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Cina

Solare, dispositivi «non autorizzati» trovati nascosti nei pannelli cinesi potrebbero «distruggere la rete elettrica»

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Dispositivi di comunicazione non divulgati, scoperti nei pannelli solari prodotti in Cina e nelle relative apparecchiature, hanno suscitato preoccupazione tra i funzionari statunitensi in merito alla vulnerabilità della rete elettrica nazionale. Lo riporta l’agenzia Reuters.

 

Tali dispositivi «non autorizzati», scoperti negli ultimi nove mesi, potrebbero potenzialmente destabilizzare le infrastrutture energetiche e innescare blackout diffusi, hanno detto al quotidiano fonti a conoscenza della questione.

 

I dispositivi non documentati, tra cui radio cellulari, sono stati individuati in inverter solari, batterie, caricabatterie per veicoli elettrici e pompe di calore prodotti da diversi fornitori cinesi.

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Gli esperti statunitensi hanno scoperto i componenti durante le ispezioni di sicurezza delle apparecchiature per l’energia rinnovabile, inducendo a rivalutare i rischi posti da questi prodotti. Gli inverter, fondamentali per collegare i pannelli solari e le turbine eoliche alla rete elettrica, sono prodotti prevalentemente in Cina, il che accresce le preoccupazioni sulla loro sicurezza.

 

«Sappiamo che la Cina ritiene che sia utile mettere a rischio di distruzione o interruzione almeno alcuni elementi della nostra infrastruttura fondamentale», ha affermato Mike Rogers, ex direttore della National Security Agency (NSA) americana, l’ente preposto allo spionaggio elettronico. «Penso che i cinesi sperino, in parte, che l’uso diffuso degli inverter limiti le opzioni a disposizione dell’Occidente per affrontare la questione della sicurezza», ha insistito il funzionario.

 

Gli esperti avvertono che questi dispositivi non autorizzati potrebbero bypassare i firewall, consentendo la manipolazione remota delle impostazioni dell’inverter o addirittura l’arresto completo dell’impianto. Tali azioni potrebbero interrompere le reti elettriche, danneggiare le infrastrutture energetiche e causare blackout.

 

«Ciò significa che esiste un modo integrato per distruggere fisicamente la rete», ha detto un’altra fonte a Reuters.

 

La scoperta si aggiunge agli avvertimenti già da tempo lanciati dagli esperti di energia e sicurezza sui rischi derivanti dall’affidamento a prodotti energetici verdi di fabbricazione cinese. Nel dicembre 2023, alcuni funzionari repubblicani, tra cui l’ex deputato del Wisconsin Mike Gallagher e l’allora senatore Marco Rubio (ora segretario di Stato USA), sollecitarono la Duke Energy a interrompere l’utilizzo di batterie CATL prodotte in Cina a Camp Lejeune, nella Carolina del Nord, adducendo rischi di sorveglianza.

 

«Subito dopo la nostra indagine, Duke ha scollegato dalla rete i sistemi di fabbricazione cinese», hanno dichiarato Gallagher e Rubio in un comunicato stampa del febbraio 2024. «Chiunque continui a collaborare con CATL e con altre aziende sotto il controllo del PCC dovrebbe prenderne nota», hanno aggiunto.

 

Il Dipartimento dell’Energia americano (DOE) ha riconosciuto il problema e un portavoce ha dichiarato alla Reuters che il dipartimento valuta costantemente i rischi associati alle nuove tecnologie.

 

 

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«Sebbene questa funzionalità potrebbe non avere intenti malevoli, è fondamentale che chi effettua l’acquisto abbia una piena comprensione delle capacità dei prodotti ricevuti», ha affermato il portavoce.

 

Il Dipartimento dell’Energia sta lavorando per rafforzare le catene di fornitura nazionali e migliorare la trasparenza attraverso iniziative come il Software Bill of Materials, che inventaria tutti i componenti delle applicazioni software.

 

Un portavoce dell’ambasciata cinese a Washington ha respinto le accuse , affermando: «ci opponiamo alla generalizzazione del concetto di sicurezza nazionale, che distorce e diffama i risultati infrastrutturali della Cina».

 

Le preoccupazioni rispetto a prodotti cinesi di importanza sensibile non sono nuove: dubbi vennero sollevati rispetto anche all’operato di un importante produttore di telecomunicazioni cinese, con accuse riguardo alla sua influenza sulla politica italiana e sull’assetto infrastrutturale del Paese. È il caso del decreto Cina-Italia varato nel 2020, in piena emergenza pandemica, dove destò allarme la possibilità di assegnare il 5G italiano al colosso cinese Huawei.

 

Testate giornalistiche di inchiesta avevano sollevato pesanti dubbi anche sui sistemi di telecamere cinesi, alcuni dei quali montati nei palazzi del potere italiano.

 

Per anni si sono ripetute accuse simili rispetto a microchip ed elettronica varia prodotta oramai solamente in Cina – un tema di sicurezza mai posto davvero dalle amministrazioni occidentali, totalmente compromesse con Pechino nel progetto mondialista.

