Spirito
Dilexi te: ultimo documento di Francesco, prima esortazione di Leone XIV
Papa Leone XIV ha firmato l’esortazione apostolica Dilexi te il 4 ottobre 2025. Questo testo è solo formalmente il primo documento del nuovo pontificato; in realtà, è l’ultimo del precedente. Francesco lo lasciò incompiuto e il suo successore lo ha ripreso. Contiene quindi molti punti del pensiero di Bergoglio, come l’accoglienza dei migranti e i movimenti popolari cari al papa latinoamericano.
Contiene anche i rimproveri rivolti ai cristiani che «si lasciano spesso influenzare da atteggiamenti segnati da ideologie mondane o da orientamenti politici ed economici che portano a generalizzazioni ingiuste e conclusioni fuorvianti».
Ciò non sorprende se si considera che l’esortazione attinge ampiamente a Storia della povertà, un libro di monsignor Vincenzo Paglia, stretto – e controverso – collaboratore di Papa Francesco.
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Leone XIV nella linea di Leone XIII?
Leone XIV, tuttavia, ha integrato il documento del suo predecessore con considerazioni tratte dalla dottrina sociale della Chiesa, affermando di seguire Leone XIII, di cui ha adottato il nome e il programma, a suo dire.
Ma su questo punto, Michael Pakaluk, su The Catholic Thing del 23 ottobre, lo mette seriamente in discussione: «papa Leone XIV adottò il suo nome per segnalare la sua vicinanza a Leone XIII, eppure nella sua recente esortazione apostolica, Dilexi te, le sue affermazioni sembrano talvolta contraddire quelle del suo predecessore: sulla radice dei mali sociali, sul rimedio alla povertà e sulla proprietà privata».
«Per Leone XIV, la radice dei mali sociali è la disuguaglianza». Facendo eco a Francesco, dichiara: «Non posso che affermare ancora una volta che la disuguaglianza è la radice dei mali sociali» (n. 94).
«Ma per Leone XIII, nella sua prima enciclica, “Dei mali della società (Inscrutabili Dei consilio)”, la radice dei mali sociali è piuttosto il rifiuto del cristianesimo da parte delle autorità civili: “La fonte dei mali [sociali] risiede principalmente nel fatto che la santa e venerabile autorità della Chiesa, che governa gli uomini in nome di Dio, sostenendo e difendendo ogni legittima autorità, è stata disprezzata e messa da parte» (n. 3).
E aggiunge: «nella Rerum novarum, Leone XIII insegnava che la ricerca dell’uguaglianza è un sogno irrealistico del socialismo: “Dobbiamo accettare la situazione inerente alle cose umane, poiché è impossibile ridurre la società civile a un livello insignificante. Esistono naturalmente tra gli uomini molte differenze, le più importanti delle quali sono: gli individui differiscono nelle loro capacità, nelle loro capacità, nella loro salute, nelle loro forze; e la disuguaglianza delle fortune è una conseguenza inevitabile della disuguaglianza delle condizioni” (n. 17)»
Alla fine del suo articolo, Michael Pakaluk conclude: «Leone XIV sembra anche differire da Leone XIII sulla centralità del diritto naturale alla proprietà privata. Leone XIII credeva che sia i poveri che i ricchi fossero consumati dall’avidità e che, per i poveri, questa avidità si manifestasse spesso come un semplice desiderio di prendere dai ricchi per soddisfare i propri bisogni, piuttosto che di lavorare per acquisire un bene da scambiare».
«D’altra parte, la lettera Dilexi te di Leone XIV contiene quanto segue: “pertanto, ognuno ha il diritto di possedere una quantità sufficiente di beni della terra per sé e per la sua famiglia. […] Chi si trova in situazioni di estremo bisogno ha il diritto di prendere ciò di cui ha bisogno dalla ricchezza altrui”». [taglio nell’originale]
«La seconda frase è una citazione da Gaudium et spes (n. 69), dove una nota a piè di pagina fornisce tutti i chiarimenti necessari, nonché un riferimento a San Tommaso d’Aquino, per evitare qualsiasi interpretazione maligna. Qui non è presente alcuna nota del genere. Inoltre, il linguaggio dei padri conciliari è sottile (sibi procuret) e non significa chiaramente “prendere”».
