato in silenzio per il figlio abortito nei pressi di una clinica per l’aborto, Vance ha sottolineato il fatto che la legislazione scozzese è persino peggiore.

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«Ora, vorrei poter dire che questo è stato un caso fortuito, un esempio isolato e folle di una legge mal scritta promulgata contro una singola persona», ha affermato. «Ma no. Lo scorso ottobre, solo pochi mesi fa, il governo scozzese ha iniziato a distribuire lettere ai cittadini le cui case si trovavano nelle cosiddette zone di “accesso sicuro”, avvertendoli che persino la preghiera privata nelle loro case poteva equivalere a violare la legge. Naturalmente, il governo ha esortato i lettori a segnalare qualsiasi concittadino sospettato di reati di pensiero in Gran Bretagna e in tutta Europa».

 

I leader europei si sono affrettati a condannare il discorso di Vance definendolo un’iperbole e persino una palese falsità.

 

La Mackay sarebbe il parlamentare scozzese dei Verdi che ha proposto il Remove term: Abortion Services (Safe Access Zones) (Scotland) Act 2024, approvato lo scorso giugno con un enorme margine di 118 voti contro 1 e che ha istituito «zone di esclusione» larghe 200 metri che circondano tutte le cliniche per l’aborto scozzesi.

 

Sono state quindi inviate lettere ai residenti che si sono ritrovati a vivere all’interno di queste «zone di esclusione», informandoli che la legge si applicava al loro comportamento, sulla loro proprietà.

 


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«E che dire dell’accusa che persino la preghiera privata all’interno della propria casa potrebbe equivalere a violare la legge?” ha chiesto il conduttore, Martin Geissler. «Voglio dire, è esagerato, ma non è sbagliato, vero?»

 

«È una sciocchezza assoluta», ha risposto Mackay con una risata sprezzante.

 

«Davvero?» ha risposto Geissler. «Sto guardando la lettera che il governo ha inviato ai capifamiglia…» Qui Mackay interruppe: «da nessuna parte si parla di preghiera privata».

 

«No, ma quello che dice è che le attività in un luogo privato come una casa in queste zone potrebbero essere un reato se possono essere viste o udite all’interno della zona e fatte “intenzionalmente o sconsideratamente”», ha ribattuto. «Ora, se mi stai dicendo che pregare può essere un reato fuori da una clinica, se sei dentro casa tua, dentro quella zona, teoricamente, la legge potrebbe essere applicata a te, non è vero? Sto solo cercando di capire in che modo JD Vance potrebbe avere ragione».

 

«Vorrei essere molto chiara: pregare di per sé non è un reato ai sensi di questa legge», ha risposto un imbarazzata Mackay. «Non stiamo vietando la preghiera ai sensi della legge».

 

«Preghiera performativa? Se sei in piedi alla finestra con le mani giunte davanti al viso in quella classica immagine di preghiera, se sei in piedi alla finestra in modo che la gente possa vederti, allora potrebbe essere interpretato come un reato?» ha insistito l’intervistatore.

 

«Allora, tutto dipende da chi passa davanti allo sportello e se…» ha ammesso la Mackay.

 

«Quindi non ha torto, vero?» ha continuato il giornalista.

 

Qui, Mackay ha balbettato e si è bloccata. «No… si sbaglia… perché, se… non conosco nessuno che sappia pregare ad alta voce o in modo abbastanza performativo da essere visto dall’esterno della propria casa».

 

«Ciò che probabilmente intendeva dire era: in Scozia, se stai per uccidere il tuo bambino, allora ti viene concesso lo straordinario diritto di perseguire penalmente le persone se le vedi pregare nelle loro case senza prima aver tirato le tende» riassume LifeSite.

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