Geopolitica
Continua la guerra diplomatica tra Mosca e il Nord Europa
La Russia ha espulso 10 rappresentanti dell’Ambasciata norvegese a Mosca e dell’Ufficio dell’addetto alla difesa il 26 aprile, dichiarandoli personae non gratae, dopo che Oslo aveva precedentemente accusato 15 diplomatici e impiegati russi dell’Ufficio dell’addetto militare e aveva ordinato loro di andarsene Norvegia il 13 aprile.
Il ministero degli Esteri russo ha convocato l’inviato norvegese Robert Kvile il 26 aprile per informarlo della decisione di Mosca e ha «protestato con forza» contro la precedente espulsione della Norvegia.
«Questo passo ostile ha ulteriormente aggravato la situazione nelle relazioni bilaterali, che sono già a un livello estremamente basso», ha affermato il ministero in una nota.
L’ambasciatore è stato anche informato che Mosca avrebbe adottato ulteriori misure in risposta alle «azioni ostili», comprese nuove restrizioni sull’«assunzione di cittadini russi reclutati localmente dalle missioni diplomatiche norvegesi».
La Svezia aveva anche espulso 5 diplomatici russi il 25 aprile per simili affermazioni di spionaggio, che seguirono sulla scia del giro di reciproche espulsioni tra Germania e Russia consumatesi lo scorso 22 aprile.
La portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova aveva confermato ai media nazionali il 22 aprile che più di 20 «diplomatici verranno rimandati a casa da ciascuna parte». La Germania aveva cercato di mantenere segreta la questione, ma aveva fatto trapelare alla stampa le incombenti espulsioni, ha aggiunto il ministero degli Esteri di Mosca.
All’inizio di aprile, diverse testate tedesche hanno riferito che la decisione era stata guidata personalmente dal ministro degli Esteri Annalena Baerbock, che voleva mandare a casa oltre 30 diplomatici russi.
Come riportato da Renovatio 21, la Baerbock, che ha studiato casualmente alla London School of Economics, davanti all’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa aveva letteralmente dichiarato guerra a Mosca: «stiamo combattendo una guerra contro la Russia, non fra di noi», aveva detto, e non si sa bene quanto si stesse rendendo conto di quel che andava proferendo (va ricordato che la Germania ha dichiarato guerra ai russi altre volte, e non è andata benissimo).
In un crescendo sempre più imbarazzante del ministro Verde filo-guerra a tutti i costi, la Baerbock aveva dichiarato a chiare lettere che sosterrà l’Ucraina anche se fosse contro il suo stesso elettorato: si tratta, decisamente, di una innovativa visione del concetto di mandato nella cosiddetta democrazia rappresentativa.
Come riportato da Renovatio 21, nell’ennesimo walzer di follie diplomatiche nordico-russe, in settimana la Finlandia aveva sequestrato un centro culturale russo (assieme alle case dei suoi dipendenti) per poi restituirlo nel giro di poche ore.
Immagine di LEMeZza via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 3.0 Unported (CC BY-SA 3.0)
Geopolitica
Turchia, effigie di Netanyahu appesa a una gru: «pena di morte»
Un’effigie raffigurante il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu è stata avvistata appesa a una gru edile nel Nord-Est della Turchia, suscitando forte indignazione in Israele.
Secondo la stampa turca, l’episodio si è verificato sabato in un cantiere nella città di Trebisonda, sul Mar Nero. L’iniziativa sarebbe stata organizzata da Kemal Saglam, docente di comunicazione visiva presso un’università locale. Saglam ha dichiarato ai media turchi che il gesto aveva un intento simbolico, volto a denunciare le violazioni dei diritti umani a Gaza.
Le immagini, diffuse viralmente e riportate anche dal quotidiano turco Yeni Safak, mostrano la figura sospesa alla gru, accompagnata da uno striscione con la scritta: «Pena di morte per Netanyahu».
Il ministero degli Esteri israeliano, tramite un post su X, ha condiviso un video dell’incidente, accusando un accademico turco di aver creato l’effigie «con il fiero sostegno di un’azienda statale». Il ministero ha condannato l’atto, sottolineando che «le autorità turche non hanno denunciato questo comportamento scandaloso».
Turkish academic creates model of hanged 🇮🇱PM Netanyahu, with a “Death Penalty” sign. Proudly aided by a state company.
Turkish authorities have not disavowed this disgraceful behavior.
In Erdoğan’s Turkey, hatred & antisemitism isn’t condemned. It’s celebrated. pic.twitter.com/19MALpzEEW
— Israel Foreign Ministry (@IsraelMFA) October 26, 2025
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Le autorità turche non hanno ancora fornito una risposta ufficiale.
I rapporti diplomatici tra Israele e Turchia sono tesi da anni e si sono ulteriormente deteriorati dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023. Il presidente Recep Tayyip Erdogan ha accusato Netanyahu di aver commesso un «genocidio» a Gaza.
