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Cani clonati, World Economic Forum, sesso tantrico, Israele. Chi è il nuovo presidente argentino Javier Milei?

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L’economista libertario Javier Milei ha sconfitto il ministro dell’Economia Sergio Massa per diventare presidente eletto dell’Argentina.

 

Milei ha sconfitto Massa con quasi il 56% contro il 44% dei voti al ballottaggio di domenica, nonostante i sondaggi pre-elettorali lo mostrassero con un sottile vantaggio sul ministro dell’Economia, e Massa ha vinto il 36% dei voti contro i 30/ di Milei al primo turno.

 

Le proposte economiche di Milei sono radicali, ma la vita personale del leader populista – dalla sua passione per il «sesso tantrico» ai suoi cani (definiti «bambini a quattro zampe») clonati negli USA suscita più di qualche timore.

 

Milei è un nuovo arrivato in politica, formando la coalizione La Libertad Avanza (LLA) nel 2021 e vincendo le elezioni alla Camera dei Deputati argentina quello stesso anno.

 

La sua campagna del 2021 ha offerto un’anteprima di ciò che sarebbe seguito nella campagna presidenziale di quest’anno, con Milei che ha denunciato i suoi rivali di sinistra come «parassiti inutili che non hanno mai lavorato», promettendo di «cacciare questi criminali».

 

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Prima di entrare nell’arena politica, Milei era considerato un economista e scrittore di una certa rilevanza, ma era noto soprattutto come ospite abituale di dibattiti televisivi, dove si dimostrava oratore assai combattivo facente spesso uso di invettive sboccate contro i suoi avversari, per esempio riferendosi tristemente al sindaco di Buenos Aires Horacio Rodriguez Larreta come a un «disgustoso pezzo di merda» e al governatore della provincia di Buenos Aires come a un «nano diabolico».

 

La sinistra ha dominato la politica argentina per più di mezzo secolo, con i candidati peronisti – come Massa – che hanno vinto 10 elezioni su 13 a cui hanno potuto partecipare dal 1946. Dalla fine della dittatura militare argentina nel 1983, i peronisti hanno quindi mantenuto il potere per più di cinquant’anni. complessivamente 28 anni.

 

Nell’ultimo decennio, l’inflazione è salita quasi al 150%, il numero di argentini che vivono in povertà è salito al 40% e il peso, la valuta nazionale argentina, è sceso al minimo storico rispetto al dollaro USA. Con Massa indissolubilmente legato a questo declino, gli analisti hanno affermato che molti elettori normalmente di sinistra si sono schierati con Milei, vedendolo come un fornitore di terapia shock in grado di rivitalizzare un’economia indebolita.

 

Milei si descrive come un «anarco-capitalista», sostenitore del libero mercato e vedendo l’intervento del governo nell’economia come una violazione della libertà personale. Durante la sua campagna, Milei brandiva regolarmente una motosega, un esempio drammatico delle sue promesse di tagliare la spesa sociale, chiudere la banca centrale del paese e ridurre di oltre la metà il numero dei ministeri.

 

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Milei ha anche promesso di eliminare i controlli sui capitali, di porre fine alla protezione governativa delle industrie nazionali e, infine, di abbandonare il peso a favore del dollaro USA.

 

Famoso per la sua capigliatura brit-pop e la sua tendenza a cantare durante le manifestazioni politiche, il Milei è stato dipinto dai media più come una «rock star» che come un politico convenzionale. Milei ha fatto poco per dissipare questa immagine, vantandosi del suo passato di «istruttore di sesso tantrico» durante un’apparizione in un talk show nel 2020.

 

«Posso stare senza eiaculare per tre mesi» aveva dichiarato nel 2018.

 

 

 

In un’altra occasione, sempre in una trasmissione TV argentina, ha raccontato delle sue esperienze di «sesso a tre».

 

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Milei non è mai stato sposato e vive con cinque mastini inglesi, che aveva clonato da un cane ormai deceduto di nome Conan, in onore di Conan il Barbaro. Il nuovo presidente ha descritto i cani da 200 libbre come i suoi «figli a quattro zampe» e, secondo il suo biografo non ufficiale, Juan Luis Gonzalez, usa un sensitivo per consultare il defunto cane Conan ed ottenerne consigli politici.

 

 

Incalzato da un giornalista, Milei ha detto che «quello che faccio nella mia vita spirituale e nella mia casa sono affari miei. Se Conan mi consiglia in politica, vuol dire che è il miglior consulente dell’umanità».

