Economia
L’UE approva le prime sanzioni sul gas russo
Il Consiglio Europeo ha adottato la quattordicesima serie di sanzioni economiche e individuali contro la Russia per il conflitto in Ucraina, ha annunciato lunedì l’organo esecutivo dell’UE in un comunicato stampa.
Le misure colpiscono i settori «ad alto valore» dell’economia russa, come l’energia, la finanza e il commercio, afferma la dichiarazione. Bruxelles cerca anche di impedire a Mosca e ai suoi partner commerciali di aggirare le sanzioni dell’UE, ha aggiunto il Consiglio.
L’UE ha preso di mira per la prima volta il gas naturale liquefatto (GNL) di origine russa. Sono state vietate le operazioni di ricarico, i trasferimenti da nave a nave e i trasferimenti da nave a terra allo scopo di riesportare verso paesi terzi attraverso l’UE.
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Le restrizioni non riguardano le importazioni di GNL russo per l’uso all’interno del blocco, aggiunge la nota. Il Paese è emerso come uno dei principali fornitori di GNL per l’Unione Europea dopo che il flusso di gasdotto è crollato nel 2022 a seguito della campagna di sanzioni e del sabotaggio del gasdotto Nord Stream, che era stato il principale condotto del gas russo verso l’UE.
Tra le altre misure ci sono i freni alle esportazioni di beni che, secondo l’UE, contribuiscono al miglioramento delle capacità industriali russe, come i prodotti chimici, compresi i minerali di manganese e i composti delle terre rare, la plastica, le macchine da scavo, i monitor e le apparecchiature elettriche.
L’UE ha inoltre inasprito le restrizioni all’esportazione nei confronti di decine di entità in paesi terzi come Cina, Kazakistan, Kirghizistan, Turchia ed Emirati Arabi Uniti per la presunta fornitura di beni e tecnologie a duplice uso alla Russia.
È stato imposto un divieto di importazione anche all’elio russo, un componente critico in molti processi industriali come la produzione di fibre ottiche e semiconduttori.
Nel settore finanziario, il Consiglio europeo si è mosso per vietare l’equivalente russo del sistema bancario SWIFT. Il sistema per il trasferimento di messaggi finanziari (SPFS) è stato istituito dalla banca centrale russa dopo che il paese era stato escluso da SWIFT come parte di precedenti sanzioni.
Sono state inoltre imposte restrizioni a 116 persone ed entità ritenute coinvolte nella situazione riguardante l’Ucraina.
Mosca ritiene che le sanzioni siano illegali. Il presidente Vladimir Putin ha detto la scorsa settimana che i paesi occidentali «stanno cercando di logorare l’economia russa» e «provocare un aumento della tensione sociale e politica» nel Paese, sebbene i loro tentativi siano stati vani.
Quando ad aprile è stato annunciato che il 14° round di sanzioni avrebbe preso di mira il GNL russo, il portavoce del Cremlino Demetrio Peskov ha risposto dicendo che le nazioni occidentali si stanno dando la zappa sui piedi. La Russia “cercherà di minimizzare le conseguenze” e di proteggere i propri interessi nazionali, ha aggiunto.
Come riportato da Renovatio 21, nel corso dei mesi del conflitto è emerso come, nonostante le sanzioni Paesi UE come la Spagna siano arrivati addirittura ad aumentare le importazioni di GNL russo.
Nel frattempo, per effetto delle sanzioni, Mosca ha aperto nuovi canali di distribuzione del gas, iniziando a distribuire la risorsa anche in Paesi come il Pakistan e programmando nuove rotte, come in Turchia, dove si vuole costruire un hub gasiero. Gasdotti di nuovo tipo sono stati invece finalizzati in Cina.
Come riportato da Renovatio 21, gli USA sono ora il principale fornitore di gas dell’Europa, venduto ad un prezzo follemente più alto di quello russo, perché, invece che con il gasdotto, ce lo fa arrivare via nave, quindi con costi e tempi aggiuntivi, più tutta la questione della rigassificazione, che ha costretto l’Italia, che non ha un numero adeguato di strutture di questo tipo, ad acquistare navi rigassificatrici galleggianti come la Golar Tundra giunta tre mesi fa a Piombino.
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Gli altri Paesi europei non sono messi meglio. La Francia ha stupito tutti quando due mesi fa ha comprato da Pechino 65 tonnellate di gas cinese, pagandolo – una prima assoluta per un Paese occidentale – in yuan.
Il gas comprato della Cina spesso non è altro che il gas russo a cui viene fatto il giro del mondo, prima dalla Russia alla Cina (magari con i nuovi gasdotti tra i due Paesi) e poi mandato, molto ecologicamente, via nave.