Da qui il rischio di confusione, come sottolinea Michael Pakaluk: «ora, combinate questa affermazione, senza riserve, con l’idea che non esiste uno standard assoluto di povertà, e quindi nessuno standard assoluto di estremo bisogno, e il risultato è a dir poco preoccupante».
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Un umanitarismo da Nazioni Unite
Meno sottile e più diretto, Aldo Maria Valli, sul suo blog del 13 ottobre, non esita ad ammettere: «mi è bastato leggere i titoli di alcuni capitoli (“Una Chiesa per i poveri”, “La scelta dei poveri”, “Il grido dei poveri”, “Accompagnare i migranti”, “Accanto agli ultimi”, “I poveri come soggetti”) per ricevere una zaffata di teologia della liberazione e sentire sul collo il fiato bergogliano. Poco gradevole».
«Presentato come “completamento” di un documento incompiuto di Francesco, il testo sembra scritto da uno che si è ispirato all’Agenda 2030 dell’ONU (apertamente elogiata) più che alla dottrina sociale della Chiesa. Le citazioni evangeliche non mancano, ma il tono generale è tanto prevedibile quanto vago. Si parla di ‘strutture’ e ‘sistemi’ che richiedono conversione, ma quali sono?»
«Si condanna l”ingiustizia’, ma che cosa sia giusto e ingiusto non è precisato. Le parole suonano bene, ma alla fine che cosa resta? Il solito umanitarismo già dispensato dal mondo, senza che ci sia bisogno che la Chiesa si aggreghi. […] L’espressione “opzione preferenziale per i poveri” ricorre come un ritornello anch’esso vuoto. La retorica dell’”accompagnamento” e della “solidarietà” è diffusa a piene mani. Ma tutto resta, oltre che vago, molto orizzontale. Lo sguardo non si innalza verso l’ordine soprannaturale. La Chiesa è ridotta ad agenzia sociale».
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Una grave omissione: la regalità sociale di Cristo.
Aldo Maria Valli osserva: «ma in un certo senso il papa ha ragione. Sì, i poveri stanno aumentando se parliamo dei poveri dal punto di vista spirituale, lasciati senza nutrimento da una Chiesa che insegue le idee del mondo».
«Il regno sociale di Cristo come soluzione dei problemi dei poveri, e di ogni altro problema, non sfiora la mente dell’autore. La Chiesa è ridotta a organizzazione benefica. Nostro Signore resta sullo sfondo. Come se il suo compito fosse solo quello di benedire l’implementazione di politiche sociali».
E conclude ironicamente: «a un certo punto, con riferimento ai poveri e alla povertà, si legge: “il messaggio della parola di Dio è così chiaro e diretto, così semplice ed eloquente, che nessuna interpretazione ecclesiale ha il diritto di relativizzarlo’. Buffo che queste parole arrivino da una Chiesa, quella postconcilare, che ha relativizzato tutto: morale familiare e sessuale, dottrina sulla salvezza e del peccato, dottrina sulla conversione, dottrina su giudizio, inferno e paradiso. Solo per quanto riguarda i poveri nessuna interpretazione ecclesiale ha il diritto di relativizzare?» – Non serve aggiungere altro.
