Eutanasia
Aridatece Medea

«Il male mi vince. Conosco il misfatto che sto per compiere. Ma il furore dell’animo che spinge i mortali alle più grandi colpe è più forte di me in ogni altro volere».
Il genio tragico di Euripide, era il 431 a.C., scolpiva, con Medea, il prototipo eterno della madre snaturata che, trascinata in un groviglio inestricabile di ossessioni profonde e passioni violente, arriva a compiere l’«atto orrendo» di uccidere i propri figli. Dilaniata tra la furia omicida e rigurgiti insopprimibili di istinto materno, Medea medita la più disumana vendetta nei confronti dello sposo Giasone, «traditore e spergiuro». Vuole farlo soffrire nel modo più tremendo per riparare all’ingiustizia che si è consumata ai suoi danni – e ai danni di una società intera – sotto la maschera di perbenismo ipocrita dei senza-dio disposti, per brama di potere, a violare persino i sacri giuramenti, come quello che suggella il vincolo sponsale e il dono reciproco della vita.
«Dove è andata la fede nel giuramento agli dei? Credi che gli dei di allora non regnino più, che nuove leggi siano state istituite tra gli uomini?», chiede Medea a Giasone fedifrago.
Non c’è nulla della profonda umanità snaturata di Medea nella madre olandese che ha tenuto la mano alla figlia mentre questa si lasciava morire nel salotto di casa attrezzato per una confortevole agonia, con il supporto delle maestranze sanitarie specializzate a eliminare di torno ogni dolore
«Armati, mio cuore! – grida a se stessa – Perché aspettare, se necessità vuole, che l’eccidio orrendo si compia? E dunque, sciagurata mano, prendi la spada, prendi la spada e vai, salta la sbarra, di là una vita di dolore ti si apre davanti! Non ti vinca viltà, non ricordare che sono i tuoi figli e amatissimi figli e da te generati… Dimentica! Almeno per questo breve istante del giorno dimentica… e poi… piangi! Sì tu li ucciderai, ed erano i tuoi figli diletti… Oh la disgraziata madre ch’io sono!».
Medea, madre assassina per antonomasia, donna contorta e fedele, acuta e passionale, inafferrabile e diabolica, agisce in preda a un demone invincibile e muove intorno a sé un dramma che strabocca di selvaggia tragicità. Euripide spinge la tensione ai suoi limiti estremi per ottenere nel pubblico l’esito purificatore che è la cifra del teatro greco: la catarsi.
Non c’è nulla della profonda umanità snaturata di Medea nella madre olandese che ha tenuto la mano alla figlia mentre questa si lasciava morire nel salotto di casa attrezzato per una confortevole agonia, con il supporto delle maestranze sanitarie specializzate a eliminare di torno ogni dolore. Soprattutto, non è prevista alcuna catarsi dopo la messa in scena dell’agghiacciante suicidio di una creatura acerba, assistita da genitori, parenti, camici bianchi, follower e fan assortiti.
Le medee arcaiche sono vittime tragiche del lato oscuro della femminilità, fatto di dolore e di ardore indomabili. Le madri olandesi del terzo millennio sono gelide esecutrici dell’assassinio filiale burocratico e sterilizzato. Medea deve mostrare a un popolo a quale epilogo devastante può portare il dominio incontrollato delle passioni. La mamma di Noa è una “neomadre”, mostro amorevole che si prende cura delle vacue pulsioni di morte dei figli.
Gli antichi avrebbero ancora molto da insegnarci. Ma nessuno più insegna gli antichi, in-utili agli umanoidi del fare e dell’apparire in via di fabbricazione nelle “agenzie educative”, svuotati di spirito e insufflati di materia stupefacente per esigenze superiori.
Gli instancabili promotori della dolce morte hanno in consegna un’agenda precisa da realizzare a beneficio della massa molle e instupidita: spaccare del tutto il guscio protettivo della famiglia, cambiare il software dell’amore filiale, paterno, materno, maritale, far sì che siano le madri a uccidere i figli più deboli e i figli le madri indebolite dalla vita
Intanto, gli instancabili promotori della dolce morte hanno in consegna un’agenda precisa da realizzare a beneficio della massa molle e instupidita. Il capolavoro in programma è quello di riuscire a spaccare del tutto il guscio protettivo della famiglia, cambiare il software dell’amore filiale, paterno, materno, maritale: far sì che siano le madri a uccidere i figli più deboli e i figli le madri indebolite dalla vita: per amore, solo per amore.
