Persecuzioni
Chiese attaccate, cristiani incarcerati mentre infuria la guerra civile in Sudan
Un nuovo rapporto rivela che i cristiani continuano a essere presi di mira indiscriminatamente da entrambe le fazioni nella sanguinosa guerra civile sudanese. Lo riporta LifeSite.
La Commissione statunitense per la libertà religiosa internazionale (USCIRF) ha recentemente pubblicato un aggiornamento dei suoi dati sul Sudan, documentando lo stato della libertà religiosa nel Paese alla luce della guerra civile iniziata nell’aprile 2023.
«Gli attacchi indiscriminati alle chiese cristiane, ad esempio, sono stati una caratteristica ricorrente delle operazioni di entrambe le forze, costringendo alla chiusura di oltre 165 chiese e limitando gravemente le attività di molte altre», scrive l’USCIRF .
Le due forze a cui fa riferimento l’USCIRF sono le Forze Armate Sudanesi (SAF) e le Forze di Supporto Rapido (RSF), impegnate da oltre due anni in una sanguinosa guerra civile. I dati dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati indicano che oltre 12 milioni di persone sono state sfollate a causa del conflitto.
Mancano dati precisi, ma le stime ufficiali del governo statunitense stimano la popolazione sudanese intorno ai 49 milioni, con una forte maggioranza – il 91% – di musulmani sunniti. Solo il 5,4% è cristiano: questa percentuale comprende cattolici, ortodossi e protestanti.
Le stime sul numero di persone che si ritiene siano morte variano notevolmente, a causa delle condizioni sul campo che rendono difficile tale accertamento, oltre al fattore aggiuntivo delle numerose morti che sono la conseguenza indiretta dei combattimenti, dovute a fame e malattie. Entro maggio 2024, un inviato del governo statunitense stimava che fossero morte fino a 150.000 persone, ma si riteneva che tale cifra fosse molto più alta e da allora è aumentata.
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Sotto la presidenza di Joe Biden, il Dipartimento di Stato americano scrisse che sia la RST che la SAF avevano commesso crimini di guerra e, in seguito, che la RSF aveva commesso un genocidio.
In tutto questo, i cristiani e i loro luoghi di culto sono stati presi di mira: a quanto pare, senza riguardo. L’USCIRF ha evidenziato come la RSF si sia appropriata di una chiesa anglicana come base militare e abbia sfrattato coloro che vi si erano rifugiati, prima di incendiare una chiesa evangelica e poi attaccare una chiesa della Chiesa di Cristo sudanese, ferendone molte persone.
Il sentimento anticristiano delle due fazioni in guerra è stato particolarmente forte, poiché entrambe le parti hanno «sottoposto in particolare i cristiani a detenzioni sistematiche e arbitrarie in condizioni abominevoli».
Le condizioni sono così terribili che, secondo la ricerca dell’USCIRF, un numero imprecisato di prigionieri è morto a causa delle condizioni di vita.
Inoltre, per coloro che sono sfuggiti ai rastrellamenti e alla detenzione forzata, le condizioni rimangono gravi. Ad esempio, le SAF avrebbero impedito agli aiuti di raggiungere aree specifiche del Paese che ospitano importanti comunità di minoranze religiose ed etniche, come la regione dei Monti Nuba. Entrambe le parti in conflitto, ha scritto l’USCIRF, hanno iniziato a usare la distribuzione di pacchi di aiuti come arma, costringendo i cristiani a convertirsi all’Islam per ricevere gli aiuti tanto necessari.
Come risultato di questi attacchi ricorrenti simili, i cristiani in Sudan sono stati costretti, ha scritto l’USCIRF, a «adorare e portare avanti altre tradizioni in clandestinità come meccanismo di protezione dalle attenzioni indesiderate di entrambe le fazioni in guerra».