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immagine di Catholic Church England and Wales via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic (CC BY-NC-ND 2.0)
Spirito
Il Cardinale Pizzaballa celebra il Natale a Gaza
Un caloroso benvenuto in mezzo alla devastazione
La comunità ha accolto il Patriarca con calore ed emozione. Bambini e parrocchiani hanno organizzato una piccola festa di benvenuto, riempiendo la sala parrocchiale di canti e attività che hanno portato un barlume di speranza, alla presenza di padre Gabriel Romanelli, dei suoi due vicari e delle suore che servono la comunità. Il complesso parrocchiale è situato in mezzo a un mare infinito di macerie. Dall’inizio della guerra, è diventato un rifugio sicuro per 1.500 persone. Si tratta principalmente di cattolici che non vogliono fuggire dalla loro patria, tra cui molti anziani e malati, ma anche famiglie con bambini piccoli. Nel suo primo discorso, il cardinale Pizzaballa ha espresso un sentimento diverso da quello che aveva accompagnato le sue precedenti visite durante la guerra: «per la prima volta, provo un certo sollievo. So che la situazione è difficile, ma nei bambini, nella scuola e nelle attività, vedo un piccolo barlume di speranza».Aiuta Renovatio 21
Un’omelia sulla speranza nella sofferenza
Nella sua omelia, il Cardinale ha riconosciuto la precaria realtà che Gaza sta affrontando, incoraggiando i fedeli a non perdere la speranza. «Siamo in una situazione molto difficile, come tante altre in tutta Gaza», ha detto, «ma ora siamo in una nuova fase. Siamo chiamati non solo a sopravvivere, ma anche a ricostruire le nostre vite». Ha invitato i fedeli a riflettere sull’umile nascita di Cristo e su come la storia del Natale rifletta la loro realtà vissuta. «La Sacra Famiglia non ha trovato un posto dove passare la notte», ha detto, «il che ci ricorda la vostra situazione… La via di Dio è la via dei poveri e dei semplici».Iscriviti al canale Telegram ![]()
La realtà umanitaria a Gaza
Si stima che il 69% degli edifici sia stato distrutto o danneggiato. Il sistema educativo ha cessato di esistere; la maggior parte delle scuole è in rovina, così come gli ospedali e i centri sanitari. Il Patriarca ha anche visitato un campo profughi dove le condizioni di vita sono estremamente difficili. La situazione non sta migliorando a causa del blocco israeliano sugli aiuti umanitari. L’ONU avverte che per soddisfare i bisogni primari, oltre 62.000 tonnellate di aiuti devono raggiungere Gaza ogni mese, il che è impossibile con le attuali restrizioni. Anche gli aiuti forniti dalla Chiesa cattolica stanno incontrando difficoltà. Al termine della visita, la parrocchia ha donato al patriarca una targa di legno con incisa la scritta «Sia fatta la tua volontà», in riconoscimento del suo continuo sostegno, della sua fiducia nella divina provvidenza e del suo impegno nel ricostruire le loro vite. La parrocchia della Sacra Famiglia ha anche offerto un dipinto del Cristo sofferente da donare a Papa Leone XIV, in segno di gratitudine per la sua vicinanza paterna. Ribadendo la vicinanza della Chiesa alla comunità, il cardinalePizzaballa li ha rassicurati: «non siete soli. Insieme ricostruiremo tutto». Affermando le radici profonde della comunità, ha aggiunto: «siamo radicati qui e qui resteremo. Vogliamo essere un punto di riferimento stabile e solido in questo mare di distruzione». Articolo previamente apparso su FSSPX.NewsIscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Spirito
Pretessa britannica sostiene che il «personaggio principale» del Natale è Maria, non Gesù
La Chiesa d’Inghilterra ha suscitato indignazione con un video in cui una reverenda dichiara con coraggio che Maria, e non Gesù, è la figura centrale della storia della Natività; molti sostengono che si tratti di un tentativo di riscrivere le Scritture attraverso un’ideologia woke, sminuendo il ruolo divino di Cristo stesso.
«Se mi chiedete chi penso sia il personaggio principale della storia di Natale, diciamocelo, probabilmente non direi Babbo Natale. Ma! Non direi nemmeno Gesù, perché credo che il personaggio principale della storia di Natale sia Maria», afferma la «reverenda» White.
