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Politica

Distruggere la finestra di Overton

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La finestra di Overton è niente più che una tecnologia di persuasione delle masse, che fa ricadere – e fa evolvere – idee in un semplice «quadro di possibilità politiche» dentro al quale si muove l’opinione pubblica e il legislatore.

L’oggetto di questa tecnica di manipolazione politica, sia ben chiaro, siamo noi.

Mai come negli ultimi anni appaiono evidenti gli effetti dell’adulterazione della realtà e della legge naturale.

L’ingegneria sociale, tramite il potere di chi fa le leggi e l’amplificazione di chi controlla i media, è un fatto compiuto, visibile ad occhio nudo ogni giorno.

 

La Russia reagisce

 

Sotto il dogma dell’evoluzione della società (il cui riflesso teologico è l’evoluzione sociale del dogma: basta leggere i fondi di Mancuso su Repubblica per capire che la cosa è spacciata in modo massivo) l’umanità può accettare qualsiasi pensiero, anche il più anti-umano, nocivo, folle, suicida.

Il lettore di EFFEDIEFFE avrà con buona probabilità già decine di esempi per la mente.

Gli Stati Uniti d’America, la Superpotenza atomica e finanziaria più grande che il pianeta abbia mai conosciuto, hanno dichiarato guerra alla realtà: ecco l’ultima guerra intrapresa dalla democrazia sanguinaria.

I suoi politici, i suoi giornalisti, artisti, e valanghe di povere masse dipendenti dalla TV o da Facebook applaudono – e attuano – la perversione e l’aberrazione, e tutto questo fino a pochi anni fa non era nemmeno vagamente concepibile.

Ne abbiamo parlato  di recente, cercando di analizzare le standing ovation ricevute da Bruce Jenner, il ricco olimpionico divenuto, a sessant’anni suonati e con un discreto numero di mogli e figli, un transessuale pubblico.

 

Tuttavia, vi è un’altra nazione (pure dotata di migliaia di testate atomiche, deo gratias) che pare proprio non voler giocare a questo gioco.

«Possiamo vedere come i Paesi euro-atlantici stanno ripudiando le loro radici – disse Vladimir  Vladimirovič Putin nel leggendario discorso di Valdaj 2013 –  persino le radici cristiane che costituiscono la base della civiltà occidentale. Essi rinnegano i principi morali e tutte le identità tradizionali: nazionali, culturali, religiose e financo sessuali. Stanno applicando direttive che parificano le famiglie a convivenze di partners dello stesso sesso, la fede in Dio con la credenza in Satana. La “political correctness” ha raggiunto tali eccessi, che ci sono persone che discutono seriamente di registrare partiti politici che promuovono la pedofilia. In molti Paesi europei la gente ha ritegno o ha paura di manifestare la sua religione. Le festività sono abolite o chiamate con altri nomi; la loro essenza (religiosa) viene nascosta, così come il loro fondamento morale. Sono convinto che questo apre una strada diretta verso il degrado e il regresso, che sbocca in una profondissima crisi demografica e morale».

 

No, la Russia non si piega allo stupro delle coscienze ora in atto.

 

È proprio dalla Russia pare venire oggi l’interesse per la finestra di Overton.

Ad aprire le danze, fu il premiato regista Nikita Sergeevič Mikhalkov, che dedicò al tema la 71a puntata del suo videoblog Besogon.tv, dando un titolo piuttosto diretto: «Kak sdelat’ iz čeloveka “nečeloveka”. Okno Overtona – amerikanskaja tekhnologija manipuljatsii massovym soznanijem i priucheniya ljudej k neprijemlemomu» – traducendo: «Come creare uomini “non umani”. La finestra Overton – una tecnologia americana per manipolare la coscienza delle masse e per abituare la gente all’inaccettabile». (1)

 

Overton e la manipolazione del sentire politico

 

Mikhalkov non è uno qualsiasi: l’intera sua famiglia appartiene alla parte più elitaria dell’establishment culturale russo da più di un secolo. Il padre è il poeta che scrisse l’inno sovietico per poi riscriverlo per la nuova Russia. Il fratello Andrej Končalovskij (che assunse il nome della madre per sfuggire al senso di nepotismo della famiglia) è regista acclamato di film para-hollywodiani e di opere liriche. Il nipote Yegor è il maestro dei poliziotteschi moscoviti (film come Antikiller sono blockbuser in patria); tramite la madre Natalja Petrovna Konchalovskaja Nikita è imparentato con dinastie di pittori.

Ha vinto un leone d’oro a Venezia (con il film Urga – territorio d’amore) e pure, nel 1995, un Oscar per il miglior film straniero (Il Sole ingannatore).

Insomma, Mikhalkov parla da uno scranno che immaginiamo piuttosto contiguo al potere moscovita.

 

Credo vi sia un senso – politico e geopolitico, e metafisico –  se dalle eleganti rifiniture del suo studio il cineasta sviscera questo schema di condizionamento sociale studiato da Joseph P. Overton.

Joseph «Joe» Overton, già Senior Vice-President del Mackinac Center for Public Policy, un think tank del Michigan che si occupa di politiche liberiste e che è percepito come «conservatore», definì la sua teoria a metà degli anni Novanta.

Overton morì piuttosto giovane. Nato nel 1960, morì in un incidente aero – si schiantò con un ultraleggero, dicono le cronache.

La teoria che lo rese famoso, quindi, uscì postuma. Overton, a cui i suoi colleghi ancora si riferiscono con un misto di simpatia e deferenza, voleva semplicemente studiare gli effetti sulla popolazione dei think tank e delle centrali di influenza del processo politico.

 

Secondo lo schema che formulò, ogni idea concepibile in politica (ma non solo) ricade giocoforza in un intervallo di possibilità che la rende più o meno recepibile dalla società. L’uomo politico lo sa, e a meno che non voglia effettuare un suicidio politico passando per estremista, si attiene alle idee che la Finestra di Overton ritiene accettabili.