Ma la vicenda di Noa, forse, è troppo perfino per il barbaro collettivo dei social e dei talk show e lo ha inaspettatamente spiazzato. Se ne sono accorti i nocchieri della comunicazione di regime, che infatti stanno tentando di incasellare l’evento e si vede bene che hanno perso il controllo della notizia. In effetti, la morte “voluta” e aiutata (da tutti quelli che avrebbero dovuto evitarla) di una bella ragazzina bionda diciassettenne non è un buono spot per l’eutanasia prossima ventura che, su mandato dei giudici, i rappresentanti del popolo debbono propinarci al più presto. Bisogna darci dentro con le precisazioni e i distinguo per tranquillizzare la gente smarrita, rassicurare le mamme nostrane, ancora in parte riottose a trasformarsi in non-mamme sintetiche, che la figlia anoressica non ha ancora il permesso ufficiale di andare ad ammazzarsi da sola senza prima avvisarle.
Come se a qualcuno, in mezzo a questo scenario distopico, importasse davvero qualcosa delle definizioni, e la pantomima montataci attorno – se eutanasia attiva, eutanasia passiva, suicidio assistito, statale o domestico – cambiasse la sostanza delle cose. Un’etichetta vale l’altra e una legge vale l’altra: portano tutte allo stesso identico risultato. Il succo della storia è altrove: ai coetanei di Noa non interessa il nome da dare alla sua morte. Ai coetanei di Noa il messaggio arriva dritto e chiarissimo: uccidetevi per lo spleen e avrete la gloria. Postuma, ma chissenefrega, nel mondo virtuale della fiction perenne non si vede più un confine tra la vita, l’alienazione e la morte.
Ai coetanei di Noa il messaggio arriva dritto e chiarissimo: uccidetevi per lo spleen e avrete la gloria. Postuma, ma chissenefrega, nel mondo virtuale della fiction perenne non si vede più un confine tra la vita, l’alienazione e la morte
La piccola Noa si è disegnata con maestria teleguidata la propria figurina da esporre sulla ribalta mediatica. Lo stupro, l’anoressia, il best seller, la vita indegna e il suicidio dignitoso. Si è ritagliata addosso, eterodiretta da un esercito assortito e sinistro, il mito di se stessa e lo ha lanciato sul mercato globale a scopo pedagogico. Ma la regia del film di Noa, la cui proiezione stiamo subendo tutti a secco di lacrime, non è della protagonista. Il regista produrrà presto altri film dell’orrore per assuefarci all’orrore e farci arrivare fino a guardare con comprensione una madre che, come un padre che la porta all’altare, accompagna la figlia alla bara.
«È funesto ai mortali contaminarsi del sangue di consanguinei; contro gli uccisori dei propri congiunti la contaminazione risveglia e suscita, commisurate alla colpa, dolorose pene che un dio fa ricadere sulle loro case» recitava il coro delle donne di Corinto distillando nei versi la sapienza antica.
Oggi, duemilacinquecento e più anni dopo, e indietro, il tetro coro postmoderno canta una parte capovolta e accompagna con nenia ipnotica l’esecuzione capitale di una bambina indifesa dal demone di se stessa.
Elisabetta Frezza
Eutanasia
L’Uruguay sulla strada dell’eutanasia express

La Camera bassa del Parlamento uruguaiano ha appena approvato, in prima lettura, un disegno di legge che legalizza l’eutanasia nel Paese. Se il Senato approverà il disegno di legge – il che è più che probabile, dato che è nelle mani dei progressisti – sarà possibile ricevere l’iniezione letale cinque giorni dopo la richiesta. In alcuni casi, anche meno.
Finora si credeva che il Far West fosse la patria dei tiratori più veloci del mondo, con nomi leggendari come Billy the Kid e Calamity Jane. Ma potrebbero essere sul punto di essere superati dai legislatori uruguaiani, che stanno attualmente discutendo una proposta di legge che consentirebbe di eliminare un paziente in pochi giorni.
