Predazione degli organi
Un italiano su tre si rifiuta di donare gli organi, ma la macchina della predazione continua la sua mostruosa corsa
Gli organi di stampa ci informano che il 2024 è stato l’anno record per i trapianti di organi, con un incremento di quasi il tre percento rispetto al 2023, anno in cui l’Italia si è posizionata al secondo posto tra i paesi europei.
Secondo il ministro della Salute Schillaci tali risultati «sono stati resi possibili grazie alla generosità e alla solidarietà dei donatori di organi, delle loro famiglie e delle associazioni di volontariato». Tuttavia, continua il ministro, «Molte più vite potrebbero essere salvate se in numero sempre maggiore dicessimo sì alla donazione, un sì convinto».
Naturalmente, i fondi per foraggiare l’industria dei trapianti si trovano sempre e comunque, visto che nell’ultima legge di bilancio sono stati stanziati, a quanto pare, dieci milioni di euro l’anno per ridurre le liste di attesa per i trapianti e per l’acquisizione di nuovi dispositivi medici per la perfusione, conservazione e trasporto di organi e tessuti.
Sembra anche che il ministero della Salute e il Centro Nazionale Trapianti metteranno in campo una serie di iniziative volte ad abbattere le reticenze alla cosiddetta donazione, tra cui un’indagine conoscitiva sulle motivazioni che spingono le persone a prestare o meno il loro consenso all’espianto.
In realtà, l’unico sistema che hanno le Istituzioni per aumentare il numero degli espianti non è, ovviamente, quello di informare correttamente la popolazione sui veri termini della questione, bensì quello di fare leva sull’emotività e sui sensi di colpa.
In pratica, se non presti il tuo consenso a cedere pezzi del tuo corpo sei un egoista che non ha a cuore il bene degli altri (ci ricorda qualcosa?). Tale mezzo di convincimento funziona soprattutto nelle rianimazioni, dove ai parenti del comatoso viene prospettata la possibilità che il prelievo dei suoi organi possa consentire a qualcun’altro di sopravvivere.
Del resto, l’alternativa non è molto allettante: il distacco del loro congiunto dal respiratore, come da prassi. Infatti, è proprio in tale contesto che la percentuale delle opposizioni all’espianto risulta più bassa. Tuttavia, né la pressione psicologica né la martellante propaganda massmediatica riescono a sortire gli effetti sperati: un italiano su tre rifiuta di lasciarsi squartare vivo (ma guarda un pò). Infatti, nel 2024 ben il 36,3% delle persone che hanno espresso la loro volontà nelle anagrafi comunali ha scelto di opporsi al prelievo degli organi, con un aumento di circa 5 punti percentuali rispetto all’anno precedente.
Come mai dunque crescono le opposizioni ma i trapianti aumentano di numero? Sono gli stessi organi di stampa a fornirci la spiegazione: «Un fattore determinante per l’aumento delle attività di donazione e trapianto è stata la crescita delle donazioni a cuore fermo, ossia quella che proviene da pazienti la cui morte viene accertata dopo un arresto cardiaco di almeno venti minuti (…) I centri ospedalieri che si occupano di questa attività sono attualmente 85, contro i 72 di un anno fa”».
Il prelievo di tessuti da pazienti in arresto cardiaco (DCD) sembra rappresentare la nuova frontiera che consentirà all’industria dei trapianti di reperire un maggior numero di organi freschi, vista la grande incidenza delle malattie cardiovascolari nella popolazione. In sostanza, grazie all’utilizzo di appositi macchinari adibiti alla circolazione extracorporea, è possibile mantenere attiva la funzionalità degli organi anche in assenza di battito cardiaco.
Per determinare la morte con criteri cardiologici è obbligatorio osservare un’assenza completa di battito cardiaco e di circolo per il tempo necessario affinché si verifichi con «certezza» la necrosi encefalica. In Italia, la DCD può avvenire solo dopo che un medico abbia certificato la morte del paziente tramite l’esecuzione di un elettro-cardiogramma protratto per un tempo di almeno venti minuti, mentre nella maggioranza degli altri Paesi europei il tempo necessario è compreso tra i 5 e i 10 minuti.