 

Nel 2022 Milei in un comizio a Cordoba iniziò a parlare del defunto fido Conan al tempo presente, come se di fatto fosse ancora vivo. L’uomo ad un certo punto scoppiò a piangere.

 

 

Milei non disdegna anche di travestirsi da supereroe, apparendo in numerosi eventi comic con in Argentina vestito da “Generale AnCap”, un personaggio di sua creazione il cui scopo sulla Terra, è quello di «prendere a calci nel culo i keynesiani e i collettivisti».

 

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Lo status di outsider, la piattaforma populista e l’uso dell’insulto libero lo hanno fatto paragonare all’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Come Trump, Milei si è divertito a sconvolgere i potenti, riservando la sua retorica più sprezzante a coloro che percepisce come «comunisti».

 

In varie occasioni si è riferito a papa Francesco come a un «gesuita che promuove il comunismo» e usando anche parole scatologiche. In un’intervista con il giornalista americana Tucker Carlson aveva accusato il concittadino Bergoglio come uno che «sta dalla parte delle dittature sanguinarie».

 

Milei ha definito il cambiamento climatico una «menzogna neo-marxista” e ha minacciato di interrompere le relazioni diplomatiche con la Cina “comunista” e Brasile.

 

Inoltre, nel contesto della continua invasione di Gaza da parte di Israele, domenica Milei ha dichiarato al Times of Israel di aver «espresso con enfasi» il sostegno all’esercito israeliano e di voler spostare l’ambasciata argentina nello stato ebraico da Tel Aviv a Gerusalemme.

 

Aveva suscitato attenzione quando, durante un evento elettorale massivo a Rosario, aveva sventolato felice la bandiera Israeliana.

 

 

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Come riportato da Renovatio 21, Milei, che è consigliato da un rabbino, ha dichiarato di volersi convertire all’ebraismo. Alcuni giornali argentini hanno ipotizzato come alcuni rabbini potrebbero averlo messo in contatto con l’oligarcato ebraico-argentino, con figure di affaristi miliardari – tutti devotamente filo-israeliani e filantropicamente attivi nelle cause ebraiche – che di fatto in precedenza sostenevano il governo della Kirchner, contro il quale lo stesso Milei si scaglia con la sua coprolalica veemenza.

 

È stata riportata la passata partecipazione di Milei ad eventi organizzati dal World Economic Forum, come ne caso del Forum economico mondiale sull’America Latina a Panama City 2014, dove i capelli apparivano meno studiati e lo sguardo meno teatrale. In quell’occasione, il futuro presidente partecipò in un panel intitolato «Investire nel capitale umano» assieme a esperti di cibersicurezza sudamericani.

 

Il nome del Milei campeggia ancora sul sito ufficiale del WEF – in genere, come abbiamo visto, attento a cancellare presenze sgradite – sotto la categoria «persone». Anzi, c’è da notare che la definizione sotto il suo nome è stata aggiornata a «presidente eletto». Un giro veloce con sugli archivi internet della Waybackmachine mostra che fino al 20 novembre, cioè a scrutini quasi finiti, il Milei sul sito del WEF era definito come «Capo economista, Corporacion America Internacional», e, dato interessante, anche la foto era diversa: invece di un’immagine scontornata con il capello stile Beatles (trademark della sua ascesa al potere) qui appare in una triste fototessera con taglio e pettinatura abbastanza comuni.

 

Come dire: il grande ente di Klaus Schwab ha preso decisamente nota, e attendiamo di vedere se, come già successo per altri (per esempio, apertamente, per Trudeau e vari membri del gabinetto di governo canadese) lo Schwab rivendicherà di aver «penetrato» (parole sue) anche la Casa Rosada.

 

Secondo il quotidiano Evening Standard, Milei «appartiene sia al World Economic Forum che al B20, il gruppo di politica economica della Camera di commercio internazionale. In una posizione precedente, è stato il principale economista e consulente finanziario dell’imprenditore Eduardo Eurnekian presso una società privata».

 

In un continente dominato da leader di sinistra, l’elezione di Milei è stata accolta con risposte contrastanti. In un messaggio post-elettorale sui social media, il presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva ha rifiutato di menzionare Milei per nome, scrivendo che «la democrazia è la voce del popolo e deve essere sempre rispettata». Il presidente colombiano Gustavo Petro ha descritto la vittoria di Milei come «triste per l’America Latina».

