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Politica

Alle elezioni argentine il candidato populista non sfonda

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Il candidato outsider dato dai sondaggi come vincitore delle elezioni argentine non riesce a sfondare e dovrà manovrare politicamente per vincere il ballottaggio.

 

Dopo essere stato in testa nei sondaggi per mesi, Javier Milei, un professore di economia che si dichiara «libertario», domenica è finito solo al secondo posto nel voto presidenziale.

 

Al ballottaggio il Milei, 53 anni, dovrà vedersela con Sergio Massa, 51 anni, il ministro argentino dell’Economia di centrosinistra che ha sorprendentemente concluso la domenica elettorale al primo posto con il 36,6% dei voti, contro il 30% di Milei. I candidati dovevano superare il 45%, o il 40% con un margine di vittoria di 10 punti, per evitare l’ulteriore turno.

 

Da quando ha vinto le elezioni primarie in agosto, Milei è stato in testa alla maggior parte dei sondaggi, con Massa al secondo posto. Ma molti elettori domenica hanno dimostrato di preferire un candidato più familiare – Massa ha trascorso più di due decenni nella politica argentina – a Milei, che ha trascorso la sua carriera come economista aziendale e poi opinionista televisivo.

 

Milei ha ricevuto quasi la stessa percentuale di voti delle elezioni primarie, mentre il sostegno di Massa è cresciuto dopo una campagna focalizzata sui pericoli di una presidenza Milei.

 

Milei ha dominato il dibattito nazionale negli ultimi mesi con la una campagna incentrata su proposte radicali per eliminare la Banca Centrale della nazione e sostituire la sua valuta, il peso argentino, con il dollaro statunitense: in un Paese ed un mondo che vanno verso la de-dollarizzazione – con in testa i Paesi BRICS, ai quali Buenos Aires ora aderisce – Milei rappresenta un’inaspettata prospettiva di «ridollarizzazione».

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Le proposte di Milei hanno guadagnato terreno tra milioni di argentini mentre la nazione è alle prese con la peggiore crisi economica degli ultimi decenni. La povertà aumenta, l’inflazione annua sfiora il 140% e il valore del peso crolla. Nell’aprile 2020, all’inizio della pandemia, con 1 dollaro si acquistavano 80 pesos, utilizzando un tasso non ufficiale basato sulla visione della valuta da parte del mercato. Prima del voto, con 1 dollaro valevano 1.200 pesos.

 

«Siamo di fronte a un’organizzazione criminale che non smetterà di commettere atrocità per rimanere al potere», aveva detto Milei ai sostenitori domenica sera, riferendosi alla coalizione di Massa.

 

Milei ha lanciato attacchi duri e spesso profani contro la stampa, i suoi rivali e i leader stranieri, ha chiesto regolamenti più flessibili sulle armi e, in una recente intervista con il celebre giornalista statunitense Tucker Carlson, ha definito il cambiamento climatico parte dell’«agenda socialista».

 

Come riportato da Renovatio 21, durante la densa intervista – che conta quasi mezzo miliardo di visualizzazioni – Milei ha attaccato il connazionale papa Bergoglio (che «sta dalla parte delle dittature sanguinarie») e ha chiarito la sua visione contraria all’aborto.

 

Il candidato libertario afferma di essere stato vittima di una significativa frode elettorale nelle elezioni primarie, sebbene la sua campagna non abbia presentato una denuncia formale ai funzionari elettorali, e ha sostenuto le false affermazioni secondo cui le ultime elezioni presidenziali negli Stati Uniti e in Brasile sarebbero state rubate.

 

Milei, un ex cantante di cover dei Rolling Stones e portiere di calcio, non è sposato, non ha figli e si dichiara discepolo della scuola «austriaca», cioè degli economisti ultraliberali à la Milton Friedman, noti per il rigetto dello Stato a favore di una liberalizzazione totale dell’economia. La sua passione per tali pensatori è tali che ha chiamato con i nomi dei principali esponenti dell’ultraliberismo (Murray Rothbard, Milton Friedman, Robert Lucas) i suoi mastini, che sarebbero in realtà cloni realizzati negli USA di cani da lui posseduti in precedenza.

 

Milei si è impegnato ad una drastica revisione del libero mercato. Vuole abbassare le tasse, tagliare le regolamentazioni, privatizzare le industrie statali, chiudere 10 dei 18 ministeri federali, spostare l’istruzione pubblica verso un sistema basato su voucher e tagliare la spesa federale del 15% del PIL argentino.