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Immagine di Balfabio via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported

 

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Cina

Test dimostrano che i veicoli elettrici possono essere manipolati a distanza da un produttore cinese

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I test di sicurezza sui trasporti pubblici in Norvegia hanno rivelato che i produttori cinesi possono accedere e controllare a distanza gli autobus elettrici.   Una compagnia di autobus norvegese ha condotto dei test segreti confrontando autobus realizzati da produttori europei e cinesi per scoprire se i veicoli rappresentassero una minaccia per la sicurezza informatica.   Non sono stati segnalati problemi con l’autobus europeo, ma si è scoperto che il veicolo cinese, prodotto da un’azienda chiamata Yutong, poteva essere manipolato a distanza dal produttore.   Questa manipolazione includeva la possibilità di accedere al software, alla diagnostica e al sistema di batterie dell’autobus. Il produttore cinese aveva la possibilità di fermare o immobilizzare il veicolo.   Arild Tjomsland, un accademico che ha collaborato ai test, ha sottolineato i rischi: «l’autobus cinese può essere fermato, spento o ricevere aggiornamenti che possono distruggere la tecnologia di cui l’autobus ha bisogno per funzionare normalmente».

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Tjomsland ha poi aggiunto che, sebbene gli hacker o i fornitori non siano in grado di guidare gli autobus, la capacità di fermarli potrebbe essere utilizzata per interrompere le operazioni o per esercitare un’influenza sul governo norvegese durante una crisi.   Le preoccupazioni sui veicoli cinesi sono diffuse. I think tank hanno lanciato l’allarme: i veicoli elettrici potrebbero essere facilmente «armati» da Pechino.   Le aziende cinesi hanno testato su strada i loro veicoli negli Stati Uniti, raccogliendo dati, tra cui roadmap, che gli esperti ritengono potrebbero rivelarsi di utilità strategica.   I risultati dei test sono stati ora trasmessi ai funzionari del ministero dei Trasporti e delle Comunicazioni in Norvegia.   La militarizzazione dei prodotti cinesi importati in gran copia non riguarda solo le auto.   Come riportato da Renovatio 21, mesi fa è emerso che sono stati trovati dispositivi «non autorizzati» trovati nascosti nei pannelli solari cinesi che potrebbero «distruggere la rete elettrica».   Una trasmissione giornalistica italiana aveva dimostrato che nottetempo le telecamere cinesi usate persino nei ministeri italiani inviavano dati a server della Repubblica Popolare.   Il lettore di Renovatio 21, ricorderà tutta la querelle attorno al decreto del governo Conte bis, in piena pandemia, chiamato «Cura Italia» (da noi ribattezzato più onestamente «Cina Italia»), che in bozza conteneva concessioni a produttori di IT di 5G cinesi come Huawei che, secondo alcuni, mettevano a rischio la sicurezza del nostro Paese e del blocco cui è affiliato.

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Cina

Trump: non permetterò a Nvidia di vendere chip avanzati alla Cina

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Il presidente Trump ha dichiarato che impedirà alla Cina di acquistare i chip Blackwell avanzati di Nvidia, sostenendo che potrebbero conferire al principale rivale americano un «uguale vantaggio» nella corsa al dominio dell’intelligenza artificiale.

 

«No, non lo faremo», ha detto Trump durante un’intervista al programma di giornalismo di inchiesta 60 Minutes della CBS trasmessa domenica. «Non permetteremo a nessuno di averli, tranne agli Stati Uniti.»

 

Il Presidente ha poi affermato che gli Stati Uniti stanno attualmente vincendo la corsa all’intelligenza artificiale e che fornire alla Cina i chip Blackwell – i più avanzati di Nvidia fino ad oggi – garantirebbe loro un «uguale vantaggio».

 

«In questo momento stiamo vincendo perché stiamo producendo elettricità come mai prima d’ora», ha dichiarato il presidente.

 

Parlando domenica ai giornalisti a bordo dell’Air Force One, il presidente Trump ha ribadito la sua posizione, descrivendo i chip Blackwell come «10 anni avanti rispetto a tutti gli altri chip».

 

«No, non diamo quel chip ad altre persone», ha aggiunto.

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I commenti di Trump sono giunti due giorni dopo che il CEO di Nvidia, Jensen Huang, aveva espresso la speranza che la sua azienda potesse vendere i chip alla Cina in futuro, pur non avendo al momento tale intenzione.

 

«Lo spero, ma questa è una decisione che spetta al presidente Trump», ha detto lo Huang ai giornalisti al vertice dei CEO dell’APEC a Gyeongju, in Corea del Sud.

 

Gli Stati Uniti hanno imposto controlli sull’esportazione dei chip più avanzati di Nvidia verso la Cina, nel tentativo di frenare i progressi tecnologici di Pechino, in particolare per quanto riguarda le attrezzature militari.

 

La scorsa settimana i legislatori hanno espresso sostegno alla posizione del Presidente, sostenendo che la vendita di tecnologia avanzata di intelligenza artificiale alla Cina rappresenta una minaccia diretta agli interessi nazionali.