Prima dello scoppio dell’attuale violenza, papa Francesco si è recato in visita nel vicino Sud Sudan all’inizio del 2023 per invocare la pace e prendere parte a una serie di eventi ecumenici di alto livello con il prelato anglicano Giustino Welby.
Tuttavia i musulmani stessi non sono stati esenti da persecuzioni, sebbene la loro portata sia stata considerevolmente inferiore a quella perpetrata contro la popolazione cristiana sudanese. Sono stati effettuati attacchi armati contro le moschee per distruggerle, spesso con musulmani all’interno al momento dell’attacco, con conseguenti numerose vittime. Nel frattempo, musulmani in carcere sarebbero stati picchiati dalle guardie per «aver pregato senza permesso».
A giugno, un sacerdote cattolico è stato ucciso durante un attacco alla città di El Fasher da parte delle RSF. Nonostante l’intensità del conflitto, si ritiene che padre Luka Jomo sia solo il primo sacerdote cattolico ucciso a causa degli scontri.
Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACN) ha osservato che, come nel caso di Gaza, molti si sono rivolti alla Chiesa cattolica per ricevere assistenza e come luogo di rifugio fisico.
Ma nonostante le difficoltà immediate, le comunità religiose presenti in Sudan non hanno trascurato di promuovere la vita spirituale della Chiesa cattolica. Scrivendo nel giugno dello scorso anno, un sacerdote missionario salesiano ha descritto come la guerra abbia permesso alle persone di «avvicinarsi nel loro rapporto con Dio».
«Partecipano quotidianamente all’Eucaristia del mattino, al servizio del rosario e all’adorazione di mezz’ora del Santissimo Sacramento con la recita della coroncina alla Divina Misericordia la sera», ha commentato padre Jacob Thelekkadan a proposito della vita nel centro salesiano vicino a Khartoum.
Sebbene la guerra avesse inizialmente portato a una carenza di seminaristi, il vescovo Yunan Tombe della diocesi di El Obeid si è recentemente rallegrato per la presenza di 70 uomini in formazione e di sei prossimi all’ordinazione. «Divido il mio tempo tra la gente e Dio. Traggo forza dal Santissimo Sacramento e credo che questa sia la mia forza e la mia gioia», ha detto il vescovo, che è stato rapito dalle RSF e picchiato così duramente da essere lasciato per morto sul ciglio della strada.
Il Sudan, ha scritto l’USCIRF, è «trascinato in questa violenza brutale e prolungata, che rende i civili di tutte le comunità religiose profondamente vulnerabili e impedisce loro di praticare ed esprimere la propria religione o il proprio credo apertamente e liberamente».
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Come riportato da Renovatio 21, a inizio anno l’RSF aveva firmato una carta con gruppi politici e armati alleati per stabilire un «governo di pace e unità» – una sorta di governo parallelo del Paese.
Le stragi nel Paese non si contano. Quattro mesi fa si era consumato un orribile massacro a seguito di un attacco aereo ad un mercato. Settimane fa c’era stato un attacco ad un ospedale.
Come riportato da Renovatio 21, sei mesi fa le fazioni rivali sudanesi avevano interrotto i negoziati.
Il conflitto ha causato già 15 mila morti e 33 mila feriti. Le Nazioni Unite hanno descritto la situazione umanitaria in Sudan come una delle crisi più gravi al mondo. Mesi fa la direttrice esecutiva del Programma Alimentare Mondiale (WFP), Cindy McCain, aveva avvertito che la guerra di 11 mesi «rischia di innescare la più grande crisi alimentare del mondo».
Gli USA sono stati accusati l’estate scorsa di aver sabotato gli sforzi dell’Egitto per portare la pace in Sudan. La Russia negli scorsi mesi ha annunziato l’apertura di una base navale in Sudan.
Le tensioni in Sudan hanno portato perfino all’attacco all’ambasciata saudita a Karthoum, mentre l’OMS ha parlato di «enorme rischio biologico» riguardo ad un attacco ad un biolaboratorio sudanese.
