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Il presidente di Haiti chiede all’ex colonizzatore francese di pagare «giuste e appropriate riparazioni», ma si sbrodola davanti all’ONU

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Il presidente ad interim haitiano Edgard Leblanc Fils ha chiesto alla Francia di pagare «giuste e appropriate riparazioni» per compensare il debito dell’era coloniale imposto alla sua nazione.

 

Tuttavia, l’appello dell’haitiano al «rispetto» è diventato virale per altri motivi: il presidente si è bagnato con una brocca d’acqua durante il discorso, in uno sbrodolamento in mondovisione destinato a passare alla storia.

 

Parlando all’Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York giovedì, Leblanc, capo del Consiglio presidenziale di transizione haitiano, ha descritto il suo Paese come «la grande vittima di un’ingiustizia storica che ha ritardato il suo sviluppo e gravato sul suo popolo».

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«Questo debito è stata una punizione ingiusta che ha soffocato il potenziale del popolo haitiano per generazioni», ha detto Leblanc all’assemblea delle Nazioni Unite. Haiti, ha detto, «non è alla ricerca di carità, ma di giustizia, rispetto per la sua dignità e il suo diritto a un’esistenza dignitosa e prospera».

 

Mentre il Leblanc pronunciava la parola «dignità», ha sollevato una grande brocca d’acqua e ha tentato di berne, rovesciando l’acqua sul suo vestito nel processo.

 

Il filmato dell’incidente è diventato rapidamente virale: il Leblanco è apparentemente l’unico oratore all’assemblea a bere direttamente dalla brocca, invece di riempire prima un bicchiere.

 


Tuttavia, il presidente si subito riavuto per continuare a chiedere denaro alla Francia. Haiti, ha detto, cerca «l’attuazione di riparazioni giuste e appropriate, che consentiranno al nostro popolo di liberarsi dalle catene invisibili di questo passato ingiusto».

 

Leblanc si riferiva a un debito imposto ad Haiti dalla Francia nel 1825, due decenni dopo che una rivolta degli schiavi aveva posto fine al dominio di Parigi sulla nazione caraibica. In base all’accordo, ad Haiti fu ordinato di pagare alla Francia 150 milioni di franchi in cinque rate annuali in cambio del riconoscimento diplomatico e di risarcire Parigi per la perdita della sua colonia più produttiva.

 

Haiti dovette prendere in prestito denaro dalla Francia e dagli Stati Uniti per pagare anche una sola installazione, creando di fatto un doppio debito. Quando Haiti effettuò il suo pagamento finale nel 1947, si stimò che la nazione impoverita avesse consegnato un totale di 12 milioni di franchi, ovvero più di 560 milioni di dollari odierni.

 

Il Leblanc non ha detto quanti soldi sta cercando, ma gli attivisti hanno già chiesto fino a 200 miliardi di dollari, usando metodi poco chiari per calcolare gli interessi sui 560 milioni di dollari pagati da Haiti, più la potenziale crescita economica ostacolata da un secolo di rimborsi.

 

Parigi ha già escluso qualsiasi pagamento di riparazioni.

 

Haiti è passata da una crisi all’altra nei decenni successivi all’ultimo pagamento del debito. I dittatori padre e figlio Francois «Papa Doc» Duvalier e Jean-Claude «Baby Doc» Duvalier hanno governato il paese dal 1957 al 1986, periodo durante il quale il debito nazionale è salito alle stelle e la popolazione haitiana è rimasta la più povera dell’emisfero occidentale.

 

Più di recente, Haiti è stata devastata da un terremoto nel 2010 che ha ucciso più di 220.000 persone e il Paese è sprofondato nell’anarchia con linciaggi, roghi, decapitazioni in strada dopo l’assassinio del presidente Jovenel Moise nel 2021. L’Alto Commissario per le Nazioni Unite Michelle Bachelet definì i livelli di violenza sull’isola «inimmaginabili ed intollerabili».

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Una confederazione di bande criminali ha governato di fatto Haiti fino all’istituzione, all’inizio di quest’anno, del Consiglio presidenziale di transizione, incaricato di governare il paese fino all’elezione di un presidente.

 

Gli Haitiani sono oggi al centro delle polemiche negli USA dopo che a Springfield, in Ohio, si è diffusa la notizia secondo cui alcuni immigrati haitiani (che sono presenti in massa nella cittadina) starebbero mangiando cani e gatti.