Sì, avete capito bene: nel nostro Paese siamo certamente morti dopo venti minuti di arresto cardiaco e assenza di circolo, mentre in Spagna dopo soli 5 minuti. La cosa buffa è che tale evidente, incredibile mancanza di oggettività insita in tali criteri, invece di invalidare l’intera procedura di accertamento della morte viene spacciata come la prova provata dell’eccellenza italiana nel settore dei trapianti.
Del resto, come abbiamo potuto mettere in evidenza in altre occasioni, anche le procedure di accertamento della morte basate sui soli criteri neurologici (morte cerebrale) presentano la stessa, assurda mancanza di coerenza intrinseca.
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Tornando alla DCD, essa sembra collidere con le tecniche di rianimazione dei pazienti in arresto cardiaco, che sono di fondamentale importanza per la sopravvivenza degli stessi. Del resto, le manovre mirate a mantenere i tessuti vascolarizzati iniziano ben prima dei venti minuti necessari affinché, secondo la legge italiana, possa essere dichiarare la morte del paziente.
Non sembra così azzardato supporre che in questi casi, malgrado sulla carta i sanitari siano tenuti a non modificare l’approccio e la qualità delle cure delle persone in rianimazione, gli sforzi degli stessi siano perlopiù tesi a mantenere sani gli organi per l’espianto, piuttosto che a salvaguardare la vita del paziente in arresto cardiaco.
L’invenzione di nuove tecniche per la predazione degli organi è la dimostrazione che nel momento in cui agli oggettivi criteri di accertamento della morte, fondati sulla cessazione di tutte le funzioni vitale dell’individuo, sono stati affiancati altri criteri niente affatto oggettivi, basati sulla presunta cessazione della funzionalità di un organo, si è aperta la strada ad ogni sorta di abuso – e ad una strage infinita che è sotto i nostri occhi.
Alfredo De Matteo
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Morte cerebrale
Le ridefinizioni della morte da parte dell’industria della donazione di organi minacciano le persone viventi
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Eutanasia
Uno studio promuove i trapianti di fegato dalle vittime dell’eutanasia canadese
Un recente studio rivela che i trapianti di fegato prelevati da donatori sottoposti a eutanasia offrono esiti paragonabili a quelli di altre donazioni, un risultato che potrebbe intensificare la pressione per ampliare l’eutanasia tra i canadesi più fragili. Lo riporta LifeSite.
Il 26 ottobre il Journal of Hepatology ha pubblicato una ricerca che confronta i trapianti epatici in Canada derivati da donazioni dopo la cosiddetta «morte circolatoria» – una delle giustificazioni scientifiche per l’assassinio della preda – con quelli da individui eutanasizzati, nell’ambito dell’aumento globale di prelievi da vittime di eutanasia o «assistenza medica alla morte» (MAiD).
«Il nostro lavoro rappresenta la prima esperienza canadese su larga scala, in linea con studi belgi e olandesi, e dimostra esiti positivi oltre al concreto impatto della donazione MAiD sulla disponibilità di organi», ha dichiarato il co-autore principale della ricerca A.M. James Shapiro.
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«Pur non essendo tutti i candidati MAiD idonei alla donazione, speriamo che lo studio chiarisca il potenziale di questa pratica», ha aggiunto, definendola «un ultimo atto di generosità capace di salvare molte vite».
Il Canada, insieme ad Australia, Belgio, Spagna e Paesi Bassi, autorizza il prelievo di organi da persone eutanasizzate. Sotto il governo liberale di Giustino Trudeau, il Paese è divenuto leader mondiale in questa pratica allucinante.
L’interesse è esploso di recente dopo il trapianto riuscito del cuore di un canadese eutanasizzato in un paziente americano con insufficienza cardiaca.
