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Ecco il vescovo leopardato

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La rete è impazzita per le foto uscite di una messa tenuta a Ruvo di Puglia (provincia di Bari) celebrata lo scorso 4 settembre da monsignor Nicola Girasoli, nunzio apostolico in Slovacchia, che ha svolto la funzione con una casula leopardata.

 

Si trattava di una messa fatta in occasione dei 40 anni di sacerdozio di un parroco locale. Il vescovo di Molfetta ha concelebrato.

 

Le foto della messa, riporta il Corriere della Sera, sarebbero state pubblicate e poi rimosse sulla pagina Facebook della cattedrale.

 

 

I commenti della rete si sono sprecati, alcuni inviperiti, altri invece ironici: tra questi ultimi segnaliamo «della serie Crudelia Demon levati», «e il prete tigre combatte contro il male», ma anche «novus horror missae» non è male.

 

L’immagine del discendente degli apostoli che celebra con casula animalier spinge il collezionista di orrori postconciliari (avete presente: presbiteri vestiti da clown, messe sul materassino sul bagnasciuga, etc.) ad interrogarsi se mai si era vista una cosa del genere. Al momento, non ci pare, anche se elementi di leopardamento si erano già visti durante le visite apostoliche in Mozambico di papa Giovanni Paolo II e di papa Francesco.

 

Il significato della veste leopardata sarebbe stato chiarito più tardi della stessa pagina della cattedrale.

 

«Date le interpretazioni particolari e sui generis, si precisa che la casula indossata per la celebrazione fa parte della liturgia ufficiale dei popoli poveri africani di cui il celebrante (monsignor Girasoli, ndr) si è sempre interessato nel suo mandato pastorale ed è stata indossata per ringraziare il Signore in merito alla costruzione di una casa per i più bisognosi di quei territori».

 

«Ci rendiamo conto che i commenti irrispettosi sono dovuti alla non conoscenza» prosegue il messaggio «e vi preghiamo di rettificare le interpretazioni non consone».

 

Non ci permetteremmo mai interpretazioni non consone della vesta episcopale e del suo significato, e ci mancherebbe: il foro interiore nostro si fa guidare dai post di una pagina Facebook pugliese gestita, dice, «da alcuni collaboratori della parrocchia».

 

Tuttavia, vogliamo, così per esercizio gnoseologico, aggiungere un paio di cose, senza mancar mai di rispetto al nunzio e alle sue scelte in fatto di vestiario liturgico.

 

Monsignor Girasoli era stata nunzio apostolico in Zambia e Malawi, due Paesi africani che, tutto sommato, non stanno malissimo.

 

In Zambia vi è un luogo, lungo la vallata del fiume Luangwa, chiamato «valle del Leopardo», dove, a differenza di altre parti del Paese, vi è la presenza del leopardo. Tra i turisti ha accumulato una certa notorietà il leopardo Alice, che si fa fotografare narcisamente con i propri cuccioli.

 

In Malawi, invece, il leopardo non è così presente, al punto da essere stato oggetto di un programma di ripopolazione, non dissimile da quello degli orsi in Trentino.

 

La storia del tessuto leopardato è piuttosto ricca in termini di antropologia e spiritualità, non sempre benevola.

 

In Sud Africa, le pelli maculate in passato contrassegnavano l’aristocrazia Zulu e ancora oggi svolgono un ruolo importante nelle tradizioni della Chiesa Shembe, un mix di cristianesimo e culti zulù.

 

In diverse regioni del continente africano, la pelliccia a macchie del felino è associata al potere maschile, e in fotografie scattate all’uomo forte di Kinshasa, in Congo, ne troviamo diverse troviamo in cui il leopardo è indossato dall’ex dittatore Joseph Mobutu, il cui regno durò più di trent’anni, accusato, come altri colleghi dell’area, di essere un cannibale.