«Penso che a volte possiamo cadere in una trappola, parlando di Maria come se fosse una pedina in un gioco molto importante, ma credo sia importante ricordare che ha avuto la possibilità di dire di no» continua la pretessa britannica. «Non è stata costretta a portare in grembo il bambino Gesù. Non doveva farlo, ma quando glielo hanno detto ha detto di sì. Ecco la serva del Signore».
Church of England posts video of a female reverend saying Mary is the “main character” in the Christmas story instead of Jesus.
“She had the chance to say no. She wasn’t forced to carry the Christ child.”
— Oli London (@OliLondonTV) December 24, 2025
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La White, che per qualche ragione non ha ancora cambiato cognome, conclude con un invito all’azione: «quindi penso che sia davvero importante che in questo periodo natalizio ci ricordiamo di essere un po’ più simili a Maria».
Il video si collega alla serie «Donne della Natività» della Chiesa d’Inghilterra, che reinterpreta la storia del Natale attraverso prospettive femminili, includendo figure bibliche come Maria ed Elisabetta, accanto a quelle di fantasia. Secondo il sito web della chiesa, queste storie mirano a «far rivivere la meraviglia dell’incarnazione» concentrandosi sulle voci delle donne durante l’Avvento e il Natale.
Sebbene la serie tragga spunto dalle Scritture, i critici la vedono come parte di una tendenza più ampia in cui gli elementi progressisti all’interno della Chiesa danno priorità alle narrazioni sulla giustizia sociale rispetto alla dottrina cristiana fondamentale.
Ciò avviene in un contesto di dibattiti in corso sulla direzione della Chiesa d’Inghilterra, comprese le sue posizioni su genere e sessualità che hanno alienato i fedeli non solo conservatori.
La deriva dell’anglicanismo è visibile sin dal vertice, con l’elezione tre mesi fa dell’«arcivescova» di Canterbury Sarah Mullay, che ha scatenato la reazione della gerarchia anglicana in Africa. L’arcivescova è ovviamente pro-aborto e filo-omotransessualista.
Come riportato da Renovatio 21, il decano omosessuale della cattedrale di Canterbury due anni fa avrebbe organizzato un rave dentro l’antica chiesa.
Le blasfemie abbondano nella Chiesa d’Inghilterra come nell’università. Tre mesi fa un ricercatore di Cambridgfe parlò in una conferenza pubblica del «corpo trans» di Gesù, le cui ferite avrebbero avuto significato sessuale, anzi transessuale. Qualcuno protestò, ma lo studioso fu tosto subito difeso dal rettore cantabrigense.
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Immagine screenshot da Twitter
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«Il capovolgimento della Rivoluzione concretizza il regno infernale»: omelia di Natale di mons. Viganò
Gloria in excelsis Deo
Omelia nella Natività del Signore
Gloria in excelsis Deo, et in terra pax hominibus bonæ voluntatis.
Lc 2, 14
Se hanno perseguitato Me, perseguiteranno anche voi (Gv 15, 20). Ed è dal momento della Sua Nascita secundum carnem, che Nostro Signore viene perseguitato: ancora in fasce, Lo cercano i soldati di Erode, per uccidere quel Bambino che egli teme possa oscurare il suo potere terreno. Martiri di un falso monarca di nomina imperiale, i Santi Innocenti di cui tra pochi giorni celebreremo la memoria furono i primi – bambini anch’essi – ad essere martirizzati da un potere tanto tirannico quanto illegittimo, che proprio per questo doveva imporsi con la violenza, addirittura sui più piccoli e indifesi. Crudelis Herodes, Deum venire quid times?, recita l’inno dell’Epifania. Crudele Erode, perché temi il Dio che viene? Nuovi Erode, nel corso della Storia e soprattutto in questo tetro crepuscolo che segna il crollo della civiltà cristiana, hanno infierito e infieriscono sui piccoli, per crocifiggere ancora e ancora, nelle Sue membra, il Capo divino del Corpo Mistico.Sostieni Renovatio 21
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