 

Donald Trump, invece, ha dichiarato di essere «molto orgoglioso» di Milei, e che il presidente eletto «renderà davvero l’Argentina di nuovo grande».

 

In un post simile sui social media, l’ex presidente di destra del Brasile, Jair Bolsonaro, ha dichiarato che «la speranza splende di nuovo in Sud America».

 

Ad ogni modo, l’elezione di Milei mostra una volta di più, in Argentina come in Italia e altrove, l’assoluta inesistenza oggi di un voto cattolico.

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Immagine di World Economic Forum via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-ShareAlike 2.0 Generic (CC BY-NC-SA 2.0)

 

 

 

 

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Elezioni in Bolivia, il Paese si sposta a destra

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Domenica si è svolto in Bolivia il ballottaggio per le elezioni presidenziali, che ha visto contrapporsi due candidati di destra: il senatore centrista Rodrigo Paz Pereira e l’ex presidente conservatore Jorge Quiroga.   I risultati preliminari indicano che Paz ha ottenuto il 54,6% dei voti, mentre Quiroga si è fermato al 45,4%. Sebbene sia prevista un’analisi manuale delle schede, è improbabile che il risultato definitivo differisca significativamente dal conteggio iniziale, basato sul 97% delle schede scrutinate.   Le elezioni segnano la fine del ventennale dominio del partito di sinistra Movimiento al Socialismo (MAS), che ha subito una pesante sconfitta nelle elezioni di fine agosto. Il presidente uscente Luis Arce – che ha recentemente accusato gli USA di controllare l’America latina sotto la maschera della «guerra alla droga» – non si è ricandidato, e il candidato del MAS, il ministro degli Interni Eduardo del Castillo, ha raccolto solo il 3,16% dei voti, superando di poco la soglia necessaria per mantenere lo status legale del partito.

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Nel primo turno, la destra ha dominato: Paz ha ottenuto il 32,1% dei voti e Quiroga il 26,8%. Il magnate di centro-destra Samuel Doria Medina, a lungo favorito nei sondaggi, si è classificato terzo con il 19,9% e ha subito appoggiato Paz per il ballottaggio.   Entrambi i candidati hanno basato la loro campagna sullo smantellamento dell’eredità del MAS, differendo però nei metodi. Paz ha promesso riforme graduali, mentre Quiroga ha sostenuto cambiamenti rapidi, proponendo severe misure di austerità per affrontare la crisi.   Il MAS non si è mai ripreso dai disordini del 2019, quando l’ex presidente Evo Morales fu deposto da un colpo di Stato subito dopo aver ottenuto un controverso quarto mandato. In precedenza, Morales aveva perso di misura un referendum per modificare la norma costituzionale che limita a due i mandati presidenziali e vicepresidenziali. Più di recente, Morales ha accusato tentativi di assassinarlo ed è entrato in sciopero della fame, mentre i suoi sostenitori hanno dato vita ad una ribellione. Il Morales, recentemente accusato anche di stupro (accuse che lui definisce «politiche»), in una lunga intervista aveva detto che dietro il suo rovesciamento nel 2019 vi erano «la politica dell’impero, la cultura della morte» degli angloamericani.   Il colpo di Stato portò al potere la politica di destra Jeanine Áñez, seconda vicepresidente del Senato. Tuttavia, il MAS riconquistò terreno nelle elezioni anticipate dell’ottobre 2020, mentre Áñez fu incarcerata per i crimini commessi durante la repressione delle proteste seguite al golpe.

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Il passaggio storico è stato definito da alcuni come la prima «guerra del litio», essendo il Paese ricco, come gli altri Stati limitrofi, della sostanza che rende possibile la tecnologia di computer, telefonini ed auto elettriche.   Come riportato da Renovatio 21, un tentato colpo di Stato vi fu anche l’anno scorso quando la polizia militare e veicoli blindati hanno circondato il palazzo del governo nella capitale La Paz.   Sotto il presidente Arce la Bolivia si era avvicinata ai BRICS e aveva iniziato a commerciare in yuan allontanandosi dal dollaro.

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Sarkozy sarà messo in cella di isolamento

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L’ex presidente francese Nicolas Sarkozy, riconosciuto colpevole di associazione a delinquere per ottenere fondi illeciti per la sua campagna elettorale del 2007, sconterà la pena in isolamento, secondo quanto riportato dall’AFP.