 

Secondo lo schema, ogni idea evolve secondo sei diversi stadi: Unthinkable («impensabile», cioè inaccettabile, vietato); Radical («radicale», cioè ancora vietato ma con delle eccezioni); Acceptable («accettabile», cioè non in dissonanza cognitiva totale con il pensiero del soggetto); Sensible («sensata», cioè razionale, dotata di spiegazioni); Popular («popolare», «diffusa», cioè accettata da larga parte della società, rinforzata dai media); Policy («legislazione», «legalizzata», cioè l’idea è divenuta parte concreta della politica statale).

 

Conoscendo questo diagramma di evoluzione del sentire politico, si rende facile la comprensione di come qualsiasi tabù possa essere infranto e «liberato» nella società grazie alla tecnica di graduale cambiamento (la vecchia tecnica della rana bollita, se alzi la temperatura di colpo salta fuori dalla pentola, se aumenti di un grado alla volta resta immobile sino a farsi lessare), utilizzando magari anche tecniche di shock: all’apparire degli estremisti (coloro che vorrebbero qualcosa che dapprima ci pare «impensabile»), una soluzione di compromesso pare sempre più accettabile, sensata, pronta per essere diffusa e quindi legalizzata.

 

Si avanza per gradi. Dalla terra incognita di quanto la società può trovare disgustoso e deplorevole, piano piano verso ciò che è da ritenersi giusto, anzi più che giusto: da proteggersi con le leggi dello Stato.

Saltano alla mente, ovviamente, gli esempi della sodomia ora resa fatto naturale, e del relativo matrimonio per i sodomiti invocato ora a gran voce dall’Occidente tutto..

Ciò era totalmente fuori dallo spettro del possibile per la società di pochi anni fa. Poi, gradualmente, ecco che l’omosessualità – che era malattia per l’OMS sino al 1990 e reato in molti paesi occidentali – si è fatta largo sino al cuore dello Stato.

Riflettete: la stessa parola «omosessuale», termine pseudo-scientifico, è stata introdotta nella fase in cui l’idea da impensabile e radicale doveva divenire accettabile, sensata. La razionalizzazione della sodomia, lo sappiamo, passò attraverso l’occupazione materiale dei Convegni delle Associazioni Psichiatriche (come l’American Psichiatric Association) da parte degli attivisti LGBT, con successiva cancellazione dell’omofilia dalla lista delle malattie sessuali del Manuale Diagnostico- Statistico dei disordini mentali (1973)

Tuttavia, l’uranismo è oramai penetrato come «possibilità» anche nella mente del più bigotto conservatore (vuoi essere più cattolico del Papa? Chi sei tu per giudicare) per cui non si tratta dell’esempio adeguato.

 

Mikhalkov prova a simulare una finestra di Overton per aberrazione dalla quale ora, in teoria, la società dovrebbe essere immune. Le cose, come vedremo, non stanno esattamente così.

 

Unthinkable

 

Allo stato attuale, il tema del cannibalismo pertiene al regno dell’impensabile è nella fase «totalmente inaccettabile», non è discutibile sulla stampa e non si ammette in alcun modo tra gli esseri umani. Apparizioni mediatiche del fenomeno – come nel caso del ribelle anti-Assad che divorava il cuore del suo nemico o gli innumeri episodi di «cannibalismo militare» nei conflitti africani – sono mostrati con terrore e disgusto, a volte perfino – per opportunità politica – celati al grande pubblico.

 

Radical

 

L’idea passa dunque da totalmente inaccettabile alla fase «vietato, ma con deroghe». Diviene insomma una realtà pur radicalmente lontana, tuttavia esistente.

Entrano qui in gioco la tendenza, tutta illuminista, a dichiarare che i tabù vanno discussi, analizzati. È in questo momento che entrano in gioco solitamente gli scienziati: nel nostro caso, saranno gli antropologi, gli psicologi, perfino i nutrizionisti. Si organizza un bel convegno sul tema, poi un altro, poi un terzo. Si parla delle tribù della Papuasia.

In TV a notte fonda e nei Cineclub cominciano a riprogrammare capisaldi del genere come pellicole trash tipo Cannibal Holocaust o il più elegante Il Profumo della Signora in nero.

In questo momento della finestra, assieme al dibattito «scientifico», emergono immediatamente gruppi oltranzisti, chiassosi estremisti le cui posizioni stanno in fondo alla finestra: immaginate una «Associazione di Liberi Cannibali» che chiede di poter mangiare chi vuole senza essere giudicata dalla morale e dalla legge.

Nonostante l’idea pare essere ancora lontana dalla società, questa fase permette la sua penetrazione nella membrana del pensiero collettivo. Non esistono tabù, e questo fenomeno, per quanto tremendo, esiste – lo dice la scienza! -, e bisogna farsene una ragione. L’emersione di gruppi di cannibali dichiarati ci fa capire che – elemento importante, conosciuto da sempre dal potere che alleva i suoi estremismi domestici – l’idea ha delle sue sfumature, si può scegliere comodamente un’opzione moderata.

 

Acceptable

 

Nella fase successiva, il concetto del cannibalismo passa da «vietato, ma con eccezioni» alla dimensione dell’«accettabile». La scienza continua a spingere, e al fenomeno viene fatto un rebranding: non si parla più di cannibalismo, si usa la parola scientifica «antropofagia». Anche questa parola, tuttavia, nel corso di questo momento della finestra, è suscettibile di essere cambiata nuovamente: ecco a voi introdotta la parola «antropofilia» – pensate al sodomismo, ad un certo punto studiato come «omofilia» (termine che è però troppo contiguo a «parafilia», cioè perversione) e divenuto quindi «omosessualità», un termine scientifico che è di per sé una contradictio in adiecto, in quanto il sexus è etimologicamente «ciò che fabbrica, che tesse» (Dizionario Pianigiani) oppure «ciò che separa, ciò che distingue l’uomo dalla donna» (così la pensavano gli etimologi Benfrey, Corrsen, Pott). Il sesso, quindi non può essere omos, cioè «lo stesso».

