Spirito
La Lega Svizzera delle Donne Cattoliche non è più «cattolica»
Il sito web cath.ch riporta che le delegate della Lega delle donne cattoliche svizzere (LSFC), la più grande associazione confessionale femminile in Svizzera, hanno adottato a larga maggioranza un cambio di nome, eliminando l’aggettivo «cattolica» e chiamandosi ora Alleanza delle donne svizzere.
Per il comitato, il nuovo nome esprime l’apertura e la diversità dell’associazione e pone l’accento sulle donne, indipendentemente dalla loro appartenenza nazionale e religiosa. «I nostri valori cristiani come la carità e la dignità umana rimangono. Restiamo cattoliche. Sorprendentemente, per il resto, cattoliche», affermano i funzionari.
Una standardizzazione
Per gli osservatori attenti, questa nuova denominazione è ovvia: la LSFC non è più cattolica da anni.
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Un po’ di storia
Dopo la fondazione di numerose associazioni femminili cattoliche alla fine del XIX secolo, nel 1912 venne fondata la Lega svizzera delle donne cattoliche. All’epoca contava circa 26.000 iscritte. Il suo scopo era promuovere la religione all’interno della famiglia, della comunità e dello Stato e incoraggiare le donne a essere attive nel sociale e nella beneficenza.
La LSFC dedicò i suoi primi anni ad alleviare le sofferenze della guerra. Durante la seconda guerra mondiale venne integrata nell’Azione Cattolica. Negli anni Sessanta e Settanta, l’LSFC continuò a sostenere posizioni politiche conservatrici. Nel 1976, contestando la cosiddetta soluzione «a tempo determinato» all’aborto, creò un fondo di solidarietà per le future mamme in difficoltà.
All’inizio del XXI secolo, la LSFC assunse spesso posizioni progressiste: sosteneva, in particolare, il matrimonio per tutti e il sacerdozio delle donne . Dal 2019 la Lega collabora con la Federazione svizzera delle donne evangeliche ed è aperta a donne e uomini non cattolici. Nel 2021, la LSFC era suddivisa in 600 sezioni e contava circa 120.000 membri (200.000 nel 2010).
L’aborto non è un crimine
In un’intervista del 2 luglio 2022, papa Francesco ha paragonato l’aborto ad «assumere un sicario». In risposta a questa sentenza, la LSFC ha emesso una dichiarazione di protesta. Diceva:
«La LSFC si oppone fermamente al paragone scioccante del papa, che equipara l’aborto all’omicidio su commissione. L’aborto non è un reato. Le dichiarazioni di papa Francesco costituiscono una diffamazione delle donne che abortiscono. (…) La LSFC difende il diritto all’autodeterminazione. Questo include il diritto a un’interruzione di gravidanza sicura e legale».
In altre parole: vogliamo difendere le vittime di un assassino, ma non ignoriamo gli aspetti… che possono indurre un uomo a uccidere. Quasi a volersi discolpare, il comunicato stampa prosegue: «La LSFC fornisce sostegno finanziario alle donne che decidono di avere un figlio nonostante una situazione di vita precaria, attraverso il Fondo di solidarietà per le madri e i bambini».
Il problema sta tutto nell’affermazione: «l’aborto non è un crimine». Da lì in poi, tutto è concesso. L’eutanasia seguirà senza difficoltà e con essa tutte le perversioni morali. Questo sito ha scritto: «la LSFC non è più veramente cattolica e i vescovi svizzeri dovrebbero esigere che rimuova questa dicitura dal suo nome». Alla fine è stata la Lega a farlo da sola.
La presidente della Lega delle donne cattoliche deifica la terra
Il 16 giugno 2023, il presidente della LSFC ha rilasciato un’intervista in vista di una legge sul clima e ha spiegato: «uno dei motivi per cui il nostro mondo e il nostro clima si trovano in questo stato problematico è questo: nominiamo il divino solo in cielo e lo adoriamo lì. Ma abbiamo dimenticato Madre Terra nella nostra tradizione».