 

 

Più tenue, ma presente, il legame tra il leopardo e la framassoneria. Secondo alcuni, sulla costa occidentale dell’Africa, sarebbero esistite «fraternità del Leopardo» che si sarebbero poi evolute fuori dal Continente Nero in un ordine afro-cubano-massonico detto Ordine dei Caribali, detto anche Abacuà, che pure non avendo origine in logge europee, sarebbe ora in molti casi sovrapponibile all’appartenenza massonica classica.

 

In Norvegia esiste una Loggia San Olaus al Leopardo bianco, una loggia massonica dell’Ordine dei Massoni Norvegesi. Fu fondata il 24 giugno 1749 sull’isola di Ladegaard. Il canuto felino nello stemma, tuttavia, non pare avere macchie, che pure avrebbero senso all’interno del pensiero dialogico-dualista massonico sempre rappresentato dai pavimenti a scacchiera.

 

L’idea di un nesso tra il tessuto leopardato e forme di aggregazione para-massoniche è stata diffusa internazionalmente dal telefilm Happy Days, nel quale il pater familias di casa Cunningham spesso si assentava per riunioni presso una misteriosa «loggia del leopardo», indossando un fez maculato.

 

 

Vi è, infine, la questione della donna leopardata e della sua moda.

 

Cappotti in pelle di leopardo e altri capi di abbigliamento e accessori divennero particolarmente popolari negli anni ’20, dopo che star del cinema come Joan Crawford si pavoneggiavano nei film di Hollywood indossando la pelle maculata del maestoso felino. Christian Dior, mantenne la tendenza per le donne più glamour: «se sei giusta e dolce, non indossarlo» avrebbe detto il modista francese.

 

Negli anni ’50 e ’60, tale significato lasciò il posto all’idea che una donna che indossava il leopardo fosse una moglie trofeo. In altre parole, la stampa rappresentava una donna piuttosto «selvaggia». Leoparderie varie sarebbero divenuta la cifra di maison odierne come Roberto Cavalli e Dolce&Gabbano.

 

E quindi, cosa ci riserva il futuro? Una chiesa selvaggia e animale? Una chiesa chic? Una chiesa africanizzata, oppure para-massonizzata, oppure femminilizzata?

 

 

 

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Trafficante di droga latitante catturato mentre passeggiava con un delfino morto

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La polizia russa ha arrestato un sospettato di traffico di droga di 40 anni, dopo che è stato visto dalle telecamere a circuito chiuso mentre trasportava con disinvoltura quello che è stato descritto come un «delfino morto» nella località di Sochi sul Mar Nero.

 

Un bizzarro video che circola online mostra l’uomo, che era su una lista di ricercati, mentre trasporta il cetaceo defunto nel suo appartamento.

 

La polizia locale ha detto giovedì che dopo aver esaminato il filmato, ha identificato l’uomo come un fuggitivo della regione di Mosca, ricercato con l’accusa di traffico di droga.

 

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La polizia russa ha descritto l’animale come un «delfino morto», anche se i filmati suggeriscono che in realtà si trattasse di una focena, una piccola specie di balena imparentata più con i beluga e i narvali che con i delfini.

 

L’animale era già morto quando il sospettato lo ha trovato sulla spiaggia, ha osservato la polizia, senza spiegare perché avesse deciso di portarlo con sé.

 

Il sospettato è stato preso in custodia nella sua residenza nella cittadina balneare di Adler, appena a sud di Sochi. Tra breve sarà consegnato alle autorità della regione di Mosca per affrontare l’accusa di traffico di droga in quantità eccezionalmente elevate. Se ritenuto colpevole, rischia tra i 15 e i 20 anni dietro le sbarre.

 

Come riportato da Renovatio 21, il traffico di droga e le grandi creature marine si sono incrociati in un’altra storia di questi tempi, quella degli squali strafatti di cocaina a causa dei carichi criminali finiti in mare.

 

È noto che cetacei sono stati addestrati per fini militari, al punto che vi è un beluga in Norvegia sospettato di essere una spia russa. È possibile che le organizzazioni criminali utilizzino i mammiferi marini per i loro loschi piani?

 

Ci chiediamo quindi: che anche la focena morta del Mar Nero fosse direttamente coinvolta in uno schema di narcotraffico?

