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Nave cinese sospettata di aver danneggiato un cavo nel Mar Baltico

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Una nave mercantile cinese in rotta dalla Russia all’Egitto è sospettata di essere coinvolta nei danni a due cavi dati sotto il Mar Baltico. Lo riportano di versi organi di stampa.

 

Il BCS East-West-Interlink, che collega la Lituania alla Svezia, è stato gravemente danneggiato domenica, mentre il cavo sottomarino in fibra ottica C-Lion1 dalla Finlandia alla Germania è stato tagliato lunedì mattina. La causa di entrambi gli incidenti è finora sconosciuta.

 

«Gli svedesi stanno esaminando attentamente la nave cinese», ha affermato mercoledì il Financial Times citando una fonte anonima. I localizzatori marittimi hanno identificato la nave come Yi Peng 3, di proprietà della Ningbo Yipeng Shipping.

 

«La Difesa danese può confermare che siamo presenti nell’area vicino alla nave cinese Yi Peng 3», ha affermato il ministero della Difesa di Copenaghen in un criptico post X mercoledì. «La Difesa danese al momento non ha ulteriori commenti».

 


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I siti web di tracciamento marittimo hanno mostrato che la nave cinese si era fermata nello stretto di Kattegat, a nord di Copenaghen, con due navi della Marina Reale Danese nelle vicinanze. La nave era partita da Ust-Luga in Russia ed era diretta a Port Said in Egitto.

 

«Non abbiamo informazioni su questa questione», ha detto al FT l’ambasciata cinese in Svezia, mentre un rappresentante della Ningbo Yipeng ha detto solo che il governo danese aveva chiesto all’azienda di «collaborare con le indagini».

 

I funzionari finlandesi hanno sconsigliato di affrettare il giudizio lunedì. Ciò non ha impedito al ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius di dare la colpa all’«azione ibrida».

 

«Nessuno crede che questi cavi siano stati tagliati accidentalmente», ha detto Pistorius martedì. «E dobbiamo anche supporre, senza saperlo ancora, che si tratti di sabotaggio».

 

Citando fonti anonime online, il quotidiano tedesco Bild e la rivista statunitense Newsweek hanno affermato che il capitano della Yi Peng 3 era un cittadino russo.

 

Il C-Lion1 corre vicino ai gasdotti NordStream, che un tempo trasportavano gas naturale dalla Russia alla Germania. Tre tubi su quattro sono stati danneggiati da un sabotaggio nel settembre 2022. Nessuno si è assunto la responsabilità delle esplosioni che hanno reso inutilizzabili i gasdotti. Il giornalista investigativo Seymour Hersh ha puntato il dito contro gli Stati Uniti e la Norvegia. Diversi giornali occidentali hanno invece affermato che un gruppo di ucraini ha effettuato il bombardamento.

 

Arresti nel caso del Nord Stream sono stati effettuati nelle ultime ore.

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Cina

Pechino condanna a morte 16 gestori dei centri per le truffe online in Birmania

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.   Il tribunale di Wenzhou ha giudicato colpevoli 39 imputati della famiglia Ming, originaria dello Stato Shan nel nord del Myanmar. Le accuse comprendono frode e traffico di droga con proventi stimati in oltre 10 miliardi di yuan. Tra i condannati a morte figurano il figlio e la nipote del patriarca Ming Xuechang, morto in circostanze controverse durante l’arresto. L’operazione si inserisce nella più ampia repressione di Pechino contro i gruppi criminali che operano in Myanmar.   Un tribunale cinese ha condannato a morte 16 membri della famiglia Ming, potente gruppo criminale della regione Kokang, nello Stato Shan del nord del Myanmar, coinvolto nei commerci illeciti legati ai centri per le truffe online, una questione a cui Pechino da tempo sta rispondendo con una dura repressione.   Secondo i media cinesi, il Tribunale intermedio di Wenzhou, nella provincia orientale di Zhejiang, ha riconosciuto colpevoli 39 imputati per 14 reati, tra cui frode, omicidio e lesioni volontarie. Le condanne sono state differenziate: 11 imputati hanno ricevuto la pena capitale immediata, cinque la condanna a morte con sospensione di due anni, 11 l’ergastolo e gli altri pene comprese tra i cinque e i 24 anni di carcere.   Per alcuni sono state inoltre disposte anche multe e la confisca dei beni.

