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Elezioni a sindaco di una cittadina tedesca, escluso il candidato AfD. Affluenza al 29%

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Al candidato di Alternativa per la Germania (AfD), Joachim Paul, è stato impedito di partecipare alle elezioni per la carica di sindaco della cittadina Ludwigshafen. Il metodo usato per escluderlo potrebbe diffondersi, rappresentando – nonostante quanto sostiene la sinistra – la vera minaccia alla democrazia in Germania.

 

Attraverso una perizia dell’Ufficio Federale per la Protezione della Costituzione (BfV), commissionata dal ministro degli Interni della Renania-Palatinato, guidato dal partito socialdemocratico (SPD), Paul è stato escluso tramite i tribunali. Si è trattato di un processo segreto, confermato da tre diversi tribunali dopo numerosi ricorsi presentati dagli avvocati dell’AfD.

 

«Notte elettorale senza la barra blu. E senza un’alternativa! Notevole: bassa affluenza alle urne e un numero relativamente alto di voti nulli. Ringrazio tutti coloro che mi hanno sostenuto nelle ultime 6 settimane! Grazie di cuore!» ha scritto Paul sulla sua pagina X.

 

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È decisivo notare che il Paul era in testa nei sondaggi prima di essere rimosso dalla scheda elettorale. Nessuno lo ha sostituito, lasciando l’AfD senza rappresentanza alle elezioni.

 

L’affluenza alle urne per le elezioni del sindaco ha raggiunto un minimo storico, appena il 29,3%. Nel 2017, la candidata della SPD Jutta Steinruck vinse con il 60,2% dei voti, un’affluenza dimezzata rispetto a quelle elezioni. Non solo: molti elettori hanno espresso il loro dissenso con schede «nulle». Un record del 9,2% delle schede è stato dichiarato invalido, contro il 2,6% di otto anni fa.

 

Nei risultati finali, con Paul escluso, Klaus Blettner (CDU) e Jens Peter Gotter (SPD) sono passati al ballottaggio, con il 41,2% e il 35,5% dei voti rispettivamente. Martin Wegner (SPD) ha ottenuto il 15,7%, e Michaela Schneider-Wettstein (Volt) il 7,6%.Tuttavia, sostenere che il vincitore del ballottaggio abbia un «mandato» popolare in un’elezione democratica e corretta appare discutibile, se non ridicolo: il 70% degli elettori ha scelto di non votare e molti abbiano protestato con voti non validi.

 

Paul ha dichiarato di non arrendersi e ha comunicato ai media di aver avviato ulteriori azioni legali il giorno stesso delle elezioni. «Siamo determinati a candidarci alle elezioni. Se dopo il primo turno o dopo il ballottaggio, la decisione spetta ai miei avvocati», ha dichiarato Paul all’agenzia di stampa tedesca.

 

Altri tribunali hanno già respinto i tentativi di Paul di essere reintegrato nella scheda elettorale prima delle elezioni, invitandolo a procedere legalmente dopo il voto.

 

Anche la co-leader del partito Alice Weidel ha criticato l’elezione: «solo il 29,3% dei residenti di Ludwigshafen ha partecipato alle elezioni del sindaco, da cui è stato escluso il candidato dell’AfD Joachim Paul. Una democrazia prospera grazie alla libertà di scelta, ma questa non è stata nemmeno concessa ai cittadini», ha scritto la Weidel.

 

Tuttavia, le proteste sue e del partito avranno probabilmente scarso impatto sull’uso di questa nuova tattica. L’unico rimedio potrebbe essere attraverso i tribunali, molti dei quali hanno giudici ostili all’AfD.

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Al contrario, il sindaco uscente Steinruck sostiene che bandire un candidato attraverso un processo burocratico senza precedenti sia semplicemente «stato di diritto». «Ci sono delle regole. Noi, come comitato elettorale, abbiamo ovviamente aderito a queste regole. Ora ci sono tre sentenze giudiziarie che lo confermano». Ha aggiunto che il fatto che le persone «mettano in discussione» lo stato di diritto la rende «triste». «Dobbiamo tutti continuare a lavorare su questo in futuro», ha concluso Steinruck.

 

La grande prova della democrazia germanica arriva mentre il dibattito sulla messa al bando dell’intero partito AfD continua a infuriare. L’AfD si attesta tra il 26 e il 27% nei sondaggi nazionali e potrebbe raggiungere il 30% entro il prossimo anno.

 

Dal picco ora raggiunto il partito potrebbe scendere, tuttavia il governo federale rimane profondamente impopolare. Problemi come un’economia in difficoltà, un’immigrazione alle stelle, un aumento della criminalità, scuole in crisi, livelli di debito elevati e una politica energetica disastrosa non sembrano destinati a risolversi.