Eppure, la parola oramai è entrata nel vocabolario comune, come fosse sempre esistita (nel citato dizionario etimologico di Ottorino Pianigiani, del 1907, proprio non esiste), e ogni altra parola è ritenuta offensiva: provate a dire, come si poteva neanche trenta anni fa, «invertito», «sodomita», «pederasta».

Queste parole scientifiche, inoltre, hanno la possibilità di creare infiniti derivati: omosessualità diviene «omosessuale», «gli omosessuali», «l’omosessualismo», «omosex», fino alla contrazione «omo» (o all’inglese «homo»). In fondo, il significato «che si accoppia con lo stesso» non suona male, non vi sono echi di punizioni bibliche, di dark room o di virus HIV, è un puro concetto.

Così anche gli antropofili non evocano, con questo bel nome, il sacrificio umano, la carne squarciata, le interiora consumate avidamente: no, è etimologicamente la «passione per gli umani» a definirli. L’aberrazione viene qui disincarnata, concettualizzata, neutralizzata nel suo disgusto organolettico.

È in questa fase che subentra il richiamo al «precedente storico», ad un fatto mitico (reale o inventato, o tutt’e due pettinati alla meglio) che legittimi sub specie aeternitatis l’idea un tempo proibita. Ecco che, in ambiente di retaggio cattolico, vi potranno essere mille riferimenti alla Messa come atto di antropofagia. Il cannibalismo non può che essere accettato, perché in fondo, viene celebrato dalla popolazione più pia ogni settimana.

L’illegittimità dell’idea, quindi, è indebolita per sempre: pur non essendo ancora libera di correre per la società, essa viene ritenuta legittima in un determinato recinto storico-antropologico.

 

Sensible

 

Si passa quindi allo step successivo, quello che dall’idea lava per sempre la patina di inaccettabilità: il concetto viene trasformato in «sensato», «ponderato», «razionale», legato ad una necessità «fisiologica», «naturale», «biologica». Ecco nuovi studi che affermano che il desiderio di mangiare carne umana può essere dovuto ad una predisposizione genetica dell’individuo: esistono già studi, del resto, che abbinano la dieta carnivora a determinati gruppi sanguigni.

Qui si introduce poi il tema d’attualità, quello che spinge l’individuo a fantasticare delle «insuperabili circostanze» nelle quali il destino potrebbe piazzarlo. Immaginate la carestia, o una situazione in cui un essere umano «deve avere il diritto di fare la scelta». Pro-choice: pensate al famoso  «disastro aereo delle Ande» (1972), quando 16 sopravvissuti, dispersi nelle altitudini della Cordigliera, decisero, per sopravvivere, di cibarsi dei morti. Ecco pronta la programmazione TV del film tratto da questo episodio di cronaca, Alive, con il giovane Ethan Hawke: la pellicola ti porta inevitabilmente a vedere il cannibalismo come fatto di pura razionalità, mostrato dal regista anche con una certa pudicizia, al punto che potrebbe anche non capirsi cosa sta accadendo, e il tutto comunque si dimentica facilmente grazie al luminoso finale di salvezza.

Il cannibalismo (pardon, «antropofilia») salva le vite umane. Altro che cosa orrida e inconcepibile.

 

Popular

 

Quinta fase: da «sensato» a «diffuso», e cioè pubblicamente accettato. Qui intervengono, pesantemente, i dibattiti sui media. Gli intellettuali disquisiscono del cannibalismo come fatto mitico e come tendenza. I talk show intervistano un ragazza di buona famiglia che dichiara di essere cannibale, magari anche con una certa moderazione: «mangio solo cadaveri o persone consenzienti». Nei film e (soprattutto oggi) nelle serie TV tra i personaggi positivi (se non tra i protagonisti) spunta un cannibale, con relativa storia di discriminazione alle spalle. Immagini di cannibalismo compaiono nei video dei cantanti del momento, sui cui gusti alimentari un po’ si chiacchiera.

Viene rivelato che sono «antropofili» numerosi musicisti, attori, politici, VIP di ogni sorta. La serie Hannibal viene rifatta con finalmente il protagonista, il brutale ma raffinato assassino antropofago Hannibal Lecter, reso protagonista senza più comprimari, un eroe positivo e basta.

Poi, si delinea la strategia della pistola puntata: quanti ragazzi si suicidano, perché sono cannibali e la famiglia, la società, non possono capire? È la minaccia che non è mancata nel discorso di Bruce Jenner (che ora si dovrebbe chiamare Caytlin) alla cerimonia della TV sportiva ESPN che lo premiò per il suo coraggio. Molti maschi che vorrebbero andare in giro vestiti da donna, assumere ormoni e mutilarsi gli organi sessuali oggi stesso sono costretti ad amazzarsi, ha detto l’olimpionico mutante. E la colpa è solo nostra, della società, dei «cosiddetti sani». La storia dei suicidi è tutt’ora probabilmente l’unico – fallace – argomento messo in campo dalle sigle LGBT per giustificare l’«emergenza omofobia». La rivoltella della discriminazione è pronta a tirare sull’innocente incompreso: più tempo attendiamo, più aumenta il numero dei morti.

Così, un’emergenza per i cannibali suicidi comincia a monopolizzare il discorso pubblico.

A questo punto gruppi antropofagi un tempo ritenuti oltranzisti ora sono entrati appieno nello spettro delle possibilità politica, sia pure con le loro sfumature. L’idea di base è che una grossa parte della popolazione sia cannibale, un’altra, ancora più vasta, lo è in modo latente, sino all’apparizione di una teoria per cui tutti gli uomini nascono in potenza antropofagi, devono solo decidere se esserlo o meno (esattamente come la sessualità per la teoria del gender, sì).