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I media mainstream e il Partito Democratico USA hanno cercato di smentire la storia come fake news, ma il giornalista investigativo Chris Rufo, dopo aver messo una taglia, ha trovato un video che ha verificato e che comproverebbe la consuzione di animali domestici da parte di immigrati recenti.

 

Il candidato presidente Donaldo J. Trump aveva subito abbracciato il tema, ripetendolo durante il confronto elettorale con la Harris.

 

Come riportato da Renovatio 21, le parole dell’ex presidente sono diventate immediatamente un meme, con canzoni irresistibili prodotte a riguardo.

 

 

Come riportato da Renovatio 21, di particolare rilevanza anche le immagini generate dall’Intelligenza Artificiale che gli utenti hanno messo in rete, dove il Trump salva gattini, cani e talvolta ocherelle da orde di haitiani inferociti.

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Trump trolla tutti con un video AI in cui bombarda di escrementi i manifestanti «No Kings»

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Il presidente statunitense Donald Trump ha ridicolizzato le proteste «No Kings», diffondendo su Truth Social vari video generati dall’intelligenza artificiale, tra cui uno in cui rovescia sulla folla quella che appare come una massa di escrementi.   Sabato gli Stati Uniti sono stati teatro di un’ondata di dimostrazioni contro l’amministrazione Trump, con grandi raduni organizzati in oltre 2.500 luoghi in tutto il territorio nazionale.   I partecipanti accusano il presidente di abuso di potere e di erosione della democrazia, criticando inoltre la sua politica repressiva verso gli immigrati irregolari e l’impiego di truppe nelle città con la motivazione di contrastare la criminalità diffusa.   In risposta, Trump ha postato sui social media clip create con l’IA, inclusi filmati inizialmente caricati da Xerias, un account X pro-Trump noto per produrre meme digitali.   Una delle sequenze mostra Trump ai comandi di un jet da combattimento battezzato «King Trump», che scarica enormi masse di materia fecale su una folla di manifestanti – con in sottofondo la canzone di Kenny Loggins Danger Zone, irrimediabilmente associata alla celeberrima pellicola aeronautica Top Gun (1986), che la utilizza ben tre volte nella storia con protagonista il Tom Cruise.   Il video AI rilanciato dal presidente include anche un’immagine condivisa durante la protesta di New York dall’influencer progressista Harry Sisson, che nel video finisce sommerso, come tutta la serqua di manifestanti «No Kinghi» da una poderosa quantità di materia escrementizia.  

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Il Sisson, idolo tiktoker progressista, l’ha presa male. Domenica mattina, Sisson ha replicato su X al video che lo ritraeva: «un giornalista può domandare a Trump il motivo per cui ha postato un filmato generato dall’IA in cui mi fa cadere la cacca addosso da un caccia?».   Il ragazzo ha quindi proceduto ad insultare Trump dicendo che nella realtà l’aereo non sarebbe potuto decollare a causa del «fat ass» («culo grasso») del presidente. Per fare ciò, il Sissone rimanda in onda per intero l’irresistibile video, di fatto ampliandone la portata.     In un’altra clip, originariamente diffusa dal vicepresidente JD Vance e condivisa da Trump, il presidente indossa una corona e un mantello, estrae una spada e si erge trionfante sugli avversari democrat.  

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Il montaggio condiviso dal Vance termina con figure di spicco del Partito Democratico, come l’ex speaker della Camera Nancy Pelosi e il leader dell’opposizione al Senato Chuck Schumer, in ginocchio ai suoi piedi. Si tratta qui di un’allusione esplicita a una sessione fotografica del 2020 in onore di George Floyd.   I contenuti di Trump hanno suscitato risposte polarizzate: i suoi sostenitori li hanno rilanciati con entusiasmo, mentre detrattori come il senatore democratico Brian Schatz li hanno aspramente censurati. «Perché il Presidente dovrebbe diffondere online un’immagine in cui scarica feci sulle città americane?», ha twittato Schatz su X.   I progressisti americani non hanno ancora capito veramente che per la prima volta alla Casa Bianca c’è un presidente troll, e di capacità di trollaggio eccelse, o meglio quello che l’antropologia dell’internetto oggi definisce uno shitposter. Parola assai adeguata anche al caso presente.  

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Immagine screenshot da Twitter  
 
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Trump contro la trionfale copertina di TIME: «mi hanno fatto sparire i capelli»

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Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha criticato l’ultima copertina della rivista Time, che accompagna un articolo che loda il suo ruolo nel negoziato di un cessate il fuoco tra Israele e il gruppo militante palestinese Hamas.