 

Queste condizioni favoriscono la AfD. La pressione per un divieto totale aumenterà con la crescita della popolarità del partito, ma, in assenza di ciò, sempre più candidati dell’AfD potrebbero essere esclusi dalle elezioni con il metodo usato per eliminare il candidato Paul.

 

Come riportato da Renovatio 21, AfD ha notevolmente rafforzato la propria posizione nella Renania Settentrionale-Vestfalia, conquistando il terzo posto alle elezioni regionali di due domeniche fa.

 

In un post su X, l’AfD ha proclamato di essere diventato il «partito popolare» della regione, con un risultato quasi triplicato rispetto alle elezioni del 2020, passando dal 5,1% al 14,5%. Il partito ha attribuito questo successo a un crescente «desiderio di un vero cambiamento politico» nella regione più popolosa della Germania.

 

Come riportato da Renovatio 21, un sondaggio del mese scorso ha rilevato che AfD sarebbe il primo partito del Paese, superando il blocco democristiano del Merz.

 

Come riportato da Renovatio 21, a giugno il capo della polizia del Bundestag tedesco, Uli Grötsch, ha chiesto che tutti i membri del partito di destra Alternativa per la Germania (AfD) vengano rimossi dal servizio di polizia.

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Un mese prima l’agenzia di Intelligence interna tedesca ha temporaneamente sospeso la classificazione di AfD come gruppo «estremista di destra confermato», in attesa dell’esito di un ricorso legale. La tregua, tuttavia, arriva in anni di lotta persistente contro la formazione politica sovranista.

 

Nelle ultime elezioni negli stati di Sassonia e Turingia, l’AfD ha demolito la coalizione di sinistra al potere. In Turingia, ha ottenuto i voti del 37% dei 18-24enni. La crescita del partito ha portato anche a fenomeni di cannibalismo elettorale fra i partiti della coalizione, con la sparizione totale dei Verdi dal Parlamento del land del Brandeburgo.

 

Come riportato da Renovatio 21, Verdi e democristiani avevano segnalato la volontà di bandire l’AfD ancora mesi fa, quando era emerso che era divenuto il secondo partito del Paese e il primo della parte orientale. Nell’ultimo episodio di trasformismo compromissorio democristiano, la CDU si è dichiarata pronta ad allearsi con il partito ecologista per fermare l’avanzata di AfD e del nuovo partito populista di sinistra anti-guerra ed anti immigrati di Sahra Wagenknecht il BSW.

 

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In Belgio lanciano il partito «TRUMP»

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Un nuovo partito di destra, intitolato al presidente USA Donald Trump, è stato lanciato in Belgio, ha riferito lunedì l’outlet locale BRUZZ, citando il fondatore e presidente Salvatore Nicotra.   Il partito, ufficialmente denominato TRUMP – acronimo che in francese significa «Tous Réunis pour l’Union des Mouvements Populistes» (Tutti Riuniti per l’Unione dei Movimenti Populisti) – si presenta come erede del movimento Chez Nous, recentemente sciolto, e dell’ex Front National (FN) belga, partito francofono di destra che promuoveva politiche anti-immigrazione e nazionaliste prima di dissolversi nel 2012 per divisioni interne e scandali di corruzione.   L’ex presidente dell’FN Nicotra ha spiegato che intitolare il partito a Trump è stata una scelta deliberata. «Donald Trump è il simbolo del populismo. Mostra immediatamente per cosa ci battiamo», ha dichiarato.

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Il politico ha descritto TRUMP come un «partito populista di destra con una dimensione sociale», affermando che la piattaforma attinge circa il 40% dal Partito del Lavoro del Belgio (PTB), di sinistra, che sostiene uguaglianza sociale e salari più alti, e un altro 40% da Vlaams Belang, il maggiore partito di destra belga che chiede controlli più rigidi sull’immigrazione e l’indipendenza delle Fiandre di lingua olandese. A differenza di quest’ultimo, TRUMP rifiuta il separatismo fiammingo e promuove una visione unitaria del Belgio.   Il partito TRUMP intende partecipare alle elezioni federali ed europee del 2029 e potrebbe presentare candidati anche a livello regionale e comunale, ha dichiarato Nicotra. Tra gli altri fondatori, tutti ex membri dell’NF, figura Emanuele Licari, ex politico di Vlaams Belang espulso per aver apertamente glorificato il fascismo.   Il partito è stato presentato alla stampa il 7 novembre, con l’inaugurazione ufficiale prevista per il 30 novembre.   Come noto, Trump, secondo una proposta, potrebbe anche dare il suo nome ad un lago del Kosovo, l’Ujman, che potrebbe chiamarsi Lago Trump. Sebbene il primo ministro kosovaro dell’epoca, Avdullah Hoti, accolse la proposta, non ci fu un’adozione formale del nome.  