Mentre migliaia di canadesi restano privi di cure adeguate e vengono persino indotti all’eutanasia, il sistema sanitario liberale sembra privilegiare il lucroso mercato dell’espianto da persone uccise dallo Stato.
Stime indicano che un cuore vale circa 1 milione di dollari negli USA, un fegato 557.000, un rene 262.000; seguono pelle (10 dollari a pollice), stomaco (500) e cornee (1.500 l’una), scrive LSN.
L’accademico conservatore Angelo Bottone avverte che, nei Paesi dove la donazione post-eutanasia è già realtà, si discute di espiantare addirittura prima della morte dichiarata – una morte che i lettori di Renovatio 21 sanno essere pura finzione, come da convenzione harvardiana sulla cosiddetta «morte cerebrale», la grande truffa iniziata sessanta anni fa per dare il via alla satanica filiera stragista dei trapianti.
«Propongono di rimuovere gli organi sotto anestesia generale mantenendo circolazione e ossigenazione fino al prelievo, per massimizzare qualità e quantità», scrive il Bottone.
L’eutanasia è oggi la sesta causa di morte in Canada, ma Statistics Canada non la include tra le prime dieci dal 2019 al 2022, registrando solo la patologia di base che ha portato alla scelta MAiD. Nel 2022, secondo Health Canada, 13.241 canadesi sono morti per iniezione letale: il 4,1% di tutti i decessi, +31,2% rispetto al 2021.
Come riportato da Renovatio 21, esempi della trasformazione del suicidio assistito di Stato in catena di fornitura di organi umani – non diversamente da quanto avviene con i condannati a morte nella Repubblica Popolare Cinese – sono sotto la luce del sole da un po’.
Come riportato da Renovatio 21, in Canada è partita la promozione per offrire la MAiD – il programma eutanatico massivo attivato dal governo di Ottawa – anche per bambini e adolescenti. Non manca nel Paese il dibattito per l’eutanasia dei bambini autistici.
Di fatto, un canadese ogni 25 viene oggi ucciso dall’eutanasia. L’aumento negli ultimi anni è stato semplicemente vertiginoso. E la classe medica, oramai totalmente traditrice di Ippocrate e venduta all’utilitarismo più sadico e tetro, insiste che va tutto bene.
Come riportato da Renovatio 21, qualche mese fa un’altra veterana dell’esercito, divenuta disabile, ha riportato che alcuni funzionari statali avevano risposto alla sua richiesta di avere in casa una rampa per la sedie a rotelle offrendole invece la possibilità di accedere al MAiD – cioè di ucciderla.
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Ma non è il caso più folle del degrado assassino raggiunto dallo Stato canadese: ecco l’ecologista che chiede di essere ucciso per la sua ansia cronica riguardo al Cambiamento Climatico, ecco i pazienti che chiedono di essere terminati perché stanchi di lockdown, ecco le proposte di uccisione dei malati di mente consenzienti, e magari pure dei neonati. Il tutto, ovviamente, con il corollario industriale, della predazione degli organi, di cui il Paese ora detiene il record mondiale.
Il Canada del governo Trudeau e del suo successore Carney – dove il World Economic Forum regna, come rivendicato boriosamente da Klaus Schwab – è il Paese dell’avanguardia della Necrocultura. Se lo Stato può ucciderti, ferirti, degradarti, lo fa subito, e legalmente. Magari pure con spot mistico propalato da grandi società private in linea con il dettato di morte. In Canada l’eutanasia viene servita anche alle pompe funebri.
A febbraio l’eutanasia è stata offerta anche ad una signora riconosciuta come danneggiata da vaccino COVID.
Secondo alcuni, l’eutanasia in Canada – che si muove verso i bambini – sta divenendo come una sorta di principio «sacro» dello Stato moderno.
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Morte cerebrale
Gli ospedali sfruttano la «morte circolatoria» per prelevare organi da persone viventi
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