 

Dopo le nefandezze viste in questi ultimi mesi da parte di orche, delfini e balenotteri, niente ci potrebbe ancora stupire.

 

Anzi diciamo pure che non vi sarebbe nessuna sorpresa a scoprire che la bestia marina era in realtà il vero capo del traffico criminale.

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Accademici della Nuova Guinea attaccano Biden per i discorsi sullo zio cannibalizzato

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Gli accademici della Papua Nuova Guinea hanno criticato il presidente degli Stati Uniti Joe Biden per aver insinuato che i loro connazionali avessero mangiato suo zio dopo un incidente aereo in tempo di guerra. Le tribù locali «non mangiano semplicemente gli uomini bianchi caduti dal cielo», ha detto un professore al quotidiano britannico Guardian.   Mercoledì, parlando a una manifestazione elettorale in Pennsylvania, Biden ha raccontato il presunto destino del secondo tenente Ambrose J Finnegan Jr., il cui aereo da ricognizione fu «abbattuto in Nuova Guinea» nel 1944. «Non hanno mai trovato il suo corpo», ha detto Biden, «perché una volta c’erano molti cannibali – davvero – in quella parte della Nuova Guinea».   Michael Kabuni, docente di scienze politiche all’Università della Papua Nuova Guinea, ha detto al Guardian che, sebbene il cannibalismo fosse storicamente praticato da alcune tribù che abitavano il Paese, «non mangiavano semplicemente tutti gli uomini bianchi caduti dal cielo».   «Il gruppo melanesiano… è un popolo molto orgoglioso», ha detto il professor Kabuni. «E troverebbero questo tipo di categorizzazione molto offensivo. Non perché qualcuno dica “oh, in Nuova Guinea c’era il cannibalismo” – sì, lo sappiamo, è un dato di fatto. Ma toglierlo dal contesto e insinuare che tuo zio salti giù dall’aereo e in qualche modo pensiamo che sia un buon pasto è inaccettabile».   La carne umana non era un alimento base nella dieta melanesiana, ha spiegato il dottor Kabuni. Invece, alcune tribù mangiano i loro parenti defunti come usanza funeraria, ha detto al giornale britannico. Secondo l’Università dell’Australia Occidentale, la pratica scatenò l’epidemia di una malattia mortale conosciuta come «Kuru» e si estinse all’inizio degli anni Sessanta.

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«In realtà sono senza parole», ha detto al Guardian il leader dell’opposizione della Papua Nuova Guinea, Allan Bird. «Non mi sento offeso. Ð davvero divertente. Sono sicuro che quando Biden era bambino, queste sono le cose che sentiva dire dai suoi genitori. E probabilmente gli è rimasto impresso per tutta la vita».   Il professore di economia Maholopa Laveil ha sostenuto che Biden avrebbe dovuto scegliere meglio le sue parole, considerando che gli Stati Uniti hanno firmato un patto di sicurezza con la Papua Nuova Guinea l’anno scorso. Una volta raggiunto l’accordo, Washington sta attualmente tentando di spingere il Paese a uscire da un patto separato con la Cina.   «Per un presidente degli Stati Uniti dire questo – soprattutto dopo che molti accordi sono stati siglati con PNG e il lavoro che hanno svolto nel Pacifico – anche a braccio, non penso che si sarebbe dovuto dire affatto», ha detto il professor Laveil.   Secondo i registri militari ufficiali, lo zio Finnegan è stato ucciso quando il suo aereo si è schiantato «per ragioni sconosciute» al largo della costa settentrionale dell’isola. “Un membro dell’equipaggio è sopravvissuto ed è stato salvato da una chiatta di passaggio”, afferma la POW/MIA Accounting Agency del Pentagono (l’ente per i prigionieri di guerra e i caduti), aggiungendo che «una ricerca aerea il giorno successivo non ha trovato traccia dell’aereo scomparso o dei membri dell’equipaggio dispersi».   Biden ha una lunga esperienza nell’esagerare il proprio coinvolgimento in eventi storici. L’81enne ha affermato falsamente di aver visitato Ground Zero a New York il giorno dopo gli attacchi terroristici dell’11 settembre, di essere stato arrestato mentre tentava di far visita a Nelson Mandela in una prigione sudafricana e di aver marciato con manifestanti per i diritti civili negli anni Sessanta.   Si tratta di quantità di balle ripetute in ogni momento della sua carriera.   Come riportato da Renovatio 21, il Biden al mendacio più spudorato ha aggiunto talvolta anche il plagio, come dimostrato dal caso dei discorsi copiati da quelli del politico laburista britannico Neil Kinnock, del quale ripeteva pure i dettagli biografici sulla sua famiglia.   Varie volte egli dovette scusarsi perché beccato a mentire spudoratamente, talvolta peggiorando la sua situazione. Al ritiro dalla campagna presidenziale 1987, La Repubblica (sì, La Repubblica), aveva intitolato «Casa Bianca, si ritira Biden, il candidato copione».   C’è da chiedersi: una carriera politica riuscita nonostante le menzogne o grazie alle menzogne?   Se esistesse ancora una stampa libera, se lo starebbe chiedendo da lungo tempo.   Perché questo è l’uomo che ci sta portando verso la Terza Guerra Mondiale.