La presidente Curau-Aepli ha proseguito: «Conoscete preghiere o rituali che onorano questa dea, Madre Terra? Tuttavia, ci sono sempre stati profeti cristiani – come Ildegarda di Bingen, Francesco d’Assisi o Dorothee Sölle – che hanno incontrato Dio direttamente nella natura e lo hanno invocato come divino. Ma non sono riusciti a introdurlo nella dottrina».
Il giornalista chiede spiegazioni. La teologa improvvisato risponde: «sono convinto che è proprio perché noi cristiani concepiamo la terra come qualcosa di creato, ma non divino in sé, che abbiamo pensato finora di poterla semplicemente usare e sfruttare, secondo i nostri bisogni o la nostra avidità».
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E continua: «penso che la Terra sarebbe in uno stato molto migliore se riconoscessimo Madre Terra come la fonte divina da cui siamo stati creati. E a cui ritorniamo. Ci comporteremmo in modo più rispettoso nei confronti della Terra». Abbiamo qui una manifesta eresia panteistica.
Affermare che la Terra è divina e che è «la fonte divina da cui siamo stati creati» equivale ad affermare la reale divinità della terra, qualunque sia il modo in cui questa divinità viene concepita. Dire che per onorare la terra sono necessarie preghiere è un altro modo di dirlo.
Conclusione
Resta da vedere cosa intendono i responsabili quando affermano: «noi restiamo cattoliche. Sorprendentemente, per il resto, cattoliche».
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immagine da FSSPX.News
Spirito
«Siamo stati creati per la gloria»: omelia nella festa di Ognissanti di mons. Viganò
Vos, purpurati martyres, Vos candidati præmio Confessionis, exsules Vocate nos in patriam.
Rabano Mauro Inno Placare, Christe
Dopo la solenne celebrazione della Regalità di Nostro Signore Gesù Cristo, nell’ultima Domenica di Ottobre, il primo Novembre è dedicato a coloro che con Cristo hanno combattuto il bonum certamen, meritando di trionfare con Lui nella vittoria sfolgorante sul demonio. Il giorno seguente, 2 Novembre, viene ricordato un altro sterminato esercito di anime sante: quelle di coloro che il fuoco del Purgatorio purifica, come l’oro nel crogiuolo, per renderle degne di essere ammesse alla gloria della contemplazione della Maestà divina.Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
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Spirito
Lo stile di Leone XIV: conservare il vero senza rigettare il falso?
In una Nota sullo stile di Papa Leone XIV del 1° giugno 2025, pubblicata sul suo blog e riproposta da Sandro Magister su Settimo Cielo il 2 giugno, Leonardo Lugaresi, esperto di Padri della Chiesa, si sforza di «cogliere un aspetto dello stile di pensiero e di governo di Papa Leone XIV, che mi sembra emergere chiaramente nei suoi primi discorsi; un tratto che merita la massima attenzione per il suo valore paradigmatico, non solo nei contenuti ma anche, e direi soprattutto, nel metodo».
Questo stile, secondo lo studioso italiano, equivale a fare «giusto uso» della tradizione: «raccogliere ciò che c’è di buono in ogni persona, in ogni discorso, in ogni evento, e filtrare ciò che è cattivo».
Spiega: «Ma oggi sarebbe altrettanto sbagliato pretendere che spetti al papa compiere una sorta di “controriforma”. Se posso azzardare una previsione, credo che questo comunque non accadrà. Penso invece che da Leone XIV possiamo attenderci non tanto delle correzioni esplicite o delle formali ritrattazioni di certi aspetti ambigui, confusi e in qualche caso problematici del precedente pontificato, quanto un loro “giusto uso” che, se così posso esprimermi, li “rimetta al loro posto”».
E illustra il suo punto con un esempio: «ad alcuni è dispiaciuto che nel discorso del 19 maggio ai rappresentanti delle altre chiese e di altre religioni papa Leone abbia citato la controversa Dichiarazione di Abu Dhabi».
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«È vero che quel documento contiene il passaggio forse più “problematico” del pontificato di Francesco, perché vi si trova un’affermazione circa la volontà divina che gli uomini aderiscano a religioni diverse dalla fede cristiana che è pressoché impossibile interpretare in modo compatibile con la dottrina cattolica».
