Geopolitica
Ankara e Baghdad siglano uno «storico accordo» militare e in materia di sicurezza

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Il MoU frutto di una due giorni di colloqui bilaterali ad Ankara a livello di ministri della Difesa. Un patto che segna un deciso miglioramento nelle relazioni fra due Paesi in passato divisi da profonde ostilità. Saranno istituiti un Centro congiunto di coordinamento della sicurezza a Baghdad e un Centro congiunto di addestramento e cooperazione a Bashiqa.
Un accordo dalla portata «storica» a livello militare e sul piano della sicurezza, in chiave anti-terrorismo. Così i ministri della Difesa di Turchia e Iraq hanno definito il Memorandum of Understanding (MoU) sottoscritto ieri ad Ankara, a conclusione di una due giorni di colloqui che segna un «avanzamento significativo» nei rapporti bilaterali dei due Stati. Con un riferimento, nemmeno troppo implicito, alla lotta contro il Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK) oltre-confine nel Kurdistan iracheno, dove da tempo si registra una escalation di attacchi e una presenza più consistente sul terreno dell’esercito turco.
Negli ultimi anni i due Paesi confinanti hanno vissuto crisi diplomatiche e militari per le operazioni trans-frontaliere dell’esercito turco contro il PKK, che dispone di consistenti basi operative nella regione montuosa dell’Iraq settentrionale. Baghdad ha più volte sostenuto che raid e attacchi di Ankara – secondo cui le operazioni sono necessarie per proteggersi – rappresentavano una violazione territoriale e della propria sovranità.
I legami sono migliorati dallo scorso anno, quando le due parti hanno concordato una serie di colloqui ad alto livello in materia di sicurezza, legati anche alla visita del presidente turco Recep Tayyip Erdogan nella capitale irachena ad Aprile. In quell’occasione il leader turco aveva parlato di «nuova fase» nelle relazioni bilaterali.
Questa settimana Ankara e Baghdad hanno tenuto un quarto ciclo di incontri nell’ambito del meccanismo di dialogo concordato dalle parti. Inoltre, a marzo l’Iraq ha bollato il PKK come «organizzazione vietata», dichiarandolo fuorilegge sul proprio territorio. Una mossa accolta con grande favore dalla Turchia.
Il ministro turco degli Esteri Hakan Fidan, parlando con l’omologo iracheno Fuad Hussein dopo i loro colloqui ad Ankara, ha affermato che l’accordo firmato dai ministri della Difesa di entrambe le parti riveste «un’importanza storica».
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Una posizione condivisa da Hussein, secondo cui si tratta del «primo» patto di ampio respiro «nella storia dell’Iraq e della Turchia» in questo settore. «Attraverso i centri di coordinamento e addestramento congiunti previsti dall’accordo, crediamo – ha concluso Fidan – di poter portare la nostra cooperazione a un livello superiore. Vogliamo far progredire l’intesa che stiamo sviluppando con l’Iraq sull’antiterrorismo con passi concreti sul campo».
Una fonte diplomatica turca ha dichiarato che, con il MoU, saranno istituiti un Centro congiunto di coordinamento della sicurezza a Baghdad e un Centro congiunto di addestramento e cooperazione a Bashiqa.
Hussein, parlando del campo di addestramento di Bashiqa, ha detto che «l’onere ricadrà sulle forze armate irachene», pur senza approfondire. Nei giorni scorsi il ministro della Difesa turco Yasar Guler ha dichiarato alla Reuters che i recenti passi compiuti da Turchia e Iraq in materia di antiterrorismo hanno segnato una svolta nei legami. Egli ha quindi aggiunto che Ankara chiede un ulteriore passo a Baghdad perché etichetti il PKK «come organizzazione terroristica il prima possibile». Il movimento del leader (incarcerato) Abdullah Ocalan dal 1984 conduce un’insurrezione contro lo Stato turco, è considerato un’organizzazione terroristica da Ankara, Stati Uniti e Unione Europea. Più di 40mila persone sono state uccise nel conflitto.
Nelle scorse settimane erano emerse notizie riguardanti una crescente presenza militare dei turchi nel Kurdistan iracheno, con raid aerei e pattugliamenti sul terreno volti a contrastare le attività del PKK, considerata una organizzazione terrorista da Ankara.
L’intensificarsi delle operazioni e della presenza turca nel Kurdistan iracheno è confermata anche dai numeri: le forze armate di Ankara hanno sferrato almeno 833 fra «attacchi e bombardamenti» nella regione e della provincia di Ninive nell’anno in corso, causando la morte di otto civili, come afferma in un rapporto Kamaran Osman, membro del Christian Peacemaker Teams (CPT).
L’ente aggiunge che le province più colpite sono Erbil e Dohuk con 365 e 356 operazioni, seguite da Sulaymaniyah con 102 e Sinjar, cuore dei territori yazidi a Ninive, con 10 attacchi. Molte famiglie, anche cristiane vittime «collaterali» della guerra fra Ankara e PKK, sono state costrette a fuggire, lasciando interi villaggi vuoti.
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Geopolitica
Charlie Kirk una volta si era chiesto se se l’Ucraina avrebbe cercato di ucciderlo