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L’accusa ha ricostruito che, a partire dal 2015, la famiglia Ming ha sfruttato la propria influenza nella regione Kokang per costituire una fazione armata e creare diversi «parchi» composti da edifici dediti alle truffe online. I gruppi armati hanno stretto alleanze con altre bande per fornire protezione alle attività illecite del clan: truffe telefoniche, traffico di droga, prostituzione, gestione di casinò e giochi d’azzardo online. I proventi stimati da frodi e gioco d’azzardo superano i 10 miliardi di yuan, circa 1,4 miliardi di dollari, secondo l’accusa.   Al centro del processo è finita in particolare la «Crouching Tiger Villa», una base utilizzata per le truffe online di proprietà di Ming Xuechang, patriarca della famiglia. Il 20 ottobre 2023 le guardie del complesso aprirono il fuoco contro lavoratori che cercavano di fuggire: fra le vittime vi furono 14 cittadini cinesi, alcuni dei quali – secondo indiscrezioni non verificate – erano agenti di sicurezza sotto copertura inviati da Pechino.   Tra i condannati a morte figurano anche il figlio di Ming Xuechang, Ming Xiaoping (noto anche come Ming Guoping), e la nipote, Ming Zhenzhen. Non compare invece la figlia, Ming Julan, il cui arresto era stato annunciato in un primo momento ma non confermato nella successiva comunicazione ufficiale da parte della giunta birmana.   Il patriarca Ming Xuechang, 69 anni, era stato arrestato nel novembre 2023 insieme ad altri membri della famiglia, nel quadro della pressione esercitata da Pechino sul Myanmar per smantellare i sindacati criminali del Kokang.Secondo le autorità di Naypyidaw, Xuechang si sarebbe sparato durante l’arresto ed è morto in seguito per le ferite riportate. In passato era stato membro della Zona a statuto speciale del Kokang e deputato del parlamento statale dello Shan per l’Union Solidarity and Development Party (USDP), partito legato ai militari birmani.   Il caso della famiglia Ming si inserisce nella vasta campagna lanciata da Pechino contro le truffe telefoniche transnazionali. Il ministero della Pubblica sicurezza ha dichiarato che, solo nel periodo del 14° Piano quinquennale (2021-25), la polizia cinese ha risolto 1,74 milioni di casi di frode, smantellato oltre 2mila centri di truffe all’estero e arrestato più di 80mila sospetti.   In parallelo, anche la milizia legata a Pechino che controlla il Wa State, un’area anch’essa al confine tra Cina e Myanmar, ha di recente intensificato i rimpatri forzati verso la Cina: solo negli ultimi nove mesi sono state deportate 448 persone sospettate di frodi online, in una dozzina di operazioni coordinate con Pechino.   Invitiamo i lettori di Renovatio 21 a sostenere con una donazione AsiaNews e le sue campagne. Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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Israele paga gli influencer 7000 dollari a post sui social media USA

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Israele ha finanziato influencer per pubblicare contenuti sui social media al fine di migliorare la propria immagine negli Stati Uniti. Lo riporta la testata online Responsible Statecraft.

 

Come riportato da Renovatio 21, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha recentemente evidenziato l’importanza dei creatori di contenuti per mantenere il supporto allo Stato Ebraico, incontrando, a margine della sua problematica apparizione all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, gli influencer filosionisti.

 

Martedì, Responsible Statecraft ha riportato che documenti presentati in conformità al Foreign Agents Registration Act (FARA) degli Stati Uniti hanno svelato i dettagli di una «campagna di influencer» gestita da una società di consulenza con sede a Washington che collabora con il ministero degli Esteri israeliano.

