Come riportato da Renovatio 21, alcuni scienziati israeliani avrebbero creato il primo «embrione sintetico» al mondo coltivato in laboratorio utilizzando solo cellule staminali (e non gameti, cioè cellule sessuali) senza passare per l’utero.
Si tratta di un evento decisamente rivoluzionario per la scienza e per la società, che potrebbe aprire una volta per tutte una nuova porta della riprogenetica. Il fatto, quindi, ha inevitabilmente riacceso un intenso dibattito etico.
Guidato dal genetista molecolare Joseph Hanna, il team di ricercatori del Wizemann Institute of Science di Israele è riuscito a creare un «embrione» di topo sintetico in un laboratorio senza ovuli fecondati e pure senza utero, così da poter anche intravedere cosa accade nelle prime fasi anche della gravidanza umana.
Questo nuovo modello di embrione, come dettagliato nell’articolo del team pubblicato alcuni giorni fa sulla rivista Cell, è stato in grado di imitare tutte le caratteristiche di un primo corpo, «compresi i precursori di cuore, sangue, cervello e altri organi» così come «le cellule di “supporto” come quelle che si trovano nella placenta e in altri tessuti necessari per stabilire e mantenere una gravidanza», come ha scritto la ricercatrice sulle cellule staminali dell’Università di Melbourne, Megan Munsie, una scienziata non coinvolta nella ricerca, in un pezzo per il sito universitario americano The Conversation.
«Questa è una fase cruciale: negli esseri umani, molte gravidanze si perdono in questa fase e non sappiamo davvero perché», ha scritto la Munsie. «Avere modelli fornisce un modo per capire meglio cosa può andare storto e possibilmente intuizioni su ciò che potremmo essere in grado di fare al riguardo».
Il modello embrionale è però sopravvissuto solo a otto dei venti giorni del ciclo embrionale del topo. Ciò costituisce uno svantaggio critico che, visto l’obiettivo dichiarato di Renewal Bio, la startup fondata dal professor Hanna per finanziare commercialmente questa ricerca.
Il fine della startup sarebbe quello sviluppare cellule staminali umane sintetiche nel tentativo di «risolvere» le crisi della salute umana, un traguardo della scienza che secondo gli esperti non sarà pronto prima di qualche decennio.
In breve, Bio Renewal vuole creare versioni allo stadio embrionale di esseri umani in modo da raccogliere tessuti per i trapianti.
I critici che hanno parlato con la testata del politecnico bostoniano MIT Technology Review hanno affermato che non era il momento di parlare della creazione di embrioni umani sintetici, soprattutto considerando il contesto politico più ampio e le controversie che circondano la ricerca.
«Non è assolutamente necessario», ha detto alla rivista Nicolas Rivron, scienziato delle cellule staminali dell’Istituto di biotecnologia molecolare di Vienna, «quindi perché farlo?».
«Gli embrioni umani sintetici non sono una prospettiva immediata», ha detto al Guardian James Briscoe del Francis Crick Institute di Londra in risposta alla nuova ricerca.
«Sappiamo meno sugli embrioni umani rispetto agli embrioni di topo e l’inefficienza degli embrioni sintetici di topo suggerisce che tradurre i risultati in esseri umani richiede un ulteriore sviluppo», ha aggiunto.
Sembra che la maggior parte concorda sul fatto che è troppo presto per iniziare a parlare seriamente dell’etica degli embrioni umani sintetici, ma è comunque un passo in quella direzione.
Renovatio 21 aveva riportato lo studio del medesimo team israeliano su embrioni di topo cresciuti nell’utero artificiale lo scorso anno.
Come ripetuto da Renovatio 21, l’ectogenesi – l’utero artificiale – è una tecnica riprogenetica oramai in dirittura d’arrivo .
Secondo teorie gender e femministe, l’utero artificiale aprirà ad una una corposa possibilità di distruzione biologica del patriarcato.
Come scrive Elisabetta Frezza nel libro Malascuola, per la teorica Shulamith Firestone, femminista lesbica suicida nel 2012, il sessismo, così come l’intero sistema di oppressione che vi fa capo, si radica nel modo in cui si configura in natura la riproduzione umana: la schiavitù della donna passa per i suoi «specifici legami con la riproduzione biologica e l’allevamento dei bambini».
Per liberarsi del sistema dei sessi, scrive la femminista suicida, bisgona operare non solo sul piano simbolico, ma anche su quello biologico approfittando del progresso tecnologico.
«Il fine ultimo della rivoluzione femminista deve essere […] non solo l’eliminazione dei privilegi maschili, ma la stessa distinzione in sessi», e la chiave per raggiungere questo risultato è il controllo della riproduzione, capace di liberare le donne dal peso di far nascere i figli» scrive la Firestone.
Quindi, il femminismo deve essere tecnofilo, almeno per ciò che concerne l’atto di mettere al mondo altri esseri umani.
«Se la riproduzione della specie venisse rimpiazzata dalla riproduzione artificiale, i bambini nascerebbero uguali di entrambi i sessi, o indipendenti da questo fattore» e «la tirannia della famiglia biologica sarebbe finalmente spezzata».
Da lì, si proseguo verso l’abisso.
«Il tabù dell’incesto – continua la Firestone – attualmente serve solo a preservare la famiglia: se ci sbarazzassimo della famiglia ci sbarazzeremmo anche delle repressioni che vedono la sessualità posta in formazioni specifiche».
La depravazione terminale, ricordiamolo, passa attraverso la biotecnologia riproduttiva.
Topo dopo topo, esperimento dopo esperimento, stiamo correndo in quella direzione.
Immagine di Nguyen Tan Tin via Elifescience.org pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 2.0 Generic (CC BY-SA 2.0)