Utilizzando elementi cari ai progressisti, il testo «Muerte Digna» – Morte con Dignità – mira a legalizzare e regolamentare l’eutanasia attiva e il suicidio assistito a condizioni presentate come rigorose, ma che notoriamente si rivelano sempre un escamotage in questo tipo di casi. Il progetto è stato già approvato dalla Camera dei Rappresentanti nella notte tra il 12 e il 13 agosto 2025, dopo una maratona di 14 ore, con 64 voti a favore su 93 elettori.
Ha ricevuto il sostegno quasi unanime del Frente Amplio – la sinistra al governo – e di settori dell’opposizione, come il Partido Colorado e parte del Partido Nacional . Il testo deve ora passare al Senato, dove si prevede che sarà esaminato in commissione, con un’approvazione probabile entro la fine del 2025, data la maggioranza progressista in quell’aula.
Partiti di destra come Cabildo Abierto e Identidad Soberana hanno denunciato il «diritto di uccidere» piuttosto che di morire, citando rischi di abusi e paragonando Muerte Digna al programma del partito nazista degli anni Trenta. La Conferenza episcopale uruguaiana (CEU), in una dichiarazione del 29 agosto 2025, ha fermamente respinto il progetto, affermando che «causare attivamente la morte è contrario all’etica medica», e sostenendo il rafforzamento delle cure palliative.
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Cosa dice il testo? Un paziente che desidera porre fine alla propria vita consulta il proprio medico, che può dare immediatamente un parere favorevole o attendere fino a tre giorni. Successivamente, inoltra la richiesta a un altro medico, che visita il paziente ed esamina la sua cartella clinica: ha un massimo di cinque giorni per rispondere. Se i due pareri concordano, l’esecuzione viene programmata: può avvenire cinque giorni dopo l’inizio della procedura. O anche meno, se il medico ha motivo di ritenere che la coscienza del paziente possa essere gravemente compromessa nelle ore successive.
Al di là della legge naturale che viola e dell’insegnamento della Chiesa che contraddice, Muerte Digna solleva molti interrogativi: in primo luogo, il diritto all’eutanasia potrebbe entrare in conflitto con il diritto all’obiezione di coscienza di chi presta assistenza che si rifiuta di partecipare a tale pratica. Questa tensione rischia di limitare gradualmente la libertà degli operatori sanitari, costringendoli ad agire contro le proprie convinzioni. Questo vale in Uruguay come altrove.
Inoltre, il disegno di legge non subordina l’accesso all’eutanasia a una soglia minima di gravità o sofferenza per i malati terminali, il che apre la strada a interpretazioni ampie. Ancora una volta, la nozione di «sofferenza insopportabile» rimane vaga e soggettiva, rendendo la sua valutazione soggetta ad arbitrarietà.
Un punto particolarmente delicato riguarda l’accesso all’eutanasia per i pazienti affetti da disturbi psichiatrici, senza ulteriori criteri specifici. Questa scelta solleva preoccupazioni circa la tutela delle persone vulnerabili: un periodo di attesa di giorni è ridicolo in tali casi. Inoltre, il disegno di legge non richiede competenze specifiche ai medici consultati per una richiesta di eutanasia, il che indebolisce ulteriormente il rigore del processo.
Se l’argomento non fosse così serio, alcune disposizioni del testo votato dai deputati uruguaiani farebbero quasi sorridere, tanto sono deplorevolmente stupide: in particolare la menzione che l’eutanasia sarà considerata dalla legge come una «morte naturale». Per non parlare della definizione di morte «dignitosa» come diritto a morire «senza dolore»: i cambogiani, assassinati con un colpo in testa dai Khmer Rossi con il pretesto che sapevano leggere, probabilmente apprezzeranno…
«Bisogna sempre dire ciò che vediamo: soprattutto, bisogna sempre, il che è più difficile, vedere ciò che vediamo»: Péguy non è mai stato così attuale.
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immagine di GameOfLight via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
Eutanasia
Il Canada sta trasformando il suo regime di suicidio assistito in una catena di fornitura per la donazione di organi

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Eutanasia
Francia, accelerazione parlamentare verso il fine vita

Sebbene alcuni prevedessero un rinvio, si prevede che le discussioni sui due progetti di legge sul fine vita – uno sulle cure palliative, l’altro sul suicidio assistito – si terranno a breve al Senato. Una fonte vicina al presidente del Senato, Gérard Larcher, ha dichiarato alla stampa che è stato raggiunto un accordo per programmare questa revisione entro la fine di ottobre.