Come riportato da Renovatio 21, il generale Abdel Fattah al-Burhan, leader de facto e capo dell’esercito della nazione africana dilaniata dalla guerra, due mesi fa è stato oggetto di un tentato assassinio via drone.
Il Paese è stato svuotato dei suoi seminaristi.
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Immagine del Sud Sudan 2010 di U.S. Institute for Peace via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC 2.0
Persecuzioni
L’ambasciatore di Trump all’ONU definisce la persecuzione dei cristiani nigeriani un «genocidio»
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Persecuzioni
Raddoppiati in un anno gli attacchi incendiari alle chiese europee
Un recente studio ha evidenziato un raddoppio degli attacchi incendiari contro le chiese in Europa nell’arco di un solo anno.
L’Osservatorio sull’intolleranza e la discriminazione contro i cristiani in Europa (OIDAC Europe), organizzazione non governativa con sede a Vienna, ha reso pubblico lunedì il suo rapporto annuale per il 2025, suonando l’allarme per l’escalation di violenze nei confronti dei cristiani sul continente.
In dettaglio, gli incendi dolosi mirati a chiese e altre strutture cristiane sono quasi raddoppiati nel 2024 rispetto al 2023, con un totale di 94 episodi registrati; la Germania guida la classifica con 33 casi, seguita da altri Paesi dove la Conferenza episcopale ha denunciato la rottura di «tutti i tabù» sul vandalismo ecclesiastico.
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Il documento conta complessivamente 2.211 reati d’odio anticristiani nell’anno in questione, tra cui 274 aggressioni dirette a individui; «Dietro questi numeri si nascondono atti concreti di vandalismo, incendi e percosse che impattano profondamente sulle comunità locali», ha commentato Anja Tang, direttrice dell’OIDAC Europe.
La Francia ha rilevato il picco più alto con 770 episodi, seguita dal Regno Unito (502), dalla Germania (337) e dall’Austria (116); questi crimini variano da imbrattamenti e danni a vetrate fino a omicidi, con un incremento preoccupante negli assalti alle persone nonostante un lieve calo complessivo rispetto al 2023.
Tra gli incidenti più eclatanti, l’OIDAC cita l’uccisione di un monaco settantaseienne in un assalto a un monastero spagnolo a Gilet, nonché l’omicidio di un fedele crivellato di colpi da militanti dell’ISIS durante la messa domenicale in una chiesa cattolica di Istanbul a gennaio 2024; altri esempi includono la quasi totale distruzione per incendio di una storica chiesa a Saint-Omer, in Francia.
Il rapporto denuncia inoltre le norme britanniche sulle «zone cuscinetto» intorno ai centri abortisti, che penalizzano persino la preghiera silenziosa per i non nati: emblematico il caso del veterano Adam Smith-Connor, condannato per aver pregato in una di queste aree.
L’OIDAC avverte che l’avanzata secolarizzazione genera spesso complicazioni giudiziarie per i cristiani che manifestano opinioni su matrimonio o identità di genere; «Le convinzioni tradizionali, come quella biblica sulla creazione dell’uomo e della donna l’uno per l’altra, rischiano di essere bollate come «discriminatorie» anche senza atti concreti, portando a indagini, sospensioni o esoneri dal lavoro», si legge nel testo.
I dati rivelano un sommerso significativo: sondaggi mostrano che la metà dei preti polacchi ha subito abusi nell’ultimo anno, mentre quasi il 50% dei giovani tedeschi percepisce un’ostilità diffusa verso i cristiani. «Quando metà del clero in una nazione a maggioranza cattolica è vittima di violenze, non si può più parlare di fenomeno marginale», ha sottolineato Tang.
Di fronte a questa persistente ondata di aggressioni, l’OIDAC Europe sollecita interventi a livello europeo, proponendo la creazione di un coordinatore UE dedicato ai crimini d’odio anticristiani – sul modello di quelli per antisemitismo e islamofobia – e l’adozione delle linee guida OSCE da parte degli Stati membri, con particolare urgenza per una registrazione sistematica degli episodi, ancora carente o assente in molti Paesi.