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Sarkozy è già fuori di galera

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Lunedì l’ex presidente francese Nicolas Sarkozy ha ottenuto gli arresti domiciliari, meno di tre settimane dopo l’inizio della condanna a cinque anni per un complotto finalizzato a ottenere fondi segreti per la campagna elettorale dal defunto leader libico Muammar Gheddafi.

 

Sarkozy, condannato a settembre per associazione a delinquere per il finanziamento della sua campagna del 2007, è stato trasferito agli arresti domiciliari.

 

I procuratori francesi hanno richiesto una stretta sorveglianza giudiziaria per Sarkozy in attesa del processo d’appello. All’ex presidente sarà proibito qualsiasi contatto con testimoni o altri imputati e non potrà lasciare la Francia nel frattempo.

 

Sarkozy ha sempre negato qualsiasi illecito. «Ho risposto scrupolosamente a tutte le convocazioni… Questa prova mi è stata imposta e l’ho sopportata», ha dichiarato Sarkozy in una conferenza stampa dopo l’udienza in tribunale di lunedì, secondo l’emittente francese BFM TV. «È dura, molto dura, certamente lo è per qualsiasi prigioniero; direi addirittura che è estenuante».

 

Durante la breve detenzione dell’ex presidente nell’ala di isolamento di La Santé, sono emerse riprese di altri detenuti che lo insultavano di notte da altre sezioni della prigione. Alcuni video contenevano minacce di «vendicare Gheddafi».

 

Sarkozy, che ha guidato la Francia dal 2007 al 2012, è stato in prima linea nell’operazione di cambio di regime sostenuta dalla NATO che ha distrutto la Libia e portato alla morte di Gheddafi nel 2011.

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L’ex presidente francese ha visitato Bengasi per sostenere i gruppi ribelli dopo che il blocco militare a guida USA ha imposto una no-fly zone e un blocco navale alla Libia. La guerra ha portato migliaia di combattenti jihadisti nel Paese, ha devastato l’economia libica e ha aperto una rotta migratoria verso l’Europa meridionale che rimane la principale via d’accesso alla crisi migratoria.

 

Come riportato da Renovatio 21, all’inizio del 2025 gli era stata revocata la Legion d’Onore. In Italia alcuni hanno scherzato dicendo che ora «Sarkozy non ride più», un diretto riferimento a quando una sua risata fatta con sguardo complice ad Angela Merkel precedette le dimissioni del premier Silvio Berlusconi nel 2011 e l’installazione in Italia (sotto la ridicola minaccia dello «spread») dell’eurotecnocrate bocconiano Mario Monti.

 

 

Nell’affaire Gheddafi finì accusata di «falsificazione di testimonianze» e «associazione a delinquere allo scopo di preparare una frode processuale e corruzione del personale giudiziario» anche la moglie del Sarkozy, l’algida ex modella torinese Carla Bruni, la quale, presentatole il presidente dall’amico comune Jacques Séguela (pubblicitario autore delle campagne di Mitterand e Eltsin) secondo la leggenda avrebbe confidato «voglio un uomo dotato della bomba atomica».

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Trump grazia Giuliani e altri coinvolti nella sfida elettorale del 2020

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Il presidente Donald Trump ha concesso la grazia a diverse figure coinvolte nei suoi sforzi per contestare l’esito delle elezioni del 2020.   Un documento di proclamazione condiviso domenica dal procuratore per le grazie degli Stati Uniti, Ed Martin, elencava 77 nomi, tra cui Rudy Giuliani, l’avvocato Sidney Powell (che coniò il tropo del «Kraken» trumpiano), John Eastman e Mark Meadows.   La grazia copre il coinvolgimento degli individui nelle attività relative alle elezioni del 2020 e «nei loro sforzi per denunciare frodi elettorali e vulnerabilità nelle elezioni presidenziali del 2020».   «Questa proclamazione pone fine a una grave ingiustizia nazionale perpetrata ai danni del popolo americano in seguito alle elezioni presidenziali del 2020 e prosegue il processo di riconciliazione nazionale», aggiunge il documento.

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La grazia non si applica al Presidente stesso.   Al momento, la Casa Bianca non ha rilasciato alcuna dichiarazione sulle condoni e non è chiaro quando siano state firmate dal Presidente.   Come nota il New York Post, «i condoni sono principalmente simbolici perché nessuno dei 77 individui è stato incriminato a livello federale, tuttavia potrebbero impedire alle future amministrazioni di perseguire penalmente i presunti cospiratori».   Il presidente Trump ha inoltre graziato oltre 1.000 suoi sostenitori condannati o in attesa di processo per reati legati agli eventi del 6 gennaio 2021 al Campidoglio degli Stati Uniti.

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