 

L’edizione di lunedì della rivista ha definito la tregua di Gaza come il «trionfo» di Trump, presentando un suo ritratto scattato dal basso. Sebbene abbia riconosciuto che l’articolo in sé fosse «relativamente buono», Trump ha duramente contestato l’immagine su Truth Social martedì mattina, definendola «forse la peggiore di sempre».

 

«Mi hanno fatto “scomparire” i capelli e poi hanno messo sopra la mia testa qualcosa che sembrava una corona fluttuante, ma estremamente piccola. Davvero strano!» ha scritto.

 

Trump ha frequentemente accusato i media americani di parzialità, sostenendo che la maggior parte della copertura mediatica evidenzi ingiustamente le critiche alla sua presidenza.

 

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Non si tratta della prima volte che il Trump si preoccupa della sua criniera, a lungo oggetto di speculazioni sulla sua autenticità. Per provare di avere i capelli veri, si fece tirare i capelli in diretta dalla giornalista televisiva Mika Brzezinski (figlia del geostratega Zbigniew), che col marito co-conduttore Joe Scarborough divenne poi acerrima avversaria del presidente (con reductio ad Hitlerum ad abundatiam) e parossistica apologeta di Biden.

 

 

Il figlio primogenito Don jr. ha raccontato durante un incontro pubblico con Charlie Kirk che, raggiunto al telefono dai figli dopo l’attentato subito a Butler in Virginia durante la campagna elettorale, Trump ha chiesto loro come in TV, in quel momento, fossero i suoi capelli. «I capelli vanno bene… c’è molto sangue, ma vanno bene» ha risposto il figlio.

 

 

È lecito pensare che vi sia nel presidente statunitense una cifra sansonica, per cui il suo potere – a questo punto indiscutibile – è tratto proprio dalle sue bionde, inconfondibili, escrescenze tricologiche – che sono, lo sanno gli esperti, uno strumento di branding perfino superiore al baffetto dello Hitler, al baffone dello Stalin, alla pelata mussoliniana.

 

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Ai nordcoreani è stato ordinato di identificare le donne con tette «antisocialiste»

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La Corea del Nord ha lanciato una severa campagna contro le donne sospettate di aver utilizzato protesi mammarie considerate «capitaliste», classificando tali interventi estetici come «antisocialisti» e «borghesi». Lo riporta il giornale britannico Telegraph.   Le forze di sicurezza del regime starebbero effettuando ispezioni invasive, con i responsabili dei comitati di quartiere incaricati di individuare donne che mostrano evidenti modifiche fisiche e di segnalarle per ulteriori accertamenti.   Nel regime guidato da Kim Jong-un, interventi come l’aumento del seno e la chirurgia delle palpebre sono ritenuti «atti non socialisti» e sono vietati. Chi viola queste norme rischia gravi conseguenze.   La notizia è emersa in concomitanza con un processo pubblico tenutosi nella sala culturale di Sariwon, dove un medico e due giovani donne sono stati processati per aver praticato e subito interventi al seno non autorizzati. Il medico, con scarsa esperienza, aveva abbandonato gli studi di medicina prima di completare la formazione chirurgica.   «A metà settembre, un processo pubblico si è svolto in un centro culturale nel cuore di Sariwon contro un medico che ha eseguito un’operazione illegale di mastoplastica additiva e due donne che si sono sottoposte all’intervento», ha riferito una fonte della provincia di North Hwanghae al quotidiano sudcoreano Daily NK.   I pubblici ministeri hanno accusato le donne di essere state «contaminate dalle usanze borghesi» e di aver adottato un «comportamento capitalista corrotto». Le imputate hanno dichiarato di voler «migliorare il loro aspetto», ma sono state definite una minaccia per il sistema socialista.

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Il giudice ha promesso «punizioni severe», mostrando come prove strumenti medici, silicone di contrabbando e denaro contante. Secondo quanto riferito, il giudice ha dichiarato che una delle imputate «non aveva alcuna intenzione di essere leale all’organizzazione e al collettivo, ma era ossessionata dalla vanità, diventando un’erba velenosa che minava il sistema socialista».   Una fonte ha inoltre riferito al Daily NK «che tra i residenti presenti al processo, si sono sentite critiche come “i medici fanno di tutto per denaro”, ma anche commenti di solidarietà, come “Non lo fa forse perché non ha altri mezzi per vivere?”»   Molte donne di Sariwon vivono nel timore di essere sottoposte a controlli se sospettate di aver effettuato interventi di chirurgia estetica.  

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