Qui si scatenano gli attivisti. Parafrasando un recente slogan della propaganda di Sodoma, «Il cannibalismo esiste, fattene una ragione». In fondo, si tratta solo di persone culinariamente creative, spesso più raffinate della media. Si sparge la voce che chi odia i cannibali sotto sotto lo è. E poi ribadiamo ancora una volta la suprema saggezza relativista: «chi siamo noi per giudicare?»

Si comprende che il cannibalismo, a questo punto, è divenuto una variante naturale dell’umanità. Discriminarne i portatori diviene cosa odiosa e ingiusta. Chi disprezza gli «antropofili» è per logica dell’etimo «antropofobo». Cioè, chi odia il cannibalismo odia l’uomo.

L’amore per il prossimo passa attraverso la consunzione della sua carne: ecco che anche la Chiesa «in dialogo con il mondo» recepisce il portato di giustizia umanitaria di questo fenomeno.

È a questo punto che cominciano a programmarsi leggi a protezione del fenomeno: una legge dovrà punire l’«antropofobia», un’altra insegnare il cannibalismo sin dall’asilo, un’altra ancora dovrà sancire il diritto alla «libertà di alimentazione» degli «antropofili».

È davanti a questa ebollizione della massa desiderante, convinta vi sia un bisogno civile «non più rinviabile» che entra in scena il corpo politico, che tenta di cavalcare come deve la novità, fedele a quell’imperativo di «imprenditoria dell’opinione» che forma lo Stato democratico. Nelle fasi precedenti i protagonisti erano gli attivisti e think tank, fondazioni transnazionali, ONG, media: gli evocatori delle «potenze dell’aria» di cui si parla nel Vangelo. Con i politici l’idea comincia ad incarnarsi, ad assumere un sostrato materiale. Vi erano, forse, nei previ momenti del processo, delle figure politiche, ma si tratta di early adopters, precursori, una minoranza rispetto alla massa umana che costituisce il legislatore, la quale, come tutte le masse è pigra, poco fantasiosa, passiva, specialistica quanto vuota, altisonante quanto volubile ed inetta.

Il politico medio che vuol stare a galla capisce che in qualche modo con il cannibalismo ci deve avere a che fare. E quindi, ecco realizzate le leggi che trasformeranno il tabù in fenomeno mainstream protetto dalla giurisprudenza e dalle forze dell’ordine.

 

Policy

 

Nell’ultima fase assistiamo alla trasformazione definitiva dell’idea, da diffusa a legalizzata. La propagazione sui media è virale, così come i dibattiti in sede parlamentare: l’idea riceve piena importanza politica. I cannibali sono oramai totalmente umanizzati, quindi fatti oggetto di diritti inalienabili.

Qui entrano in campo direttamente le lobby; le ricerche scientifiche storico-antropologiche lasciano il passo a statistiche sociologiche riguardanti il presente più stretto. I sondaggi tastano l’umore del popolo democratico: legalizzare il cannibalismo, sì o no?

Con il giusto clima socio-politico, magari pure con una bella spintarella dall’ONU o da Bruxelles,  arriva la prima legge. Vietato discriminare i cannibali, mai più l’«antropofobia» che fa suicidare tanti poveri «antropofili». Poi le scuole, con libri per bambini ricchi di disegni di grande chiarezza illustrativa. Infine la libertà di mangiare carne umana quandunque il cittadino lo desideri, certo con alcuni «paletti» tipici della civiltà del compromesso (come la Democrazia Cristiana): il consumato deve essere morto, o aver redatto una richiesta di eutanasia almeno una settimana prima; il consumato può essere anche sano e vivente purché si compili un contratto con il consumatore che autorizzi a quest’ultimo di cibarsi delle carni del contraente, come pare succedere spesso in Germania, patria del cannibalismo consenziente: il primo caso fu quello di Armin Meiwes, di recente abbiamo visto anche la storia di Detlev Guentzel, poliziotto antropofago che si mangiò, non senza il permesso dell’interessato, Wojciech Stempniewicz, un consigliere comunale della CDU (appunto, la DC tedesca).

 

Finestra sull’ecosistema del Male

 

Ora, il lettore capirà a quante realtà lo schema di Overton sia stato già applicato.

Per il sodomismo mondialista, e le relative nozze, siamo già vicini a chiudere la finestra.

Abbiamo assistito, nel giro di pochi anni, a tutta la trafila. Da idea reietta è divenuta oggetto di studio (lo studio psichiatrico dell’omosessualità, prima incoraggiato poi militarizzato dai militanti LGBT), poi fenomeno chiacchierato («sai che anche quello…» «Come Giulio Cesare!»), poi ancora fatto razionale («se uno nasce così…»), quindi tema popolare (gli omosessuali al Cinema e in TV, da In&Out a Un Posto al sole; gli stilisti invertiti innalzati ad esempio perfino per i cattolici, come nel caso di CL e Dolce&Gabbana), infine legge di Stato: ddl Scalfarotto, ddl Fedeli (ora riassorbito e già votato nel decreto «Buona Scuola»), ddl Cirinnà.

 

Per l’aborto fu lo stesso: un’omicidio che va contro lo spirito di una Nazione Cattolica viene fatto oggetto di conferenze e studi sociali; compaiono i gruppi estremisti (i radicali di Pannella e Bonino e gruppi pragmatici come la squadra di mammane capitanata da Eugenia Roccella, ora deputato dei vescovi in Parlamento), quindi  viene discusso («si dice che Grace Kelly…»), poi razionalizzato (si deve procedere in certi frangenti: ecco che esplode il caso Seveso, con Susanna Agnelli che a Montecitorio chiede una deroga per far abortire le donne della cittadina che si supponeva intossicata), quindi idea popolare («l’utero è mio e me lo gestisco io», è un ritornello che dalle studentesse si sposta verso qualsiasi donna si senta infine «liberata»), infine legalizzato pienamente dalle stesse forze che in teoria lo tenevano fuori dal discorso pubblico: la DC crea la 194, pensando che sia un buon compromesso tra il divieto di aborto – ritenuto, dopo tante fasi della finestra, «impossibile da mantenere» – e i cannibali oltranzisti Pannella e Bonino, che vorrebbero l’aborto senza freni. I democrisiani, fieri degli stupidi «paletti» posti, non si rendono conto che accettando l’aborto nel discorso pubblico hanno permesso al pensiero radicale di dilagare sino ad affogare ogni resistenza. Così, l’aborto totale chiesto da Pannella – che ora, infatti, difende alla grande la 194 – si ottiene tramite la resistenza simbolica dei cattolici: i colloqui in consultorio sono fittizi, il periodo prima dell’esecuzione del feticidio diviene un dettaglio trascurabile.