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La un tempo «cristianissima» Francia sta vivendo da anni un’impennata di chiese bruciate, a partire dalla sua cattedrale principale, Notre Dame a Parigi, dove il mistero continua: nel 2023 al mistero dell’incendio di Notre Dame si è aggiunta la storia del capo della ristrutturazione, Jean-Louis Georgelin, trovato morto vicino a un passo di montagna nel Sud-Est della Francia. Il decesso dell’uomo è stato definito come «incidente».
L’anno passato fa è stato il turno della cattedrale gotica di Rouen, andata a fuoco come tanti altri luoghi di culto, talvolta apertamente attaccati, talvolta finiti in fiamme senza che vi sia prova di dolo.
Il calcolo fatto è che la Francia stia perdendo un edificio religioso ogni due settimane. Al di là dell’anticristianismo piromanico, il mese la città di Parigi ha visto la profanazione di due chiese in appena tre giorni.
In India, un altro luogo in cui i roghi delle chiese sono meno misteriosi di quelli francesi, solo negli scorsi mesi sono stati bruciati più di 15 luoghi di culto cristiano, più una chiesa data alle fiamme a inizio di quest’anno. Chiese bruciate sono state registrate anche in Pakistan.
In Birmania l’esercito brucia regolarmente le chiese dei villaggi ritenuti ribelli. L’esercito della giunta si è distinto per far divorare dalle fiamme i luoghi del culto cattolico, cosa lamentata anche dagli arcivescovi locali. I militari birmani hanno incendiato la cattedrale di Bhamo solo cinque mesi fa.
Come riportato da Renovatio 21, un mese fa una chiesa ungherese è stata incendiata nella regione occidentale della Transcarpazia, in Ucraina. Sul muro i devastatori hanno scritto pure: «coltello agli ungheresi», che costituiscono la minoranza cattolica nell’area.
Il fenomeno delle chiese abbruciate in serie non riguarda solo l’Europa. Secondo calcoli statistici, sarebbe il Canada a guidare la classifica delle chiese bruciate nel mondo, con oltre 100 casi dalla primavera 2022. In un caso, la centinaria chiesa di Notre-Dame-des-Septs-Allégresses a Trois-Rivières, nel Quebecco, è stata data alle fiamme tre volte in una settimana. Mesi fa era stato filmato un uomo mascherato intento a cospargere di benzina la parrocchia del Santissimo Sacramento a Regina, nella provincia canadese del Saskatchewan.
Come riportato da Renovatio 21, una chiesa del Canada occidentale due mesi fa ha installato una recinzione di filo spinato per tener lontani i vandali anticattolici.
Tre mesi fa monsignor Carlo Maria Viganò riguardo alle chiese bruciate ha parlato di un «piano per cancellare la presenza cattolica nella società».