 

«In un momento in cui i chip più avanzati sono disponibili in quantità limitata, la crescita della nostra economia e il sostegno all’ingegnosità americana dovrebbero avere la precedenza sulla facilitazione della modernizzazione militare del PCC e sulle violazioni dei diritti umani», ha affermato in una nota il deputato Raja Krishnamoorthi, presidente della Commissione speciale della Camera sul PCC.

 

Nella sua intervista con la CBS, Trump ha anche dichiarato che gli Stati Uniti stanno accelerando le misure per ridurre e, in ultima analisi, eliminare la dipendenza dai minerali di terre rare e dai magneti cinesi, utilizzati da Pechino come strumento di pressione nella guerra commerciale in corso con gli Stati Uniti.

 

«Entro un anno, un anno e mezzo, avremo tutto ciò di cui abbiamo bisogno», ha affermato Trump.

 

Gli Stati Uniti stanno diversificando la propria catena di approvvigionamento attraverso nuove attività di estrazione e raffinazione nel Sud-est asiatico e in Australia.

 

La Cina ha iniziato a usare il suo controllo sull’estrazione e la produzione di terre rare come arma durante una disputa commerciale con il Giappone nel 2010. La mossa provocò un diffuso allarme nel settore manifatturiero.

 

Nel suo secondo mandato, il presidente Trump ha fatto del recupero del controllo sulle risorse strategiche una priorità assoluta. Ha introdotto misure per accelerare i permessi per la produzione nazionale e ha promesso centinaia di milioni di dollari per sostenere i produttori statunitensi.

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Come riportato da Renovatio 21, Nvidiala scorsa settimana ha toccato la capitalizzazione record di 5 trilioni di dollari.

 

Come riportato da Renovatio 21, Nvidia nel giugno 2024 era diventata la seconda azienda più capitalizzata al mondo, con il titolo di NVIDIA in Borsa a dare performance davvero invidiabili: il prezzo delle azioni era salito del 47% nei primi mesi del 2024.

 

Nell’ambito delle tensioni con la Repubblica Popolare Cinese su Taiwan, il governo degli Stati Uniti aveva detto a NVIDIA di interrompere immediatamente la spedizione di alcuni dei suoi chip di Intelligenza Artificiale di fascia alta in Cina.

 

Come riportato da Renovatio 21, l’anno passato NVIDIA ha annunziato un piano per la produzione di «robot umanoidi» basati sull’Intelligenza Artificiale.

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Cina

Trump dice che l’incontro con Xi prepara una «pace duratura»

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Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha affermato che il suo incontro con il suo omologo cinese, Xi Jinping, all’inizio di questa settimana aprirà la strada a una pace duratura tra le due nazioni.   I due leader si sono incontrati per la prima volta in sei anni giovedì a margine del vertice dell’APEC a Busan, in Corea del Sud. Pechino ha affermato di aver raggiunto un consenso per risolvere «importanti questioni commerciali».   La Cina ha accettato di sospendere i suoi ultimi controlli sulle esportazioni di terre rare in cambio di reciproci tagli tariffari da parte degli Stati Uniti. L’accordo include anche l’impegno degli Stati Uniti a ridurre i dazi sulle importazioni cinesi e a sospendere le indagini sui settori marittimo e logistico di Pechino.   «Il mio incontro del G2 con il presidente cinese Xi è stato un evento straordinario per entrambi i nostri Paesi», ha scritto Trump su Truth Social sabato. «Questo incontro porterà a una pace e a un successo duraturi. Dio benedica sia la Cina che gli Stati Uniti!»

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Le relazioni bilaterali sono state tese da anni di tensioni commerciali iniziate quando Trump ha imposto dazi ingenti sui prodotti cinesi durante il suo primo mandato. In base al nuovo accordo, gli Stati Uniti ridurranno i dazi sui prodotti cinesi dal 57% al 47% e sospenderanno le restrizioni all’esportazione rivolte ad alcune aziende cinesi. Gli Stati Uniti ridurranno anche i dazi relativi al fentanyl, mentre la Cina adeguerà le sue misure di ritorsione.   Pechino ha dichiarato che eliminerà le restrizioni all’esportazione di terre rare per un anno, mentre studia piani a lungo termine. I materiali utilizzati nell’elettronica e nella tecnologia militare sono stati presi di mira dopo che gli Stati Uniti hanno inasprito i propri controlli sulle esportazioni di semiconduttori avanzati e apparecchiature per la produzione di chip.   La Cina ha inoltre accettato di riprendere gli acquisti di soia e altri prodotti agricoli dagli Stati Uniti, sospesi durante la recente situazione di stallo commerciale, mentre la maggior parte delle altre restrizioni commerciali restano in vigore.   Come riportato da Renovatio 21, due settimane fa Trump aveva dichiarato che «gli Stati Uniti sono in guerra commerciale con la Cina» spignendo la UE a imporre dazi del 500% su Pechino.   Trump stesso lo scorso mese aveva parlato di dazi al 100%. Sei mesi fa gli USA avevano imposto dazi fino al 3521% sulle importazioni di energia solare legate alla Repubblica Popolare.   A inizio anno, dinanzi all’animosità di Washington, Pechino aveva risposto di essere pronta alla «guerra commerciale o qualsiasi altro tipo di guerra».

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