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
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Donna trasporta cadavere in banca per avere un prestito

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Una donna in Brasile è stata presa in custodia dopo aver trasportato il cadavere di un uomo anziano in una banca, sostenendo che era suo zio e che avrebbe firmato un prestito, secondo quanto riferito dai giornali locali, che citano la polizia locale.

 

Erika de Souza Vieira Nunes, che affermava di essere la nipote e badante del 68enne Paulo Roberto Braga, martedì ha portato il cadavere in una banca in un sobborgo di Rio e ha detto al cassiere che l’uomo voleva un prestito di 17.000 reais (circa 3000 euro).

 

Lei teneva una penna e spostava la mano in avanti senza ottenere alcuna risposta, come mostra il filmato della telecamera di sicurezza della banca.

 

«Zio, stai ascoltando? Devi firmare», avrebbe detto, suggerendo di firmare per lui. «Firma, così non mi fai più venire il mal di testa, non ne posso più», aggiunse la donna, afferrando da dietro il collo dell’uomo con la mano.

 

«Non penso che stia bene. Non ha un bell’aspetto», ha osservato diffidente un dipendente, con Nunes che ha risposto «Non dice niente, è fatto così».

 


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Poi si è rivolta al defunto: «Se non stai bene, ti porto in ospedale».

 

Il personale della banca si è insospettito poiché la testa dell’uomo continuava a cadere all’indietro e hanno chiamato la polizia. che hanno arrestato sul posto la donna. La Nunes è stata accusata di frode. Il cadavere è stato portato all’obitorio.

 

«Sapeva che era morto… era morto da almeno due ore», ha detto mercoledì l’ufficiale investigativo, Fabio Luiz Souza, al programma di notizie Bom Dia Rio. «Non mi sono mai imbattuto in una storia come questa in 22 anni», ha aggiunto il poliziotto, il quale ha riferito che segni visibili di livor mortis (la decolorazione del corpo nei cadaveri) non lasciano dubbi sullo stato del Braga.

 

Successivamente è stato stabilito che Braga era morto diverse ore prima del suo viaggio in banca. La polizia ha detto che esaminerà le circostanze della morte dell’uomo e cercherà di determinare se Nunes è effettivamente sua nipote e se altre persone sono state coinvolte nel presunto tentativo di commettere una frode bancaria.

 

La vicenda fa pensare ad una pellicola di fine anni Ottanta oramai dimenticata, Weekend at Bernie’s (in italiano Weekend con il morto), dove una coppia di amici, sorpresi dalla morte improvvisa del loro ricco ospite, cominciano a portarlo in giro fingendo che sia ancora vivo.

 

In molti usano la trama del film per descrivere la situazione della Casa Bianca sotto Joe Biden, il quale, peraltro ha appena raccontato una poderosa balla a base proprio di uno zio morto, in questo caso mangiato da cannibali guineani.

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