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Persecuzioni
Cisgiordania, la difficile sopravvivenza dell’ultimo villaggio cristiano
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Palestinesi in lockdown
Fouad Muaddi, trentatré anni, di origini palestinesi e colombiane, ha studiato all’Università di Bordeaux. Assistente dell’ambasciatore ecuadoriano, viaggia quotidianamente da Taybeh a Ramallah, una distanza di 18 chilometri. Ai posti di blocco dell’esercito israeliano, le attese sono interminabili e il passaggio incerto. A tutto questo si aggiunge un vero e proprio apartheid stradale : strade fatiscenti intersecate da tunnel bui per i veicoli palestinesi e strade aperte e ben tenute per gli israeliani. L’enclave in cui vive Fouad comprende sei villaggi. È stata istituita dopo l’attacco del 7 ottobre 2023. In questi territori isolati, i palestinesi devono costantemente giustificare la propria identità se vogliono spostarsi. È impossibile per loro avere una vita sociale, trascorrere una serata con amici lontani o visitare i parenti. Per costringere le famiglie a rientrare in queste enclave, i coloni attaccano le case situate all’esterno, espellendo le famiglie che vi abitano.Appropriazione di terreni
Nella chiesa latina di Cristo Redentore a Taybeh, padre Fawadleh’ Bashar, 38 anni, parroco, testimonia che «da giugno 2024 gli attacchi sono aumentati considerevolmente». «Ora, il terreno a est del villaggio è sotto costante attacco», spiega. Infatti, ogni mattina i coloni vengono a pascolare lì le loro mandrie di mucche, impedendo di fatto ai proprietari terrieri di accedere alle loro terre e di coltivarle. «I coloni, spesso armati, non danneggiano i familiari, ma la loro presenza danneggia gli ulivi», con conseguenze significative per l’economia locale, basata in gran parte sulla produzione di olio d’oliva, un prodotto di una certa reputazione. Il sacerdote teme il peggio per il raccolto di quest’anno. Le mucche sono diventate un «nuovo strumento di colonizzazione in un numero crescente» di villaggi in Cisgiordania, spiega la rivista Custody of the Holy Land Magazine. E di recente è emerso un altro tipo di aggressione: i coloni hanno appiccato il fuoco ai terreni dei residenti, proprio accanto alle loro finestre. Un incendio è scoppiato anche dietro la storica chiesa di San Giorgio el-Khader , risalente al V secolo, la chiesa più antica di Taybeh.Aiuta Renovatio 21
Combattere l’inesorabile esilio
Per evitare il peggio – di fronte agli attacchi diffusi e diurni dei coloni – alcuni leader della comunità non hanno altra scelta che suggerire un esodo di massa. «Quest’anno, su una popolazione di circa 1.500 persone, una decina di famiglie sono fuggite. È una vera piaga», lamenta padre Bashar. Per mitigare questo fenomeno, il sacerdote e i suoi colleghi hanno avviato iniziative concrete per rivitalizzare la comunità. «Siamo riusciti a creare oltre 40 posti di lavoro per la comunità, nonostante le difficoltà che affrontiamo, grazie ai donatori e al lavoro del Patriarcato Latino di Gerusalemme. Questi posti di lavoro forniscono impiego presso la scuola e la casa di riposo affiliata alla parrocchia». «Abbiamo anche creato una stazione radio online, con più di sette posti di lavoro fissi, e aperto una pensione intitolata a Charles de Foucauld». Inoltre, ci sono un’accademia musicale, una squadra di calcio e corsi di danza e folklore palestinese. Un anno fa, il Patriarcato Latino di Gerusalemme e la parrocchia di Taybeh hanno acquisito un terreno contenente una casa non finita, con l’obiettivo di avviare un progetto abitativo per giovani famiglie, al fine di limitare l’emigrazione rurale. «Se l’iniziativa avrà successo, questo progetto consentirà inizialmente il completamento di cinque case». «Poi, in una seconda fase, inizierà la costruzione di 15 appartamenti. Queste case sono destinate alle famiglie che stanno pensando di emigrare. Stiamo lavorando per raccogliere fondi per completare questi progetti. Nonostante le difficoltà accumulate negli ultimi tre anni, speriamo di mantenere viva la fiamma della speranza per Taybeh e la comunità di Terra Santa». Taybeh ha tre parrocchie: la chiesa greco-ortodossa di San Giorgio, la chiesa greco-melchita cattolica di San Giorgio e la chiesa latina di Cristo Redentore, costruita nel 1860, oltre alla canonica. Nel 1888, padre Charles de Foucauld visitò la parrocchia latina di Taybeh. Gesù vi si rifugiò prima della sua Passione; il Vangelo di Giovanni ne fa riferimento (Gv 11, 54). Taybeh era allora conosciuta come Efraim. Articolo previamente apparso su FSSPX.NewsIscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
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