«Tuttavia, da parte di chi è ben saldo nella certezza (scritturistica e tradizionale!) che tutti gli uomini sono chiamati a convertirsi a Cristo, perché ‘in nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati’ (At 4, 12), si può benissimo citare un altro passo, del tutto innocuo, di quello stesso documento, proprio nella logica che ho cercato di descrivere;»
«È anche in questo modo, io spero, che si realizzerà una sorta di ‘riassorbimento dell’eccezione bergogliana’ nel corpo vivo della tradizione»
«Ah! Con quanta galanteria vengono espresse queste cose!» [Molière, Il Misantropo, Atto I, Scena 2] Le affermazioni eretiche diventano “eccezioni” che devono essere «riassorbite”, diluite in affermazioni “innocenti” per renderle accettabili al «corpo vivo della tradizione»! Con un simile regime, c’è da temere che questo corpo non rimanga vivo a lungo! Ci si può accontentare di «filtrare» l’errore senza rifiutarlo esplicitamente?
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Leone XIV può accontentarsi di aggirare gli errori senza condannarli?
Nelle Res Novæ del 4 agosto, padre Claude Barthe scrive: «Leone XIV, è un fatto, è responsabile dell’eredità di Francesco. Questa eredità, fondamentalmente conciliare, se si escludono la sinodalità, che resiste a qualsiasi tentativo di definizione precisa, e l’impegno ecologico, può essere riassunta in tre testi: Amoris Laetitia e Fiducia Supplicans, sulla morale del matrimonio, e Traditionis Custodes sulla liturgia tradizionale».
Sulla moralità del matrimonio, prosegue, «tutta la difficoltà di Amoris Laetitia si concentra nel paragrafo 301, da cui si potrebbe ricavare la seguente proposizione: “Alcuni di coloro che vivono in adulterio, anche se conoscono la norma che stanno trasgredendo, potrebbero non essere in stato di peccato mortale”».
«Leone XIV dovrebbe abbracciare questo insegnamento bergogliano, che mina gravemente la santità del matrimonio. Aggirarlo abilmente, indirettamente, non sarà sufficiente per invalidarlo. Dovrà necessariamente approvarlo o annullarlo. La Chiesa, infatti, è custode del contenuto della Rivelazione e della dottrina di fede e morale a cui bisogna aderire per essere salvati. […]»
«Non ci si può accontentare, a difesa della fede, di dichiarazioni che mitighino tale eterodossia o la controbilancino con insegnamenti contrari che tuttavia lascino intatta la dottrina difettosa. È necessario, per la salvezza delle anime, sradicare la falsa dottrina».
Riguardo alla Messa tradizionale, padre Barthe osserva che «a causa di papa Bergoglio, la questione è diventata molto semplice: tutto l’approccio repressivo di Traditionis Custodes si basa, infatti, sul suo articolo 1: ‘I libri liturgici promulgati dai santi pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo II, in conformità con i decreti del Concilio Vaticano II, sono l’unica espressione della lex orandi del Rito Romano (…)»
«Secondo Traditionis Custodes, a seguito della riforma conciliare, la liturgia romana precedente a questa riforma ha quindi perso il suo status di lex orandi. […] (Certamente) è estremamente auspicabile che il nuovo papa conceda a questa liturgia, direttamente o indirettamente, maggiore libertà. Ma, nonostante ciò, resta da insegnare nella Chiesa la seguente proposizione: “I libri liturgici in vigore prima della riforma di Paolo VI non esprimono la lex orandi del Rito Romano”»
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«La questione che il Magistero della Chiesa è ora chiamato a risolvere è questa: questa proposizione è vera o falsa? Se è falsa, deve essere condannata, con tutte le conseguenze che ne conseguono».
Pertanto, un uso sapiente della «tradizione vivente» per assorbire le «eccezioni bergogliane» sembra non solo insufficiente, ma soprattutto pericoloso. Anche in questo caso, solo il futuro potrà dirlo. E il futuro appartiene a Dio.
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immagine di Lula Oficial via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International; immagine tagliata
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Filippine: le sette evangeliche riscuotono un successo clamoroso
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