 

Il 25 settembre, un tribunale parigino ha condannato Sarkozy, 70 anni, a cinque anni di carcere per un complotto del 2005 volto a ottenere finanziamenti segreti dal leader libico Muammar Gheddafi. Il tribunale ha stabilito che, in cambio dei fondi, Sarkozy si sarebbe impegnato a migliorare la reputazione internazionale della Libia. Il giudice, sottolineando la «gravità eccezionale» del crimine, ha disposto l’incarcerazione immediata, anche in caso di appello.

 

Presidente della Francia dal 2007 al 2012, Sarkozy è il primo ex capo di Stato di un Paese membro dell’UE a essere incarcerato. La sua detenzione inizierà martedì.

 

Domenica, l’AFP ha riferito fonti del carcere parigino di La Santé, secondo cui Sarkozy sarà probabilmente confinato in una cella di nove metri quadrati nell’ala di isolamento, per limitare i contatti con altri detenuti.

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Sarkozy ha definito il verdetto un’«ingiustizia», ribadendo la propria innocenza. I suoi legali hanno presentato ricorso e intendono richiedere la conversione della pena in arresti domiciliari una volta iniziata la detenzione.

 

L’inchiesta è partita nel 2013, dopo le dichiarazioni del 2011 di Saif al-Islam, figlio di Gheddafi, secondo cui il padre avrebbe versato circa 50 milioni di euro (54,3 milioni di dollari) per la campagna di Sarkozy.

 

Sarkozy ha avuto un ruolo chiave nell’intervento NATO che ha portato alla caduta e all’uccisione di Gheddafi nell’ottobre 2011 da parte di gruppi armati antigovernativi.

 

In precedenza, l’ex presidente era stato condannato in due casi separati per corruzione, traffico di influenze e finanziamento illecito di campagne elettorali, scontando in entrambi i casi gli arresti domiciliari.

 

Sarkozy è stato privato pure della Legion d’Onore, la più alta onorificenza statale di Francia. Nelle accuse era finita, ad un certo punto, anche la moglie Carla Bruni.

 

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Immagine di UMP via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-ND 2.0

 

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Netanyahu intende candidarsi per un altro mandato

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Benjamin Netanyahu, il primo ministro israeliano con il mandato più lungo, ha annunciato che si candiderà nuovamente alle elezioni parlamentari di novembre 2026. Durante il suo recente incarico, ha affrontato critiche e apprezzamenti per la controversa riforma giudiziaria, la gestione della crisi degli ostaggi di Hamas e la guerra a Gaza.   In un’intervista rilasciata sabato a Channel 14, Netanyahu ha confermato la sua intenzione di correre per un nuovo mandato, dichiarandosi fiducioso nella vittoria. Leader del partito di destra Likud, ha guidato il governo dal 1996 al 1999 e dal 2009 al 2021, tornando al potere nel dicembre 2022 dopo il collasso della coalizione di governo.   Netanyahu ha rivendicato di essere «l’unico in grado di garantire la sicurezza di Israele», sottolineando i suoi legami con il presidente USA Donald Trump. Ha adottato una linea dura contro Hamas e ha condotto una guerra aerea di 12 giorni contro l’Iran a giugno.

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Attualmente sotto processo per tre accuse di corruzione, dalle quali si difende negando ogni addebito, Netanyahu ha anche promosso una riforma per limitare i poteri della Corte Suprema, suscitando proteste di massa.   Come noto, le proteste contro Netanyahu, che si sospettava fossero organizzate con spinte dei servizi e pure dell’amministrazione Biden erano arrivate persino a circondare casa sua, sono immediatamente cessate dopo il 7 ottobre. Tuttavia, altre proteste si sono susseguite a partire dai famigliari degli ostaggi, la gestione dei quali da parte del governo USA è stata duramente criticata.   Come riportato da Renovatio 21, ad un evento di piazza per il rilascio degli ostaggi la folla ha fischiato il nome di Netanyahu inneggiando poi a Donald Trump.   Un recente sondaggio di Channel 12 indica che, se le elezioni si tenessero oggi, il Likud conquisterebbe 72 seggi, confermandosi il partito più forte nella Knesset. La sua popolarità è cresciuta dopo il cessate il fuoco con Hamas, mediato a livello internazionale, e il rilascio degli ostaggi.  

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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