 

In più, con lo sdoganamento di questo vero e proprio cannibalismo infanticida a spese del contribuente, il potere radicale ha caricato i colpi successivi, che ne sono la diligente conseguenza. La produzione di umani in vitro, presupposta dal libero aborto, presuppone a sua volta i matrimoni tra invertiti, che hanno così possibilità di prodursi i figli biotecnologicamente, fecondazione eterologa in vitro e impianto in utero surrogato,quindi eliminazione del bambino difettato, se necessario.

 

Il buco nella diga, grande come il dito di un bimbo, la fa crollare tutta.

 

Ad essere normalizzato fino alla legalizzazione non è più il singolo fatto – come l’aborto – ma un ecosistema del Male in sé. Un clima, un ambiente complesso.

Così, la legalizzazione dei matrimoni omofili, è solo il cavallo di Troia per far entrare nel discorso pubblico – legittimamente e con la protezione armata di Polizia, Carabinieri, Esercito – la congerie di perversioni associate all’omosessualismo: la rinuncia definitiva a pensare all’amore fisico come atto procreativo (love is love, e niente questo ha più a che fare con la fertilità), la voracia sessuale senza limiti (tipica delle dark room e dei pisciatoi pubblici), le pulsioni esibizioniste tradotte in pura  pornografia (come ai gay Pride), la necessità della produzione in vitro delle creature umane (con eugenetica borghese come sopramercato), l’inevitabilità del mercato dei gameti (con casi di incesto genetico in arrivo),  lo schiavismo terzomondiale degli uteri in affitto (che prima o poi, come preconizzato dall’avanguardia gay, sarà sostituito da xeno-gestazioni – ossia bambini incubati dentro a scrofe – o uteri artificiali veri e propri).

 

Come nelle storie, il vampiro ti entra in casa solo se invitato. E tu credi di invitarlo a cena, e poi ti ritrovi con tutta la famiglia azzannata a sangue.

Per quanto incredibile, i democristiani questo non lo hanno ancora capito.

 

Non si pensi che la pedofilia non stia già avviandosi a fase avanzate della finestra. Abbiamo scritto su questo sito di un Convegno presso l’Università di Cambridge (luglio 2014), dove si sostenne che «la pedofilia sia cosa normale tra maschi adulti», poiché «una certa porzione di maschi adulti normali vuole fare sesso con i bambini» e «i maschi normali sono eccitati dai bambini». Poi lo scorso settembre, ecco che spunta, davvero d’un bleu, un articolo del New York Times: lo si spiega sin dal titolo, «Pedophilia, a disorder, not a crime» («pedofilia, un disordine, non un crimine»). Il manuale psichiatrico più seguito al mondo, il DSM, uscito incredibilmente nella sua quinta edizione con il declassamento della pedofilia a «orientamento sessuale» (dopo le proteste, i compilatori dell’American Psychiatric Association provano a ricucire sostenendo che si tratta di un typo, un refuso…)

Abbiamo visto come i radicali – dei veri pionieri assoluti, la cui prescienza ha un ché di davvero preternaturale – già nel 1998 organizzavano convegni per normalizzare politicamente l’inclinazione pedofila: ad organizzare, Pannella e l’ora berlusconiano Daniele Capezzone, con il coinvolgimento di una ressa di deputati e senatori che vanno da Taradash a Vittorio Sgarbi a serque di carneadi del PD (allora DS) o della Lista Pannella o di Forza Italia, più psicanalisti di grido, filosofi, sociologi, imprenditori, giornalisti, uomini di apparato ministeriale, etc. Alla lista, oggi, si aggiungerebbe anche qualche vescovo… (2)

Non so, forse Pannella, che è vecchio e malato, vuole davvero provare a vedere se in vita riuscirà a vedere overtonizzata anche questa immonda aberrazione, e per questo ci parla dei suoi ninfetti.

 

Distruggete la finestra di Overton

 

Terminata questa discesa negli inferi dello Stato moderno, allo scrivente risulta chiara quindi una cosa: per nessuna ragione, nessuna davvero, deve essere consentito l’uso di questo sistema disumanizzante, in grado di trasformare i carnefici in vittime, i mostri in santi, i cannibali in minoranze discriminate.

Si tratta, purtroppo, di un tratto ineliminabile di una strutura politica basata sul consenso, dove chi governa subisce le pressioni di chi è governato, anche quando quest’ultimo è con evidenza turlupinato, sopraffatto da forze altre.

La democrazia e il Male, purtroppo, sembrano essere termini legati da una forza magnetica.

La democrazia, che si vuole sposa del «progresso», non può che soggiacere a questa spirale perversa che porta il legislatore, e il popolo tutto, verso l’abisso più suicida.

 

La democrazia è permeabile ad una tale follia perché essa è ormai la sola irradiazione statuale, peraltro sempre più trascurabile, dell’umanità schiava del  relativismo. Un mondo senza più punti fermi, un mondo senza Verità, può solo produrre uno Stato che tenta di adattarsi al gorgo, invece che nuotare  lontano – anzi,lo Stato relativista non percepisce nemmeno il gorgo, perché gli è stato insegnato che panta rei, tutto scorre.

 

La Fede Cattolica presuppone l’esatto opposto: esiste una Verità, e il mondo – e lo Stato – vi si devono adeguare. Questa verità è fissa, immutabile: è una sola, perché materialmente creatrice del mondo, materialmente rivelata all’umanità in forma umana, materialmente vivificante; ogni aspetto dell’Essere è rivolto ad essa.