La Turchia, unendosi agli altri Paesi che hanno portato il caso al tribunale dell’Aia, ha accusato Israele di aver commesso un genocidio a Gaza. Il presidente Recep Tayyip Erdogan in precedenza aveva definito il primo ministro Benjamin Netanyahu «il macellaio di Gaza», suggerendo a un certo punto – in una reductio ad Hitlerum che è andata in crescendo, con contagio internazionale – che la portata dei suoi crimini di guerra superasse quelli commessi dal cancelliere della Germania nazionalsocialista Adolfo Hitlerro.
Nel 2023 la Turchia ha richiamato il suo ambasciatore da Israele e nel 2024 ha interrotto tutti i rapporti diplomatici. Mesi fa Ankara aveva dichiarato che Israele costituisce una «minaccia per la pace in Siria». Erdogan ha più volte chiesto un’alleanza dei Paesi islamici contro Israele.
Come riportato da Renovatio 21, i turchi hanno guidato gli sforzi per far sospendere Israele all’Assemblea generale ONU. L’anno scorso il presidente turco aveva dichiarato che le Nazioni Unite dovrebbero consentire l’uso della forza contro lo Stato degli ebrei.
Un anno fa Erdogan aveva ventilato l’ipotesi che la Turchia potesse invadere Israele.
La Turchia ha avuto un ruolo attivo nei recenti negoziati per il cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi, con diversi rapporti che indicano come l’influenza di Ankara su Hamas abbia facilitato il rilascio degli ostaggi nell’ambito del piano in 20 punti del presidente statunitense Donald Trump.
Venerdì, Erdogan ha dichiarato alla stampa che gli Stati Uniti dovrebbero intensificare le pressioni su Israele, anche attraverso sanzioni e divieti sulla vendita di armi, per garantire il rispetto degli impegni presi nel piano di Trump.
Domenica, Netanyahu ha annunciato che Israele deciderà quali forze straniere potranno partecipare alla missione internazionale proposta per Gaza, prevista dal piano di Trump per garantire il cessate il fuoco. La settimana precedente, aveva lasciato intendere che si sarebbe opposto a qualsiasi coinvolgimento delle forze di sicurezza turche a Gaza.
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Immagine screenshot da Twitter; modificata
Droga
Trump punta ad attaccare le «strutture della cocaina» in Venezuela
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Geopolitica
Thailandia e Cambogia firmano alla Casa Bianca un accordo di cessate il fuoco
Cambogia e Thailandia hanno siglato un accordo di cessate il fuoco ampliato per porre fine a un violento conflitto di confine scoppiato a inizio anno. La cerimonia di firma, tenutasi domenica, è stata presieduta dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che aveva mediato la tregua iniziale.
Le tensioni storiche tra i due Paesi del Sud-est asiatico, originate da dispute territoriali di epoca coloniale, sono esplose a luglio con cinque giorni di scontri armati, che hanno spinto centinaia di migliaia di persone a fuggire dalla zona di confine. Un incontro ospitato dalla Malesia aveva portato a una prima tregua, segnando l’inizio della de-escalation.
Trump ha dichiarato di aver sfruttato i negoziati commerciali con entrambi i paesi per favorire una riduzione delle tensioni.
HISTORIC PEACE BETWEEN THAILAND & CAMBODIA.
President Trump and Malaysia’s Prime Minister Anwar Ibrahim hosted the Prime Ministers of Thailand and Cambodia for the signing of the ‘Kuala Lumpur Peace Accords’—a historic peace declaration. pic.twitter.com/BZRJ2b2KLY
— The White House (@WhiteHouse) October 26, 2025
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Durante il 47° vertice dell’ASEAN in Malesia, il primo ministro cambogiano Hun Manet e il primo ministro thailandese Anutin Charnvirakul hanno firmato l’accordo, che amplia la tregua di luglio.
Il documento stabilisce un piano per ridurre le tensioni e assicurare una pace stabile al confine, prevedendo il rilascio di 18 soldati cambogiani prigionieri da parte della Thailandia, il ritiro delle armi pesanti, l’avvio di operazioni di sminamento e il contrasto alle attività illegali transfrontaliere.
Dopo la firma, il primo ministro thailandese ha annunciato l’immediato ritiro delle armi dal confine e il rilascio dei prigionieri di guerra cambogiani, insieme a un’intesa commerciale congiunta. Il primo ministro cambogiano ha lodato l’accordo, impegnandosi a rispettarlo e ringraziando Trump per il suo ruolo, proponendolo come candidato al Premio Nobel per la Pace del prossimo anno.
Trump ha definito l’accordo «monumentale» e «storico», sottolineando il suo contributo e descrivendo la mediazione di pace come «quasi un hobby». Dopo la cerimonia, ha firmato un accordo commerciale con la Cambogia e un importante patto minerario con la Thailandia.
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