Alle prese con questioni di sovranità – immigrazione, giustizia, economia – il nuovo governo francese vorrebbe creare un consenso trasversale sulla base della legge naturale, accelerando l’agenda del testo che dovrebbe sancire uno pseudo diritto all’eutanasia in Francia?
In ogni caso, un accordo in tal senso sarebbe stato raggiunto durante un incontro del 29 settembre 2025 tra Yaël Braun-Pivet, il Presidente dell’Assemblea Nazionale, Gérard Larcher, e il primo ministro dimissionario, Sébastien Lecornu. Secondo Le Figaro, questo impegno orale era in attesa di conferma definitiva.
Prima delle nuove dimissioni, è stato discusso un calendario preciso: una seduta pubblica a partire dal 20 ottobre al Palazzo del Lussemburgo e una votazione formale prevista per il 28 ottobre. Questo ritmo contrasta con le due settimane di discussioni all’Assemblea Nazionale. Anche se l’attuale caos ridimensiona molti aspetti, questo calendario solleva interrogativi.
Si tratta semplicemente di finalizzare la revisione di un testo già adottato in prima lettura dall’Assemblea Nazionale? Oppure si tratta di segnare il secondo mandato di Emmanuel Macron con un’importante riforma sociale, una riforma che sarebbe minacciata dallo scioglimento del Parlamento? Gli osservatori sospettano un tacito accordo con il Partito Socialista per facilitare l’adozione di questi testi, un’ipotesi che divide le opinioni.
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«In un clima politico così instabile, programmare un dibattito sulla morte assistita è incomprensibile. Qual è l’urgenza?», chiede un senatore LR, irritato da quella che percepisce come la debolezza di Gérard Larcher di fronte a una riforma ampiamente contestata dalla destra. «Sembra un gioco politico in cui siamo semplici pedine», aggiunge.
Questa accelerazione ha sollevato preoccupazioni tra gli operatori sanitari contrari all’eutanasia e al suicidio assistito. La Società Francese di Cure Palliative e di Accompagnamento (SFAP) ha condannato il dibattito frettoloso, in un contesto di incertezza che circonda il bilancio, il disegno di legge sul finanziamento della Previdenza Sociale e le promesse di rafforzare le cure palliative.
La strategia decennale, che prevede uno stanziamento di 100 milioni di euro all’anno per le cure palliative nell’arco di dieci anni, rischia di non essere pienamente attuata. La SFAP sottolinea inoltre che il Comitato consultivo nazionale di etica (CCNE) aveva subordinato qualsiasi passo verso l’assistenza attiva al suicidio a un miglioramento significativo delle cure palliative.
Tuttavia, secondo la Corte dei Conti, metà dei francesi che dovrebbero beneficiare di queste cure non vi ha accesso. «In questo contesto, si teme che alcuni pazienti richiedano l’eutanasia a causa della mancanza di accesso a cure palliative adeguate», avverte Ségolène Peruchhio, presidente della SFAP. Anche i sostenitori della liberalizzazione dell’eutanasia sono preoccupati.
Pertanto, l’economista Frédéric Bizard, favorevole alla modifica legislativa, sottolinea: «prima di apportare qualsiasi modifica al fine vita, dobbiamo innanzitutto garantire il futuro della previdenza sociale e migliorare l’assistenza agli anziani», avverte. Mette in guardia dal rischio di «ingiustizia sociale di fronte alla morte», dove persone vulnerabili o indigenti potrebbero ricorrere al suicidio assistito a causa della mancanza di alternative.
Anche il tempo concesso ai dibattiti in Senato alimenta le critiche. “Ci avevano promesso un dibattito pacifico, ma le condizioni non sono adeguate”, lamenta Ségolène Perruchio, sottolineando che solo il 54% dei parlamentari si è espresso a favore del suicidio assistito. Le relazioni del Senato forniranno una prima indicazione sulla direzione dei dibattiti. Si prevede che il Senato imporrà condizioni restrittive, inefficaci nella pratica, ma l’ultima parola spetterà al Palazzo Borbone.
In ogni caso, le dimissioni del Primo Ministro più effimero della Quinta Repubblica, Sébastien Lecornu, rimescolano le carte e potrebbero offrire un inaspettato sollievo alla vita dei più vulnerabili.
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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