 

Le fatture inviate ad un gruppo mediatico tedesco, che coordina la campagna, indicano un finanziamento di 900.000 dollari tra giugno e novembre 2025 per un gruppo di 14-18 influencer. I documenti stimano tra 75 e 90 post in quel periodo, con un costo per post tra 6.143 e 7.372 dollari, secondo Responsible Statecraft. Non è stato reso noto quali influencer siano coinvolti.

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La società statunitense avrebbe coinvolto un ex portavoce delle Forze di Difesa Israeliane (IDF) e un ex rappresentante della società israeliana di spyware NSO Group, produttrice del celeberrimo software-spia per smartphone Pegasus.

 

La settimana scorsa, Netanyahu ha dichiarato in una conferenza stampa che è essenziale rafforzare la «base di sostegno di Israele negli Stati Uniti» attraverso gli influencer, soprattutto su piattaforme come TikTok – di cui si è beato per l’acquisto da parte del miliardario filo-israeliano Larry Ellison – e X, posseduto dall’«amico» Elone Musk.

 

La campagna d’immagine di Israele si colloca in un contesto di diminuzione del sostegno negli Stati Uniti, in particolare riguardo alla guerra di Gaza. Un recente sondaggio del New York Times ha rivelato che il 60% degli americani ritiene che Israele debba porre fine al conflitto, e più della metà si oppone a ulteriori aiuti economici e militari allo Stato degli ebrei .

 

Alcuni legislatori, come la deputata repubblicana Marjorie Taylor Greene, hanno definito la situazione a Gaza un «genocidio» e si sono opposti a ulteriori aiuti a Israele.

 

Come riportato da Renovatio 21, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, pur continuando a sostenere Israele, ha recentemente ammesso che l’influenza della lobby israeliana, che un tempo aveva un «controllo totale» sul Congresso, è diminuita.

 

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Netanyahu saluta l’acquisizione di TikTok come la nuova «arma» di Israele nella guerra dell’informazione

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Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha descritto l’imminente acquisizione della piattaforma social TikTok da parte di alleati di Israele come l’ottenimento di un’«arma» «importantissima» per «combattere la battaglia», sottolineando che questo sviluppo «potrebbe avere conseguenze estremamente importanti».   Parlando a un gruppo di «influencer pro-Israele» dopo il suo discorso all’Assemblea generale delle Nazioni Unite di venerdì scorso, durante il quale molte delegazioni hanno abbandonato la sala in protesta per quella che è ampiamente considerata una guerra genocida condotta da Israele contro i palestinesi di Gaza, Netanyahu ha discusso delle «sfide nella nuova era» e dell’influenza dei social media nel dibattito su Israele.   Rispondendo a una domanda su come contrastare la perdita di sostegno negli Stati Uniti, influenzata da critici di Israele come Candace Owens e Tucker Carlson, Netanyahu ha esortato a considerare i social media come «strumenti di battaglia» e ha definito l’acquisizione di TikTok «di fondamentale importanza» per gli interessi di Israele.  

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«Quello che dobbiamo fare è assicurarci quella parte della nostra base di sostegno negli Stati Uniti, che viene sistematicamente messa in discussione… Come possiamo reagire? I nostri influencer, credo che dovreste parlare anche con loro, se ne avete la possibilità», ha detto il premier dello Stato degli ebrei. «E in secondo luogo, dovremo usare gli strumenti della battaglia. Le armi cambiano nel tempo… dobbiamo combattere con le armi adatte ai campi di battaglia in cui siamo impegnati. E le più importanti sono sui social media».   Netanyahu ha poi celebrato «l’acquisto più importante in corso in questo momento», identificandolo come TikTok. «E spero che vada a buon fine perché può avere conseguenze».   Nel novembre 2023, una registrazione trapelata mostrava Jonathan Greenblatt dell’Anti-Defamation League esprimere preoccupazione: Israele aveva «un grave, grave, grave problema generazionale», con i sondaggi che indicavano che il calo di sostegno negli Stati Uniti non riguardava sinistra contro destra, ma giovani contro anziani.   «Abbiamo davvero un problema con TikTok, un problema della Generazione Z, e la nostra comunità deve… concentrare le nostre energie… e in fretta», aveva dichiarato il direttore dell’ADL.  