Vi è una sola legge naturale, scritta una volta per tutte, scritta sin dentro il nostro cuore, i nostri geni, la nostra esistenza.

 

Lo Stato Cristiano protegge la legge naturale e solo quella, non cambia i suoi codici per venire incontro ai popoli drogati dalla demagogia. Lo Stato Cristiano è esecutore di una dimensione divina che è eterna, non negoziabile, irreversibile, non discutibile.

 

Per questo ritengo che ogni forza voglia richiamarsi ad una politica cristiana debba con ogni energia rifiutare la trappola della tirannia del consenso.

Il compito di ogni cristiano è di procedere, con la preghiera o con la propria energia politica, alla distruzione della finestra di Overton.

 

E di creare le basi per l’instaurazione di un unico processo politico: l’intronazione di Gesù Cristo Re dell’Universo.

Roberto Dal Bosco

NOTE

 

1) Il primo a portare al grande pubblico la finestra di Overton è stato, nel 2010, il conduttore radiotelevisivo vicino al Tea Party Glenn Beck. Lo strambo e sanguigno opinionista mormone-libertario  (ed ex cattolico) dedicò al fenomeno diverse trasmissioni televisive, vedendone però solo le possibilità manipolative in ambito del dibattito interno statunitense (Obamacare sì, Obamacare no). Beck ha anche pubblicato un thriller (con probabilità scritto da uno dei suoi collaboratori) chiamato appunto The Overton Window.

 

2) Alcuni nomi dei partecipanti al Convegno radicale sulla pedofilia sono riportati qui di seguito. Trattandosi spesso di persone centrali per il discorso politico ed intellettuale del Paese, leggerli vengono le vertigini ancora ora. La bipartizanship sulla questione pedofila, in un Paese che per venti anni si è diviso su qualsiasi quisquilia, è davvero encomiabile.

«Barbara ALBERTI (scrittrice), Marco BARBUTI (Presidente Associazione Italiana Internet Providers), Giorgio Maria BRESSA (Psichiatra), Ernesto CACCAVALE (Eurodeputato Forza Italia), Manlio CAMMARATA (Direttore di Interlex), Cinzia CAPORALE (Bioeticista), Aldo CAROTENUTO (Docente della Psicologia della Personalita’ all’Universita’ di Roma), Elena COCCIA (Avvocato), Pasquale COSTANZO (Docente di Diritto costituzionale all’Universita’ di Genova), Stefano CRISPINO (Presidente Ordine psicologi del Lazio), Luigi DE MARCHI (Psichiatra), Giuseppe DE RITA (Presidente CNEL), Ruggero GUARINI (Giornalista e scrittore), Sebastiano MAFFETTONE (Docente di Filosofia politica all’Universita’ di Palermo), Claudio MANGANELLI (Componente dell’Autorita’ per la tutela dei dati personali), Adelmo MANNA (Docente di Diritto penale all’Universita’ di Bari), Armando MASSARENTI (Responsabile della pagina “scienza e filosofia” del supplemento culturale de “Il Sole 24 Ore”), Mauro MELLINI (Avvocato), Piero MILIO (Senatore Lista Pannella), Paolo NUTI (Direttore MC-Link), Anna OLIVERIO FERRARIS (Psicologa), Angelo Maria PETRONI (Docente di Filosofia della Scienza all’Universita’ di Bologna), Lorenzo PICOTTI (Docente di Diritto penale all’Universita’ di Friburgo),  Antonio PILATI (membro Autorita’ Garante per le Telecomunicazioni), Iuri Maria PRADO (Avvocato), Piero ROCCHINI (Psichiatra), Stefano RODOTA’ (Presidente dell’Autorita’ per la tutela dei dati personali), Rosario SAPIENZA (Ricercatore CENSIS), Luigi SARACENI (Deputato DS), Sergio SEMINARA (Docente di Diritto penale commerciale all’Universita’ di Pavia), Vittorio SGARBI (Deputato Gruppo Misto), Vincenzo SINISCALCHI (Deputato DS), Marco TARADASH (Deputato di FI), Vittorio ZAMBARDINO (Responsabile editoriale di “Repubblica Internet”)»

 

Articolo apparso previamente su EFFEDIEFFE.COM

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I servizi segreti americani, che hanno il compito di proteggere i presidenti attuali ed ex presidenti degli Stati Uniti, stanno valutando come procedere se Donald Trump finisse dietro le sbarre, hanno riferito fonti al New York Times.

 

Martedì scorso il giudice Juan Merchan ha rinviato la decisione se ritenere Trump in oltraggio alla corte per presunte violazioni dell’ordinanza di silenzio durante il suo processo. Le udienze riguardano l’accusa di falsificazione di documenti aziendali per nascondere il rimborso di un pagamento in denaro nascosto alla pornoattrice Stormy Daniels prima delle elezioni presidenziali del 2016.

 

Non è immediatamente chiaro quando Merchan annuncerà una sentenza. Il NYT ha sottolineato in un articolo di martedì che il giudice probabilmente emetterà un avvertimento o imporrà una multa prima di fare il «passo estremo» di incarcerare il presunto candidato repubblicano alla presidenza per un mese in una cella di detenzione nel tribunale.

 

I pubblici ministeri, che sostengono che Trump abbia attaccato testimoni e altre persone associate al suo caso almeno dieci volte sui social media questo mese in violazione di un ordine di silenzio, stanno attualmente chiedendo una multa per il 77enne.

 

Tuttavia, la settimana scorsa funzionari dei servizi segreti e di altre forze dell’ordine hanno tenuto un incontro, incentrato su come spostare e proteggere Trump se il giudice alla fine gli ordinasse di essere rinchiuso nella cella di detenzione del tribunale, hanno detto al giornale due persone a conoscenza della questione.