L’idea che l’Italia possa fare a meno del GNL di Mosca – sicuro e a buon mercato, vitale per decenni per la nostra industria e i nostri consumi – si è rivelata illusoria.
Come riportato da Renovatio 21, i tentativi di sostituire il gas russo sono stati fallimentari sotto diversi punti di vista.
Il Qatar, grande esportatore di gas grazie al giacimento sottomarino South Pars 2, ha fatto capire subito tramite il suo ministro dell’Energia Saad al-Kaabi all’allora responsabile degli Esteri Di Maio e all’ENI che non avrebbe mai potuto rimpiazzare i volumi che arrivavano via tubo dalla Federazione Russa.
Come riportato da Renovatio 21, gli stoccaggi in Italia sono pieni perché è crollata la domanda di energia della produzione industriale: siamo oramai un Paese de-industrializzato che, dicono i numeri, ha consumato meno energia ad agosto che durante le prime settimane di lockdown quando fabbriche, scuole, uffici, attività varie erano chiuse.
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Immagine di BogTar201213 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
Economia
Aumento del traffico merci sul Canale di Suez
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Economia
Trump continua la corsa alle terre rare con gli accordi in Asia centrale
Il presidente statunitense Donald Trump ha rivelato una serie di intese commerciali e di investimento incentrate sui minerali di terre rare con i leader degli Stati dell’Asia centrale. L’iniziativa si inserisce nell’obiettivo di Washington di ampliare il proprio coinvolgimento nella regione ricca di risorse naturali, in un contesto di tensioni commerciali con Pechino.
Le intese sono state siglate giovedì al termine del vertice alla Casa Bianca tra Trump e i presidenti di Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan.
L’incontro ha posto l’accento su minerali critici, collaborazione energetica e diversificazione degli scambi, con Trump che ha evidenziato come l’Asia centrale sia «una regione immensamente ricca» di depositi di uranio, rame, oro e terre rare. Ha precisato che la sua amministrazione sta forgiando nuove alleanze per variare le filiere di approvvigionamento e garantire agli USA un maggiore accesso a questi materiali strategici.
L’evento ha generato vari patti su commercio e risorse, tra cui 17,2 miliardi di dollari in nuovi contratti tra il Kazakistan e imprese americane, oltre a un’intesa da 1,1 miliardi di dollari con Astana per lo sfruttamento di uno dei maggiori giacimenti di tungsteno inesplorati al mondo. Inoltre, Tagikistan, Kazakistan e Uzbekistan hanno concordato l’acquisto di 37 aerei Boeing. Trump ha annunciato pure che l’Uzbekistan conta di investire oltre 100 miliardi di dollari nel prossimo decennio in comparti USA come l’aerospaziale, i ricambi auto e i minerali critici.
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La banca d’affari Goldman Sachs ha avvertito che l’Occidente potrebbe impiegare fino a un decennio per contrastare il dominio cinese nel settore delle terre rare. Questi minerali, indispensabili per la maggior parte delle tecnologie contemporanee, restano al centro di una controversia commerciale tra Washington, l’UE e Pechino.
Il vertice è avvenuto una settimana dopo l’incontro tra Trump e il presidente cinese Xi Jinping in Corea del Sud, mirato a dirimere la «guerra commerciale» tra Washington e Pechino. In esito a quel colloquio, la Cina ha sospeso per un anno i nuovi vincoli sulle esportazioni di terre rare, mentre gli USA hanno posticipato l’introduzione di dazi del 100% sui beni cinesi.
Ciononostante, Washington ha intensificato gli sforzi per reperire fonti alternative di materiali strategici, dato che Pechino domina circa il 90% della raffinazione globale delle terre rare. Oltre ai vicini asiatici della Cina, gli Stati Uniti hanno di recente stipulato accordi per forniture di terre rare anche con Giappone e Ucraina.
Come riportato da Renovatio 21, in questi giorni Trump ha raggiunto accordi sulle terre rare con l’Australia.
Il ministero del Commercio cinese ha annunciato il 9 ottobre che imporrà controlli sulle esportazioni di tecnologie legate alle terre rare per proteggere la sicurezza e gli interessi nazionali.
Come riportato da Renovatio 21, nel 2024 i dati mostravano che i profitti sulla vendita delle terre rare cinesi erano calati. È noto che Pechino sostiene l’estrazione anche illegale delle sostanze anche in Birmania.
Secondo alcune testate, tre anni fa vi erano sospetti sul fatto che il Partito Comunista Cinese stesse utilizzando attacchi informatici contro società di terre rare per mantenere la sua influenza nel settore.
Le terre rare, considerabili come sempre più necessarie nella corsa all’Intelligenza Artificiale, sono la centro anche del turbolento accordo tra l’amministrazione Trump e il regime di Kiev.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
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