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I dati mostrano un calo del sostegno a Israele tra la Generazione Z americana (età fino a 30 anni). Un sondaggio Pew del 2022 ha rilevato che solo il 41% dei giovani tra 18 e 29 anni aveva un’opinione positiva di Israele, rispetto al 69% degli over 65. Nel 2024, il Pew Research Center ha riportato che solo il 14% della Generazione Z simpatizzava per Israele, contro il 33% per i palestinesi.   Un articolo del 2023 della testata di Washingyon The Hill ha evidenziato che la Generazione Z è più scettica verso Israele, con l’hashtag #freepalestine su TikTok che conta 31 miliardi di post contro i 590 milioni di #standwithisrael.   Per affrontare questo, l’ADL e altri gruppi della lobby israeliana hanno sostenuto il Protecting Americans from Foreign Adversary Controlled Applications Act (PAFACA), ufficialmente per limitare app come TikTokko a causa dei legami con la Cina, ma anche per contrastare il «sentimento anti-israeliano» sulla piattaforma, come denunciato dalle Federazioni ebraiche del Nord America e da Hadassah.   Politici come Ted Cruz hanno criticato TikTok per «propaganda anti-israeliana», mentre Nikki Haley ha sostenuto che l’uso della piattaforma rende le persone «più antisemite».   Secondo la testata Nebraska Examiner, i 55 co-sponsor del disegno di legge alla Camera hanno ricevuto 3,35 milioni di dollari dall’AIPAC (la principale lobby politica per gli interessi di Israele negli USA) per le campagne del 2024. Nell’aprile 2024, il Congresso ha approvato il PAFACA con supporto bipartisan, e Joe Biden lo ha firmato.   Il senatore Mitt Romney ha ammesso che la legge è stata approvata per il volume di post pro-palestinesi su TikTokko.   Come riportato da Renovatio 21, giovedì scorso, Trump ha firmato un ordine esecutivo che approva un accordo per trasferire il controllo di TikTok a società prevalentemente americane, tra cui Oracle, di proprietà del miliardario filo-israeliano Larry Ellison, che avrà l’autorità di gestirne l’algoritmo.   Ellison, grande donatore dell’esercito israeliano, è stato collegato da alcuni a Netanyahu, incriminato con Yoav Gallant dalla Corte Penale Internazionale per «crimini contro l’umanità e crimini di guerra». «Larry Ellison e una costellazione di miliardari otterranno finalmente ciò che vogliono, acquistando proprio l’app che volevano eliminare un anno fa perché troppo “filo-palestinese”» ha scritto Kelley Vlahos su Responsible Statecraft   Anche Rupert Murdoch, magnate dei media e proprietario di testate come Wall Street Journal e Fox News, è tra gli investitori, con stretti legami con Netanyahu.

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Candace Owens ha commentato su X: «Mi piace che a Bibi Netanyahu sia stato chiesto come combattere Candace Owens e Tucker Carlson e la sua risposta sia stata in pratica “dobbiamo comprare TikTok” (….) Come se a queste persone non fosse mai venuto in mente di smettere semplicemente di uccidere e magari iniziare a dire la verità. Nemmeno un’opzione».   Durante l’incontro con i content creator filosionisti il Netanyahu ha poi rivolto l’attenzione su X/Twitter, sottolineando l’importanza di coinvolgere anche questa piattaforma. «Dobbiamo parlare con Elon, non è un nemico. È un amico», ha detto Netanyahu. «Se riusciamo a ottenere queste due cose (TikTok e X), otteniamo molto», ha concluso il primo ministro dello Stato Giudaico.   L’incontro si è tenuto a latere del discorso di Netanyahu alle Nazioni Unite, dove i rappresentanti di tanti Paesi sono usciti quando sul podio è salito l’israeliano.   Come riportato da Renovatio 21, nel discorso all’Assemblea Generale ONU Netanyahu ha assicurato che non vi sarà uno Stato palestinese, riconosciuto però dallo stesso scranno dai rappresentanti di molti Paesi.  

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