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La questione di come incarcerare in sicurezza l’ex presidente se la giuria lo ritiene colpevole e viene mandato in una vera prigione «deve ancora essere affrontata direttamente», secondo dozzine di funzionari di vari livelli, che hanno parlato con il NYT. Il documento sottolinea che, se ciò dovesse accadere, diventerà una «sfida scoraggiante» e un «incubo logistico» per tutte le agenzie coinvolte.

 

Trump, che è il primo presidente in carica o ex presidente degli Stati Uniti ad essere processato, potrebbe rischiare fino a 136 anni di carcere a seguito di quattro procedimenti penali contro di lui.

 

Secondo i funzionari, se l’ex capo di Stato fosse effettivamente imprigionato, dovrebbe essere tenuto separato dagli altri detenuti, e tutto il suo cibo e altri oggetti personali sarebbero sottoposti a controlli. Per raggiungere questo obiettivo, un gruppo di agenti dovrebbe lavorare 24 ore su 24, 7 giorni su 7, entrando e uscendo dalla struttura, hanno affermato. Le armi da fuoco sono severamente vietate nelle carceri statunitensi, ma questi agenti «sarebbero comunque armati», secondo le fonti.

 

Un portavoce dei servizi segreti ha confermato al NYT che l’agenzia sorveglia gli ex presidenti, ma ha rifiutato di discutere eventuali «operazioni di protezione» specifiche.

 

Immagine di pubblico dominio CCo via Flickr

 

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Politica

Uomo si dà fuoco fuori dal processo Trump

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Un uomo si è dato fuoco fuori da un processo contro l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump a Nuova York. Alla fine le fiamme sono state domate, ma al momento non è chiaro se l’uomo sia morto a causa delle ferite riportate.   L’episodio di estrema protesta per autocombustione è avvenuto venerdì pomeriggio, poco dopo la selezione finale della giuria e l’insediamento della giuria.   Le riprese video hanno mostrato un uomo avvolto dalle fiamme, inginocchiato in posizione verticale con le mani dietro la testa. Dopo aver bruciato per circa un minuto, l’uomo visibilmente carbonizzato si è accasciato a terra e i resti in fiamme sono stati spenti dagli agenti di polizia.    

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L’incidente è stato trasmesso in diretta da diverse reti di notizie statunitensi, tra cui Fox e CNN. Quando i giornalisti della Fox si sono resi conto di cosa stava succedendo, si è sentito uno dire ai colleghi di perquisire il loro camion alla ricerca di un estintore.   Dopo aver spento l’incendio, gli agenti di polizia hanno coperto il corpo dell’uomo con coperte ignifughe prima che fosse caricato su un’ambulanza. Non è chiaro se sia sopravvissuto alla sua dura prova.   Testimoni hanno detto alla CNN che aveva sparso degli opuscoli prima di bagnarsi di benzina e accendere un fiammifero. Il dipartimento di polizia di Nuova York ha detto ai giornalisti che gli agenti stanno «ancora raccogliendo informazioni» su quanto accaduto.   Gli opuscoli includevano un collegamento a un account Substack, in cui l’uomo si identificava come Max Azzarello, «un ricercatore investigativo che si è dato fuoco fuori dal processo Trump a Manhattan». In una sorta manifesto, Azzarello ha affermato che questo «atto estremo di protesta» aveva lo scopo di attirare l’attenzione su un «colpo di Stato mondiale fascista apocalittico».   «Mi chiamo Max Azzarello e sono un ricercatore investigativo che si è dato fuoco fuori dal processo Trump a Manhattan», inizia il post di quasi 2.700 parole.   «Questo atto estremo di protesta vuole attirare l’attenzione su una scoperta urgente e importante: siamo vittime di una truffa totalitaria e il nostro stesso governo (insieme a molti dei suoi alleati) sta per colpirci con un colpo di Stato mondiale fascista apocalittico».   Nel testo l’Azzarello menzionato anche i Simpson, i fallimenti bancari nel 2023 e uomini d’affari di alto profilo tra cui Mark Zuckerberg ed Elon Musk, affermando che sia i repubblicani che i democratici hanno bombardato il pubblico con diverse crisi esistenziali per presentare uno scenario apocalittico.     Azzarello scrive che le «élite» hanno spacciato la paura nel tentativo di «divorare tutta la ricchezza che potevano e poi strapparci il terreno sotto i piedi in modo da poter passare a un’infernale distopia fascista».   La polizia ha detto che ha fatto un viaggio nella Grande Mela all’inizio di questa settimana e la sua famiglia non era a conoscenza del suo viaggio in città.   È stato fotografato fuori dal tribunale di Lower Manhattan, al 100 Center St., proprio giovedì, mentre reggeva un cartello che diceva: «Trump è con Biden e stanno per farci un colpo di Stato fascista».   «Il più grande scoop della tua vita o ti rimborsiamo!» gridava a un gruppo di giornalisti riuniti lì, dicendo al New York Times che era venuto da Washington Square Park perché pensava che più persone sarebbero state fuori dal tribunale a causa del freddo.   «Trump è d’accordo», aveva detto all’Azzarello al quotidiano neoeboraceno lo scorso giovedì, sostenendo che le sue convinzioni sono state influenzate dalle sue ricerche su Peter Thiel, venture capitalist e grande donatore politico. «È una cleptocrazia segreta e può solo portare a un colpo di stato fascista apocalittico».   La foto del suo profilo LinkedIn lo mostra in posa con Bill Clinton, che ha citato in giudizio l’anno scorso insieme ad altri 100 influenti imputati in un caso con sfumature di teoria della cospirazione che è stato respinto lo scorso ottobre quando non ha dato seguito ai documenti giudiziari richiesti.     Altri imputati nominati nella causa del 2023 presso la corte federale di Manhattan includevano Mark Cuban, Richard Branson, il paese dell’Arabia Saudita, e il miliardario del Texas e candidato presidenziale indipendente del 1992 Ross Perot, morto nel 2019.   Il caso – archiviato, con Azzarello senza un avvocato – presupponeva «un’elaborata rete di schemi Ponzi» risalente agli anni ’90 e che continua fino al 2023.

