Cina
Xi Jinping in Vietnam: firmati quasi 40 accordi contro i dazi USA
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
È il secondo viaggio in Vietnam in meno di un anno e mezzo per il presidente cinese, che punta a rilanciare la cooperazione strategica con il Paese comunista per fronteggiare le tariffe statunitensi. La visita rientra in un più ampio tour regionale che comprenderà anche la Malaysia e la Cambogia. Intanto oggi Phnom Penh ha inviato in Cina cittadini di Taiwan accusati di lavorare nei centri per le truffe online.
La Cina e il Vietnam hanno firmato oggi quasi 40 accordi di cooperazione i cui dettagli non sono ancora stati resi noti, ma che probabilmente riguarderanno il commercio tra i due Paesi comunisti. Il presidente cinese Xi Jinping era atterrato oggi ad Hanoi per rilanciare la cooperazione economica e superare l’imposizione dei dazi da parte dell’amministrazione statunitense guidata da Donald Trump.
Si tratta del secondo viaggio in Vietnam in meno di 18 mesi e la prima missione diplomatica dell’anno per Xi, che visiterà poi anche la Malaysia e la Cambogia.
Phnom Penh si sta già preparando all’arrivo del presidente cinese: il ministero degli Esteri di Taiwan oggi ha annunciato che la Cambogia ha arrestato 180 cittadini sospettati di essere coinvolti nei centri per le truffe online del Sud-Est asiatico: «la Cambogia, sotto le pressioni della Cina, non ha fornito l’elenco dei cittadini del nostro Paese né il numero totale dei deportati; il ministero non solo continua a sollecitare la Cambogia a fornire l’elenco al più presto, ma esprime anche la sua seria preoccupazione e protesta», ha riferito Taiwan.
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Né Phnom Penh né Pechino hanno rilasciato dichiarazioni a riguardo.
«Le guerre commerciali e tariffarie non hanno vincitori e il protezionismo non ha via d’uscita», ha invece scritto il presidente cinese in un editoriale pubblicato su Nhan Dan, il quotidiano ufficiale del Partito comunista vietnamita. «Dobbiamo difendere con fermezza il sistema commerciale multilaterale, mantenere la stabilità della produzione globale e delle catene di approvvigionamento, e preservare un ambiente internazionale aperto e cooperativo».
Allo stesso modo, in un articolo pubblicato sul Quotidiano del Popolo, organo di informazione del Partito Comunista Cinese, il segretario generale del Partito Comunista del Vietnam, To Lam – la carica più importante all’interno dell’esecutivo vietnamita – ha attribuito alla fiducia, alla sincerità e alla comprensione reciproca il merito delle relazioni globali tra i due Paesi e le due parti.
All’aeroporto di Hanoi Xi Jinping è stato accolto dal presidente del Vietnam, Luong Cuong, un gesto solitamente riservato alle personalità di rilievo. Successivamente, durante un incontro con To Lam, Xi ha ricordato i legami storici tra le due nazioni.
La Cina è il principale partner commerciale del Vietnam, a sua volta la nazione che nel Sud-Est asiatico dipende più di tutte da Pechino a livello di importazioni. Per eludere i dazi imposti alla Cina durante il primo mandato Trump, diverse aziende cinesi (ma non solo) avevano spostato in Vietnam la produzione dei beni destinati all’esportazione. Pechino è rimasto quindi il principale fornitore di materie prime, mentre Hanoi era finora riuscita a sfruttare le tensioni con Washington per trasformarsi in un hub manifatturiero regionale.
Nel 2024, nonostante alcuni punti d’attrito – prevalentemente legati alle dispute nel Mar Cinese meridionale – il commercio bilaterale tra i due Paesi comunisti aveva raggiunto i 260 miliardi di dollari. Nel primo trimestre del 2025, la Cina è risultata il secondo maggiore investitore diretto in Vietnam con 1,2 miliardi di dollari.
Durante l’incontro con To Lam, Xi ha espresso la volontà di espandere la cooperazione in materia di 5G e intelligenza artificiale, e ha poi annunciato la possibilità di una collaborazione su tre progetti ferroviari nel nord del Paese, vicino al confine.