 

Le sue più potenti proposte sono lo sbarazzarsi della Banca Centrale e della valuta locale – il peso –. Secondo lui ciò porrà fine al dramma eterno dell’inflazione. Il Paese sta lottando per ripagare un debito di 44 miliardi di dollari nei confronti del Fondo monetario internazionale.

 

Il candidato ha specificato che in politica estera, se eletto, non farà accordi con i Paesi «socialisti» come Cuba e la Repubblica Popolare Cinese.

 

Il bacino di sostegno di Milei è in gran parte composto da giovani elettori entusiasti della sua verve combattiva e anti-establishment e da argentini più anziani alla disperata ricerca di un cambiamento.

 

Per mesi i sondaggi avevano dimostrato che Milei avrebbe battuto Massa al ballottaggio, ma domenica quegli stessi sondaggi si sono rivelati imprecisi.

 

Anche una terza candidata, Patricia Bullrich, ex ministro della Sicurezza di destra, sembrava avere una chance di arrivare al ballottaggio, ma è stata eliminata domenica dopo aver ricevuto poco meno del 24% dei voti. Ora Milei per battere Massa deve manovrare per attrarre i sostenitori della Bullrich.

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 Immagine di Vox España via Wikimedia pubblicata su licenza CC0 1.0 Universal Public Domain Dedication

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L’editore ritira il libro in cui si sostiene che Epstein abbia presentato Melania a Trump

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HarperCollins UK si è scusata con Melania Trump e ha ritirato un libro che affermava che Jeffrey Epstein, condannato per reati sessuali, l’avesse presentata al marito, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump.   Mercoledì, la casa editrice ha dichiarato in una nota di aver «deciso di rimuovere diverse pagine» da una biografia non autorizzata del principe Andrea, scritta dallo storico Andrew Lowine. I passaggi in questione riportavano accuse non verificate secondo cui Epstein avrebbe favorito l’incontro tra la coppia presidenziale statunitense.   «Le copie del libro che includono tali riferimenti saranno rimosse definitivamente dalla distribuzione. HarperCollins UK si scusa con la First Lady», si legge nella dichiarazione. Melania Trump ha successivamente condiviso il messaggio sul suo account X.  

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La biografia, pubblicata a metà agosto, analizzava il rapporto tra il principe Andrea e Epstein, il finanziere americano morto in carcere nel 2019 in attesa di processo per accuse di traffico sessuale. NBC News aveva precedentemente riferito che il libro sosteneva che Epstein avesse «facilitato» l’incontro tra Melania e Donald Trump, in un articolo che descriveva in dettaglio i suoi tentativi di prendere le distanze dall’uomo d’affari caduto in disgrazia.   Un portavoce della first lady statunitense (FLOTUS) ha riferito ad Axios che il suo team legale è «attivamente impegnato a garantire immediate ritrattazioni e scuse da parte di coloro che diffondono falsità maligne e diffamatorie», sottolineando che nelle sue memorie Melania afferma di aver conosciuto Donald Trump nel 1998 a una festa a New York tramite un’altra conoscenza.   Durante la campagna presidenziale del 2024, Donald Trump aveva promesso di rendere pubblici i «file Epstein», che si presume dettagliassero i legami del finanziere con figure influenti. Tuttavia, dopo il suo insediamento, Trump ha definito l’esistenza di tali documenti una «bufala democratica», una svolta che, secondo i critici, servirebbe a distogliere l’attenzione dai suoi precedenti rapporti con Epstein.   Melania Trump ha già ottenuto una ritrattazione dal Daily Beast e da un podcast condotto dallo stratega democratico James Carville per affermazioni simili.   Come riportato da Renovatio 21, al contrario, per le sue affermazione sulla FLOTUS, suo marito ed Epstein Hunter Biden ha rifiutato di scusarsi. Melania Trump ha minacciato di fargli causa per un miliardo di dollari, ma il figlio già tossicodipendente di Biden ha risposto a maleparole.   Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr

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Trump non vince il Nobel. Premiato pure lo scrittore nemico di Orban

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Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump è stato escluso dalla lista dei candidati al Premio Nobel per la Pace 2025, assegnato venerdì alla politica dell’opposizione venezuelana Maria Corina Machado.

 

Trump ha più volte dichiarato di meritare il premio per aver, a suo dire, risolto numerosi conflitti internazionali da quando è entrato in carica a gennaio, incluso il più recente a Gaza.

 

Il direttore delle comunicazioni della Casa Bianca, Steven Cheung, ha commentato la notizia affermando che il comitato «ha dimostrato di anteporre la politica alla pace» e ha aggiunto che Trump «continuerà a stipulare accordi di pace, a porre fine alle guerre e a salvare vite umane».