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L’incidente è avvenuto il quarto giorno del processo penale di Trump. L’ex presidente è accusato di aver dichiarato erroneamente i cosiddetti pagamenti «silenziati» alla pornoattrice Stormy Daniels, anche se insiste che il processo è una «persecuzione politica» orchestrata dal presidente Joe Biden per metterlo fuori dai giochi prima delle elezioni presidenziali di novembre.   A presiedere il caso è il giudice Juan Merchan, che ha rifiutato di ricusarsi nonostante sua figlia lavori per una società di marketing che rappresenta diversi importanti democratici. Merchan ha emesso un ordine di silenzio contro Trump il mese scorso, vietando all’ex presidente di criticare l’accusa.   L’incidente avviene meno di due mesi dopo che un membro dell’aeronautica americana in servizio attivo è morto autoimmolato davanti all’ambasciata israeliana a Washington, per protestare contro il sostegno militare degli Stati Uniti a Israele. L’uomo, l’aviatore 25enne Aaron Bushnell, ha gridato «Palestina libera!» mentre bruciava vivo.   L’immolazione per via ignea era stata praticata dai monaci buddisti durante la guerra del Vietnam, per protestare contro il troppo spazio garantito nel Paese ai cattolici.   La scintilla che fece esplodere la cosiddetta Primavera Araba fu proprio l’immolazione con il fuoco di un venditore di datteri a Tunisi.  

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Politica

Biden sostiene che i cannibali hanno divorato suo zio

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Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha affermato durante la campagna elettorale che un suo zio scomparso nel Pacifico durante la seconda guerra mondiale era stato mangiato dai cannibali.

 

Il sottotenente Ambrose Finnegan delle forze aeree dell’esercito americano fu dichiarato disperso nel maggio 1944, dopo che il suo bombardiere leggero si schiantò in mare.

 

«È stato abbattuto in una zona dove all’epoca c’erano molti cannibali», ha detto Biden ai giornalisti fuori dall’Air Force One a Scranton, in Pennsylvania. «Non hanno mai recuperato il suo corpo, ma il governo è tornato quando sono andato laggiù e hanno controllato e trovato alcune parti dell’aereo».

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Diverse ore dopo, in un incontro con i membri del sindacato United Steelworkers a Pittsburgh, Biden ha raccontato la stessa storia.

 

«È stato ucciso in Nuova Guinea e non hanno mai trovato il corpo perché c’erano molti cannibali, davvero, in quella parte della Nuova Guinea», ha detto l’81enne politico del Delaware.

 

Secondo l’agenzia del Pentagono per i prigionieri di guerra e i dispersi (POW-MIA), Finnegan non fu mai abbattuto. Né era in missione di ricognizione, come ha affermato Biden.

 

Il bombardiere leggero A-20 Havoc era decollato dall’isola di Los Negros quando i suoi motori si sono guastati a bassa quota, secondo il resoconto ufficiale dell’incidente. L’aereo precipitò in mare al largo della costa settentrionale della Nuova Guinea e due membri dell’equipaggio su tre non riuscirono mai a uscire dal relitto che affondava, che non fu mai ritrovato. L’unico sopravvissuto è stato salvato da una barca di passaggio.

 

Biden ha raccontato molte storie fittizie sulla sua vita nel corso di 50 anni di carriera in politica, la più famosa delle quali è stata l’arresto mentre cercava di visitare Nelson Mandela in una prigione sudafricana. Ha ripetuto una storia sfatata su un conducente dell’Amtrak più di una dozzina di volte.

 

L’affermazione cannibale sullo zio Ambrose, tuttavia, è servita da trampolino di lancio per attaccare il suo predecessore – e presunto sfidante – Donald Trump. Nel discorso elettorale a Pittsburgh, Biden ha raccontato una storia su come Trump si sarebbe rifiutato di onorare i soldati americani caduti sepolti in Francia, definendoli «perdenti».

 

La storia è apparsa per la prima volta sulla rivista The Atlantic – testata di sinistra di proprietà della vedova di Steve Jobs – nel settembre 2020, riferendosi a eventi avvenuti nel novembre 2018, in occasione del centenario dell’armistizio della Prima Guerra Mondiale. Trump ha negato l’accusa, definendola «un’altra notizia falsa inventata data da fallimenti disgustosi e gelosi in un vergognoso tentativo di influenzare le elezioni del 2020!»

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Nel giro di pochi giorni erano emersi documenti che sfatavano le affermazioni dell’Atlantic, ma ciò non ha impedito ai democratici di sollevarle ripetutamente come se fossero vere.

 

Come riportato da Renovatio 21, la carriera politica del Biden è stato un susseguirsi senza requie di menzogne.

 

 

Al mendacio va aggiunto anche il plagio, divenuto chiaro nel caso dei discorsi di Biden copiati da quelli del politico laburista britannico Neil Kinnock, del quale ripeteva pure i dettagli biografici sulla sua famiglia.

 

Varie volte egli dovette scusarsi perché beccato a mentire spudoratamente, talvolta peggiorando la sua situazione. Al ritiro dalla campagna presidenziale 1987, La Repubblica (sì, La Repubblica), aveva intitolato «Casa Bianca, si ritira Biden, il candidato copione».

 

Se ci si chiede come mai all’epoca le bugie continue del Biden venissero a galla, la risposta probabilmente sta nel fatto che la stampa, allora, era più libera, e faceva il suo lavoro.

 

Come sia stato possibile mandare un personaggio del genere alla Casa Bianca è un mistero spiegabile con la decadenza terminale dei nostri tempi. E realizziamo che la cosa non è stata priva di conseguenze tragiche per il mondo: mezzo milione di persone morte in Ucraina, più un genocidio in corso in Medio Oriente, che minaccia di divenire, anche lì una guerra atomica.

 

Se raggiunge il potere, la menzogna si trasforma rapidamente in morte e massacro.

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