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In parallelo, il primo ministro vietnamita, Pham Minh Chinh, ha incontrato il presidente della azienda aerospaziale COMAC (Commercial Aircraft Corporation of China), He Dongfeng, a cui ha proposto un aumento degli investimenti nel Paese e una collaborazione sull’acquisto di nuovi aeromobili.
Dal canto suo, il Vietnam – il cui principale mercato di esportazione restano gli Stati Uniti – ha cercato di rafforzare le spedizioni agricole verso la Cina per diversificare i rischi economici derivanti dalle caotiche politiche statunitensi.
L’amministrazione Trump ha infatti imposto una tariffa del 46% sulle esportazioni vietnamite, che Hanoi sta cercando di negoziare al ribasso, facendo ulteriori concessioni a Washington, mentre la Cina deve affrontare dazi del 145%, verso cui ha risposto con tariffe reciproche.
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Cina
Prima vendita di armi a Taiwan sotto Trump
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Cina
Apple elimina le app di incontri gay dal mercato cinese
Le principali app di incontri gay in Cina, Blued e Finka, sono state eliminate dall’Apple Store locale su ordine dell’autorità di regolamentazione internet di Pechino. Lo riporta Wired. Nel contesto è tuttavia utile ricordare che sino a qualche anno fa la Cina controllava l’app di incontri gay più diffusa al mondo.
Lanciata nel 2012, Blued è la più grande app di incontri gay in Cina, che in passato contava oltre 60 milioni di utenti nel mondo, prima che i controlli statali più rigidi ne riducessero la portata globale. Finka, concorrente più recente e popolare tra i giovani, è diventata una delle piattaforme LGBT in più rapida crescita in Cina grazie alle funzioni di social networking e all’interfaccia in stile gaming.
Secondo Wired, Apple ha rimosso entrambe le app dal suo App Store cinese su disposizione della Cyberspace Administration of China (CAC), che supervisiona i contenuti online e la sicurezza dei dati.
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L’articolo della rivista statunitense non specifica quando o perché sia stato emesso l’ordine, ma utenti dei social cinesi hanno notato la scomparsa delle app dagli store online durante il fine settimana. Le app, secondo quanto riferito, restano funzionanti per gli utenti esistenti, ma non sono più scaricabili per nuovi utenti.
Apple ha confermato la rimozione in una dichiarazione rilasciata lunedì.
«Rispettiamo le leggi dei Paesi in cui operiamo. In base a un ordine del CAC, abbiamo rimosso queste due app solo dallo store cinese», ha dichiarato un portavoce di Apple in un’e-mail alla testata. L’azienda ha aggiunto che entrambe le app erano già state ritirate da altri mercati. Né Blued né Finka hanno risposto alle richieste di commento.
La Cina ha depenalizzato l’omosessualità negli anni ’90, ma continua a vietare il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Sotto la presidenza di Xi Jinping, le autorità hanno intensificato gli sforzi per promuovere i valori familiari tradizionali e contrastare quella che definiscono «influenza occidentale». La campagna mira ad aumentare i tassi di natalità, rafforzare i ruoli di genere e scoraggiare stili di vita ritenuti incompatibili con i valori tradizionali. Gli attivisti LGBTQ+ cinesi affermano che la campagna ha alimentato censura e sorveglianza, con la chiusura di molti gruppi gay, il divieto di eventi Pride, la rimozione di contenuti omosessuali dai media e lo scioglimento di associazioni universitarie.
La maggior parte delle app di incontri LGBT è già bloccata in Cina. Grindr, con sede negli Stati Uniti, è stata rimossa dall’App Store cinese di Apple nel 2022 dopo l’inasprimento delle norme sulla sicurezza informatica e sulla privacy dei dati, che impongono l’archiviazione locale dei dati degli utenti. ZANK, un tempo tra le principali app di incontri gay in Cina, è stata chiusa nel 2017 per «diffusione di contenuti pornografici».
