Geopolitica
Lavrov: l’Olocausto non garantisce l’impunità a Israele
Israele non dovrebbe pensare che la sofferenza degli ebrei durante la seconda guerra mondiale gli dia libero sfogo nella politica estera, in particolare quando si tratta delle ostilità a Gaza, ha detto il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov.
Intervenendo giovedì in una conferenza stampa sui risultati della diplomazia di Mosca nel 2023, Lavrov ha ribadito il suo sostegno alla creazione di uno Stato palestinese. Il fallimento, durato decenni, di ciò è una delle ragioni principali dell’attuale instabilità in Medio Oriente e delle tensioni tra palestinesi e israeliani, ha aggiunto.
Il ministro degli Esteri ha osservato che la Russia ha immediatamente condannato l’attacco contro Israele da parte di Hamas il 7 ottobre. Tuttavia, dopo l’inizio delle ostilità, alcuni funzionari israeliani sono arrivati al punto di chiamare «animali» gli abitanti di Gaza senza subire alcuna reazione da parte dell’Occidente.
«Gli israeliani non possono… ora fare quello che vogliono perché hanno sofferto durante la seconda guerra mondiale. Sì, c’è stato l’Olocausto, è stato un crimine terribile, ma c’è stato anche il genocidio di tutti i popoli dell’Unione Sovietica».
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Lavrov aggiunse che il popolo sovietico non aveva sofferto di meno poiché era stato sterminato negli stessi campi di concentramento nazisti degli ebrei, con entrambi i popoli che morivano di fame fianco a fianco nella Leningrado assediata.
«Secondo questa logica possiamo fare quello che vogliamo. Ciò non funzionerà se vogliamo sostenere sistematicamente il diritto internazionale», ha aggiunto.
Come riportato da Renovatio 21, due anni fa il Lavrov aveva suscitato controversie globali dopo dichiarazioni fatte ad una trasmissione di Rete 4 in cui, relativamente alla questione di Zelens’kyj e dei neonazisti ucraini, aveva parlato di possibili origini ebraiche di Hitler e dei gerarchi del Terzo Reich.
Due mesi fa, durante una conferenza stampa congiunta, Erdogan con Scholz al suo fianco ha dichiarato che la Germania non può parlare liberamente di Israele a causa dell’Olocausto.
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Immagine di The Official CTBTO Photostream via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
Geopolitica
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Geopolitica
L’operazione israeliana a Rafah si espande. Con conseguenze disastrose
Il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant ha annunciato ieri che l’esercito invierà più truppe per «intensificare» l’invasione. Gallant si è ventato che «stiamo logorando Hamas». Israele sostiene che ci sono sei battaglioni di Hamas ora a Rafah insieme agli ostaggi presi il 7 ottobre, e altri due battaglioni sarebbero nel centro di Gaza.
Nel suo ultimo articolo intitolato «Bibi va a Rafah», il reporter indipendente premio Pulitzer Seymour Hersh riferisce che le Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno allagato 5 dei 12 tunnel di Hamas sotto Rafah, e «alcuni battaglioni israeliani agguerriti, i cui ranghi includono molti ingegneri di combattimento esperti in demolizione, si stanno facendo strada nei tunnel bui e pieni di trappole esplosive verso Yahya Sinwar, il leader di Hamas che è l’obiettivo finale di Netanyahu».
Secondo un informato funzionario americano citato da Hersh, Netanyahu ha promesso che «moriranno tutti nei tunnel».
Si stima che circa 730.000 palestinesi siano fuggiti da Rafah. L’Ufficio del Coordinatore degli Affari Umanitari (OCHA) delle Nazioni Unite riferisce che un totale di 285 kmq, ovvero circa il 78% della Striscia di Gaza, sono ora soggetti agli ordini di evacuazione dell’IDF. Viene riferito di continui bombardamenti «dall’aria, dalla terra e dal mare… su gran parte della Striscia di Gaza».
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Nel Nord ci sono state incursioni di terra dell’IDF e pesanti combattimenti nel campo profughi di Jabalia e anche a Deir al Balah, nel centro di Gaza. I carri armati israeliani si sono spinti nel centro stesso di Jabalia, affrontando i razzi anticarro e i colpi di mortaio dei militanti di Hamas. Al Jazeera riferisce che ci sono vittime da entrambe le parti e che i carri armati e gli aerei israeliani hanno spazzato via «quasi tutto» a Jabalia.
Secondo il Times of Israel, l’IDF riferisce di aver ucciso qui 200 uomini armati di Hamas. Anche se Jabalia era stata precedentemente «autorizzata» dall’IDF, a quanto pare non era andata abbastanza in profondità nel campo per trovare i militanti di Hamas che vi avevano sede.
Il valico di Rafah resta chiuso. Israele chiede che l’Egitto si unisca a lui nella supervisione del valico di Rafah, ma l’Egitto rifiuta, insistendo sul fatto che solo i palestinesi dovrebbero farlo.
Il Programma Alimentare Mondiale, nel frattempo, avverte che «sono necessari più punti di ingresso per gli aiuti per invertire sei mesi di condizioni di quasi fame ed evitare una carestia». È necessario un flusso costante di scorte di cibo ogni giorno, ogni settimana, avverte. «La minaccia della carestia a Gaza non è mai stata così grande».
Come riportato da Renovatio 21, il ministro israeliano Itamar Ben Gvir aveva minacciato di far cascare il governo Netanyahu, di cui è membro con il suo partito ultrasionista Otzma Yehudit («Potere ebraico») qualora l’esercito israeliano non fosse entrato a Rafah.
I carrarmati entrati a Rafah, dove hanno distrutto perfino le scritte «I LOVE GAZA», avrebbero la benedizione degli USA. Atroci filmati sono usciti già nelle prime ore dell’invasione di Rafah da parte dei soldati dello Stato degli ebrei.
L’Egitto ha avvertito Israele che l’invasione di Rafah potrebbe porre fine al trattato di pace siglato nel 1979. Il Cairo ha inoltre segnalato di voler partecipare al processo per «genocidio» della Corte Internazionale di Giustizia.
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