Economia
Collasso delle grandi banche a seguito della crisi energetica?
I salvataggi ora lanciati verso le grandi aziende europee potrebbero presto essere necessari alle banche.
Secondo un articolo di Bloomberg News intitolato «la BCE accelera il controllo della risposta delle banche alla crisi energetica», la Banca Centrale Europea avrebbe contattato le megabanche di Londra, Parigi e Francoforte per chiedere riguardo ai loro debiti aziendali.
«La Banca centrale europea sta intensificando le discussioni con i dirigenti delle banche sulla loro disponibilità a un potenziale aumento delle insolvenze delle società e un prosciugamento della liquidità del mercato energetico, in mezzo al peggioramento della situazione di stallo sulle forniture di gas russe» scrive Bloomberg.
«Il mese scorso l’organismo di vigilanza della Banca con sede a Francoforte ha scritto agli istituti di credito, dicendo loro di analizzare l’impatto di un’interruzione del gas sulle loro attività, secondo persone che hanno familiarità con la questione. Le risposte [delle banche] sono previste per metà settembre e le conversazioni di follow-up dovrebbero arrivare entro la fine di questo mese, hanno affermato persone che hanno chiesto di rimanere anonime poiché l’interazione non è pubblica»
«Le autorità di regolamentazione stanno spingendo banche per assicurarsi di disporre di riserve sufficienti per inadempienze sui prestiti, identificando i loro clienti più esposti e l’effetto sulle società che non sono direttamente interessate dalle ricadute dell’invasione russa dell’Ucraina».
Secondo Bloomberg, la BCE ha indagato ulteriormente sull’esposizione ai derivati sull’energia e sulle materie prime, «sebbene questo sia limitato a un numero minore di banche», cioè solo a quelle più grandi e interconnesse.
Le megabanche sono le controparti delle grandi aziende colpite sia nei prestiti a margine di queste ultime (soggetto della crisi di liquidità in questo momento), sia nella loro esposizione ai derivati. I dirigenti di JPMorgan Chase erano pubblicamente preoccupati per questo già a marzo e le richieste di margine sono molto più grandi ora.
Come riporta EIRN, «l’aumento molto rapido del debito aziendale globale dal 2017, da 60 trilioni a 85 trilioni di dollari secondo i dati della Federal Reserve, indica il potenziale di una crisi del sistema bancario e finanziario alla base dell’attuale apparente crisi di liquidità delle società di produzione e commercio di energia e materie prime».
Come riportato da Renovatio 21, banche come JP Morgan si stanno fisicamente attrezzando per spostarsi in caso di blackout in Europa.
Cina
La Cina supera il trilione di dollari di surplus commerciale
Per la prima volta, il surplus commerciale della Cina ha superato i mille miliardi di dollari nei primi 11 mesi del 2025. Mentre le esportazioni verso gli Stati Uniti sono diminuite di circa un terzo a causa dei dazi, le esportazioni verso Europa, Australia e Sud-est asiatico sono aumentate.
Gran parte di questa impennata è stata trainata dalla forte crescita dei beni high-tech, che ha superato del 5,4% l’aumento delle esportazioni complessive. Le esportazioni di automobili hanno registrato un boom, sostituendo Giappone e Germania in termini di quota di mercato. Le esportazioni di semiconduttori sono aumentate del 24,7% nello stesso periodo e le esportazioni di cantieristica navale sono aumentate del 26,8%.
Il canale all-news cinese CGTN ha pubblicato un articolo che attacca le narrative occidentali di «sovracapacità» o «dumping» come spiegazioni del boom delle esportazioni cinesi.
«Per i politici e i leader dell’industria occidentali, la questione non è come presentare la Cina come un rivale, ma come riconoscere le realtà strutturali che rappresenta. Comprendendo il surplus come parte del panorama economico globale, si apre l’opportunità di adattare le strategie, esplorare le complementarietà, promuovere la collaborazione e ricercare miglioramenti dell’efficienza che vadano a vantaggio di entrambe le parti».
Vari allarmi sulla tenuta dell’economia cinese erano stati lanciati negli ultimi anni.
Come riportato da Renovatio 21, la Cina, dopo la guerra dei dazi di Trump, è ancora impegnata in un conflitto con gli USA e i satelliti occidentali per i chip.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Economia
Hollywood al capolinea: Netflix vuole comprare Warner Bros
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Economia
L’ex proprietario di Pornhub vuole acquistare le attività del gigante petrolifero russo
Bernd Bergmair, l’ex proprietario di Pornhub, starebbe valutando l’acquisto delle attività internazionali del gigante petrolifero russo sanzionato Lukoil. Lo riporta l’agenzia Reuters, citando fonti riservate.
A ottobre, gli Stati Uniti hanno colpito Lukoil con sanzioni che hanno costretto la compagnia a dismettere le proprie partecipazioni estere, stimate in circa 22 miliardi di dollari. Lukoil aveva inizialmente accettato un’offerta del trader energetico Gunvor per l’intera controllata estera, ma l’operazione è saltata dopo che il Tesoro americano ha accusato Gunvor di legami con il Cremlino.
Secondo Reuters, Bergmair avrebbe già sondato il dipartimento del Tesoro statunitense per una possibile acquisizione. Interpellato tramite un legale, ha né confermato né smentito, limitandosi a dichiarare: «Lukoil International GmbH rappresenterebbe ovviamente un investimento eccellente; chiunque sarebbe fortunato a possedere asset del genere», senza precisare quali porzioni gli interessino o se abbia già contattato l’azienda. Un portavoce del Tesoro ha declinato ogni commento.
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Il finanziere austriaco è l’ex azionista di maggioranza di MindGeek, la casa madre di Pornhub, la cui identità è emersa solo nel 2021 dopo anni di strutture offshore. Il Bergmair ha ceduto la propria partecipazione nel 2023, quando la società è stata rilevata da un fondo canadese di private equity chiamato «Ethic Capital», nella cui compagine spicca un rabbino. Il patrimonio dell’uomo è stimato intorno a 1,4 miliardi di euro, investiti principalmente in immobili, terreni agricoli e altre operazioni private.
Il mese scorso, il Tesoro statunitense ha autorizzato le parti interessate a intavolare negoziati per gli asset esteri di Lukoil; l’approvazione è indispensabile poiché, senza licenza, ogni transazione resterebbe congelata. La finestra concessa scade il 13 dicembre.
Fonti giornalistiche indicano che diversi player, tra cui Exxon Mobil e Chevron, avrebbero manifestato interesse, ma Lukoil preferirebbe cedere il pacchetto in blocco, complicando le trattative per chi punta su singoli asset. L’azienda ha reso noto di essere in contatto con più potenziali acquirenti.
Mosca continua a condannare le sanzioni occidentali come «politiche e illegittime», avvertendo che finiranno per danneggiare chi le ha imposte». Il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha definito il caso Lukoil la prova che le «restrizioni commerciali illegali» americane sono «inaccettabili e ledono il commercio globale».
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Immagine di Marco Verch via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)
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