Renovatio 21 ha spesse volte parlato di Grindr, l’applicazione usata dalla comunità omosessuale. La possibilità che i suoi dati fossero usati per fini di ricatto verso migliaia (milioni…) di persone con lavori sensibili per il governo spinse Trump, allora presidente, a chiedere ai cinesi, che l’avevano comprata, di averla indietro. I cinesi, incredibilmente, obbedirono, ma non è chiaro se possano essersi sbarazzati dei dati.
Grindr, che ad un certo punto pareva potesse essere comperata dall’apparentemente inarrestabile azienda italiana Bending Spoons, già coinvolta nell’app governativa di tracciamento COVID «Immuni» e partecipata da grandi famiglie del capitalismo nazionale, sarebbe subentrata anche in alcuni scandali che riguardavano la politica e pure il mondo religioso.
Renovatio 21 ha ipotizzato che parte del rapporto tra Santa Sede e Repubblica Popolare Cinese, sbocciata negli accordi sino-vaticani, potrebbe essere dovuta al kompromat da Grindr che i comunisti cinesi detengono su tanti consacrati segretamente omosessuali.
Su Grindr infatti si dice che siano presenti quantità massive di sacerdoti. Il fatto è tornato alla ribalta di recente con il caso di un sacerdote USA, noto per le posizioni intransigenti verso lo sdoganamento cattolico di Sodoma, beccato sulla piattaforma. Ma anche in Italia sarebbero stati trovati consacrati di un certo spessore. Di uno in particolare, scriveva il Giornale, che raccoglieva il sussurro di Dagospia: «nella sua seconda vita si dava alle droghe (ecstasy, ma anche crack, Ghb e chetamina) e alla conquista di amanti (rigorosamente di sesso maschile) su Grindr». Una storia con parole che sembrano riemergere anche ora.
L’uso intensivo della app di incontri gay da parte perfino dei seminaristi è raccontato da un recente libro del sociologo Marco Marzano, La casta dei casti.
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Nata a Los Angeles nel 2009, Grindr per un periodo finì nelle mani dei cinesi, che acquistarono la società. Nel 2016 la società aveva venduto una quota del 60% nella società per 93 di dollari milioni a un gruppo di sviluppo di videogiochi cinese, Kunlun Tech Co.
L’acquisizione di una tale massa di dati sensibili non passò inosservata. Nel 2019 governo Trump chiese alla Cina di farla tornare in mano americana, perché i servizi USA paventavano che le informazioni contenute in quella app mettessero a rischio la sicurezza nazionale: quante persone, nell’esercito e nella pubblica amministrazione, nel governo e nelle grandi aziende, potevano essere ricattate? Quanti funzionari, generali, ministri, soldati, uomini delle pulizie hanno una doppia vita e quindi possono essere manipolati?
I cinesi, piuttosto incredibilmente, accettarono l’ordine di Trump. Il gruppo Kunlun cercò un compratore per liberarsi dell’applicazione. Nel marzo 2020, Kunlun annunciò che avrebbe venduto la sua quota del 98,59% in Grindr alla San Vicente Acquisition LLC con sede negli Stati Uniti per 608,5 milioni di dollari. Il lead investor, Raymond Zage, viene dall’Illinois ma ha base ora a Singapore – un luogo dove gli interessi della Cina Popolare non sono sconosciuti.
All’altezza del 2018, Grindr indicava perfino se l’utente fosse sieropositivo o meno: la feature venne ritirata, perché i giornali sinceri e democratici rabbrividirono per mancanza di privacy sanitaria (cosa che adesso fa ridere…), senza capire che probabilmente dietro a questa nuova spunta poteva schiudersi il mondo dei bugchasers e dei giftgivers, coloro che volontariamente contagiano o si fanno contagiare con l’HIV.
Da Grindr deriva Tinder, la app di incontri usata dagli eterosessuali: anche quella è sicuramente stata causa di migliaia di disastri famigliari, perché può esporre la doppia vita di «cacciatore» di appuntamenti di un coniuge. Tuttavia Tinder, nonostante la disperazione che produce la promiscuità della hook-up culture («cultura del rimorchio») che ha generato, non è stato in grado di impensierire i servizi di Intelligence USA. Grindr, invece, sì.
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Cina
Test dimostrano che i veicoli elettrici possono essere manipolati a distanza da un produttore cinese
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