.@charliekirk11 on Volodymyr Zelenskyy: “The gangster is coming back to extort more American politicians to try to get us further into a no-win war.” pic.twitter.com/AF53AP67rB
— Human Events (@HumanEvents) September 15, 2023
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Geopolitica
Mosca critica Israele per l’attacco al Qatar

La Russia ha condannato l’attacco israeliano alla capitale del Qatar, Doha, definendolo una palese violazione del diritto internazionale e della Carta delle Nazioni Unite, affermando che l’attacco mina gli sforzi per raggiungere un accordo pacifico tra Israele e Hamas, ha affermato mercoledì il Ministero degli Esteri di Mosca.
Martedì Israele ha colpito un edificio residenziale a Doha in un’operazione che ha coinvolto circa 15 aerei da guerra e almeno dieci missili. Il raid, che avrebbe causato la morte di diversi membri di Hamas, tra cui il figlio dell’alto funzionario Khalil al-Hayya, aveva come obiettivo quello di eliminare l’ala politica del gruppo, secondo le IDF.
Hamas ha affermato che i suoi vertici sono sopravvissuti a quello che ha definito un tentativo di assassinio dei negoziatori coinvolti nei colloqui per un accordo.
Il ministero degli Esteri russo ha affermato che l’attacco al Qatar, «un Paese che svolge un ruolo chiave di mediazione nei colloqui indiretti tra Hamas e Israele per porre fine alla guerra di Gaza, che dura da quasi due anni, e garantire il rilascio degli ostaggi», non può che essere visto come un tentativo di indebolire gli sforzi di pace internazionali. Mosca ha esortato tutte le parti ad agire responsabilmente e ad astenersi da azioni che potrebbero aggravare ulteriormente il conflitto.
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Mosca ha ribadito la sua posizione, chiedendo un «cessate il fuoco immediato a Gaza» e sollecitando una risoluzione globale della questione palestinese. Il Ministero degli Esteri russo ha affermato che «tali metodi di lotta contro coloro che Israele considera suoi nemici e oppositori meritano la più ferma condanna».
Il Qatar, che ospita funzionari di Hamas nell’ambito dei suoi sforzi di mediazione, ha affermato che tra le sei persone uccise nell’attacco c’era anche un agente di sicurezza locale.
Il primo ministro del Qatar, lo sceicco Mohammed bin Abdulrahman al-Thani, ha condannato l’attacco definendolo un atto di «terrorismo di Stato» e ha avvertito che il suo Paese si riserva il diritto di rispondere. Ha accusato il suo omologo israeliano Benjamin Netanyahu di minare la stabilità regionale e ha affermato che l’incidente ha vanificato gli sforzi di mediazione promossi dagli Stati Uniti.
Israele, che incolpa Hamas per il mortale attacco dell’ottobre 2023 nel sud di Israele, ha promesso di dare la caccia ai leader del gruppo «ovunque si trovino».
Le autorità di Gaza affermano che gli attacchi sferrati da Israele dal 7 ottobre 2023 hanno causato la morte di almeno 64.000 persone. Gli osservatori per i diritti umani hanno accusato Israele di aver commesso un genocidio rendendo l’enclave inabitabile e peggiorando le condizioni di carestia attraverso restrizioni agli aiuti.
Il rapporto tra Russia e Qatar, nato negli anni ’90 da interessi energetici condivisi, è un’alleanza pragmatica tra giganti del gas, con Mosca che vede Doha come partner contro la dominanza USA nel mercato globale. Collaborano in forum come OPEC+ e BRICS+, con scambi per miliardi in LNG e armamenti.
Le relazioni si inasprirono il 7 febbraio 2012, quando, secondo quanto riferito, dopo che un diplomatico del Qatar aveva avvertito la Russia di perdere il sostegno della Lega Araba in merito all’imminente risoluzione sulla rivolta siriana, a cui Russia e Cina avevano poi posto il veto, la risposta arrivò dura dall’ambasciatore russo all’ONU Vitaly Churkin, che affermò: “Se mi parli in questo modo, oggi non ci sarà nessun Qatar” e si vantò della superiorità militare russa sul Qatar. In seguito, la Russia negò tutte queste accuse.
Il culmine si era avuto nel 2004: l’autobomba che uccise Zelimkhan Yandarbiyev, ex presidente ceceno in esilio a Doha. La Russia negò coinvolgimento, ma due agenti FSB furono arrestati; uno morì in custodia, l’altro estradato. Il Qatar condannò l’attentato come «terrorismo di Stato», sospendendo legami per mesi, ma pragmatismo prevalse: accordi energetici ripresero presto.
Oggi, nonostante frizioni, il sodalizio resiste, bilanciato da interessi economici.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Geopolitica
«Li prenderemo la prossima volta» Israele non esclude un altro attacco al Qatar

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