 

Il Comitato norvegese per il Nobel ha lodato la Machado, nota critica del presidente venezuelano Nicolas Maduro, «per la sua instancabile difesa delle libertà democratiche in Venezuela e il suo impegno nel realizzare una transizione pacifica dalla dittatura alla democrazia». Maduro ha accusato Machado di aver convogliato fondi americani verso gruppi antigovernativi «fascisti», definendola una pedina per l’ingerenza di Washington negli affari venezuelani.

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La Machado ha mantenuto stretti legami con il governo statunitense per decenni. Nel 2005, fu ricevuta nello Studio Ovale dall’allora presidente George W. Bush.

 

Durante il primo mandato di Trump, gli Stati Uniti e diverse nazioni occidentali riconobbero il rappresentante dell’opposizione venezuelana Juan Guaidó come «presidente ad interim» del Paese, sebbene i tentativi di Guaidó di prendere il potere attraverso proteste e colpi di stato siano falliti.

 

Da quando è tornato al potere a gennaio, Trump ha intensificato la pressione su Caracas con sanzioni e operazioni militari, descritte dalla sua amministrazione come azioni antidroga.

 

Critici, tra cui il senatore repubblicano Rand Paul e Juan Gonzalez, ex diplomatico di alto livello nell’amministrazione di Joe Biden, sostengono che la Casa Bianca stia perseguendo una strategia di cambio di regime già sperimentata. Il Segretario di Stato di Trump, Marco Rubio, noto oppositore di Maduro, è considerato il principale promotore di questa linea.

 

All’inizio di questa settimana, il Comitato per il Nobel ha assegnato il Premio per la Letteratura allo scrittore ungherese Laszlo Krasznahorkai, critico del primo ministro ungherese Viktor Orban, uno dei più fedeli alleati di Trump in Europa.

 

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La Le Pen promette di bloccare qualsiasi nuovo governo francese

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La domina della destra francese Marine Le Pen ha promesso di bloccare qualsiasi nuova azione del governo, dopo che il presidente Emmanuel Macron ha annunciato la nomina di un nuovo primo ministro entro due giorni, in un contesto di crisi politica sempre più profonda.   Il Rassemblement National (RN) di Marine Le Pen è il partito più numeroso in parlamento. Mercoledì, la leader ha esortato Macron a sciogliere l’Assemblea Nazionale e indire nuove elezioni, oppure a dimettersi.   «Voto contro tutto… Questa farsa è durata abbastanza», ha dichiarato la tre volte candidata alla presidenza.   Il primo ministro Sébastien Lecornu si è dimesso lunedì dopo le critiche alle scelte del suo governo. Con il debito pubblico francese a livelli record e il dibattito in corso sul bilancio 2026, Macron gli ha chiesto di restare in carica come amministratore delegato fino a metà settimana.   Mercoledì sera, Macron ha annunciato che nominerà un nuovo primo ministro entro due giorni, una mossa volta a evitare lo scioglimento del Parlamento e a formare un governo di coalizione di compromesso in grado di approvare il bilancio.

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Sempre mercoledì i leader parlamentari hanno respinto la richiesta di impeachment di Macron, e Mathilde Panot del partito di sinistra La France Insoumise (LFI) ha accusato i deputati astensionisti del RN di aver bloccato la mozione.   Il RN ha ripetutamente definito le pressioni di sinistra per l’impeachment come una teatralità politica, mentre il presidente del partito Jordan Bardella ha sostenuto che l’unica «soluzione» è lo scioglimento dell’assemblea o le dimissioni di Macron.   La Francia è bloccata in una paralisi politica da quando la scommessa di Macron sulle elezioni anticipate dello scorso anno ha portato a un parlamento in stallo e a una maggiore rappresentanza dell’estrema destra. Il RN detiene ora quasi un quarto dei 577 seggi dell’Assemblea Nazionale.   Recenti sondaggi indicano il RN in testa con circa il 35% delle intenzioni di voto, davanti all’alleanza centrista di Macron.   Le Pen, candidata alla presidenza nel 2017 e nel 2022, ma sconfitta entrambe le volte da Macron, è stata interdetta dai pubblici uffici all’inizio di quest’anno dopo che un tribunale francese l’ha dichiarata colpevole di appropriazione indebita di fondi del Parlamento europeo, sentenza che sta impugnando.   Bardella è nel frattempo considerato da molti come un potenziale futuro candidato alla presidenza.

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia  
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